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16.12.21

LA SCHWA? NON È COSÌ CHESI LOTTA PER LA PARITÀ La linguista e accademica Cecilia Robustelli boccia la schwa anche in nome delle battaglie femministe.

Sono  stato accusato  perchè non   ho  usato   ɐ  ( lo schwa )  d'essere  ,  accuse che mi  scivolano  via e  di cui  non  m'importa  ......   (beh ci  siamo capiti )   politicamente  scorretto    e  d'informarvi meglio  . Ora    leggo pareri contrastanti sull’utilizzo del simbolo grafico “schwa” ɓ . Essa Dovrebbe tutelare l’uguaglianza anche nel linguaggio. E invece, addirittura, una linguista della Crusca la attacca in nome delle lotte femministe!   !  IL  che mi  conferma     che  la  questione     è  di poco conto    è più importante    se  mai  il linguaggio  d'odio e  violento che  orami   è  sempre  come  un onda  nera  appiccicosa   presente  ovunque  non solo in  rete  e sui  social  purtroppo  .  Ora  sulla piccola “e” rovesciata che alcuni vorrebbero aggiungere o sostituire alle desinenze italiane per includere tutti i sessi e le identità di genere se ne sono dette tante . Personaggi autorevoli e qualificati (linguisti, filosofi, sociologi) hanno espresso pareri anche molto diversi; e quando il dibattito è uscito dall’accademia i toni sono spesso stati poco rispettosi delle idee altrui . Personalmente, quando mi è capitato di leggere dei testi in cui la schwa veniva usata diffusamente - non solo, per esempio, in apertura o in chiusura di discorso - ho sempre fatto una gran confusione    non basta  quanto  ne  faccio   già  di mio  causa  forti problemi di vista  e  uditivi  .
Comprendo bene che esiste un uso sessista della lingua, e lo trovo molto ingiusto, ma sono convinta che non sia la grammatica l’ambito in cui si  devono   combattere  questioni come la parità e l’inclusione. Credo inoltre che la funzione sia sempre più importante del sesso di chi la esercita. Detto questo, ho
cercato di documentarmi  come     mi  hanno suggerito   e ho trovato in Rete l'intervento   della professoressa Cecilia Robustelli  ( foto a   sinistra  ) , ordinaria di Linguistica italiana presso l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, che da anni lavora con l’Accademia della Crusca  e  che  si  occupa    del linguaggio  di genere  . Sono rimasto colpito dalla chiarezza del ragionamento e alcuni concetti mi sembrano inoppugnabili: innanzitutto, la distinzione tra il genere grammaticale (assegnato ai termini che si riferiscono agli esseri umani in base al sesso) e il genere socioculturale (cioè la costruzione, la percezione sociale, di ciò che comporta l’appartenenza sessuale); poi, il fatto che un sistema linguistico ha come scopo la comunicazione e dunque introdurre delle modifiche che la rendono difficoltosa - sia pure con le migliori intenzioni - fa sì che il sistema si inceppi; infine, il fatto che senza dubbio la lingua è un organismo vivo (come dimostrato dal fatto che ogni anno nei dizionari entrano parole nuove e altre, invece, cadono in disuso), ma i cambiamenti non possono essere altrettanto rapidi né altrettanto frequenti quando si parla delle sue strutture. In conclusione, credo che la schwa non rappresenti la soluzione dei problemi, e soprattutto che la prepotenza e l’arroganza di tanti suoi sostenitori rappresentino al contrario un problema in più del quale non sentivamo la mancanza. Ed lo  schwa  insieme  all'uso   degli asterischi alla  fine della  parola   o  nel mezzo in certi siti  per   coprire  come  una  foglia  di  fico (  meglio    i  puntini  di sospensione    o  un sinonimo  )  una     parola  volgare    sono   le  copse  di cui  appunto  non  si sente la mancanza  e  di cui   se  ne  può fare  a meno  

12.5.12

il caso della mancata messa per Peppino impastato . [ le divisioni nell'antimafia ecco perchè la mafia vince ]


  da  loa  stampa online  
CRONACHE
09/05/2012 - LA STORIA

Messa per Impastato,
il no della Chiesa















Il fratello di Peppino Impastato (centrale, con la polo a righe) durante una manifestazione a Cinisi

Il parroco: "I tempi non sono maturi". E il fratello accusa: terribile lasciarlo solo
anche da morto

LAURA ANELLO
CINISI (PA)
Di chi è la memoria di Peppino Impastato? A chi appartiene il testimone del ragazzo che sfotteva alla radio i boss di Cosa Nostra, che sventolava la bandiera rossa della rivoluzione sotto il loro naso, che sfidava Tano Badalamenti fin sotto casa, distante appena cento passi dalla sua?

Trentaquattro anni dopo il suo assassinio, la questione non è ancora chiusa, in questo paesone a trenta chilometri da Palermo dove - come dice il sindaco Salvatore Palazzolo «su ogni appalto pubblico che abbiamo bandito le imprese hanno pagato il pizzo alla mafia». No, le ferite sono ancora aperte, tanto che per Peppino, uomo di Democrazia Proletaria, dire messa è ancora un tabù.

«I tempi non sono maturi», ha spiegato don Pietro D’Aleo, parroco della Ecce Homo a Giovanni Impastato, impegnato in prima fila nelle manifestazioni in ricordo del fratello che per quattro giorni (grazie a un progetto della Fondazione con il Sud, in collaborazione con il Museo della ‘Ndrangheta e della Casa memoria Felicia e Peppino Impastato) hanno riempito la cittadina di dibattiti, incontri, cortei. «Noi avevamo chiesto una messa, ci ha risposto che era meglio di no», dice Giovanni.
Già, i tempi non sono maturi, tanto che la celebrazione è stata sostituita da una più laica «veglia di preghiera per la legalità e la giustizia sociale», officiata ieri sera da don Luigi Ciotti, tessitore di ponti di dialogo e pellegrino infaticabile sui luoghi della memoria.
«Non c’è alcuna polemica - dice il parroco - abbiamo

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...