"Re Obama I", incoronato dai media di tutto il mondo come il monarca assoluto della giustizia e della non belligeranza, come l’artefice di una nuova rivoluzione culturale che avrebbe portato in primo piano i diritti dei “diversi” e le innumerevoli istanze progressiste, ha deluso non pochi suoi sostenitori della prima ora. I sinistri non hanno mandato giù, né sono ancora riusciti a digerire, le strette di mano e le pacche sulle spalle (non solo formali) fra il leader “abbronzato” e il presidente del consiglio italiano. Avrebbero auspicato, viceversa, un comportamento più risoluto, un “redde rationem” che avesse ridato alla sinistra il ruolo di guida morale per un Paese percosso dalle catastrofi naturali. Fra queste “catastrofi”, i progressisti nostrani annoverano la perseveranza del Presidente del consiglio a rimanere in carica, nonostante tutto e tutti, quasi si trattasse di un terremoto a cui non si può fornire il debito rimedio. Infatti, nemmeno sul clima si può rimanere soddisfatti. L’accordo sulle politiche per la non emissione di gas inquinanti, raggiunti all’Aquila, si limitano a dichiarazioni di intenti totalmente surrettizie. Per non parlare poi della richiesta di “truppe fresche” da destinare in Afghanistan, prontamente accolta dal Premier Silvio Berlusconi. Avevano auspicato una sorta di spartiacque che avesse confinato Berlusconi nell’alveo nazionale dell’acqua sporca. Insomma, una specie di “leader dimezzato” così come “profetizzato” dal baffino nazionale. In tal modo, una volta privato il Premier di una qualsiasi credibilità a livello internazionale, si sarebbe potuti passare alla fase numero due: quella del suo allontanamento dalla vita politica italiana, al punto da giustificare qualsiasi operazione, anche la più antidemocratica e antipopolare. In questo deprimente contesto si sarebbe inserita benissimo la paventata ipotesi di “Governassimo”, artatamente messa a punto da astute mosse di palazzo. Si voleva, in parole povere, affibbiare l’etichetta (sempre valida) di parvenu della politica ad un Leader che invece detiene ancora la maggioranza del consenso popolare. Questo sarebbe servito sicuramente ad imprimere una decisa inversione di marcia, nel senso indicato dalla stampa scandalistica, capitanata da Repubblica & Co. Avrebbero, insomma, voluto che il presidente Obama, sia pure seguendo il rigido protocollo diplomatico, avesse preso le distanze dall’uomo Berlusconi, soprattutto attraverso una buona dose di “ghiaccio istituzionale” che, viceversa, non si è ne visto ne minimamente avvertito.
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
11.7.09
4.6.09
Opposte latitudini
Ma così va il mondo. Tuttavia, poiché tale ripiegamento sulle proprie ambasce non può che logorare, vogliamo cogliere intorno a noi segnali di speranza. E anche la rabbia, in tal senso, va intesa positivamente. Certa rabbia, almeno. Che non si rassegna, che vuol reagire. E altra rabbia, che sarebbe forse più appropriato definire dispetto o stizza (puerile, riottosa e pertanto pericolosissima) che, suo malgrado, è anch'essa positiva.
Sembra infatti che Osama Bin Laden, o chi per lui, in questo momento sia molto arrabbiato, anzi stizzito, anzi indispettito, anzi riottoso, puerile, pericolosissimo. Lo capisco, lo storico discorso ai musulmani del suo quasi omonimo Obama non può che spuntargli le armi. Hai voglia a latrare che Barack e Bush "sono la stessa cosa": evidente che non è così, e certo il barbuto miliardario annoiato che gioca con le bombe e i tagliagole rimpiange i bei tempi in cui alla Casa Bianca sedeva il suo corrispettivo wasp, tutto crocifissi, guerra "per la democrazia" e scontro di civiltà. Molto più facile e comodo, allora, ma George W. è tramontato: chissà che non lo segua, presto, lo stizzoso barbuto che sèguita a ululare alla (mezza)luna.
Rimane tanto da fare, beninteso. Tutto, o quasi: l'avanzata dei talebani in Pakistan che ha comportato il martirio in particolare delle donne, i colpevoli di Guantanamo che restano tranquilli e onorati nelle loro case, la guerra in Medio Oriente che prosegue. Ma, a volte, la forma è sostanza. Una frase, una parola, scatena un mondo di idee, sensibilità, azioni e aspirazioni. Obama ha molti amici e altrettanti nemici, dai razzisti alla potentissima destra neocon. Gli tocca persino succiarsi le fregnacce degli anti-abortisti, non di rado supportati o almeno benevolmente guardati dal Vaticano, che di fronte alla povertà incipiente, alla disoccupazione e alla guerra se ne sbattono l'anima, anzi approvano quest'ultima esattamente come sostengono con convinzione la pena capitale; e la scorsa settimana, in perfetta coerenza con la loro strenua difesa della Vita, hanno accoppato un medico reo di praticare quelli che essi definiscono con pio orrore "assassini".
Non amiamo l'agiografia, ma il Presidente dal nome islamico che recluta nel suo staff donne di valore, che proclama gli Usa "il più grande paese musulmano del mondo" (Oriana Fallaci si rivolterebbe nella tomba...) e, udite udite, osa persino dichiarare giugno "il mese dei diritti dei gay", un po' di simpatia la suscita. Se non altro perché queste sue prese di posizione mandano su tutte le furie i Bin Laden di cui sopra, i Ratzinger, i Berlusconi: che rispetto a lui ci stanno molto più antipatici. E sono pure più brutti, toh!
Qualcuno obietterà che la periferia Italia non meriterebbe nemmeno un cenno. E' vero, ma si dà il caso che noi ci si abiti, in questa oscura periferia, e i raffronti sorgono spontanei.
Perché qui va tutto a rovescio. A Milano Mohamed Ba, scrittore e attore senegalese [foto a destra], lo scorso mese protagonista di un appassionante Monologo dello schiavo all'interno dello spettacolo Traslochi e autore dello splendido Decalogo dell'intercultura, è rimasto vittima di un'aggressione da parte di balordi razzisti. Balordi razzisti, vale a dire gente perfettamente normale, però, cavolo, che fastidio quel negro. Allo stesso modo degli aggressori veronesi del procuratore Schinaia. La polizia ha fermato un diciassettenne, uno bravo, incensurato, tranquillo, tutto casa e scuola. Allo stesso modo degli omicidi di Nicola Tommasoli, che non era negro ma bianco, ma non bianco come loro. Portava l'orecchino, i capelli lunghi, forse era comunista, forse era pure frocio, forse semplicemente era alieno, estraneo, straniero come nel romanzo di Camus, forse rovinava il paesaggio. Tipi normali perché, adesso, proclamarsi razzisti non è più né esecrabile né meritevole di condanna. Lo si dice apertamente, vantandosene anche. E' diventata la norma, la regola, la giusta reazione dei bravi borghesi, dei figli affettuosi, d'impeccabili padri di famiglia. Ba e Schinaia se la sono cavata con un fracco di legnate, Nicola è morto. Sento già le proteste (stizzose) dei borghesi indispettiti: "Ma non siamo tutti così, noi vogliamo solo ordine". Solo ordine, certo, che diamine! E fingono di non capire, gli ipocriti, che non occorre far fuori materialmente qualcuno per alimentare odio e intolleranza. E' sufficiente accettare un sistema, appartenervi, sentirlo proprio. O, anche, lasciarselo vivere addosso, con indifferenza, con accidia.
In Italia la considerazione della donna è regredita a un'epoca pregoldoniana. E' tornata a essere puro corpo, meglio se fresco, freschissimo, quasi implume. Per le "altre", le diverse, nessun futuro e nessuna speranza. Anche in questo caso si è trattato di un processo cominciato una ventina d'anni fa, con la Milano da bere, i nani e le ballerine, le ragazze del Drive In, le ragazze Cin Cin dell'indimenticabile Colpo grosso con Umberto Smaila, le ninfette di Non è la Rai, le trasmissioni urlate, le corna in pubblico, la compravendita dei sentimenti, la morale liquida, le doppie, triple e mezze verità che corrispondono al nulla etico, contro il quale però nessun Ratzinger si scaglia mai, perché il patto d'acciaio tra la Chiesa e la destra è più che mai solido e, per quanto mi sembra, anche abbastanza manifesto: non condivido pertanto la definizione "accordo segreto" elaborata da "Repubblica". Ma tant'è.
E sale un'altra rabbia, verso le smaccate e irridenti ingiustizie, verso le promesse di cartapesta non mantenute, verso un'apocalisse prossima ventura che, però, non ha neppure i tratti d'una wagneriana grandezza ma somiglia al putridume accumulatosi a Palermo: non un fosco Moloch, ma una montagna di maleodorante zozzeria. Sembra che a metà degli italiani, la metà vincente (ripeto, non illudiamoci...), piaccia molto sguazzare in questa zozzeria; ci domandiamo per quanto tempo ancora. Intanto, lasciateci respirare la giovane America. E, se ci dànno degli esterofili, pigliamolo come un complimento.
18.1.09
Il giorno di H.
9.11.08
Ma che "razza" di copertina...
Nemmeno il titolo è male, non trovate?
E non è mica solo una brutta caricatura. Trattasi di citazione "colta". Da questo ameno giornaletto:
Chi, poi, volesse gustarne altre, conoscere qualcosina in più su questi fini intellettuali, e soprattutto delle loro scientifiche idee sugli "ibridi" come il neopresidente Usa, clicchi pure qui .
Buona lettura, e buona visione. Credo proprio che ogni riferimento, da parte degli attuali destrorsi, sia puramente voluto.
8.11.08
Obama presidente
Questa è l’importanza storica di ciò che è successo negli Stati Uniti.
2) La restituzione di questi territori ai loro abitanti
3) Lo smantellamento degli arsenali nucleari
4) La creazione di un nuovo sistema economico globale, basato sui valori umani e capace di eliminare l’usura e la speculazione
5) La protezione delle risorse del pianeta, in modo che la terra possa consentire la vita delle generazioni future
6.11.08
Grande lezione, Pd impara
L'America ci ha dato una grande lezione di come si deve far politica, il partito democratico e tutte le forze che si riconoscono nei valori della sinistra dovrebbero prenderne esempio. La Clinton e Obama se le sono date di santa ragione , metaforicamente parlando, per decidere chi dovesse rappresentare il partito democatico nelle elezioni Americane. Poi il candidato è stato scelto.
A quel punto tutto il partito democratico, anche chi sosteneva altri candidati ,si è unito per appoggiare il vincente della disputa iniziale.
Bisognava vincere le elezioni e le hanno vinte soltanto perchè si sono uniti nel sostenere un unico candidato
In Italia, invece, la nostra sinistra che vive di lacerazioni interne e di personali protagonismi, non è stata mai capace di unire le sue forze in un unico grande movimento.
Anzi, ad ogni occasione non ha fatto altro che formare nuovi partitelli per rivendicare questa o quella particolare idea.
Quando si è formato il Pd l'unica cosa intelligente sarebbe stata che tutte le forze di sinistra si fossero convogliate in quel movimento, od un altro, ma uno, per farlo forte e competitivo, lasciando perdere una volta per tutte le varie sigle partitiche.
Bisognava saper rinunciare al proprio campanile in nome del bene della sinistra, e invece no, ci si è ulteriormente spezzettati in sinistre critiche, rifondazioni, sinistre arcobaleni e sinistre vaffanculo.
Ogni insignificante, numericamente parlando, partitello, doveva metterci la propria pezza altrimenti non si "sentiva rappresentato", risultato: ha vinto la destra.
Chissà che la lezione Americana non aiuti anche questa nostra povera Italia alle prossime elezioni.
Sarebbe un sogno pensare che finalmente anche qui da noi si potesse formare un unico movimento di sinistra in grado di presentarsi unito al confronto elettorale ?
Naturalmente questo presupponerebbe che il candidato in questione fosse il candidato di tutti, come lo è stato Obama nel suo partito, e che non ci fossero, in caso di vittoria, i soliti protagonisti che ad ogni piè sospinto minacciano di far cadere il governo; quando si firma un programma bisogna sostenerlo, anche a costo di scendere a qualche compromesso. Il bene comune dovrebbe essere al di sopra di meschini giochi di potere.
Ma forse questo è proprio solo un sogno di una persona che crede ancora che in Italia ci potrà essere un giorno una sinistra unita.
5.11.08
Hussein, da non credere!
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