<< PARIGI l'emozione di Bella Ciao è la resistenza della libertà d'espressione alla barbarie dei kalashnikov, ad Atene accompagna l'utopia populista di Tsipras,
a Hong Kong scandisce l'opposizione alla Cina comunista, a Istanbul canta la rivolta contro l'Islam autoritario di Erdogan. >>
Solo in Italia da un paio d'anni Bella Ciao è all'indice, confusa per ignoranza e per bugie d'ignoranti divenute verità con Bandiera rossa e L'Internazionale , e mai cantata, come si dovrebbe, con l'alzabandiera del 25 aprile, ma trattata come un inno comunista, degradata da canto laico della liberazione e della concordia repubblicana a ballata dei trinariciuti, a manifesto del Soviet italiano.
<< E invece, nel mondo, la canzone della Resistenza ha fatto la sua resistenza, e ha vinto, anche contro se stessa. È infatti evasa dalla gabbia del braccio armato e del pugno chiuso con la forza della melodia tradizionale, con quelle due parole "ciao" e "bella" che sono le password della nostra identità, con i timbri e i toni che sono il meglio della leggerezza di Sanremo, con la dolce malinconia del bel fiore sulla tomba, e ovviamente con il partigiano morto per la libertà e non per "la rossa primavera" della falce e martello e neppure per il sol dell'avvenire della filosofia classica tedesca.>>
Insomma Bella ciao ce l'ha fatta a riaccendere le emozioni originariee non solo che la resero colonna sonora della guerra partigiana al nazifascismo, quando fu preferita a Fischia il vento , proprio perché, "era più ecumenica "e di tutti E la sua storia e la sua memoria "la accreditano come la canzone che unifica le speranze e le attese della democrazia" ha scritto Stefano Pivato in Bella ciao. Canto e politica nella storia d'Italia ( Laterza, 2005). Fu insomma la canzone delle forze politiche costituenti, tutte laburiste antifasciste e repubblicane, anche se in modi diversi e tra loro conflittuali, ma tutte Bella ciao: un fiore di montagna come educazione civica.>>
Certo, la storia di Bella ciao era già una specie di leggenda. come testoimomnia il dibattito e le la storia dele varie versioni internazionali e non riportata qui dall'ottimo portale http://www.antiwarsongs.org/ Agli inizi del Novecento fu il canto delle mondine nelle umide risaie attossicate: "Oh mamma che tormento / io mi sento di morir". E ci sarebbe persino una versione Yiddish incisa a New York nel 1919. Mille ricerche sono state fatte sul giro del mondo di questa canzone che è stata folk, ebrea, swing e tradotta anche in giapponese Ma, come accade talvolta in filologia, le ricerche riportano sempre al punto di partenza: Reggio Emilia, 1940. Nella geografia della memoria Bella ciao è infatti il luogo della Resistenza condivisa, il ritmo della lotta antifascista che fu comunista, cattolica e azionista, come la Costituzione.
Ed è, Bella ciao, come "la ballatetta" di Guido Cavalcanti, che "va leggera e piana" e "porterà novelle di sospiri ... quando uscirà dal core ". Il dolce stil novo sapeva già, prima del pop, che la canzonetta è una febbre musicale, e come l'acqua fresca sembra niente ma è tutto, e se c'è nebbia fa vedere il sole, e dà coraggio a chi ha paura. E, infatti, fischiettata o cantata in coro, Bella ciao ha sconfitto quell'altra Bella Ciao , spacciata per eversione e per rivoluzione. Insomma il fiore del partigiano fu, a torto, classificato, non come uno dei pochi canti della democrazia , ma come politica cantata, accanto agli inni del movimento operaio, "Su fratelli su compagni / su venite in fitta schiera", e alle canzoni dolenti degli anarchici, "Addio Lugano bella / o dolce terra mia", e all'orrendo inno che la Dc fece suo: "O bianco fiore / simbolo d'amore / con te la pace / che sospira il core". I comunisti risposero: "Il 25 aprile / è nata una puttana / e le hanno messo nome / Democrazia cristiana ".
Ecco, Bella ciao è un'altra storia, e sembrava che lo avessero capito tutti. La cantarono infatti Claudio Villa e Yves Montand, Gigliola Cinquetti, Francesco De Gregori e Giorgio Gaber, canzone impegnata e canzone scanzonata. Finché i leghisti al governo di alcune città del Nord (Treviso, Pordenone ...) proibirono di suonarla il 25 aprile. E Berlusconi, più potente, tentò di abolire la festa della liberazione dal nazifascismo sostituendola con la festa della liberazione da tutte le dittature. E gli pareva che "Forza Italia/ perché siamo tantissimi " fosse più nazionalpopolare di "È questo il fiore / del partigiano / morto per la libertà".
Le ha proprio viste tutte, la nostra Bella ciao . È stata persino stonata in tv da Michele Santoro dopo l'editto bulgaro che lo cacciava dalla Rai con Biagi e Luttazzi. In quell'Italia pazza la solita serva Rai arrivò persino al tentativo di festeggiare i 150 anni dell'Unità suonando ( e quasi a mettere sullo stessso piano ) a Sanremo sia Bella ciao sia Giovinezza, dove fu spacciata per inno comunista attraverso il gioco della somiglianza- contrapposizione con l'apologia del fascismo, suonata per par condicio... Ebbene Bella ciao ha superato anche quell'oltraggio. E adesso che ha conquistato il mondo, forse riconquisterà anche l'Italia. Speriamo . E la verita e non le .... boiate della propaganda " Nazzarena " e non solo che rende la verità bugia e la verità bugia , trionfi .
"Re Obama I", incoronato dai media di tutto il mondo come il monarca assoluto della giustizia e della non belligeranza, come l’artefice di una nuova rivoluzione culturale che avrebbe portato in primo piano i diritti dei “diversi” e le innumerevoli istanze progressiste, ha deluso non pochi suoi sostenitori della prima ora. I sinistri non hanno mandato giù, né sono ancora riusciti a digerire, le strette di mano e le pacche sulle spalle (non solo formali) fra il leader “abbronzato” e il presidente del consiglio italiano. Avrebbero auspicato, viceversa, un comportamento più risoluto, un “redde rationem” che avesse ridato alla sinistra il ruolo di guida morale per un Paese percosso dalle catastrofi naturali. Fra queste “catastrofi”, i progressisti nostrani annoverano la perseveranza del Presidente del consiglio a rimanere in carica, nonostante tutto e tutti, quasi si trattasse di un terremoto a cui non si può fornire il debito rimedio. Infatti, nemmeno sul clima si può rimanere soddisfatti. L’accordo sulle politiche per la non emissione di gas inquinanti, raggiunti all’Aquila, si limitano a dichiarazioni di intenti totalmente surrettizie. Per non parlare poi della richiesta di “truppe fresche” da destinare in Afghanistan, prontamente accolta dal Premier Silvio Berlusconi. Avevano auspicato una sorta di spartiacque che avesse confinato Berlusconi nell’alveo nazionale dell’acqua sporca. Insomma, una specie di “leader dimezzato” così come “profetizzato” dal baffino nazionale. In tal modo, una volta privato il Premier di una qualsiasi credibilità a livello internazionale, si sarebbe potuti passare alla fase numero due: quella del suo allontanamento dalla vita politica italiana, al punto da giustificare qualsiasi operazione, anche la più antidemocratica e antipopolare. In questo deprimente contesto si sarebbe inserita benissimo la paventata ipotesi di “Governassimo”, artatamente messa a punto da astute mosse di palazzo. Si voleva, in parole povere, affibbiare l’etichetta (sempre valida) di parvenu della politica ad un Leader che invece detiene ancora la maggioranza del consenso popolare. Questo sarebbe servito sicuramente ad imprimere una decisa inversione di marcia, nel senso indicato dalla stampa scandalistica, capitanata da Repubblica & Co. Avrebbero, insomma, voluto che il presidente Obama, sia pure seguendo il rigido protocollo diplomatico, avesse preso le distanze dall’uomo Berlusconi, soprattutto attraverso una buona dose di “ghiaccio istituzionale” che, viceversa, non si è ne visto ne minimamente avvertito.
Adesso che anche i Vescovi hanno – sia pure senza far nomi – condannato apertamente il comportamento del Primo ministro, la sinistra può finalmente esultare. Così accade che il Mons. Massimiliano Crociata (il cognome è tutto un programma!), in un’omelia fatta in occasione di una celebrazione in favore di Maria Goretti, abbia colto la palla al balzo e si sia unito al coro delle prefiche moraliste, affermando a chiare lettere: “...nessuno deve pensare che non ci sia gravità di comportamenti e che si tratti di affari privati”. Eppure, dopo tante lotte in favore della liberalizzazione della morale sessuale, appare veramente miserevole il comportamento dell’opposizione. Un’opposizione che, evidentemente, non conosce la sua storia. Passi per la Bindi e la Binetti che sono l’espressione vivace e fanatica di un certo ambiente retrograde e sessuofobico, ma che certe posizioni siano condivise persino da chi ha fatto della libera scelta di fare del proprio corpo ciò che si vuole, è qualcosa che non accetto. Qualcuno obietterà immediatamente che non è la vita privata ad intessere le polemiche cucite addosso al Premier. Ciò che avviene privatamente sotto le lenzuola di casa (anche se poi è proprio questo che si contesta) non interessa alla sinistra, ma la sua funzione pubblica, le bugie, l’incoerenza fra il dire e il fare, ecc.. Sull’incoerenza giudichino gli italiani e sulle bugie pure, visto che il Premier, in una nota trasmissione televisiva, ha affermato che le uniche bugie che ha detto sono quelle riferite proprio in quel “campo”… E a quanto pare, stando agli ultimi risultati, tale giudizio non sposta di una virgola ciò che pensano gli italiani del premier. Quindi, pretendere che il Premier si dimetta in funzione delle sue scappatelle, oltre che ridicolo, appare una cosa stucchevole e priva di qualsiasi efficacia.
donchisciottiano oltre che per un a corretta informazione ( non importa se a destra o a sinistra ) nel 