Credo di essere stata un po' innamorata di #leapericoli, da bambina. Era l'opposto di me, biondissima, aggraziata ma non leziosa, pareva non toccar mai terra. Le avevano disegnato un completo con piume di cigno, che indossava con spontaneità non umana. Quella che vedevo era un vero uccello, forse per questo mi piaceva tanto. #langelocapovolto fu il giusto titolo del suo ultimo libro. Impagabile la sua torsione berniniana, che sfidava le leggi di gravità.
Era una milanese d'Africa, vissuta ad #addisabeba. Laggiù emerse la sua passione e a quei luoghi sempre rimase legata, come ricorda nella sua autobiografia #maldafrica.Poi la terribile malattia. #Carcinomaallutero. Lo seppi dai miei genitori. Se adesso difficilmente se ne esce, nel 1972 non dava scampo. E le cure erano, come Lea stessa dichiarò, «devastanti». Quando le comunicano la notizia, sviene. Ma ricorda subito chi è. Sconfigge il #tumore. Non è finita. Il maledetto si ripresenta nel 2012, quarant'anni dopo. Questa volta al #seno. I tempi sono mutati, la medicina meno invasiva, ma Lea è sempre Lea, malgrado gli sfregi al suo corpo e alla sua femminilità. Arriva a quasi 90 anni in salute, ancora bellissima, sempre tanto bionda (ma mai troppo), elegante per antonomasia, non solo campionessa sportiva: scrittrice, conduttrice televisiva, #testimonial contro una malattia che non è riuscita a domarla, segno di speranza non solo per chi ne è preda. Muore il 4 ottobre, festa di San Francesco, coetanea di mio padre; ma l'ha superato di un anno.
Due giorni dopo la segue #sammybasso, che di anni ne ha solo 28, ma il cui fisico è già arrivato al
punto di Lea. La «bionda» di Sammy è la sua splendida madre. Lui è il più «vecchio» paziente al mondo affetto da #progeria, invecchiamento precoce e mente giovane. Due lauree summa cum laude, il sogno di lavorare al #CERN, fondatore dell'associazione per la ricerca su questo morbo raro e spietato. Ma Sammy è stato, soprattutto, uomo di #pace. «Se i grandi della terra capissero cosa significa lottare per la #vita - dice - credo non avrebbero il coraggio di fare la #guerra». La vita. L'unico valore che non s'insegna, e il solo per cui valga la pena morire.
Prima d'iniziare il n odierno dell'ormai consueta rubrica diario di bordo che dalla fine dello scorso anno ha preso inzio sul blog , veniamo di rispondere , aggiungendo un ulteriore risposta alle FAQ del blog , al perchè del titolo della rubrica non periodica , diario di bordo , appunto , in cui riprendo articoli , post , storie , ecc ed in alcuni casi d'adesso mie riflessioni \ stati d'animo che ho tralasciato dai normali post . Questo post scritto è quello che in realtà avrebbe dovuto essere il numero 0 della rubrica . IL post ( ed anche il titolo alla rubrica ) nasce dalla lettura e dalla riflessione scatenatami da questa poesia , risalente al 13 aprile 2010, di Elio Moncelsi , trovata su il muro di fronte al museo Man di Nuoro intitolata proprio
DIARIO DI BORDO
….è come navigare per mare:
ci avventuriamo nell’oceano della vita
attraversando calme piatte,
affrontando furiose tempeste,
diretti verso approdi sognati
di cui abbiamo solo sentito parlare,
verso paradisi perduti o da conquistare
oppure verso niente,
solo per il gusto di viaggiare.
Chi su fragili legni e chi su munite corazzate
solcando onda dopo onda, giorno dopo giorno,
sospesi sopra un abisso immenso
e sotto un cielo che non è nostro,
ognuno di noi segue il suo portolano.
Io leggo la mia rotta nel canto delle stelle,
amo il sole in faccia ed essere baciato dal vento
non mi interessa la meta:
è il viaggio che conta
e la musica del mare.
Come ogni buon navigante
tengo il mio diario di bordo
e sono uso prendere appunti di viaggio
dove annoto sensazioni,
visioni, incontri.
Questi sono i miei dipinti
giorni della nostra vita,
appunti di viaggio
del mio diario di bordo;
non ne sono geloso,
puoi leggerlo, se vuoi
I miei viaggi e le mie avventure nella vita di tutti i giorni nei suoi vari aspetti ( antropologici , politici , culturali, psicologici \ filosofici ) alcuni poco battuti o esaltati dalla massa per via del politicamente corretto sono sempre un percorso di crescita e di formazione della mia opera d'arte. in questi giorni me la devo vedere con le proprie ferite e delusioni e frustrazioni. Quelle che ed il mio caso continuo a portami dietro e finiscono col decidere per me per scegliere al mio posto. infatti spesso orgoglio e fierezza sono i nemici più pericolosi di un pirata e bucanieri e il pirata redbeppeulisse s'appresta ad impararlo nuovo mollando gli ormeggi verso la verità dell'oceano tra salsedine , spazi aperitivo d'occhio, in acque fitte d'insidie e pericoli di ogni genere. Ma mi fermo, nel silenzio della notte come l'astromo acculturato di ( Walter Whitman poeta americano 1819-1892 ) a riflettere ed mi accorgo che non intendo come ho fatto in passato farmi mai più ( ma mai dire mai , perchè ogni ritorno è possibile ed è una lotta perenne ) consumare dal rancore e dall'odio oltre che : rimanere in un circolo vizioso cioè il rispondere \ replicare ad una cattiveria con un altra cattiveria o gesto peggiore , si sprecano tempo ed energie nel cercare vendetta ed annullare quelle persone che mi hanno : insultatyo ( con parodie, sfottò\prese in giro , pagine web e post diffamatorie ) deluso, ingannato , fatto soffrire , penare . Ma soprattutto Perchè io vagabondo che non sono altro anche se :<< [...] Ho troppe ferite e le mie gambe sono stanche \Ho le palle piene e i piedi fumanti\ Ma c'è un gioco da fare e una ruota che riparte\ E un vagabondo sa che deve andare avanti ( IL Vagabondo Stanco- Mcr ) >>nostante tutto - Infatti
quindi meglio come suggerisce sul gruppo \1 pagina comunity facebook filosafando
Non guardare il cellulare, non controllare se è ancora sveglio, non ti fissare sulle cose che ha fatto qualche volta, non avere aspettative. Non immaginare che alcune persone possano cambiare, non immaginare che possano nascere attenzioni e sentimenti che non ci sono stati fino ad ora. Non essere malinconica anche stasera, molto probabilmente non ne vale la pena. Non rincorrere. Chi ti vuole, ti saprà trovare, non ti lascerà ore ad aspettare un segno di vita o una risposta, non creerà silenzi ma riempirà il vuoto che qualche volta pensi ti accompagni da sempre. A volte capita solo di volere bene alle persone sbagliate. Sbagliate per noi. Perché se non sei tu la priorità, se non sei tu il centro del cuore, vuol dire che qualcosa non va, uno sbaglio da qualche parte c'è. Lo sbaglio però non sei tu. Ti meriti qualcosa di più, ti meriti una carezza, delle parole che sappiano strapparti un sorriso. Ti meriti la buonanotte, un messaggio in cui qualcuno ti dice che non riesce a smettere di pensare a te. Ti meriti qualcosa di veramente speciale; non accontentarti, non sprecare lacrime, non sprecare sogni. Lascia andare...
Laura Messina
ovvero il dimenticare ed in alcuni caasi il perdono . con questo è tutto alla prossima
Piccolo contributo alla giornata dell’ emancipazione femminile in tutte le forme storiche ed esistenziali acquisite.Hanno ragione le militanti del movimento a reclamare meno mimose e più attenzione ai bisogni.Lo sfruttamento della forza lavoro femminile,ad esempio,in Italia non si è mai fermato, così come il senso di una società patriarcale a misura padronale e di possesso.E i femminicidi non sono di certo diminuiti,dopo il caso orrendo di Giulia Cecchettin. E lo stupro delle donne israeliane ? E il massacro delle donne palestinesi? E le donne iraniane uccise per un velo? E Ilaria Salis in catene? L’ 8 marzo è anche un dolore che deve essere condiviso, un invito poi all’ unica rivoluzione possibile.E poi,poi ci sarebbe da sfoderare la retorica solita,di cui non si può fare a meno per cui da decenni l’8 marzo è venduto come qualsiasi altro prodotto,con suggestioni più mercantili che culturali.Ma le donne,le ragazze sanno quello che devono fare .
Questà è la storia presa dall'avvenire del 30 gennaio 2024 di una mamma in affitto americana che si rifiuta di sopprimere il "prodotto non desiderato", salvandogli la vita. E dando una lezione a chi pensava fosse solo un oggetto da comprare.
Non riesco ad esimermi da definire tali persone gentaglia che con quale coraggio si definiscono cattolici e poi non solo comprano i bambini ma se il prodotto non va bene si lamentano ed protestano obbligando la persona che hanno sfruttato a sottomettersi al loro volere per poi vista la fiuguraccia pentirsene
Francesco Ognibene
Volevano due gemelli, ma nel suo grembo di bambini ce n’era solo uno. E i “genitori committenti”, insoddisfatti della differenza tra ordinazione e prodotto finito, le hanno chiesto di abortire. È una storia drammatica ma a (parziale) lieto fine quella di “Heathyr”, nome scelto da una giovane americana per offrirsi su TikTok come madre surrogata, in tasca il contratto con un’agenzia specializzata.
I fatti risalgono al 2020 ma la donna – single e già madre di una figlia sua – ha deciso solo ora di raccontarli sempre su TikTok, una vicenda che sta suscitando l’interesse dei media americani. Contraria all’aborto, Heathyr ha chiesto all’agenzia di poter essere abbinata a una coppia che condividesse questa sua convinzione, e tra non poche difficoltà – la disponibilità ad abortire il bambino eventualmente malformato è una delle caratteristiche-base dei contratti di surrogazione – è stato sottoscritto un contratto con due aspiranti genitori tramite utero in affitto che si sono detti cattolici e che avevano espresso il profondo desiderio di poter avere dalla mamma surrogata due gemelli.
Heathyr è rimasta incinta nel febbraio 2020 dopo l’impianto degli embrioni ma la prima ecografia ha mostrato che nel suo grembo era sopravvissuto un solo bambino. Sano, ma uno solo. Da quel momento sono iniziati i suoi guai: i “genitori di intenzione” infatti hanno manifestato tutta la loro contrarietà a poter avere un solo figlio anziché i due garantiti dall’agenzia e hanno comunicato ai mediatori il desiderio che la donna abortisse. E alla conferma con una seconda ecografia che il bambino in arrivo era uno solo hanno scritto a Heathyr che «sarebbe meglio che ti sottoponessi a un’interruzione di gravidanza, ci riproveremo», come ha raccontato la donna in un video. I legali dell’agenzia le hanno tolto qualunque illusione: se si fosse rifiutata di abortire non avrebbe violato il contratto ma i committenti non l’avrebbero pagata. Dunque, togliere di mezzo il figlio non voluto da chi l'aveva ordinato e che lei certo non era in grado di tenere. Un vicolo cieco, con la vita del bambino appesa a un filo. Non fosse che in tutta la storia c'era chi lo aveva a cuore: la mamma in affitto.
Heathyr non voleva saperne di abortire: si tenessero pure i loro soldi, e poi ssi vedrà come mantenerlo. Ed è stato a quel punto che la coppia ha iniziato un pressing sulla donna tempestando di email sempre più ostili e minacciose l’agenzia, imbarazzata. Per essere più persuasivo, l’aspirante padre insisteva che in quel periodo – le settimane più drammatiche della pandemia – il pericolo di contrarre il Covid era troppo elevato, che avrebbe esposto il bambino a rischi eccessivi, e che insomma, si decidesse ad abortire. Niente da fare: sebbene surrogata, la giovane si sentiva più madre che mai, custode della vita del piccolo che portava in grembo.
L’epilogo della storia, giunti a questo punto, è facilmente immaginabile, ma non tutto è andato come si potrebbe pensare (e sperare): il lieto fine infatti non è stato che Heathyr ha deciso di tenersi il bambino ma che, avendolo fatto nascere contro tutto e tutti, con la sua tenace difesa di quella vita così fragile e sballottata come una merce ha finito per sciogliere il cuore della coppia. Che è tornata da lei in lacrime chiedendole perdono con il desiderio di poter abbracciare quel bambino di cui aveva iniziato, grazie a lei, a capire la preziosità.
Il mercato americano della surrogata garantisce la coppia committente, che pagando alimenta tutto il settore, e anche la madre surrogata, ma solo a condizione che stia ai patti sottoscritti nel contratto. L’unico a non godere di alcun diritto è il bambino, un fatto paradossale se si considera che è lui l’oggetto (è il caso di dirlo) del desiderio, a tal punto bramato da essere al centro di una transazione economica con regole ferree. Ma lui, come creatura umana, è il primo sacrificabile se non corrisponde alle aspettative. Ci voleva la determinazione della madre surrogata – che pure non ha potuto tenerlo – a ricordare al mondo che la sua vita viene prima di tutto.
La cugina : << non è vero >> e si mette a piangere . Ecco che intervengo io la la consolo ma anziche che rimproverare \ sgridare il primo propongo questa vignetta presa dal mio contatto fb Elvia Franco
risate generali due due birbanti e scuse con abbraccio finale del primo alla seconda . e poi abbraccio tutte e due allo zio aquisisto in quanto cugino di loro padre
Ma veniamo alla domanda , che poi da il titolo al post , fattami non ricordo da chi di loro due Cosa è la fortuna ?
Scultura della dea Fortuna, tradizionalmente bendata, di Annita Mechelli. da lla voce fortuna di wikipedia
Inizialmente erano sorpresi dal mio imbarazzo \ titubanza perchè non sapevo , vista la loro età ( 6 e 12 anni ) spiegarglierlo senza essere troppo nozionistico e dogmatico o peggior e dei casi senza scadere nella banalità . Infatti Il termine latino fortuna deriva da fors, che vuol dire «sorte» ed ha la stessa radice di ferre, che indica «portare»; quindi fortuna può voler dire «ciò che porta la sorte». Ma soprattutto perchè La definizione della parola fortuna
varia a seconda del contesto filosofico, religioso, letterario o emotivo.Secondo l'editore e lessicografo statunitense Noah Webster, la fortuna è «una forza senza scopo, imprevedibile e incontrollabile che plasma gli eventi in maniera favorevole per un individuo, un gruppo o una causa».[1] Secondo il dizionario della lingua italiana di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, è la «presunta causa degli eventi e delle circostanze non spiegabili razionalmente».[2]
Quando viene intesa come un fattore indipendente dal proprio controllo, cioè che non riguarda la volontà, l'intenzione o il desiderio, la fortuna può essere interpretata in almeno due sensi: nel senso "prescrittivo" indica un concetto soprannaturale e deterministico secondo il quale vi sono forze che determinano il verificarsi di certi eventi, nel senso "descrittivo" si parla di fortuna in seguito ad eventi che portano ad essere felici o infelici. Il significato del termine fortuna può quindi inglobare diversi concetti che vanno dalla aleatorietà passando per la fede e la superstizione. ......segue
ma mi sono venute in aiuto sia questa frase
« Della fortuna instabile\ la revolubil ruota\ mentre ne giunge al vertice\ per te s'arresta immota.»(Gioacchino Rossini, La Cenerentola, libretto di Ferretti, 1817, scena ultima.) suggeritami dalla voce di wikipedia cita ed dalla bella storia ( ne trovate sotto la prima pagina ) di Top de toys sull'ultimo numero del settimanale topolino. In pratica un addattamento disney delle tematiche di Martin mystere
in cui c''è una bellissima definizione secondo me adatta aibambini curiosi e vispi
La fortuna ha due facce . Quello che è bene per uno è male per l'altro e viceversa . ...
Ecco che piccolo rimprovera all'altra : << ma allora lei è più fortunata di me >> . la grande << non è vero l'altra volta sei stato fortunato tu ed io sfortunata >> . ... Io intervengo dicendola di non stare li a battibeccarsi in quanto come dice lo stesso personaggio della storia prima citata << davvero non sappiamo mai sapere come andranno le cose >>. Loro miu guardando perplessi ed all'unisono dicono : << zio ha ragione >> e fannno pace . In quel mentre sono arrivati i genitori a riprenderli e la mia giornata da baybissitter è finita .
Una panchina, tre uomini e un secolo di storia che vive nei loro ricordi. Giuseppe Demurtas ha 101 anni, Danilo Atzeni un secolo tondo tondo, il più giovane Antonio Pintus ne ha "appena" 98. Sono l'orgoglio del paese di Nurallao. Ogni giorno si incontrano per trascorrere qualche ora insieme e ricordare il loro passato, fare un confronto con la vita trascorsa e quella presente. Dalla panchina vicino alla casa di Danilo, guardano il mutare di quel paese che li ha visti prima bambini, poi ragazzi, adulti e ora memoria storica. In gamba In tre hanno quasi trecento anni, la mente lucida, vivi ricordi, accesa la speranza di continuare a vivere con dignità e "onore". La loro esistenza è passata dalla misera patita prima della guerra, al progresso degli anni post bellici che hanno trasformato il loro paese rendendolo vivo, ricco e bello e portando il benessere. «Meno male che c'è stato il progresso», dice Giuseppe, noto
Peppe, il più grande, «speriamo che Dio ci faccia vivere ancora un po', poi gli altri vedranno cosa fare». «Oggi purtroppo a Nurallao», aggiunge Danilo, «ci sono tante case chiuse e la gente è andata via, non c'è più nessuno anche qui passa poca gente». C'è un po' di malinconia in queste parole e un po' di nostalgia nei loro occhi che hanno vissuto la rinascita e ora vivono una nuova decadenza senza poter fare molto. «Siamo vecchi», sospira Peppe, mentre gli altri annuiscono sorridendo. Eppure loro continuano ad incontrarsi, ad alzare la mano e fare un sorriso a chiunque passi davanti alla panchina di via Roma, a vivere a pieno continuando a guardare avanti. Sono uomini che hanno conosciuto il duro lavoro quello della produzione di carbone, quello delle cave di calce, quello della campagna e degli animali che comunque ha permesso loro di formare delle belle famiglie con tanti figli, famiglie di cui sono fieri e con le quali vivono ancora oggi. L'orgoglio «Si usciva con il buio», racconta Danilo, «e si rientrava con il buio, per colazione pane e cipolla, ci si lavava poco, per non parlare del salario». Quando accennano ai soldi si guardano e sorridono mostrando tutta la loro complicità e la consapevolezza della forza che gli ha permesso di essere ciò che sono oggi: uomini orgogliosi, dignitosi, che si ritengono fortunati perché ancora in salute e circondati dall'affetto dei propri cari. Danilo e Antonio sono vedovi, Peppe vive con la moglie malata di cui cerca comunque di occuparsi nonostante l'età. «Ogni mattina vado a prendere il pane», racconta Peppe, «poi raggiungo i miei amici sulla panchina». Tutti e tre continuano a fare qualche passeggiata, Danilo va in campagna poco distante da casa, Antonio ama girare con i suoi familiari per visitare posti nuovi. «Purtroppo a causa di alcuni problemi di cuore», aggiunge Antonio, «non posso più andare in campagna dove ho sempre lavorato e badato agli animali ed è la cosa che mi manca di più» Antonio tra i tre è però il più tecnologico, usa il cellulare che gli permette di stare in contatto con parenti e amici con i quali fa delle lunghe chiacchierate. In compagnia Quando si salutano la mattina per rientrare a casa all'ora di pranzo è soprattutto un arrivederci perché la sera, se il caldo non è eccessivo, si rincontrano sulla panchina e ricominciano a chiacchierare. Li sentono tutti perché l'udito non è più quello di una volta e devono alzare il tono della voce. Neppure l'inverno gli impedisce di vedersi. Se il freddo non è troppo rigido lasciano il tepore del caminetto e raggiungono la loro posizione vestiti con cappotto, sciarpa e cappello. Non è mancato neppure chi ha voluto scattare assieme a loro una foto perché da tutti sono considerati una ricchezza di cui andare fieri a Nurallao. Le loro chiacchiere non sono altro che un libro letto a voce alta che racconta di un secolo di storia paesana.