Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
21.11.24
qualche giorno fa è stato approvato il ddl che dichiara la GPA «reato universale». Ora sì che eviteremo sfruttamento e mercimonio...
La mia posizione sulla GPA è nota ab illo tempore, mi ha provocato già diverse discussioni, anzi, no, insulti, accuse (di non essere davvero una femminista, per esempio, da chi, evidentemente, pensa di detenere il copyright, e di poter distribuire patenti, come una sorta di motorizzazione per femminismi), e persino condanne ed epurazioni social, con un certo invasamento e senza nemmeno possibilità d'appello; anche per questo, non ne parlo da molto tempo.
Pure con l'avvento dell'abominevole disegno di legge che parla di «reato universale» del governo Meloni, ne ho parlato poco
E, forse, farei bene a continuare così.
Ma, invece, oggi no: oggi ribadisco di nuovo quello che già dissi precedentemente su queste pagine che, quando si parla della GPA e la si vuole per forza definire "utero in affitto", non volendo capire, o facendo finta di non sapere, che è utero in affitto quando c'è mercificazione, sopraffazione e ricatto sociali, di classe, ma non è sempre così, perché ci sono casi nei quali, è, appunto, una scelta libera, e, quindi, è giusto definirla "gestazione per altri, altre, altrə", ed è giusto, ma, soprattutto, sarebbe utile, che è ciò che più conta, che venga realmente conosciuta e compresa, e regolamentata, in modo da rendere la sua attuazione etica, il più etica possibile, e non impedirla; anche perché, se non accade questo, non è che non si farà più, continuerà a farsi nel modo meno etico possibile, e la mercificazione e lo sfruttamento e il ricatto sociale nei confronti di una donna saranno solo resi più semplici; regolamentare è l'unico modo per controllare e per limitare gli abusi, normare e legittimare, e non impedire generalmente in base a discorsi pretestuosi, arroganti, miopi, di gente che non vuole ascoltare davvero l'altra, l'altrə, l'altro, e, spesso, pure moralistici. È solo regolamentandola, ponendo criteri e limiti chiari e definiti, tracciando delle linee cristalline, che puoi tenere sotto controllo e avere reale contezza di qualcosa. È un po' come per l'aborto (non sto dicendo che i due fenomeni sono sovrapponibili, né identici, ma solo che questo elemento è il medesimo): non è che quando non c'era una legge che lo legittimava e lo regolamentava, non avvenisse (perché se una persona ne ha bisogno, sente di doverlo fare, vuole farlo, lo fa comunque, è questo il punto, questo non si può impedire): avveniva comunque, ma clandestinamente, su un tavolo e con grucce non sterilizzati, avendo molto spesso, come conseguenza, la morte delle donne che vi ricorrevano.
Comprendere, legittimare, legalizzare e regolamentare un fenomeno serve sempre, soprattutto, per avere la possibilità di tenere sotto controllo qualcosa che già e comunque accade, e senza norme e legittimazione nella sua forma peggiore e/o più dannosa, pericolosa, per tentare di evitare il più possibile le forme di abuso, per limitare i danni.
E aggiungo che i femminismi, in particolare il transfemminismo intersezionale, per meritare davvero di essere considerati tali, per avere realmente una ragion d'essere, per avere un'utilità e sperare veramente di essere agenti di cambiamento, di rivoluzione, devono rifuggire qualunque semplificazione, ogni manicheismo, l'approccio moralista, giudicante, normativo ed escludente, e i giudizi e i pre-giudizi facili, la negazione e/o il rifiuto aprioristico di ciò che esiste attorno solo perché non ha che fare direttamente con noi e fatichiamo a comprenderlo, le banalizzazioni, in favore, invece, della complessità, dell'ascolto, della capacità di comprensione, dell'inclusione, della varietà di istanze, di proposte, di vissuti, dell'apertura mentale, della propensione alla conoscenza effettiva e profonda di qualcosa o qualcuno prima di decidere di assumere un posizione radicale e di esprimerci su quel qualcosa o qualcuno, che ci permetta di escludere con ragionevole sicurezza di essere realmente nelle condizioni di farlo, e della propensione all'accettazione delle differenze e prima ancora del fatto che queste esistano, che è bello, giusto, sano che sia così, e che non si può e non si deve pretendere che ciò che è adatto a/libera/fa star bene noi, sia necessariamente rappresentato dalle stesse cose che fanno per/liberano/fanno star bene altre donne, e, più in generale, altre persone.
E da transfemminista intersezionale, e da anticapitalista convinta e radicale, mi permetto di ricordare che il problema è sempre il capitalismo, è sempre che ci siano ricchi sempre più ricchi, che, in una società come questa, possono fare ciò che vogliono, e poveri, povere, poverə sempre più poveri, povere, poverə, che, invece, sin troppo spesso, quasi sempre, si ritrovano a non avere reale possibilità di scelta, e a subire quelle altrui.
Per cui, è su questo che, se davvero si volesse fare qualcosa per evitare lo sfruttamento e gli abusi dei primi ai danni deə secondə, le politiche dovrebbero puntare, e legiferare. Ed è su questo che le sedicenti femministe, specie se anche sedicenti intersezionali e anticapitaliste, dovrebbero far sentire la loro voce.
E non sulla criminalizzazione della GPA in sé e per sé, in quanto tale, con tanto di plauso per l'«invito» alla delazione da parte dei medici alle istituzioni.
Perché, se «il corpo è mio e decido io», posso decidere di non fare figli ma anche di portare avanti una gravidanza per un'altra donna — amica, sorella, cognata, collega, compagna di lotte, pure semplice buona conoscente —, o altra persona, a me più o meno cara, che non può (ricordate, per dire, Phoebe che, nella serie tv Friends, negli anni '90, sceglieva di portare avanti una gravidanza per il fratello e la cognata ? )
E, in questo, non c'è alcuna mercificazione, né sfruttamento, c'è solo libertà di scelta (condivisibile o meno, ma tant'è; e, se non condividi, semplicemente, non lo fai, esattamente come per l'interruzione di gravidanza, o per il sex work, ma non ti permetti di arrogarti il diritto, che non hai, di dire a un'altra donna cosa deve fare o non fare ).
La mercificazione e lo sfruttamento sono possibili solo laddove c'è un divario di risorse e di mezzi, laddove vige il capitalismo, laddove tutto ruota intorno al profitto dei soliti pochi e alla subordinazione di tutte le altre, tuttə lə altrə, tutti gli altri.
Allora, se volete davvero sconfiggere mercificazioni, sfruttamento, abusi dovuti a questo, oltre, chiaramente, nella fattispecie del discorso specifico, a rendere più semplici, fattibili, meno assurdamente burocratizzate e costose le adozioni, è di anticapitalismo che dovete parlare. E, guarda caso, io, a molte e molti di voi, che, ora, sento ergersi ridicolmente a paladini e difensori «delle donne», di questo non ho mai sentito parlare.
Abbiate il coraggio di mettere al centro del discorso politico la lotta di classe e la lotta alle ingiustizie sociali. Il sovvertimento della società capitalistica. E pure l'anticolonialismo, l'eterno sfruttamento di certi Paesi e di chi li abita (guarda caso sempre occidentali) nei confronti di altri e di chi qui è nato, nata, natə e vive (sempre gli stessi, sempre quelli).
Altrimenti, è solo fuffa ipocrita, liberticida, reazionaria, moralista, autoritarista. Altro che femminismo.
26.10.24
DIARIO DI BORDO N 83 ANNO II mi vergogno e non mi riconosco in questo paese dove.... parte II ,Quando la fantasia erotica è depravazione il caso Gisèle Pelicot, come smontare la propaganda degli ipocriti pro vita e pro famiglia , Ennesima figura barbina del governo Meloni di cui difficilmente sentirete parlare sulla Rai,un dirigete rai da ad un giornalista dell'infame ,
Un paese dove una ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, in barba a qualunque principio costituzionale, deontologico, umano, dichiari come se nulla fosse che “medici e sanitari sono tenuti a denunciare casi di sospetta Gpa”.Questo non è un governo democratico, siamo ormai alla delazione di stato o meglio alla
.......
-----
- Che l’emendamento al decreto Sicurezza voluto da Meloni e soci è inapplicabile così com’è.
- Che il governo è guidato da pericolosi cialtroni in materia che sostituiscono criteri demagogici a quelli scientifici.
- Che è salvo, per ora, un settore che vale 11mila posti di lavoro.
- Che non esiste alcun complotto dei giudici. Esiste solo una classe politica incapace di scrivere le leggi e una classe giuridica costretta a rimediare ai suoi grossolani errori.
- Ed è un grosso problema.
......
È morta Delia Buonomo. È morta una Giusta in un tempo sbagliato.
Era la titolare del bar Hobbit di Ventimiglia, ve lo ricordate? Quello che, a un certo punto, nel pieno dell’emergenza alla frontiera, Delia aveva in parte riadattato a un rifugio gratuito per migranti.Tutto è nato nel 2016 quando ha notato alcune donne e bambini migranti seduti sul marciapiede di fronte al bar,
----
come smontare la propaganda degli ipocriti pro vita e pro famiglia
Nei giorni scorwsi a Otto e mezzo, una strepitosa Lilli Gruber ha preso la parola davanti al portavoce dei Pro Vita Jacopo Coghe.
“Bene. Faccio un breve elenco delle famiglie tradizionali che abbiamo al potere oggi in Italia. Giorgia Meloni si è separata dal suo compagno, col quale ha fatto una figlia fuori dal matrimonio.Sua sorella Arianna ha dichiarato qualche mese fa, snza che nessuno glielo avesse chiesto, che sono separati in casa col ministro Lollobrigida.Matteo Salvini ha due figli da due donne diverse e adesso ha una fidanzata.Come mai c’è tutta questa tolleranza da parte vostra nei confronti dei referenti politici ai massimi livelli, che sono tutti fuorché “Dio, Patria e Famiglia”? Questo non capisco.”
Coghe, imbarazzato: “Noi non giudichiamo la vita personale , rimaniamo sul fatto politico.”
Replica di Gruber.“Quindi vale anche per Spano, per lesbiche, trans…”
Ovvero. Come smontare in quindici secondi netti anni di propaganda tossica, feroce, bigotta ed ipocrita sulla vita e sui diritti di persone.Un manifesto politico e culturale.
-----
-----
21.10.24
il ricorrere alla gpa non è solo uno sfizio di coppie lgbt o etero Sotto le bombe in Ucraina per diventare genitore: la storia di Fulvio che con la nuova legge sulla Gpa (oltre al carcere) rischia di perdere il lavoro
A maggio, a Kiev, partorirà la donna che sta portando avanti la maternità surrogata per lui (dipendente pubblico) e sua moglie. La coppia aveva perso un figlio per una complicazione durante il parto: «Il nostro bambino è morto tra le mie braccia, chi sono questi politici per accusarci di egoismo?»
La gestazione per altri è reato universale in Italia. Ma sono ancora tutte da tarare le implicazioni che la nuova legge avrà nelle vite di padri e madri che vi hanno fatto ricorso. Un effetto, tuttavia, c’è già: «I cittadini italiani che hanno avviato il percorso nelle cliniche di Stati esteri dove la pratica è consentita sono nel panico». Stanno iniziando ad arrivare le richieste di interruzione di gravidanza. «Volevano fare una legge, hanno dato il via a una mattanza». Fulvio è in contatto con diverse persone che hanno scelto la surrogazione di maternità. A differenza di molte di loro, il trentanovenne romano ha deciso di proseguire, nonostante l’inasprimento della norma. A maggio, ci sarà un bambino a Kiev ad aspettarlo. Lo andranno a prendere lui, sua moglie e la loro prima figlia, Gioia, di cinque anni. «Lo dico chiaramente ai politici: è colpa vostra se mi licenzieranno o se finirò in carcere. Però, preferisco essere condannato io che condannare mia moglie a un’infelicità eterna, a toglierle il sorriso».
Fulvio, perché lei e sua moglie avete scelto di ricorrere alla maternità surrogata?
«Tutto è iniziato due anni fa, quando io e mia moglie abbiamo deciso di dare un fratellino a nostra figlia Gioia, che allora aveva tre anni. La gravidanza sembrava perfetta, ma alla fine dei nove mesi, il giorno prima del parto, mia moglie si è sentita male. Provava delle contrazioni all’addome. Abbiamo chiamato l’ambulanza, che è arrivata dopo due ore. All’ospedale San Pietro ci hanno detto che il bambino, Marco, non aveva più battito. È nato con un cesareo d’emergenza, sofferente e con gravi problemi di ossigenazione e probabili lesioni cerebrali. Nel frattempo, mia moglie era in condizioni disperate, intubata e con emorragie interne. Hanno fatto di tutto per salvarla. Intanto Marco era stato trasportato all’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Ho passato dieci giorni tra due ospedali».
E dopo?
«Purtroppo Marco aveva una disfunzione multiorgano. I medici, dopo alcuni esami, mi hanno detto che il bambino non reagiva ad alcun stimolo esterno. Con profonda sofferenza, io e mia moglie abbiamo deciso di non andare avanti con l’accanimento terapeutico. La scelta più dura della nostra vita. Le condizioni di Marco erano tragiche, dopo una settimana è arrivata una crisi respiratoria. Da quel momento, per 48 ore, l’ho tenuto stretto a me: Marco è morto tra le mie braccia. Abbiamo fatto il funerale, mentre tutto a casa ci ricordava lui: la macchina più grande per trasportarlo nel seggiolino, la cameretta nuova, la culla. Quando siamo tornati a casa senza bambino e senza mamma con la pancia, Gioia ha cominciato a chiedere dove fosse il suo fratellino. Una scena straziante».
Sua moglie?
«Si è salvata, ma è stato devastante. I medici hanno dovuto toglierle l’utero. Se non ricordo male, il suo problema è stato la rottura della varice posteriore dell’utero da cui è partita l’emorragia. Sono riusciti a lasciarle, però, le ovaie. Dopo quella tragedia, mi sono preso del tempo per elaborare il lutto. Lei ha trovato il coraggio di proporre la gestazione per altri: era l’unico modo per avere un altro figlio. Io avevo pensato all’adozione, ma lei non si sentiva pronta per quel percorso. Così abbiamo iniziato a informarci sulla surrogata e abbiamo visto che in America aveva un costo inaccessibile per noi. Poi abbiamo scoperto che era possibile farla in Ucraina a costi molto più contenuti. Contattata la clinica via mail, ci hanno girato tutti i documenti e ci hanno proposto un contratto più alla nostra portata, utilizzando il materiale biologico mio e di mia moglie».
Ma era già iniziata l’invasione russa.
«Nonostante la guerra, abbiamo deciso di andare avanti. La disperazione e il desiderio di diventare di nuovo genitori erano più forti. In Ucraina c’era la no fly zone. Abbiamo preso un aereo per la Polonia, poi un autobus fino al confine, dove l’aria di guerra la senti tutta, la respiri. Siamo saliti su un treno verso Kiev, pieno di militari con i mitra spianati. Dopo 10 ore di treno, siamo arrivati nella capitale. Lì in stazione ci aspettava un’auto della clinica che ci ha portato in un appartamento, sempre predisposto da loro, dove siamo rimasti tre settimane. Il secondo giorno che eravamo lì, una bomba è scoppiata a due chilometri di distanza: ricordo che è scattato l’allarme e ci hanno fatto nascondere in un bunker. Comunque, abbiamo lasciato il nostro materiale biologico, ma a causa dei problemi di salute di mia moglie, gli ovuli non erano idonei e l’embrione non cresceva».
Quindi il viaggio è stato inutile?
«Io, mia moglie e Gioia siamo rientrati in Italia. Ci siamo presi un po’ di tempo, anche perché stava iniziando la discussione di questa legge, alla Camera, per rendere il reato della maternità surrogata universale. Avevamo paura, per il lavoro e soprattutto per il futuro di nostro figlio. Poi, però, dalla clinica ci hanno prospettato un’altra opzione: usare il mio sperma, che avevano congelato, e gli ovuli di un’ovodonatrice. E ci siamo riusciti. L’embrione, poi, è stato impiantato in una terza donna, come vogliono le regole ucraine. Il primo transfert nella mamma surrogata non è andato a buon fine. Il secondo tentativo, il 23 agosto scorso, sì. Noi, per le norme ucraine, non possiamo conoscere la donna che sta portando avanti la gravidanza. Ma ora sappiamo che c’è una vita nella sua pancia. Tra poco – devono passare 12 settimane – ci invieranno la prima ecografia di nostro figlio. Insomma, stiamo già vivendo questa gravidanza. A maggio, torneremo a Kiev, e ad aspettarci ci sarà nostro figlio».
Arriviamo a oggi. Che impatto ha avuto su di voi la notizia dell’approvazione definitiva della legge che “universalizza” il reato della Gpa?
«Ho seguito in diretta la votazione in Senato. Sentivo i politici dire cose aberranti. Io ci sono stato in quelle cliniche, a differenza loro. Ho conosciuto ventenni che hanno avuto un tumore all’utero e non hanno altra soluzione che questa, per diventare madri. Perché privare queste persone disperate dell’unica possibilità di diventare genitori, che è la cosa più bella al mondo? Nonostante la guerra, la clinica di Kiev era piena di persone che erano lì con il solo obiettivo di donare amore a un figlio. A differenza di quello che descrivono i nostri politici, non ho trovato coppie di omosessuali oppure persone di 80 anni che pretendono di avere un figlio. Nulla era come lo descrivono in Parlamento o nei comizi. E allora io voglio dire ai politici: “Mettetevi nei miei panni, per un secondo. Mi è morto un bambino in braccio e ho solo il desiderio di crescere un altro figlio”. Sono arrabbiato perché sono disconnessi dalla realtà. “Perché non volete ascoltare la voce di tutta quella gente che per disperazione e amore va sotto le bombe pur di avere un figlio?”».
Ha paura, adesso?
«Subito dopo il voto definitivo che ha approvato la legge, ho chiamato mia moglie. Ci siamo domandati: “Come può lo Stato, come possono i senatori distruggere le nostre vite schiacciando un semplice pulsante?”. Subito dopo, però, abbiamo concordato di proseguire il percorso. Quando ti muore un figlio tra le braccia sei pronto a tutto, anche ad andare in prigione. Ma non posso permettere che mia moglie venga condannata a una vita di dolore senza questo bambino. Noi non abbiamo fatto nulla di male. Viviamo in campagna, in un posto bellissimo, e questo bambino avrà tutto l’amore del mondo. Certo è che ora, con la possibilità di multe milionarie e il rischio di carcere, non dormo più sereno. I politici volevano fare una legge, invece hanno dato il via a una mattanza di bambini».
È un’affermazione forte, me la può spiegare?
«La prima conseguenza di questa legge è che i cittadini italiani che hanno avviato il percorso nelle cliniche di Stati esteri dove la pratica è consentita, adesso, sono nel panico. Conosco persone che hanno iniziato a mandare mail alle cliniche per interrompere le gravidanze. Io non dormirò più sonni tranquilli sapendo che mi aspetta un procedimento penale, ma se devo farmi dei mesi in carcere li farò. Preferisco essere condannato io che condannare mia moglie a vivere senza il sorriso. Condannatemi, sono colpevole di avere come obiettivo quello di donare amore a un figlio. Ciò che non mancherà a mio figlio sarà tutto l’amore del mondo. Forse ne avrà più di un bambino nato senza questo tipo di percorso: siamo andati sotto le bombe pur di averlo, è figlio di un sacrificio enorme. E quando qualcosa deriva da un sacrificio, ci tieni ancora di più».
Cosa direbbe ai politici che hanno approvato questa legge e, visto che lavora nella pubblica amministrazione, teme di perdere il lavoro qualora finisca a processo?
«Li inviterei a guardare negli occhi chi, come noi, ha affrontato una tragedia per cercare la felicità attraverso la Gpa. Stanno distruggendo le vite di persone che non hanno fatto nulla di male, persone che vogliono solo essere genitori. Voglio dirlo chiaramente ai politici: “Se la mia vita cambierà radicalmente a maggio, se mi licenzieranno, sarà colpa vostra”. Esistono lavori, sia nel pubblico sia nel privato, dove i carichi pendenti comportano l’allontanamento. Un effetto secondario di questa legge potrebbe essere quello di lasciare le famiglie che hanno fatto ricorso alla Gpa senza fonte di reddito. Molte aziende, anche nel settore privato, nei contratti mettono delle clausole che escludono chi ha precedenti penali. Lo stesso vale per chi vuole partecipare a un concorso pubblico: un giovane di 20 anni che tenta di costruirsi un futuro deve presentare un casellario giudiziale pulito. C’è il rischio che perda il lavoro? Può darsi, sicuramente se subissi un procedimento penale avrei delle difficoltà anche in quell’ambito».
Alcuni sostengono che la Gpa sia una scelta egoista di chi vuole un figlio a tutti i costi. Cosa risponde a queste critiche?
«Egosimo? Io ho tenuto un bambino morto tra le braccia. Noi non siamo egoisti. Siamo persone che cercano di costruire una famiglia in mezzo a un dolore immenso. E la Gpa, per noi, è l’unica speranza. In Ucraina, le donne che fanno le madri surrogate lo fanno in condizioni regolamentate, nessuno le costringe. Non sono disperate, lo fanno per dare una mano e, insieme, ricevono un aiuto economico. Proprio come ci sono donne ucraine che abbandonano i propri figli per venire a fare le badanti in Italia. In America pure lo fanno e non mi pare ci sia una questione di povertà. In Portogallo ci sono presso le strutture sanitarie delle liste di donne volontarie che vogliono fare la gestazioni per altri. Noi siamo andati sotto le bombe di Kiev per amore, non per egoismo».
Gioia, la vostra bimba, già sa che avrà un fratellino?
«Per ora no. Quando Marco è morto, lei continuava a chiedere di lui, a domandarci dov’era. Non è facile spiegare a una bambina di tre anni che suo fratello non c’è più. Le abbiamo detto che si trovava tra gli angioletti. È stato un momento straziante, per noi genitori, doverle spiegare qualcosa che non possiamo nemmeno accettare pienamente noi stessi. Adesso stiamo procedendo a piccoli passi, senza caricarla di troppe informazioni. Le diremo della “cicogna”, quando ci avvicineremo al momento. Questo viaggio che abbiamo intrapreso per avere un altro bambino è stato lungo, difficile, pieno di sacrifici. Quando sarà più grande, le racconteremo tutta la verità, con la stessa onestà con cui abbiamo vissuto questo percorso. Lei è parte della nostra famiglia e del nostro viaggio, e un giorno capirà che questo fratellino è il risultato di un amore e di un desiderio così profondi da non farci tremare davanti alle bombe russe».
Foto di copertina: Pexels | Mart Production
31.1.24
Un bebè al posto dei gemelli: la coppia chiede alla madre surrogata l'aborto ma poi ipocritamente cambia idea quando lei lo mette al mondo e lo vuole crescere da sola
Questà è la storia presa dall'avvenire del 30 gennaio 2024 di una mamma in affitto americana che si rifiuta di sopprimere il "prodotto non desiderato", salvandogli la vita. E dando una lezione a chi pensava fosse solo un oggetto da comprare.
Francesco Ognibene
Volevano due gemelli, ma nel suo grembo di bambini ce n’era solo uno. E i “genitori committenti”, insoddisfatti della differenza tra ordinazione e prodotto finito, le hanno chiesto di abortire. È una storia drammatica ma a (parziale) lieto fine quella di “Heathyr”, nome scelto da una giovane americana per offrirsi su TikTok come madre surrogata, in tasca il contratto con un’agenzia specializzata.
7.8.23
GPA, libertà o mercificazione del corpo? Una prospettiva femminista. Intervista a Valentina Pazè
credo che da antiproibizionista ed libertario dopo aver letto l'articolo sotto rireso debba rivedere le mie posizioni espressepiù volte precedentemente sul blog ( in particolare qui ) di voler normare la pratica . Resto solo contrario sul reato interazionale proposto da questo governo da https://www.pressenza.com/it/2023/08
GPA, libertà o mercificazione del corpo? Una prospettiva femminista. Intervista a Valentina Pazè
In questi giorni la Gestazione per altri (GPA) è ritornata d’attualità. Sebbene il proibizionismo della destra non sia una soluzione, il lassismo sulla GPA non può esserlo altrettanto in quanto esempio lampante di come, nelle democrazie neoliberali occidentali, sia sempre più preponderante l’affermazione del biocapitalismo, della mercificazione totale della vita. Negli anni il dibattito etico, bioetico e politico sul tema ha visto molta divisione interna nella sinistra, nel movimento LGBTQ e nel femminismo. Dopo decenni di lotte femministe a ribadire che la donna non è un utero che sforna bambini per lo Stato, che la maternità è una possibilità non obbligatoria, un sentimento non egoistico, non legato ai propri geni e alla consanguineità, ma a una relazione di scelta di parentela, di crescita e affetto reciproco, oggi ci troviamo a medicalizzare, per l’ennesima volta, il corpo delle donne e i nostri sentimenti con il rischio di nutrire economicamente le ‘cliniche della fertilità’, normalizzare l’idea della “maternità in vendita”, aprendo involontariamente a pratiche che si avvicinano alla vendita di organi (dal 2014, per esempio, stanno nascendo i primi bambini da utero trapiantato da ‘donatrice’ vivente).
Di questo ne parliamo con Valentina Pazé, docente di Filosofia politica e Teoria dei diritti umani presso il Dipartimento di Culture, politica e società dell’Università degli Studi di Torino che si occupa, in una prospettiva teorica e storica, di comunità, comunitarismo, multiculturalismo, teorie antiche e moderne dei diritti e della democrazia, del populismo, del pensiero politico di Norberto Bobbio e del rapporto tra genere e biologia. Quest’anno ha pubblicato il libro “Libertà in vendita. Il corpo fra scelta e mercato” (Bollati Boringieri, 2023) che affronta le questioni delicate della prostituzione, della maternità surrogata e del velo islamico nella prospettiva del rapporto tra scelte libere e dignità della persona.
In questi giorni, la destra ha riportato la GPA al centro del dibattito. Si tratta di un tema scottante per la società o una mossa propagandistica?
Le ragioni per cui la destra ha fatto della lotta senza quartiere della Gpa una bandiera sono facilmente intuibili. Per un verso, che cosa c’è di meglio, per chi sta disattendendo tutte le promesse elettorali (a partire dal blocco dell’immigrazione) che distogliere l’attenzione dal suo concreto operato agitando una questione più che altro simbolica (visto che la Gpa è già vietata nel nostro ordinamento) ma di forte impatto emotivo, su cui una sinistra balbettante e in stato confusionale sembra non avere nulla da dire? La contraddizione, naturalmente, è stridente, perché la destra ultra-liberista che demonizza la Gpa in nome del rifiuto della mercificazione del corpo femminile non è affatto preoccupata di porre un freno alla mercificazione della salute, dell’istruzione, del lavoro… Per altri versi, la battaglia contro la Gpa si presta ad essere declinata in chiave tradizionalistica, come difesa della famiglia “naturale” e rifiuto dell’omogenitorialità, tutti temi cari alla destra.
In Italia, mentre la destra sta monopolizzando il dibattito di opposizione alla GPA, la sinistra radicale, i movimenti femministi e il movimento LGBTQ+ sono molto divisi su questo tema al loro interno. In Europa invece quasi tutta la sinistra e il femminismo sono contrari GPA. Perché questa differenza?
Al di là della polarizzazione generata dal fatto di avere l’estrema destra al governo, la confusione del PD su questo tema rispecchia la più generale confusione che regna in un partito dall’identità incerta, tuttora senza bussola, che fino a pochi mesi fa brandiva l’agenda ultra-liberista di Draghi e oggi in molti suoi esponenti fa fatica perfino a distinguere il principio di autodeterminazione sul proprio corpo (che va garantito anche contro le pressioni del mercato) dal principio dell’autonomia negoziale. Per la sinistra-sinistra il discorso è più complesso. Per un verso mi sembra che mostri una certa subalternità nei confronti della cultura “radicale” (del Partito Radicale italiano, intendo), che ha da sempre coniugato liberalismo e libertarismo con una buona dose di liberismo economico. Non a caso il ddl che porta la firma dell’associazione Coscioni, riesumato dall’emendamento Magi al progetto di legge discusso di recente in parlamento, prevede che a rendersi disponibile per una Gpa “solidale” possa essere anche una donna che al momento della stipula del contratto è disoccupata o lavoratrice precaria. Un grosso ruolo ha poi giocato nel nostro paese – inutile nasconderlo – la scelta di Nichi Vendola e del suo compagno di avere un figlio ricorrendo a una madre surrogata californiana: una scelta personale, ma anche politica, per il modo in cui è stata pubblicizzata, esibita, rivendicata, che ha contribuito a diffondere l’idea che quella per la legalizzazione della Gpa sia una battaglia “di sinistra”, in difesa dei diritti LGBTQ+ (un unicum in Europa, come ricordavi). Quando, tra l’altro, la Gpa interessa quasi esclusivamente i gay, non le lesbiche.
Molti di coloro che sono a favore della Gpa sostengono che essa sia in fondo una pratica “altruistica”. Secondo lei è una motivazione accettabile?
Quella della Gpa “altruistica” o “solidale” è una bella favola a cui qualcuno (portatore di corposi interessi) vuole farci credere e a cui molti altri, e altre, hanno apparentemente un gran bisogno di credere, per ricomporre in un tutto coerente, desideri, valori, principi, tra loro in forte tensione. Mi diceva un amico gay, di sicura fede progressista: “se ci sono donne disponibili ad aiutare i gay ad avere figli, perché negare loro la possibilità di compiere un atto di generosità?”. Ma il problema è che queste donne non ci sono. Non, per lo meno, in un numero sufficiente a soddisfare una domanda crescente di servizi riproduttivi (non solo per coppie gay), che solo il mercato è in grado di soddisfare. Non a caso, nei paesi in cui è prevista la GPA “altruistica”, le donne si offrono per fare figli per altri solo quando il “rimborso-spese” si attesta su cifre paragonabili a quelle della GPA commerciale. Un discorso analogo vale per la “donazione” degli ovociti: se il rimborso non è cospicuo, le donatrici latitano… Di fatto, là dove esiste, nel mondo (nell’Unione europea in soli quattro Stati: Cipro, Grecia, Macedonia del nord, Portogallo), a prestarsi a questo genere di altruismo sono donne di ceto medio-basso, e di scarso livello di istruzione. Chi oggi difende convintamente la versione solidale della Gpa sarebbe più credibile se proponesse tra i requisiti per diventare madri surrogate il possesso di un contratto di lavoro stabile e di una buona retribuzione. Assisteremmo allora finalmente all’edificante spettacolo di donne medico, docenti universitarie, avvocate, manager, disposte a interrompere generosamente la loro carriera per donare un figlio alle coppie infertili? Temo di no. Nella divisione globale del lavoro, queste donne sono, e rimarranno, semmai, le potenziali acquirenti dei servizi riproduttivi altrui. Alcune multinazionali fin d’ora suggeriscono alle loro impiegate di rimandare la maternità, congelando i propri ovuli. In futuro, là dove la GPA venisse ovunque legalizzata e culturalmente accettata, le donne in carriera potranno permettersi di esternalizzare la stessa gravidanza, accollandone il peso, e i rischi, alle donne povere e alle straniere.
Nel suo libro “Libertà in vendita”, pone l’accento su come la libertà nell’epoca del neoliberismo e delle democrazie di mercato, sia un tema contraddittorio e fallace. Con la GPA, anche l’intimità, sessuale e riproduttiva, rischia di diventare una merce tra le altre? Davvero siamo liberi? E se sì, di quale libertà parliamo?
Libertà è una bella parola, che può significare molte cose. Nella sua accezione più semplice, e più immediata, consiste nella possibilità di fare tutto ciò che vogliamo, in assenza di obblighi e divieti. Non è difficile accorgersi, tuttavia, che una simile libertà “selvaggia” (la libertà dello stato di natura di Hobbes, in cui ciascuno ha “diritto a tutto”, anche “al corpo di un altro”) si traduce nella libertà del lupo di predare l’agnello. Perché ciò non accada, è necessario limitare la libertà del forte, in funzione della difesa del debole. Concetti semplici, che sono all’origine di norme come l’art. 36 della nostra Costituzione che, vietando ai lavoratori di rinunciare alle ferie e al riposo settimanale, rende effettiva la loro libertà di scelta, in contesti asimmetrici, in cui non basta il principio del consenso informato a tutelare le parti deboli del rapporto contrattuale. In base allo stesso principio la Carta di Nizza vieta, all’art. 3, di fare del corpo umano, o delle sue parti, fonte di lucro.
Alcune femministe hanno definito questa pratica come una colonizzazione patriarcale sul corpo femminile[1], una tecno-rapina da parte delle nuove tecnologie riproduttive, nate dal grembo dello sviluppo indefinito dell’attuale società industriale, dipendente dal mercato globale neoliberista dove tutto diventa merce. Quale piega sta prendendo la libertà delle donne alla luce delle nuove tecnologie riproduttive?
E’ paradossale assistere oggi al ritorno delle parole d’ordine del femminismo degli anni Settanta, con un significato sensibilmente diverso da quello originario. “L’utero è mio e lo gestisco io” era uno slogan che serviva a rivendicare il diritto di autodeterminazione delle donne. In relazione all’aborto, sembrava assodato che l’ultima parola dovesse spettare alla donna, non certo al padre che, pure, ha contribuito alla procreazione dal punto di vista genetico. Oggi i contratti che regolamentano la GPA, per lo meno quelli che trasferiscono fin da subito la genitorialità ai committenti (come prevede il ddl Coscioni), mettono in dubbio questo principio. Anche quando è riconosciuto formalmente alla donna il diritto di abortire, o di non abortire (nei casi, non infrequenti, in cui siano consigliabili interventi di “riduzione embrionale”), ci sono le pressioni delle agenzie e dei “genitori intenzionali” (che hanno talvolta fornito, in tutto o in parte, il materiale genetico). E ci sono i condizionamenti economici. Non bisogna poi dimenticare che stiamo parlando di gravidanze fortemente medicalizzate, in cui ogni fase è soggetta a controlli e supervisione, medica e psicologica. Dopo la firma del contratto, di autonomia per le donne ne rimane poca. E l’ultima parola, in caso di controversie sulla genitorialità del nuovo nato, spetta ai giudici, non a colei che ha portato avanti la gravidanza e partorito. Come tutto ciò possa essere compatibile con la retorica sull’autodeterminazione delle donne è per me un mistero.
In Italia, gran parte del femminismo liberale sostiene che la GPA sarebbe un “diritto”. É possibile parlare di diritto quando la sua applicazione coinvolge necessariamente l’uso di soggetti terzi? La riproduzione è un “diritto” o una “possibilità”?
Anche in tema di diritti, esiste oggi una grande confusione. Si dimentica che a ogni diritto corrisponde un dovere altrui, che nel caso di un ipotetico “diritto alla GPA” consisterebbe nell’obbligo, in capo a una donna, di mettere a disposizione il proprio corpo per consentire ad altri di diventare genitori. Il linguaggio dei diritti, tra l’altro, non ha niente a che vedere con quello del dono. Un diritto si esige; un dono no. Ma si dimentica anche, in secondo luogo, che non tutti i diritti possono essere messi sullo stesso piano. I diritti fondamentali, riconosciuti universalmente da norme giuridiche, in genere di rango costituzionale, non sono la stessa cosa dei diritti patrimoniali, che sorgono su base contrattuale e spettano singolarmente a qualcuno, ad esclusione di tutti gli altri. In base alla gerarchia delle fonti stabilita dalla nostra Costituzione, la legge prevale sui contratti, i diritti fondamentali prevalgono sui diritti patrimoniali. Riconoscere validità giuridica ai contratti di Gpa, aventi per oggetto beni personali indisponibili come le parti del corpo umano e gli status legati alla filiazione, significa sovvertire questa gerarchia, stabilendo che il diritto (patrimoniale) dei clienti a ottenere la prestazione concordata prevale sul diritto (fondamentale) delle donne a decidere sul proprio corpo, al riparo da condizionamenti economici, conservando fino all’ultimo la possibilità di riconoscere il figlio che hanno partorito.
La sociologa ecofemminista Laura Corradi ha definito la GPA come una pratica classista che è definita da privilegi economici e geopolitici, ovvero un qualcosa di cui può disporre solo la popolazione bianca occidentale ricca a discapito di altre donne del Sud del Mondo, che hanno minori mezzi economici, status ed educazione. Cosa ne pensa?
Oggi è senz’altro così: donne e uomini ricchi, per lo più occidentali, usufruiscono dei servizi di donne povere del sud del mondo, o anche del nord, tenendo conto che la nozione di povertà è relativa e che a una donna del “ceto medio” negli Stati Uniti i 10.000 dollari guadagnati con la Gpa possono risultare molto comodi per pagare l’assicurazione sanitaria o per mandare un figlio all’università. E tuttavia è impressionante constatare come vi sia, anche a sinistra, chi decide di chiudere gli occhi di fronte a questo fenomeno. L’approvazione, a Cuba, di un nuovo Codice di famiglia, che apre a una forma di Gpa “solidale” riservata a persone unite da legami familiari o amicali, può essere salutata come una conquista di civiltà solo da chi decida deliberatamente di ignorare che cos’è Cuba, oggi, in quale abisso di miseria viva gran parte della sua popolazione dopo decenni di sanzioni economiche. E come sarà agevole per un ricco turista occidentale diventare “amico” di una donna cubana per avere accesso alla sua capacità riproduttiva.
Inoltre la questione riguarda anche il tema della salute delle donne: i problemi di salute materno-infantili correlati all’uso di tecnologie riproduttive e le implicazioni etiche, biologiche e psicosociali connesse. Studi scientifici parlano dell’elevato numero di aborti spontanei e dei danni del bombardamento ormonale che ricevono le gestanti…
Sì, certo. Paradossalmente la versione originaria della GPA (quella “tradizionale”), in cui la gestante era anche la madre genetica del bambino, comportava meno rischi per la salute della donna di quella odierna, che prevede la scomposizione del processo riproduttivo in un maggior numero di soggetti: una donna che offre l’ovocita, un uomo che fornisce lo sperma e un’altra donna nel cui utero viene impiantato l’embrione prodotto attraverso le tecniche della fecondazione in vitro. Questo genere di gravidanza, esito di un’ovodonazione, è esposto a una probabilità di fallimenti e di complicanze, anche gravi, molto superiori a quelle di una gravidanza fisiologica.
Cosa si potrebbe fare concretamente per colmare il desiderio di genitorialità in molte persone (etero ed omosessuali) senza dover ricorrere alla surrogazione di gravidanza?
Intanto non è detto che tutti i desideri debbano, e possano, essere soddisfatti. Posso desiderare moltissimo di avere un partner, ma non riuscire a trovarlo. Posso desiderare un figlio, ma non essere in grado di averlo, per ragioni che attengono alla fisiologia della riproduzione umana. Detto questo, il desiderio di accudire e crescere i nuovi nati può essere soddisfatto anche in modi diversi dalla genitorialità biologica: attraverso l’adozione (che andrebbe aperta anche alle coppie gay) e l’affidamento. O anche attraverso accordi davvero solidali – non mediati da contratti – con amici o parenti felici di condividere le gioie e le fatiche della genitorialità con persone a cui sono legati da vincoli di affetto e amicizia.
[1] Interessante sul tema è stato l’intervento della deputata Luana Zanella, storica femminista ed ecologista, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra https://www.youtube.com/watch?v=A3UxJBTjpKM https://www.youtube.com/watch?v=sFq7TVmlxAE
2.5.21
non sapevo che raccontare l'altro lato della Gpa o utero in affitto fosse esaltare tale pratica
****** No, certo, diamogli la medaglia. "La pancia americana"... Vergogna
Cara ****** ma quale medaglia . io sto solo riportando \ riprendendo una storia, e quindi facendo vedere
anche l'altro lato della maternità surrogata \ gestazione per altri (spesso abbreviata in GPA) o utero in affitto . Non sto né condannando né approvando tale scelta come puoi notare non fermandoti solo , al mio ambiguo \ fuorviante titolo , leggi l'introduzione all'articolo .Tale definizione è orripilante perchè non tiene conto del dolore e della sofferenza di una donna che è costretta o sceglie liberamente i portare avanti la Gpa . Per quanto riguarda l'espressione orripilante segno di una scelta frettolosa ed istintiva \ non ragionata nell'uso delle parole usata l'autore si è scusato
qui non si celebra ( o almeno ci si prova ) nessuno, mai. Si racconta, si pensa, ci si confronta, si cresce. Quindi se avete storie su tale discutile pratica ben vengano , le pubblicherò o se siete miei utenti potete pubblicare anche voi o qui o sulla mia bacheca di facebook che è apertaa tutti\e
Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.
Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...
-
https://www.cuginidicampagna.com/portfolio-item/preghiera/ Una storia drammatica ma piena di Amore.Proprio come dice la canzone Una stor...
-
Come già accenbato dal titolo , inizialmente volevo dire Basta e smettere di parlare di Shoah!, e d'aderire \ c...
-
Aveva ragione de Gregori quando cantava : un incrocio di destini in una strana storia di cui nei giorni nostri si è persa la memor...