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31.1.24

Un bebè al posto dei gemelli: la coppia chiede alla madre surrogata l'aborto ma poi ipocritamente cambia idea quando lei lo mette al mondo e lo vuole crescere da sola



Questà è la storia presa   dall'
avvenire del 30 gennaio 2024   di una mamma in affitto americana che si rifiuta di sopprimere il "prodotto non desiderato", salvandogli la vita. E dando una lezione a chi pensava fosse solo un oggetto da comprare.
Non riesco   ad esimermi  da definire   tali persone gentaglia    che   con  quale  coraggio  si definiscono  cattolici   e  poi   non solo  comprano   i bambini  ma se  il  prodotto non va bene  si lamentano ed   protestano obbligando  la persona  che hanno  sfruttato  a  sottomettersi  al  loro volere  per  poi  vista  la fiuguraccia pentirsene  



                                     Francesco Ognibene


Volevano due gemelli, ma nel suo grembo di bambini ce n’era solo uno. E i “genitori committenti”, insoddisfatti della differenza tra ordinazione e prodotto finito, le hanno chiesto di abortire. È una storia drammatica ma a (parziale) lieto fine quella di “Heathyr”, nome scelto da una giovane americana per offrirsi su TikTok come madre surrogata, in tasca il contratto con un’agenzia specializzata.




I fatti risalgono al 2020 ma la donna – single e già madre di una figlia sua – ha deciso solo ora di raccontarli sempre su TikTok, una vicenda che sta suscitando l’interesse dei media americani. Contraria all’aborto, Heathyr ha chiesto all’agenzia di poter essere abbinata a una coppia che condividesse questa sua convinzione, e tra non poche difficoltà – la disponibilità ad abortire il bambino eventualmente malformato è una delle caratteristiche-base dei contratti di surrogazione – è stato sottoscritto un contratto con due aspiranti genitori tramite utero in affitto che si sono detti cattolici e che avevano espresso il profondo desiderio di poter avere dalla mamma surrogata due gemelli.
Heathyr è rimasta incinta nel febbraio 2020 dopo l’impianto degli embrioni ma la prima ecografia ha mostrato che nel suo grembo era sopravvissuto un solo bambino. Sano, ma uno solo. Da quel momento sono iniziati i suoi guai: i “genitori di intenzione” infatti hanno manifestato tutta la loro contrarietà a poter avere un solo figlio anziché i due garantiti dall’agenzia e hanno comunicato ai mediatori il desiderio che la donna abortisse. E alla conferma con una seconda ecografia che il bambino in arrivo era uno solo hanno scritto a Heathyr che «sarebbe meglio che ti sottoponessi a un’interruzione di gravidanza, ci riproveremo», come ha raccontato la donna in un video. I legali dell’agenzia le hanno tolto qualunque illusione: se si fosse rifiutata di abortire non avrebbe violato il contratto ma i committenti non l’avrebbero pagata. Dunque, togliere di mezzo il figlio non voluto da chi l'aveva ordinato e che lei certo non era in grado di tenere. Un vicolo cieco, con la vita del bambino appesa a un filo. Non fosse che in tutta la storia c'era chi lo aveva a cuore: la mamma in affitto.
Heathyr non voleva saperne di abortire: si tenessero pure i loro soldi, e poi ssi vedrà come mantenerlo. Ed è stato a quel punto che la coppia ha iniziato un pressing sulla donna tempestando di email sempre più ostili e minacciose l’agenzia, imbarazzata. Per essere più persuasivo, l’aspirante padre insisteva che in quel periodo – le settimane più drammatiche della pandemia – il pericolo di contrarre il Covid era troppo elevato, che avrebbe esposto il bambino a rischi eccessivi, e che insomma, si decidesse ad abortire. Niente da fare: sebbene surrogata, la giovane si sentiva più madre che mai, custode della vita del piccolo che portava in grembo.
L’epilogo della storia, giunti a questo punto, è facilmente immaginabile, ma non tutto è andato come si potrebbe pensare (e sperare): il lieto fine infatti non è stato che Heathyr ha deciso di tenersi il bambino ma che, avendolo fatto nascere contro tutto e tutti, con la sua tenace difesa di quella vita così fragile e sballottata come una merce ha finito per sciogliere il cuore della coppia. Che è tornata da lei in lacrime chiedendole perdono con il desiderio di poter abbracciare quel bambino di cui aveva iniziato, grazie a lei, a capire la preziosità.
Il mercato americano della surrogata garantisce la coppia committente, che pagando alimenta tutto il settore, e anche la madre surrogata, ma solo a condizione che stia ai patti sottoscritti nel contratto. L’unico a non godere di alcun diritto è il bambino, un fatto paradossale se si considera che è lui l’oggetto (è il caso di dirlo) del desiderio, a tal punto bramato da essere al centro di una transazione economica con regole ferree. Ma lui, come creatura umana, è il primo sacrificabile se non corrisponde alle aspettative. Ci voleva la determinazione della madre surrogata – che pure non ha potuto tenerlo – a ricordare al mondo che la sua vita viene prima di tutto.

23.12.23

Dal clima al femminismo: il buon cuore è un business Il social washing è ovunque, i marchi e gli influencer lo usano per posizionarsi, spinti dalle analisi di mercato


FACEBOOK TVBOY
Doni e selfie Un murales di tvboy apparso ieri a Milano con Chiara Ferragni che fa la carità



Gli hanno trovato un termine preciso: woke washing, che stando alla migliore delle traduzioni rintracciabili sarebbe l’usare “temi di giustizia sociale come strategia di marketing”. Da qui discende una declinazione al dettaglio quasi infinita – green washing, social washing, rainbow washing, mental health washing, curve washing, white washing, pink washing – a seconda della tematica sociale che si sceglie di appoggiare perché potrebbe avere (anche) un ritorno di immagine sui potenziali clienti.Eni, ad esempio, è accusata di greenwashing dagli ambientalisti: l’ultimo Sanremo era targettizzato (lunghi siparietti fuori dal teatro con gli striscioni inquadrati) con il marchio del suo braccio “green” Plenitude mentre l’azienda continuava a cercare e siglare accordi per l’estrazione di petrolio e gas.SU TIKTOK, invece, ha fatto molto discutere la decisione di Martina Strazzer, fondatrice del brand di gioielli “Amabile”, di uscire con una collezione dal titolo “Amore Dannoso” dedicata a “chiunque come me è stata o è vittima di violenza psicologica o fisica” a pochi giorni dal femminicidio di Giulia Cecchettin. In quel caso, dopo video di critiche, l’influencer ne ha pubblicato uno in cui annunciava che il 100% dei ricavi sarebbe stato destinato a un’associazione modenese per le donne e un altro in cui spiegava che la collezione era pensata da tempo. Tempismo sfortunato e ottimo recupero, sul filo del rischio reputazionale.Lo stesso rischio che potrebbe correre se venisse fuori il nome degli influencer che, come raccontava ieri nelle sue storie di Instagram Micol Ronchi, la sorella della ragazza scomparsa da giorni, alle richieste degli utenti di diffondere l’appello per trovare Anastasia avrebbero risposto “devo sentire il mio agente”.Le aziende, in realtà, lo chiamano “corporate activis m ” e l’accezione positiva che ha per loro spiega la reazione di chi per difendere i Ferragnez nel Pandorogate accusa altri di non fare abbastanza beneficenza solo perché non documentata. A fomentarlo, decine di analisi di mercato. Secondo Mktg, l’86% dei consumatori vuole un marketing cause-driven, cioè desidera che il brand si impegni in una causa sociale. Uno studio di Edelman dice invece che il 57% del campione si aspetta posizioni definite sulle questioni sociali di rilievo. E che i consumatori sono disposti a pagare di più per questo. Si parla però poco di trasparenza. Gli influencer, poi, come spiega anche il sito specializzato be2be, sono ormai dei marchi. “E se in passato il focus del marketing era il prodotto, oggi è il consumatore con tutte le sue emozioni, pulsioni e convinzioni... spacca gli utenti e i consumatori, ma parla a un target molto preciso, lo prende per il cuore”. Rossella Sobrero, fondatrice del Salone della Csr e dell’innovazione sociale, su Vita.it pare bocciare questa modalità. “Diventa urgente prendere le distanze da personaggi che, grazie al patrimonio di follower, rischiano di diventare punti di riferimento sui temi sociali, senza nessuna competenza”. E Ferragni non è l’unica. “Sono molti i personaggi famosi che sembrano battersi per una buona causa: in alcuni casi si tratta di esempi negativi di influactivism, parola inventata negli Stati Uniti per definire chi utilizza i social per rafforzare community numerose e sempre più attive”.ANCHE  CONSUMATORI CHIEDONO IMPEGNO, MA SERVE ANCHE TRASPARENZA perché, ormai, gli influencer sono i nuovi perfetti testimonial di tutto. A Pasqua, per dire, le uova hanno puntato su una fitta pletora di content creator come testimonial, andando oltre i tradizionali cartoon: oltre a quelle della Ferragni, ci sono state (senza sostegno a iniziative benefiche) le uova di Fedez, di Elettra Lamborghini, degli youtuber “Me contro Te” e “Le Twins”, della signora delle ricette Benedetta Rossi. Ma pure quello di Clio Makeup, questo sì sullo stesso modello Ferragni

24.7.23

Maternità surrogata, dai “Figli del peccato” ai “Figli del reato”



Sono cotrario alla maternità surrogata \ utero in affitto per motuvi etici  morali  (  se  volete   in un prossimo post   ve ne parlerò   ricordatemelo  all'email  del blog    redbeppe@gmail.com )  che   posso  essere  riassunti :  in  violenza  psicologica,  sfruttamento specie se  è  a pagamento    . Ma la legge  in corso di discussione    se rendere  reatoi universale  una cosa gfià proibita peraltro in Italia  , la  maternità  surrogata  . Ma soprattutto   Il sondaggio Demos pubblicato su repubblica venerdì 21 luglio sull’opinione degli italiani in merito alla gestazione per altri ( termine buonista per edulcorare il problema etico ) dimostrano  oltre   la  spaccatura     nel  paese     il  fatto  che   ancora una volta che il Paese è più avanti della sua classe politica: metà degli italiani, soprattutto quelli più giovani e istruiti, sono a favore della maternità surrogata , costringe   a  tenerne  conto    della  complessità   della  situazione  .
Infatti  Nei prossimi giorni il Parlamento arriverà a votare la proposta di legge di Fratelli d’Italia, a prima firma Varchi, finalizzata a rendere “Reato Universale” la Gestazione per Altri (GPA), ovvero perseguibile penalmente anche se messa in atto da cittadini italiani in Paesi in cui è del tutto legale è regolamentata.e
dati di fatto.
Innanzitutto, i Paesi che hanno legalizzato la cosa sono Stati Uniti ( molti stati ) , Canada, Portogallo, Regno Unito, Ucraina, Grecia, Danimarca, Paesi Bassi, Belgio, solo per citarne alcuni. Il secondo Come si può dire sì al Reato Universale di Gestazione per Altri, quando questa proposta di legge su pone in contrasto con il diritto internazionale ed europeo, configurandosi come vero e proprio obbrobrio giuridico ?
Inoltre, non tutti sanno che la GPA viene praticata al 90% (  secondo   il gruppo   dei radicali   )  da coppie di persone di sesso diverso: spesso si tratta di donne che non hanno l’utero, che nascono senza, o di donne a cui è stato asportato a causa patologie gravissime.Ecco, dunque, la proposta che vuole rendere Reato Universale la GPA si configura come un ennesimo accanimento contro le donne, che non tutela né loro né i bambini  Anzitutto non tutela le donne, poiché il proibizionismo sul corpo delle donne - l’aborto ce lo insegna - da sempre ha prodotto fuga  l'estero  per chi  può  e clandestinità, sofferenza e sfruttamento, soprattutto nel caso delle persone meno abbienti. 
Concordo   con loro     quando  affermano    che   solo  , con una regolamentazione rigorosa, può garantire piena dignità a tutte le persone coinvolte.Questa proposta di legge non tutela nemmeno i bambini: che tutela sarebbe sbattere in galera i genitori ?Metterli in adozione o darli in affido, qual'ora  lo ha  fatto  ,  sarebbe davvero la soluzione più dignitosa ?cco allora che l’emendamento di +Europa, che nasce da una proposta di legge elaborata dell’Associazione Luca Coscioni, va nella direzione di smontare questa ipocrita omofobia di Stato spacciata per difesa delle donne, e punta a regolamentare la GPA soltanto in forma altruistica e solidale, senza finalità economiche e commerciali, mettendo fine a inutili e dolorose persecuzioni. Regole stringenti che scongiurino la commercializzazione dei corpi servono ad evitare che le gravidanze siano portate avanti dalle donne più fragili economicamente, istituendo l’obbligo di stipulare in loro favore una polizza assicurativa che copra tutte le spese mediche relative ai rischi della gravidanza, nonché un registro nazionale presso l’Istituto Superiore di Sanità, la cui iscrizione sarebbe obbligatoria proprio al fine di garantire il rispetto di queste garanzie.

A partire da questa proposta rivolgiamo un appello a tutti i Parlamentari delle forze progressiste e liberali presenti in Parlamento. Non basta opporsi alla proposta Varchi. Dire no al Reato Universale mantenendo quello nazionale è una grande ipocrisia. Significa invitare le coppie a continuare ad andare all’estero, discriminando, ancora una volta, chi non ha la possibilità economica di intraprendere questo percorso fuori dall’Italia, senza tutele nel proprio Paese.Su questo +Europa ha le idee chiare, ma capiamo che negli altri partiti di opposizione, a partire dal PD di Schlein, il dibattito sia acceso e complesso.Il nostro auspicio è però che le voci in dissenso trovino la forza di farsi sentire, uscendo dagli schieramenti precostituiti, per combattere con noi una battaglia di legalità. Contro una destra che vorrebbe sterilizzare ogni diversità, nella sua concezione del mondo grigio e scialbo.Non accettiamo compromessi con questa destra. Le opposizioni devono essere pronte a costruire un Paese completamente diverso da quello che il Governo immagina.Un Paese che garantisca dignità a tutti, nelle diversità di ognuno, e che non lasci indietro nessuno. A prescindere anche dalle modalità in cui si nasce.

Insomma   il modello   da  cui  partire  potrebbe essere  quello  del   Canada, la maternità surrogata non commerciale è legalmente consentita per i cittadini e gli stranieri uniti in un matrimonio formale o una convivenza, comprese le coppie dello stesso sesso. Una legge   non perfetta  ma  perfettibile  . Infatti La legge sulla riproduzione umana assistita del Canada (AHRA) è stata approvata nel 2004 ed è la legge principale che disciplina la maternità surrogata gestazionale. Essa  ha forti restrizioni su come possono avere luogo la maternità surrogata e la donazione di ovuli o spermatozoi.


La maternità  surrogata  o  La Gestazione per Altri   come   la   si  voglia chiamare   può piacere o no, ad  esempio  a me  non mi   piace come ho già  detto all'inizio   del post    sia     che  sia  in  ambito utilitaristico   sia  per  soddifare  una maternità (  a prescidere  che  si tratti di  coppie  etero o  lgbtq  o   single  ) a  tutti i  costi  o peggio  bypassare  le  pratiche  dell'adozione   . Ma  “Io non lo farei”, per noi non può significare “Non lo devi fare nemmeno tu”. Ecco  che     come   Europa+   chiedo   <<  Ai Parlamentari liberali e progressisti  che proprio su queste battaglie si fa può fare differenza, su queste battaglie si costruisce l’alternativa.E’ arrivato il momento di scegliere: con Fratelli d’Italia o con i Figli e le Figlie d’Italia.>>

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...