Ha indossato la mascherina una sola volta, per metterla sugli occhi e riuscire a dormire: fuori, nel suo lockdown in pieno Artico, c’erano 24 ore di luce. Quando qui scattava il coprifuoco, lì l’aurora boreale.
Assembramenti? Nessun rischio: al massimo 28 persone in tutto il Paese. Così Valentina Miozzo, 28 anni, ha vissuto la pandemia al Circolo polare artico. Viaggiatrice irrefrenabile, esperta di turismo sostenibile, blogger e autrice di Viaggiare Libera, la giovane modenese, dopo la prima ondata di Covid, si è trovata a un bivio: sperare nella ripresa del turismo o partire. A ottobre 2020 ha accettato un lavoro in una guesthouse dell’Artico a Kongsfjord, estremo nord della Norvegia, 4mila chilometri da casa, dove di Covid non si è mai sentito parlare. È finita in una sorta di lockdown perenne, con limiti dettati solo dalla natura.
Il risultato è che è ancora lì, felice.
Come ci si sente a vivere il lockdown nell’Artico?
«Bene, sono appena tornata dalle Svalbard, ora sono alle Lofoten, dove resterò per i prossimi due mesi.
Anche qui di Covid non c’è traccia.
Fino a poco tempo fa ho vissuto a Kongsfjord, 28 abitanti, tanta natura e nessun rischio di assembramenti, se si escludono le renne».
Come è iniziata la sua avventura?
«A marzo 2020 dovevo partire per le Seychelles come guida, ma è stato tutto cancellato. Avendo gestito per 10 anni un agriturismo, avevo fatto domanda per questa guesthouse e mi hanno chiamata».
Ha vissuto un lockdown tutto suo.
«Sì, una sorta di lockdown perenne. Qui è molto isolato in inverno, c’è tanto ghiaccio, bufere di neve, il primo supermercato è a 40 chilometri, l’ospedale a 300. È tutto concentrato nel paesino: le notti polari sono state dure, poi è arrivata la luce costante. Difficile abituarsi».
Si è sentita sola?
«Mai. Qui ho trovato amici e Eugenia, italiana, che lavorava nella guesthouse. Insieme abbiamo anche viaggiato alle Svalbard, un posto meraviglioso. Ci tornerò».
Come è stato il suo rapporto con la pandemia?
«Per quasi 8 mesi, di Covid ho letto solo su Internet. Dove abitavo zero casi. La mascherina l’ho messa una volta, sugli occhi, per dormire. Le uniche regole erano dettate dal meteo».
Ha pensato a vaccini e green pass?
«Non ci sto capendo molto. Per ora resto qui. Poi affronterò quello che andrà fatto, forse tornerò in Italia a ottobre, dipende dalla pandemia».
Quindi non ha vissuto limitazioni?
«Qui i limiti li fornisce la natura: comanda il mare, il vento, la neve. La gente di qui mi dice che la crisi climatica si sente: la banchisa non si forma più e c’è più caldo d’estate».
Ci vuole coraggio per vivere nell’Artico?
«Mi parlano di coraggio quando viaggio da sola, io rispondo che ci vuol coraggio a viaggiare in gruppo.
Sono partita pensando di restare tre mesi e tornare a gennaio in Italia, ma se fossi tornata sarei dovuta rimanere e non avrei finito il mio lavoro. Ho deciso di restare qui».
E con il cibo come è andata?
«Mi sono adattata. Andavamo al supermercato a 40 km. Qualche volta mi è arrivato il pacco da giù con parmigiano e tortellini. Ci metteva due mesi ad arrivare, ma che gioia!».
Sta pensando di trasferirsi lì?
(Ride). «Non credo, anche se la Norvegia pensa molto al benessere delle persone. Però più viaggio più adoro il mio Paese. Il mio sogno è ricreare in Italia un agriturismo, una base-nido da dove ripartire. Di sicuro, non smetterò mai di viaggiare: soprattutto alla scoperta dell’Artico».
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Ho vissuto in un villaggio di 28 abitanti, dove il virus non è mai arrivato La mascherina?
La usavo solo per dormire