Il primario che porta i sopravvissuti del Covid a scalare le montagne




repubblica  del    12\6\2021

GENOVA - gli ex malati celebrano il ritorno alla vita arrancando in vetta. "In ospedale non riuscivamo neanche più a respirare, per noi è una vittoria" Sette chilometri di sentiero in salita, a una pendenza del 6,7%: l'opuscolo diceva due ore e passa, invece la camminata è durata molto meno. Sì, sono proprio allenati. Il prossimo appuntamento sarà una mezza maratona, tutta di corsa. Oppure un'immersione subacquea a Portofino. Un'altra sfida, qualunque sia: in palio c'è la celebrazione della vita. Perduta, ritrovata. Pensare che Roberta fino a pochi mesi fa non riusciva neppure a salire le scale di casa, da sola.



Ieri erano una trentina ad arrampicarsi lungo la montagna alle spalle di Genova, col Ponte Morandi che si intravvedeva giù a valle: mentre gli altri - i nuovi "colleghi", una ventina, appena usciti dall'inferno - li aspettavano in cima, al Santuario della Guardia. Sono tutti reduci dal Covid in forme pesanti, hanno sofferto e nascondono le cicatrici dentro: perché il contagio non finisce con un referto, no. Chi ci è passato lo sa: guarisci ma non guarisci mai del tutto. Sei vivo, va bene: però hai perso chili, ti manca il fiato, la forza. La voglia di vivere. Ma loro sono passati per la cosiddetta Palestra Covid, aperta un anno fa nel capoluogo ligure: e questo è un giorno di festa. Siamo noi: siamo ancora vivi, gridano. Nonostante il Coronavirus.
"Nell'80% dei casi restano strascichi fisici e psicologici. Debolezza, deficit di equilibrio, difficoltà a respirare, a coordinarsi. Lo stress di chi è sopravvissuto, ma non riesce a tornare alla vita normale. Tre settimane in terapia intensiva equivalgono a invecchiare oltre 10 anni. Queste persone vanno recuperate": Piero Clavario, responsabile del reparto di Cardiologia riabilitativa, sale al Santuario con gli altri e chiude la carovana. Un anno fa ha avuto l'idea. Subito approvata da Piero Bottaro, il presidente dell'Asl3. Applicare alle vittime del Covid lo stesso protocollo previsto per i malati di cuore: dal giugno del 2020 ha contattato oltre un migliaio di pazienti dell'azienda sanitaria. Una prima valutazione al telefono, aiutato da un medico e uno psicologo, poi l'incontro: elettrocardiogramma, ecografia polmonare, la visita del fisioterapista, il reumatologo e il fisiatra. "Molti li abbiamo indirizzati da questo o quello specialista. Gli altri sono stati convocati nella nostra palestra. E abbiamo cominciato ad allenarli"". Minimo 2 mesi, massimo 5: cyclette, tapis roulant, macchine per i pesi. Due ore ad ogni appuntamento, 3 volte alla settimana. "All'inizio mi odiano tutti, perché non ho pietà. Poi cominciano a recuperare: il 10% della condizione ogni mese. Quando arrivano all'80%, li lascio andare". Sì, lo detestano. Poi finisce che non vorrebbero andare più via. E la camminata di ieri è stata una emozione unica, per quelli che ce l'avevano fatta.
"Sono un'operatrice sanitaria, il Covid me lo ero preso nella Rsa dove lavoravo". Roberta, 42 anni, campionessa di kickboxing e appassionata di crossfit. Una atleta. "Dopo 3 settimane ero guarita, ma non riuscivo più a fare le scale di casa. Mi mancava la forza. Provavo a pulire casa, però dopo aver fatto il letto mi dovevo sedere. Recuperare. Mio figlio e il mio compagno non capivano, io mi sentivo sempre più giù". All'inizio la palestra non le piaceva. "Svenivo, bastavano pochi minuti alla cyclette. Tutto sembrava inutile. Ci sono voluti quasi 2 mesi, prima di riuscire ad ingranare. E mi è sembrato di tornare a vivere. Non vedo l'ora di rimettermi a correre". Luigi, 62 anni, agente penitenziario, contagiato mentre lavorava nel carcere di Marassi. "Intubato per 40 giorni, 4 mesi di ospedale e altrettanti a casa. Uno straccio, non sentivo più le gambe. Ho scoperto la Palestra Covid su internet: all'inizio un delirio, poi ho cominciato a volare". Julia, 29 anni: "La gente prima ha paura di te. Poi non capisce, che stai ancora male. Qui invece ho trovato degli amici". Sono arrivati in cima tra i primi. Si sono abbracciati. E vorrebbero immergersi al Cristo degli Abissi di San Fruttuoso, vicino a Portofino. "Però ci serve un sponsor. Altrimenti, puntiamo a una mezza maratona", dice Clavario, il primario-allenatore. Sì, è una vita ritrovata.

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