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22.9.24

Luna di miele da sola, l'avventura di Laura: «Il mio fidanzato è morto un mese prima del matrimonio, così ho affrontato il lutto» ., Monza, "vicini e parenti non vengano al mio funerale": sul manifesto funebre le ultime volontà di una 58enne

Canzone suggerita  


lo so che certe storie sono più adatte per la commemorazione dei defuntiGiorno dei Morti  o Hallowen    se  preferite  ma     visto il    forte legame  tra  vita     e  morte ,  fra   rinascita   ogni momento è     quello giusto  .  

La  prima 

Luna di miele da sola, l'avventura di Laura: «Il mio fidanzato è morto un mese prima del matrimonio, così ho affrontato il lutto»



Il marito di Laura è morto a 31 anni per un infarto, un mese prima del loro matrimonio. Il suo futuro è improvvisamente andato in mille pezzi e tutti i piani fatti fino a quel momento hanno subìto un brusco arresto. La ragazza è stata immediatamente circondata dall'affetto di amici e parenti, ma il lutto ha un modo tutto suo per farti sentire sola, anche quando sei in compagnia. Ci sono voci e carezze, ma senti solo freddo e silenzio. Uscirne è difficile, e ognuno lo fa a modo suo. Così Laura ha preso la decisione di partire per la luna di miele da sola, lasciare a casa il senso di colpa per la sua quotidianità da reclusa e provare a vedere se «la vita valesse ancora la pena di essere vissuta».

La luna di miele da sola: il viaggio di Laura
Laura Murphy sapeva che suo marito non avrebbe voluto che si facesse consumare dal lutto e dal dolore. Che smettesse di vivere. «È un'esperienza solitaria, che ti isola, perché non conoscevo nessuno che alla mia età avesse perso un partner - ha detto al Washington Post -. Avevo bisogno di trovare persone che potessero capirmi, perché volevo sapere come andare avanti». E poi c'era il desiderio di
allontanarsi dalla loro casa, dal loro paese: «Sono rimasta lì, seduta, per mesi, senza sapere cosa fare».
La luna di miele del lutto è stata condivisa con una serie di video sui social e Laura ha mostrato il suo viaggio, tra Londra e la Francia, con cene per uno, concerti in solitaria e momenti di puro dolore in cui ha bisogno di mettersi sotto le coperte e farsi «un bel pianto». Un'esperienza simile non è da lei, ammette Laura, che non avrebbe mai pensato di viaggiare da sola e tantomeno di condividere la sua vita sul web.
Dopo aver visto altre giovani vedove partire, Laura si è convinta. Ma i momenti difficili rimangono, come quando ha sentito il suono di un'ambulanza e la sua mente è subito tornata al momento in cui il fidanzato è morto a un ufficio di distanza. Il supporto che ha trovato online, però, aiuta: «Sono stata ricoperta da amore e supporto», dice con le lacrima gli occhi in una clip.


La seconda


Monza, "vicini e parenti non vengano al mio funerale": sul manifesto funebre le ultime volontà di una 58enne© Dal Web

Un funerale solitario, a tutti gli effetti. Del resto, la frase, breve e diretta, presente a
chiusura del lungo testo del manifesto funebre comparso per le strade di Villasanta (Monza), non lasciava spazio a interpretazioni diverse. E l'inusuale vicenda, arrivata sui social con una foto scattata al necrologio, sta facendo molto discutere. Alla formula di rito "non fiori, ma opere di bene" è stato preferito nel finale un "astenersi dalle esequie vicini e parenti". 



Ha lasciato scioccata una comunità il manifesto funebre che annunciava la morte di una 58enne di Villasanta (Monza) dopo una lunga malattia. A dare la notizia del decesso la sorella, che si è fatta carico anche delle ultime volontà della defunta: esequie interdette a "vicini di casa e parenti", senza dimenticare di ringraziare "quanti, incontrandola, le hanno riservato saluti e quanti nell'ultimo periodo si sono sinceramente preoccupati per le sue condizioni". E così al funerale celebrato il 17 settembre nella chiesa parrocchiale del comune brianzolo erano presenti la sorella, che l'ha "amorevolmente accudita fino agli ultimi istanti di vita", (parole scritte nel necrologio, ndr) e un paio di persone, come riferiscono i giornali locali.


4.7.24

diario di bordo n 60 anno II . MATRIMONIO IN METROPOLITANA , «Paralizzata per sempre per uno scherzo di un'amica al party prima del matrimonio: l'ho voluta comunque come damigella», Separate alla nascita, sorelle gemelle si ritrovano su TikTok: «Era uguale a me, abbiamo indagato e ho scoperto la verità»

 

  ogni luogo per  sposarsi    va  bene  .  L'articolo Coppia senza soldi organizza matrimonio in metropolitana: un successo proviene da Bake News.

                                                    Coppia senza soldi organizza matrimonio in metropolitana 

                                                                                           © TikTok

Quando una coppia si ritrova con pochi soldi per organizzare un matrimonio coi fiocchi serve fantasia ecco la storia di Daniel ed Esmy che per il sì hanno scelto la metropolitana di New York. Daniel Jean non aveva i soldi necessari per poter organizzare alla sua fidanzata Esmy Valdez un matrimonio esagerato. E così ha avuto la sua idea: organizzare le nozze nella metropolitana di New York. “Non avevamo i soldi per organizzare il ricevimento da sogno che avevo sempre immaginato”, ha detto al NY Post Jean, 39 anni, di professione responsabile marketing, sottolineando l’elevato costo dell’organizzazione di nozze a New York. “Ho deciso di sorprenderla organizzando un ricevimento fantastico sulla metropolitana L”, ha detto Jean.

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Matrimonio in metropolitana costato solo 3mila dollari

Lui e Valdez, estetista trentottenne, hanno celebrato ufficialmente il loro matrimonio con una cerimonia privata in chiesa il 27 giugno. Martedì 2 luglio invece i due hanno brindato alla loro presunta unione insieme a 20 amici all’interno di una carrozza della metropolitana piena di perfetti sconosciuti. E per farlo hanno speso in tutto 3.000 dollari. Secondo recenti statistiche raccolte dal Post pronunciare il fatidico sì con una cerimonia e un ricevimento standard nella Grande Mela può costare alle coppie fino a 63.000 dollari.
Jean, tuttavia, scelse l’amico Jodell “Joe the Show” Lewis per organizzare la loro serata economica in metropolitana. “Ho presentato il ricevimento, il mio amico Christopher Dupree ci ha aiutato a gestire l’allestimento e abbiamo assunto una wedding planner, Anya, per aiutarci con la produzione generale”, ha detto Lewis, 40 anni, comico, al Post. Lewis aveva già diretto diverse feste sgargianti sul treno, tra cui una festa in piscina bagnata.

Il video del matrimonio in metropolitana diventa virale

“Abbiamo ricevuto il cibo preparato dallo Chef O di O’s Grill Spot [a Brooklyn], abbiamo avuto una torta, bevande e musica dal DJ Whoo Kid”, ha detto Lewis della festa di nozze. “È stata una festa incredibilmente divertente e memorabile per circa $ 3.000 che sarebbero costati $ 30.000 in una sala ricevimenti”.E la frugalità ha fatto miracoli anche in un altro modo per Valdez: ha raccontato al Post che la loro accoglienza sfrenata ha ulteriormente approfondito il suo amore per Jean. “Quando sono salita sul treno e ho visto tutto, ho pensato: ‘Wow, ho scelto la persona giusta'”, ha detto entusiasta la novella sposa. Le immagini virali dei festeggiamenti hanno totalizzato più di 363.000 visualizzazioni su TikTok.


La gente in questa città pensa che sia importante per gli uomini avere cose costose per stupire la donna dei loro sogni”, ha aggiunto. “Il nostro ricevimento era tutto incentrato sull’amore”. “Ma non esiste nessun altro posto al mondo in cui puoi celebrare le tue nozze su un treno e ricevere così tanto amore da persone felici che non conosci nemmeno”.


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da   www.leggo.it    tramite  msn.it   • 8 ora/e • 2 min di lettura


© Social (Facebook etc)



Una storia di dolore, profondo e inaspettato, ma soprattutto una storia di vita, di rinascita, di accettazione: Rachelle è rimasta paralizzata per sempre dopo uno scherzo della sua migliore amica durante l'addio al nubilato e il giorno del matrimonio ha dovuto percorrere la navata in sedia a rotelle. Eppure, tra le damigelle della sposa, quell'amica era presente e anche con lei ha celebrato l'unione con l'uomo della sua vita.«Non mi piacerà mai essere paralizzata - dice la donna, mamma e moglie - Ma il trucco sta nel guardare sempre al lato positivo, nella vita». Rachelle ha deciso di raccontare la sua storia tramite una serie di video sui social, non solo il drammatico momento dell'incidente, ma anche tutto ciò che è successo dopo, a dimostrazione che nonostante gli ostacoli che ha dovuto superare, è riuscita a raggiungere la felicità.
L'incidente in piscina e il matrimonio
«Quattordici anni fa il mio mondo ha tremato - scrive Rachelle nella didascalia del video pubblicato su TikTok, raccontando la sua storia -. Avevo 24 anni e la mia vita stava andando alla grande. Avevo comprato casa, ottenuto il primo lavoro vero e mi ero fidanzata con il mio amore dell'università. Era arrivato il momento di festeggiare l'addio al nubilato e io ero al settimo cielo! Dopo una serata fuori a divertirci tra amiche siamo tornate a casa per fare una nuotata in piscina».Nulla di strano in tutto ciò. Poi l'incidente inaspettato: «Un'amica mi ha spinta in piscina. Sono stata colta di sorpresa, sono caduta di testa e mi sono rotta il collo, il che ha causato una lesione istantanea al midollo spinale. Potrei parlare nel dettaglio di tutto ciò che è successo quella sera - scrive Rachelle -, ma questa è una storia di amore, famiglia e di ostacoli superati. Un anno dopo ci siamo sposati, abbiamo avuto una bimba e quattro anni dopo abbiamo una vita fantastica».Rachelle non vuole raccontare il dolore, ma la gratitudine: «Lasciatemi dire... vorrei che ci fosse una cura. Ci penso spesso. Ma è possibile volere una cura e comunque andare avanti con la vita ed essere grati per ciò che si ha. In tanti ambiti sono davvero, davvero fortunata, e me ne rendo conto. Il mio messaggio è di essere sempre grati, umili e gentili... e fate attenzione vicino all'acqua!».
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Sorelle gemelle si trovano grazie a TikTok

Una studentessa si è imbattuta in un video di TikTok di una ragazza che le somigliava tantissimo: ha iniziato a seguirla sui social credendo che fosse semplicemente un caso. Sono diventate amiche e solo dopo hanno scoperto di essere sorelle gemelle, vittime di un enorme traffico umano durato più di 50 anni. Elene, 19 anni, della Georgia, stava guardando alcuni video su TikTok quando le è apparsa una clip girata da una ragazza di nome Anna con dei tratti somatici identici ai suoi: naso, bocca, occhi e mani, tutto di quell'adolescente le ricordava se stessa. Le due sono diventate amiche, «senza sospettare che potessimo essere sorelle - spiega Anna - ma entrambe sentivamo che tra noi c'era un legame speciale».Quando le rispettive famiglie delle ragazze hanno svelato a ciascuna di averle adottate, le ragazze hanno deciso di indagare. Con un test del DNA hanno scoperto di essere sorelle gemelle. «Ho avuto un'infanzia felice - ha raccontato Anna a The Sun - ma d'un tratto tutto il mio passato mi sembrava un inganno. Ho fatto fatica a elaborare l'informazione, ad accettare la nuova realtà: le persone che mi hanno cresciuto per 18 anni non sono i miei genitori biologici. Ed ora avevo anche una sorella».
50 anni di adozioni condotte illegalmente
Dietro la loro adozione c'è una storia davvero sinistra: le due ragazze «sono tra le decine di migliaia di bambini georgiani venduti illegalmente in uno scandalo di traffico di neonati durato decenni», riferisce la testata inglese. «Il piano, scoperto dai giornalisti e dalle famiglie in cerca di parenti scomparsi, prevedeva il furto di neonati alle loro madri, molte delle quali si sentivano dire che i loro bambini erano morti ed erano stati sepolti nel cimitero dell'ospedale». Il fenomeno è durato per oltre 50 anni, «sorprendentemente orchestrato dagli operatori sanitari stessi», i quali falsificavano gli atti di nascita e affidavano i neonati a nuove famiglie in cambio di denaro.
La giornalista georgiana Tamuna Museridze combatte ancora contro questa macabra criminalità. La donna, che è lei stessa vittima di questo sistema malato, gestisce un gruppo Facebook dedicato al ricongiungimento dei bambini sottratti ai loro genitori, il quale conta 200 mila membri attivi. Tamuna afferma di avere le prove che almeno 120.000 bambini sono stati rubati ai loro genitori e venduti tra il 1950 e il 2006, anno in cui le misure anti-tratta del presidente riformista Mikheil Saakashvili hanno definitivamente stroncato il sistema.
Molte coppie che scoprono un problema nella fertilità sono disposte a ricorrere a un'adozione illegale, purtroppo, come ha fatto la mamma di Elene: «Adottare da un orfanotrofio sembrava impossibile a causa delle liste d'attesa incredibilmente lunghe», ha dichiarato la donna. Nel 2005 un conoscente le parlò di una bambina di sei mesi disponibile per l'adozione presso un ospedale locale, dietro pagamento di un compenso e lei ha accettato, perché le sembrava l'unica occasione rimasta per allargare la famiglia. Alcuni infermieri hanno portato Elene direttamente a casa sua e lei non ha compreso fino in fondo che si trattava di un'operazione illegale. Per formalizzare l'adozione, ci sono voluti mesi estenuanti di ritardi burocratici, ma poi la coppia ne uscì con successo: Elene era la loro bambina, a tutti gli effetti.
Al momento, il gruppo Facebook gestito dalla giornalista ha riunito più di 800 famiglie; mentre gli organi di giustizia georgiani cercano di rintracciare tutti i responsabili di traffico umano. Qualcuno è stato arrestato, ma si presume che la maggior parte dei professionisti coinvolti sia ancora a piede libero. Anna e Elene non provano risentimento per la faccenda: oggi sono due ragazze gioiose di essersi trovate e sono concentrate sul vivere al meglio il loro rapporto.

2.6.24

Caterina Stellato,Vittima della violenza di suo marito viveva in segreto, ora si candida a Borgo San Lorenzo (Firenze)

  fonte  Ansa.it


Vittima violenza marito viveva in segreto, ora si candida© Provided by ANSA

(ANSA) - FIRENZE, 02 GIU - Vittima della violenza di suo marito - un caso diventato noto per un video virale che ritraeva l'uomo mentre cercava di arrampicarsi su una grondaia per entrare in casa della moglie nel 2020 -, ha vissuto "in segreto" con i suoi tre figli a Borgo San Lorenzo (Firenze), decidendo ora di uscire allo scoperto candidandosi in una lista civica come consigliera comunale nella cittadina che l'ha accolta. "Voglio che la mia storia possa aiutare altre donne a trovare il coraggio di denunciare. A scappare da uomini che, quando va bene, ci riducono a sopravvissute" le parole di Caterina Stellato, 43 anni, a La Nazione che oggi racconta la sua storia."L'ansia e i timori ci sono, è innegabile - aggiunge spiegando la sua scelta - Ma voglio reagire. Voglio smettere di vivere nella paura. Non mi voglio più nascondere, chi deve nascondersi è lui", Antimo Carrera, condannato a 6 anni e 6 mesi di reclusione dal tribunale di Napoli per maltrattamenti ai danni di Caterina e che tuttora si trova in carcere. "Io dal Mugello non mi muovo più. Voglio viverci senza l'ossessione che il mio ex marito venga a cercarmi - dice ancora -. Conoscendolo, quando uscirà dal carcere, farà di tutto per trovarmi. Sicuramente la detenzione non lo avrà cambiato. E proprio per questo non mi voglio nascondere. Vivere nascosti significa vivere nella paura. Ho vissuto troppi anni con i brividi sulla pelle e con i sospiri per un nonnulla". Su come è arrivata in Mugello spiega che "'Chi l'ha visto?' si occupò del mio caso": "Arrivarono offerte da tutta Italia per aiutare me e i miei figli. Tra le tante me ne colpì una che proveniva da Borgo San Lorenzo. Fulvia e Marcello mi offrivano un lavoro in una struttura sanitaria. Ricordo ancora il giorno in cui vennero a prendermi alla stazione, era il 29 aprile 2021, mi accolsero con un paio di chiavi. 'Queste sono della tua nuova casa'. E' stato il giorno più bello della mia vita. Borgo San Lorenzo mi ha datto un'opportunità di rinascita. Sono grata a questo paese e se posso fare qualcosa mi metto a disposizione con grande umiltà".Quanto a cosa la politica possa fare per le donne vittima di violenza dichiara: "Credo che purtroppo il divieto di avvicinamento serva a ben poco. Mio marito lo aveva ma lo ha violato più volte. Dovrebbe scattare subito l'arresto. E poi, insisto, è necessario che le donne denuncino, abbiano il coraggio di farlo. Questo è il primo passo per la salvezza".

19.6.23

La nuorese Pierpaola Porqueddu si rimette in gioco per il pubblico a 47 anni Venti anni fa lo stop alla carriera. Oggi conquista la copertina di “Amadeus”

queesta  vicenda    conferma   come già  dicevo nell'introduzione del precedente post  : <<  Cagliari, aveva chiamato i carabinieri per interrompere il violinista: ora lo invita a suonare all’inaugurazione del negozio .... >>  l'importanza  e   la base  musicale   critica  o  acritica  che  sia     è  contenuta  nella  vita  di tutti  i  giorni 


da  lanuova  sardegna  del  19\6\2023

Ha un tono di voce che il suo racconto sembra un preludio in sol minore. Le parole, le vibrano. Modulate, leggere, decise. L’accordatura è perfetta, la stessa frequenza di un diapason. Dita lunghe e affusolate, pronte a danzare, a carezzare e picchiare, a esultare lungo i tasti bianchi e neri. Sorride, soprattutto. Ha un sorriso grande così, vero, profondo. È un sorriso felice. «Sì, ora sono pronta» gioisce Pierpaola Porqueddu. «Ci sono voluti venti anni, ma adesso non vedo l’ora di tornare sul palcoscenico» dice la pianista nuorese. È così che rinasce una musicista: a 47 da compiere domani, ha vinto e metabolizzato l’emozione di suonare in pubblico che l’ha bloccata quando di anni ne aveva appena 27. Allora aveva davanti a sé una carriera luminosa e promettente. Vantava già un curriculum brillante e un’infinità di teatri e auditorium che la volevano al centro del palcoscenico. «La mia grande emotività, le mie paure e la mia mania di perfezionismo sono stati ostacoli insormontabili» racconta. Ecco perché si era ritirata dalle scene. Anche se la musica è rimasta sempre e comunque la sua linfa. «Mi sono dedicata all’insegnamento, dai bambini agli anziani» va avanti Porqueddu. Docente al Conservatorio “Gesualdo Da Venosa” di Potenza, è diventata una vera e propria star digitale. Nel frattempo ha avuto tre figli: Leonardo, 21 anni; Alessandro, 17; e Naima, 7 anni. «Sono loro che mi hanno fatto capire la vita, con tutte le sue difficoltà» spiega. Loro: la famiglia che ha messo su, a Imola, dove la pianista barbaricina ha trovato l’amore e la nuova casa. È in questa casa che ha vinto la sfida con sé stessa, che ha visto rinascere la primavera, con tutte le sue emozioni ora sotto controllo, governate da una forza interiore che soltanto una mamma può avere. «Finalmente ho ritrovato il piacere di suonare per gli altri dal vivo». Pierpaola, Pierpaola Porqueddu: semplicemente . La prima pagina Notissima agli internauti, solo su Spotify conta 40mila ascoltatori al mese, la nuova vita dell’artista nuorese comincia subito con il botto: la pianista ha conquistato la copertina di Amadeus [  foto   a  sinistra   in alto  ] , il mensile di riferimento della grande musica, la rivista pilastro della classica. A firmare l’ampio servizio su Pierpaola Porqueddu è Filippo Michelangeli in persona, editore e direttore del magazine. Le fotografie sono di Stefania Varca. 





In allegato, al numero ora in edicola, un album esclusivo e inedito di Porqueddu dedicato alle Sonate di Franz Joseph Haydn (1732-1809). «Sono di una bellezza assoluta, persino superiore a molte pagine di Mozart» sottolinea la musicista. A Emiliano Buggio, invece, il compito di accompagnare i lettori di Amadeus nell’analisi delle quattro Sonate eseguite da Pierpaola Porqueddu su un pianoforte Steinway D 274. Un cd “fisico” che segna un punto di ripartenza, dunque. Dopo tanto successo conquistato nel web, comunque, attraverso lo streaming on demand, sugli store digitali. «Suona con una intensità e un senso del legato sorprendenti» dice di lei Michelangeli. Lei ricorda perfettamente l’ultima volta che si era esibita all’Accademia di Santa Cecilia di Roma, all’esame finale. Era il 2003. Esattamente venti aanni fa. «Ero già emotivamente molto vulnerabile – ricorda oggi –. Sono arrivata all’esame finale svuotata». Nata a Nuoro nel 1976, Pierpaola Porqueddu era arrivata al Santa Cecilia con il diploma in pianoforte conseguito, appena ventenne, con il massimo dei voti, al Conservatorio di Cagliari. La ragazza aveva talento, e non temeva neppure le partiture più impervie. Stava persino cominciando a trionfare nei concorsi internazionali. Nel 2000 ha vinto lo “Speranza” di Taranto. Ormai, la giovane pianista aveva lasciato la Sardegna, per formarsi e affrontare il mondo. A Nuoro, i primi a tifare per lei, erano e sono la
madre e il padre: Pasquina Ledda, prima maestra alle elementari, poi insegnante nel carcere di Badu ’e Carros; Graziano Porqueddu, chitarrista autodidatta di grande talento e passione sconfinata. Pierpaola ha pensato bene a perfezionarsi con i mostri sacri della tastiera: con Paul Badura-Skoda alla Chigiana di Siena; con Paolo Bordoni all’Accademia di Pescara; con Sergio Perticaroli al Mozarteum di Salisburgo. Poi, l’Accademia nazionale di Santa Cecilia di Roma, appunto. La gloria e lo stop improvviso. Stop, si fa per dire, visto che Porqueddu ha comunque continuato a suonare e a registrare. In Emilia Romagna ha concentrato le sue forze sulla famiglia, ha persino rinunciato a un tour in Giappone. «Prima di tutto viene la famiglia e i tre figli. Avrei dovuto assentarmi da casa» racconta. Qualche rarissima esibizione. Tante esecuzioni, invece, destinate al web. Nel 2017 è uscito “Piano recital”, con musiche di Mozart, Haydn, Chopin, Schumann, Debussy. Nel 2020 ha registrato per la fluente Records l’album “Russian music for children” dedicato a musiche didattiche di Prokofiev e Kabalevsky. Oggi incide per Halidon music e ha pubblicato, tra gli altri, i 24 Preludi op. 28 di Chopin («il primo amore») e un cd dedicato a Mozart. Nella sua discografia , Pierpaola Porqueddu lo riserva a un grande didatta italiano, Remo
Vinciguerra (scomparso il 6 luglio del 2022). «Attraverso le sue composizioni – dice la musicista nuorese ad Amadeus – ho trovato la felicità nei bambini a cui insegnavo il pianoforte». «L’insegnamento è stata la mia attività preferita – aggiunge – perché amo stare con i ragazzi. Credo che in ciò non sia irrilevante la passione, oltreché per la musica, per la psicologia, la filosofia, la pedagogia». «Grazie a Vinciguerra ho trovato il modo di far sorridere i miei allievi. E il loro sorriso mi ha contagiato». «Prima di avere avuto i figli ero una insegnante severa, poi mi sono ammorbidita – sorride –, gli allievi mi sembrano tutti miei figli. Pero sono precisa e li aiuto a esprimere il massimo delle loro potenzialità». La famiglia, l’insegnamento. Nel frattempo è cresciuta anche la popolarità sul web, le play list si sono allungate, i download moltiplicati. «Un’emozione bellissima sapere che mi ascoltano persone che non mi conoscono» sorride la pianista. «Non riuscivo a credere che in tutto il mondo, dagli StatiUniti alle Filippine, all’Indonesia, potessero ascoltarmi». L’hanno ascoltata anche in Svizzera, è piaciuta molto la sua esecuzione della Sonata in Mi minore di Haydn. Così è successo che un giorno l’hanno chiamata dalla radio Swiss Classic che l’ha subito inserita nel palinsesto. Un inno alla vita, alla gioia della vita, all’equilibrio ritrovato. «Devo ringraziare Luca Rasca, un pianista meraviglioso, che mi ha aiutato a colmare alcune lacune che avevo nel mio modo di studiare, mi ha dato un metodo che non avevo. Ma adesso mi manca il pubblico. Molto»

7.4.23

Moristi per noi - © Daniela Tuscano

 




                                                       

Moristi per noi. E chi lo nega
Vuol crocifiggerti ancora.
Moristi per noi
Non per placare ire divine
Ma perché ormai
Non potevi più fermarti
Anche se tremavi
Di paura e dolore.
Moristi per noi
Perché avesti un corpo
Nudo e solcato
Di vene, membra, muscoli
Un corpo di maschio
Dalla dolcezza di donna
Un tratto levigato
Con ruvidezze semite
Un corpo giovane
Estenuato come un vecchio
Un corpo esangue
Ma da schiavo, schiavo nero
Come quella croce
Per stranieri e malfattori.
Moristi per noi
Perché ci unisti tutti
E tutte, e il mandorlo,
Gli uccelli, i cani
E per questo sei scandalo
Per chi vorrebbe cancellare
Questo sesso che unisce
E seca le ipocrisie
E i neutri tepori

© Daniela Tuscano

31.1.23

Il cambiamento radicale di una 31enne dopo i tatuaggi diventati virali e una vita criminale: oggi è rinata

Alyssa Zebrasky, 31 anni, una donna dell'Ohio le cui foto segnaletiche sono diventate virali per i
tatuaggi spaventosi sul viso, ha mostrato la trasformazione drammatica dopo aver subito trattamenti laser estenuanti per rimuoverli. La donna è stata al centro delle cronache per la prima volta nel dicembre 2018, dopo essere stata arrestata in Ohio per furto e possesso di droga. La sua foto segnaletica mostrava la fronte coperta da un tatuaggio a forma di ragnatela, insieme a un teschio ispirato al "Giorno dei Morti" intorno agli occhi, alle guance, al naso e alle labbra.



 Nell'aprile 2019, Zebrasky e i suoi tatuaggi macabri sono tornati al centro delle notizie dopo essere stata arrestata nuovamente. Ma ora, più di tre anni dopo, Zebrasky ha cambiato vita completando un programma di riabilitazione. Come parte del suo processo di recupero, ha deciso di eliminare tutti i suoi tatuaggi sul viso per dimenticare l'ex fidanzato, membro di una gang (e che l’aveva costretta a tatuarsi), e cambiare vita. Dopo la riabilitazione, Zebrasky si è rivolta a una ong texana chiamata INK-nitiatve, che aiuta le persone a rimuovere i tatuaggi indesiderati e cominciare una nuova vita. Con il supporto della famiglia e del suo nuovo partner, con cui ha una "relazione più sana", Alyssa sta documentando il suo viaggio di rimozione dell'inchiostro sui social media.

11.1.23

C'è chi nasce con un'anima grande, c'è chi lo diventa per le prove della vita. il caso di Vittorio Pisano da Piero Guerrieri e dalla pagina fb @Resilienzaoriginalfanpage

 Tutti conosciamo Vittorio Pisano ( foto a sinistra ) il papà di Alessia e Giulia, le due ragazzine che il 31 luglio furono travolte da un treno. Quel giorno lo aveva detto, d'ora in poi mi dedicherò agli altri, farò qualcosa per loro e questo sarà il senso del tempo che mi rimane. Ebbene, non sono state parole dettate dal dolore. In appena quattro mesi, Vittorio ha creato un'associazione cui ha dato il nome delle sue figlie, per aiutare i ragazzi come loro, e soprattutto per fare in modo che ciò che è accaduto a lui abbia minori possibilità di ripetersi."Non sarà più il mio Natale senza loro due" ha detto, ma intanto è lui, vestito da Babbo Natale, che anima le feste in parrocchia, ed è sempre lui che sta preparando un treno navetta, che la notte porterà i ragazzi nei luoghi del divertimento riportandoli poi indietro, al sicuro. C'è chi nasce con un'anima grande, c'è chi lo diventa per le prove della vita. Papà Vittorio, comunque sia ha saputo trasformare un dolore immenso in un'opportunità d'amore, e il suo esempio è veramente commovente ❤

Piero Guerrieri

concludo con la bellissima poesia secondo me adatta a questo caso della nostra Daniela Tuscano


Fiore selvaggio,
Fior di cemento
Figlio d'un sole a sbarre,
Quante speranze
O illusioni di cielo
Dona il tuo oro
Straziato e negletto

24.12.22

la storia di Annalisa sanna Sconfigge il tumore e riprende a cavalcare l’abbraccio ai medici dalla sella di Macrusa

 Sassari «Sono qui per dimostrare alle pazienti del reparto di Oncologia che c’è sempre un domani dopo la malattia». Si asciuga le lacrime che per l’emozione le scendono sul viso Annalisa, poi con dolcezza bacia e riempie di carezze sulla criniera la sua Macrusa, la cavalla purosangue inglese che ha avuto un ruolo da protagonista nel suo viaggio di ritorno verso una vita normale, dopo l’incubo del tumore, la chemioterapia e l’intervento al seno. Ha voluto regalare a tutti un messaggio di speranza e di incoraggiamento ieri mattina Annalisa Sanna, sassarese di 41 anni, operata nel 2017 per un tumore alla

mammella dai medici del reparto di Oncologia del “Santissima Annunziata” di Sassari e ora tornata a sorridere e a cavalcare dopo la grande paura. A metà mattina insieme a tre amici della scuola di equitazione “Associazione Ippica il Monello” di Sant’Orsola la 41enne ha indossato un costume da elfo e si è diretta al trotto verso l’ingresso dell’ospedale di via De Nicola per portare un piccolo dono a chi sta affrontando le cure alle quali lei si era sottoposta cinque anni fa. Scortati dagli agenti della polizia locale i tre elfi e babbo natale a cavallo sono partiti dalla chiesa di San Pietro in Silki e hanno raggiunto al trotto - tra lo stupore de passanti - l’ingresso dell’ospedale. Ad accoglierli il direttore del reparto di Oncologia Medica Antonio Pazzona, il presidente dell’associazione “Mariangela Pinna Onlus” Antonio Contu e tutti i medici, gli infermieri e il personale del reparto. «Ho attraversato un periodo di grande difficoltà e di paura - racconta Annalisa - eppure qui in ospedale ho trovato non solo ottimi medici che mi hanno curata e che ancora seguono il mio percorso terapeutico, ma una grandissima umanità e tantissime persone speciali. Per questo - aggiunge - ho voluto riabbracciare chi mi ha restituito la speranza e dire a chi sta lottando con il tumore che c’è sempre un domani e che non bisogna mai arrendersi». Appassionata di cavalli sin da bambina, Annalisa ha vissuto un periodo della sua vita in Inghilterra e anche lì ha continuato a cavalcare. Quando nel 2017 ha scoperto di avere un tumore è stato naturale per lei cercare un supporto, anche psicologico, nel mondo dell’equitazione. «È stato proprio nell’associazione Ippica il Monello - racconta - che ho incontrato la mia Macrusa, una splendida cavalla di 17 anni che è stata sempre al mio fianco anche durante la malattia. Due mesi fa ho subito un secondo intervento per la sostituzione della protesi - spiega la donna - e anche se i medici non erano proprio favorevoli ad accelerare i tempi, dopo un mese ho ripreso ad andare a cavallo, che è un cosa che mi fa sentire bene. E anche grazie a Macrusa - aggiunge accarezzandola con amore - se oggi ho ripreso a sorridere».  Inoltre  





21.12.22

La Crisi Fa Emergere Una Forza Che Non Pensavamo Di Avere ---- Elena Bernabè - 26 Gennaio 2021

« Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri. Basta vivere da uomini, cioè cercare di spiegare a sé stessi il perché delle azioni proprie e altrui, tenere gli occhi aperti, curiosi su tutto e tutti, sforzarsi di capire ogni giorno di più l’organismo di cui siamo parte, penetrare la vita con tutte le nostre forze di consapevolezza, di passione, dì volontà; non addormentarsi, non impigrire mai. »
                              Antonio Gramsci, “Quaderni del carcere”

Oltre in me  stesso   e   agli amici     trovo la  forza  l'aaiuto in articoli    come  questo   di   Elena Bernabè (  Autrice del libro “Alla conquista delle stelle”  )  - 26 Gennaio 2021  pubblicato  su  https://www.eticamente.net/

La crisi non è da allontanare ma da attraversare. E’ l’unico modo per sciogliere nodi, prendere decisioni, avviare cambiamenti.
E’ arrivato il momento di spogliarci da tutti i pregiudizi legati alla crisi: non è una sfortuna, una disgrazia fine a se stessa o un fallimento. Ma un’occasione di crescita, di arricchimento, di conoscenza di sé.

La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
(Albert Einstein)

Attribuire colpe a se stessi o ad altri per aver fatto nascere una crisi è solo un modo per fuggire dai significati che ogni crisi porta con sé e che vuole portarci. Ciò che siamo chiamati a fare dinnanzi al dolore, al disorientamento e alla confusione è aprire finalmente i nostri occhi interiori. Per poterci scorgere l’occasione di cambiamento. Non è facile destarci dalla nostra vita di sempre e cambiare prospettiva e modo di pensiero, ma la crisi giunge proprio per aiutarci in questo. Se riusciamo ad abbandonare scuse, pregiudizi, paure e difese siamo in grado di scorgere la via indicata dalla crisi stessa.

In una congiuntura negativa bisogna affidarsi alla creatività: fare della crisi un’opportunità per reinventarsi. Un’altra dote indispensabile è l’ubiquità: essere flessibili, non vincolati a vecchi schemi e a un’immagine rigida della propria persona.
(Jacques Attali)

Nel dolore, nella frantumazione delle nostre certezze e nella confusione che ogni crisi porta con sé possiamo assistere a due tipi di risposte: possiamo farci annientare dagli eventi oppure cavalcarli come un surfista con le onde. Nel primo caso diventiamo servitori delle nostre paure. Se invece decidiamo di sfruttare il maremoto che c’è dentro di noi emerge una forza interiore che non pensavamo di avere.

Credit foto©Pixabay

E’ una forza speciale che nasce solo nei momenti di forte crisi. E’ la nostra ricompensa al dolore che abbiamo scelto di vivere in modo costruttivo e non distruttivo. E’ un’energia così potente da renderci particolarmente vitali, svegli, determinati.

I momenti di crisi raddoppiano la vitalità negli uomini. O forse, più in soldoni: gli uomini cominciano a vivere appieno solo quando si trovano con le spalle al muro.
(Paul Auster)

Affrontare la crisi in questo modo vuol dire risvegliare il proprio intuito, avere fiducia nella vita, affidarsi alla creatività, credere che tutto è il dettato di un maestro divino. Si comprende così che la crisi porta sempre con sé una ventata di aria nuova, invita a tagliare i rami ormai secchi, conduce a lasciar andare ciò che non ha più senso che resti. E’ il passo fondamentale che precede ogni cambiamento. Sappiamo che l’inverno precede la primavera e che un bambino per poter iniziare a camminare dovrà specializzarsi nella caduta, ma non abbiamo bene in mente che la crisi è un momento indispensabile alla costruzione di un nuovo equilibro. Non è distruzione: è l’inizio di una nuova costruzione. Che può avvenire solo grazie ad una forza primordiale e generatrice, proprio come quella che sperimenta il neonato quando nasce: non sa a cosa va incontro ma sente che deve seguire quel richiamo di vita e si affida con tutto se stesso al suo intuito. La stessa forza che trova sua madre nel farlo nascere: non potrebbe sopportare un dolore fisico così grande in un momento di stasi.

Credit foto ©Pixabay


La crisi ci risveglia, ci mette in moto, ci chiama a sé per mostrarci i nostri tesori interiori.  Non consideriamola più una seccatura. E’ il nostro fuoco interiore che vuole emergere !






2.10.22

cavalcando il fiulmine - ride the lightning

  conna  sonora  




Considerando  il  tema  della mia  elucubrazione   filosofica   odierna stavolta  parto dai consigli musicali ed in questo  caso letterrarii  \  cinematografici  .  E' Inutile   dire  che  ,   fatta  eccezione   per  chi   
decide   di  leggere il post  basandosi  sul   titolo e  rinunciando   addirittura   alle prime  righe   ,  che  i  riferimenti   da  cui  parte la  riflessione   d'oggi    sono     :

  1.  l'album  Ride The Lightning   dei Mettalica  soprattutto  l'omonima  canzone   sia  nella  versione    normale  sia  in  quella  Remastered .,  la  canzone  Riders On The Storm - The Doors

  2. il  racconto bellissimo romanzo   a puntate  ,  poi  diventato  libro  e  poi  film  IL  miglio  verde  di  Stephen King   

Adesso eccovi  , quello che sicuramente   starete  aspettando ,  la  mia elucubrazione   che    s'inserisce  nella strada   intrapesa   nei post precedenti  in particolare   quelli  de  la  triologia :  anche   la  malinconia  può esssere  preziosa  e riferimenti  successivi    .

N.b
Leuco (  l'altro io  )   IO  ( io  ) 


N.b
Leuco (  l'altro io  )   I  ( io  ) 


L  mi  piacerebbe tornare  indietro  

I in che senso  ?

L tornare indietro nel tempo  per  non commettere  certi errori  

I ti  capisco  . ma  smettila   ti eprimi ancora  di  più di  pensare  continuamenbte   al passato   e  vai avanti . Prima  la  smetti  di pensarci continuamente  meglio stai e più concentrato  sul presente  

L   vuol dire  che  devo rimuovere  il mio passato

I  non ma neppure  farti  imprigionare   d'esso  

L  Vero ha ragione    ci provo tutti i giorni  

I E allora    vedrai  che prima  o poi    arriverà  e  neppure  te  ne  accorgi quel giorno  in cui  le  cose   cambierann  per  il meglio  ne  sono sicuro visto la tenacia   che  hai  sempre  avuto   nell'affrontare  gli  urti della  vita   . 

L  già  andiamo a lavorare  che è  meglio 😏😀

I già 😇





19.8.22

Nella casa famiglia di Napoli che ospita la bimba vittima della violenza dei genitori, segregata tra indicibili sofferenze: "Non parla, ma adesso ti guarda se la chiami"



da   repubblica  



Elsa a 9 anni "impara a vivere e ti stringe la mano": coccole, frullati e peluche







Ha il sorriso obliquo di chi per 9 anni di sorrisi non ne ha fatti a nessuno e non ne ha ricevuti. I fratellini che la nutrivano di nascosto dai genitori, con quel che avanzava loro di latte e biscotti, le dimostravano affetto così, preoccupandosi che sopravvivesse all'abbandono, nel migliore dei casi, e alla violenza cieca di genitori che l'hanno rifiutata da sempre. Picchiata, maltrattata, e chissà cos'altro.








Ma adesso Elsa, nome di fantasia, ha una casa colorata e pulita, attrezzata e piena di giocattoli. Un nido, finalmente, dove comincia per lei una nuova vita. Circondata da altri 5 bambini, il più grande ha 13 anni, e soprattutto dalle cure e dall'amore del gruppetto di educatori, infermieri e terapeuti che gestiscono "La casa di Matteo" a Napoli. Una struttura socio assistenziale che ieri ha aperto le porte a Repubblica.



Elsa ha finalmente, qui, la possibilità di rimettersi in piedi. "Camminerà? Correrà come tutti gli altri bambini? Non lo sappiamo - spiega Matteo Cudemo, il ventottenne coordinatore educativo della struttura - . Presto cominceremo un recupero attraverso la psicomotricità e la logopedia. Ma innanzitutto vogliamo che Elsa capisca cosa vuol dire essere amata".







E forse i primi passi in questa direzione la bimba li sta già facendo. Dopo che per 9 anni non è esistita agli occhi del mondo, pur essendo registrata all'anagrafe in un paese in provincia di Caserta, dopo che è diventata un fantasma per il sistema sanitario, come per quello scolastico o assistenziale, Elsa si guarda attorno curiosa del mondo.
Era un nulla lasciato a terra a marcire, gli arti spezzati in più punti per le percosse e saldatisi storti, le anche fuori sede, la schiena che non ha imparato a stare diritta, né in piedi né stesa. Ora ha un divano sul quale siede, circondata da cuscini che le impediscono di cadere, e finalmente un amico: è un altro ospite della struttura, ribattezzato "Kung fu Panda", un ragazzino forzuto quanto affettuoso che ha scelto proprio il posto vicino a lei, sul divano, per guardare e mostrarle i cartoni animati che vanno a manetta sul suo tablet.



La pietà di un vicino che ha segnalato la presenza della piccina alle autorità comunali ha permesso il giro di boa nella vita di Elsa. È intervenuto il Tribunale per i minori, poi per un mese la bambina è stata ricoverata nell'ospedale pediatrico Santobono (mentre i genitori sono finiti in galera e i fratellini affidati a una casa famiglia).
Infine, la struttura in cui Elsa ha cominciato persino a mangiare, dopo 9 anni di denutrizione. Non ha imparato ancora a masticare, ma sono bastati pochi giorni di omogeneizzati e frullati, come fosse un bebè, per farle apprezzare i sapori nuovi e destare in lei la curiosità per il cibo. "È un ottimo segno", dicono gli operatori che la seguono e che non disperano, sin dai prossimi giorni, di poterla "svezzare".



Elsa ha finalmente un lettino, arancione, con i pupazzi sulle lenzuola. Il suo recupero passa anche da lì, dalla normalità dell'infanzia che sin qui le hanno negato. E dall'affetto di chi, per la bimba è un miracolo, la pettina e le raccoglie i capelli in codini, la bacia e la coccola. Elsa avverte la loro delicatezza. E lo dimostra imparando, giorno dopo giorno, ad alzare lo sguardo quando si sente chiamare con un vezzeggiativo. La bimba non sa parlare. Non ha sin qui conosciuto parole d'amore.
Chiude gli occhi se incrocia sguardi estranei, ritrae il visino se le giunge una carezza, ma stringe la manina a pugno se al palmo le si accosta un dito, come il riflesso dei neonati che intenerisce i genitori. In Elsa è ben più di un riflesso. Alle dita dei giovani operatori della "Casa di Matteo" si aggrappa come a dei salvatori; e Flavia Crisci, educatrice di 24 anni, confessa: "Non ho esperienza della maternità, ma credo che l'amore per Elsa si accosti straordinariamente a quello che proverei per un figlio. Speriamo che qui Elsa possa rinascere". E dimenticare la casa dell'orrore e i genitori orchi.



La struttura socio assistenziale che la ospita è dedicata ai bambini fino a 13 anni non normodotati. Fu fondata cinque anni fa da Luigi Volpe - che aveva appena perso il figlio Matteo - e dall'attuale assessore al Welfare della giunta Manfredi, Luca Trapanese. Proprio Trapanese ha accompagnato il presidente della "Casa di Matteo", Marco Caramanna, a prendere la bambina in ospedale, una settimana fa. "Benvenuta piccola - ha detto l'assessore - da oggi inizia una nuova vita dove la violenza e l'incuria cedono il passo all'amore e alla cura".
E dopo i primi giorni in cui si spaventava per ogni presenza estranea, ora ci accoglie facendo smorfie che non raccontano timore, ma fiducia. La presenza dei visitatori non la turba, ma certo le coccole vanno centellinate per non infastidirla. Di certo quel sorriso obliquo racconta, oggi, che la bimba ha capito che qui la violenza non è di casa.

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...