Visualizzazione post con etichetta ritorno alla vita. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ritorno alla vita. Mostra tutti i post

19.6.23

La nuorese Pierpaola Porqueddu si rimette in gioco per il pubblico a 47 anni Venti anni fa lo stop alla carriera. Oggi conquista la copertina di “Amadeus”

queesta  vicenda    conferma   come già  dicevo nell'introduzione del precedente post  : <<  Cagliari, aveva chiamato i carabinieri per interrompere il violinista: ora lo invita a suonare all’inaugurazione del negozio .... >>  l'importanza  e   la base  musicale   critica  o  acritica  che  sia     è  contenuta  nella  vita  di tutti  i  giorni 


da  lanuova  sardegna  del  19\6\2023

Ha un tono di voce che il suo racconto sembra un preludio in sol minore. Le parole, le vibrano. Modulate, leggere, decise. L’accordatura è perfetta, la stessa frequenza di un diapason. Dita lunghe e affusolate, pronte a danzare, a carezzare e picchiare, a esultare lungo i tasti bianchi e neri. Sorride, soprattutto. Ha un sorriso grande così, vero, profondo. È un sorriso felice. «Sì, ora sono pronta» gioisce Pierpaola Porqueddu. «Ci sono voluti venti anni, ma adesso non vedo l’ora di tornare sul palcoscenico» dice la pianista nuorese. È così che rinasce una musicista: a 47 da compiere domani, ha vinto e metabolizzato l’emozione di suonare in pubblico che l’ha bloccata quando di anni ne aveva appena 27. Allora aveva davanti a sé una carriera luminosa e promettente. Vantava già un curriculum brillante e un’infinità di teatri e auditorium che la volevano al centro del palcoscenico. «La mia grande emotività, le mie paure e la mia mania di perfezionismo sono stati ostacoli insormontabili» racconta. Ecco perché si era ritirata dalle scene. Anche se la musica è rimasta sempre e comunque la sua linfa. «Mi sono dedicata all’insegnamento, dai bambini agli anziani» va avanti Porqueddu. Docente al Conservatorio “Gesualdo Da Venosa” di Potenza, è diventata una vera e propria star digitale. Nel frattempo ha avuto tre figli: Leonardo, 21 anni; Alessandro, 17; e Naima, 7 anni. «Sono loro che mi hanno fatto capire la vita, con tutte le sue difficoltà» spiega. Loro: la famiglia che ha messo su, a Imola, dove la pianista barbaricina ha trovato l’amore e la nuova casa. È in questa casa che ha vinto la sfida con sé stessa, che ha visto rinascere la primavera, con tutte le sue emozioni ora sotto controllo, governate da una forza interiore che soltanto una mamma può avere. «Finalmente ho ritrovato il piacere di suonare per gli altri dal vivo». Pierpaola, Pierpaola Porqueddu: semplicemente . La prima pagina Notissima agli internauti, solo su Spotify conta 40mila ascoltatori al mese, la nuova vita dell’artista nuorese comincia subito con il botto: la pianista ha conquistato la copertina di Amadeus [  foto   a  sinistra   in alto  ] , il mensile di riferimento della grande musica, la rivista pilastro della classica. A firmare l’ampio servizio su Pierpaola Porqueddu è Filippo Michelangeli in persona, editore e direttore del magazine. Le fotografie sono di Stefania Varca. 





In allegato, al numero ora in edicola, un album esclusivo e inedito di Porqueddu dedicato alle Sonate di Franz Joseph Haydn (1732-1809). «Sono di una bellezza assoluta, persino superiore a molte pagine di Mozart» sottolinea la musicista. A Emiliano Buggio, invece, il compito di accompagnare i lettori di Amadeus nell’analisi delle quattro Sonate eseguite da Pierpaola Porqueddu su un pianoforte Steinway D 274. Un cd “fisico” che segna un punto di ripartenza, dunque. Dopo tanto successo conquistato nel web, comunque, attraverso lo streaming on demand, sugli store digitali. «Suona con una intensità e un senso del legato sorprendenti» dice di lei Michelangeli. Lei ricorda perfettamente l’ultima volta che si era esibita all’Accademia di Santa Cecilia di Roma, all’esame finale. Era il 2003. Esattamente venti aanni fa. «Ero già emotivamente molto vulnerabile – ricorda oggi –. Sono arrivata all’esame finale svuotata». Nata a Nuoro nel 1976, Pierpaola Porqueddu era arrivata al Santa Cecilia con il diploma in pianoforte conseguito, appena ventenne, con il massimo dei voti, al Conservatorio di Cagliari. La ragazza aveva talento, e non temeva neppure le partiture più impervie. Stava persino cominciando a trionfare nei concorsi internazionali. Nel 2000 ha vinto lo “Speranza” di Taranto. Ormai, la giovane pianista aveva lasciato la Sardegna, per formarsi e affrontare il mondo. A Nuoro, i primi a tifare per lei, erano e sono la
madre e il padre: Pasquina Ledda, prima maestra alle elementari, poi insegnante nel carcere di Badu ’e Carros; Graziano Porqueddu, chitarrista autodidatta di grande talento e passione sconfinata. Pierpaola ha pensato bene a perfezionarsi con i mostri sacri della tastiera: con Paul Badura-Skoda alla Chigiana di Siena; con Paolo Bordoni all’Accademia di Pescara; con Sergio Perticaroli al Mozarteum di Salisburgo. Poi, l’Accademia nazionale di Santa Cecilia di Roma, appunto. La gloria e lo stop improvviso. Stop, si fa per dire, visto che Porqueddu ha comunque continuato a suonare e a registrare. In Emilia Romagna ha concentrato le sue forze sulla famiglia, ha persino rinunciato a un tour in Giappone. «Prima di tutto viene la famiglia e i tre figli. Avrei dovuto assentarmi da casa» racconta. Qualche rarissima esibizione. Tante esecuzioni, invece, destinate al web. Nel 2017 è uscito “Piano recital”, con musiche di Mozart, Haydn, Chopin, Schumann, Debussy. Nel 2020 ha registrato per la fluente Records l’album “Russian music for children” dedicato a musiche didattiche di Prokofiev e Kabalevsky. Oggi incide per Halidon music e ha pubblicato, tra gli altri, i 24 Preludi op. 28 di Chopin («il primo amore») e un cd dedicato a Mozart. Nella sua discografia , Pierpaola Porqueddu lo riserva a un grande didatta italiano, Remo
Vinciguerra (scomparso il 6 luglio del 2022). «Attraverso le sue composizioni – dice la musicista nuorese ad Amadeus – ho trovato la felicità nei bambini a cui insegnavo il pianoforte». «L’insegnamento è stata la mia attività preferita – aggiunge – perché amo stare con i ragazzi. Credo che in ciò non sia irrilevante la passione, oltreché per la musica, per la psicologia, la filosofia, la pedagogia». «Grazie a Vinciguerra ho trovato il modo di far sorridere i miei allievi. E il loro sorriso mi ha contagiato». «Prima di avere avuto i figli ero una insegnante severa, poi mi sono ammorbidita – sorride –, gli allievi mi sembrano tutti miei figli. Pero sono precisa e li aiuto a esprimere il massimo delle loro potenzialità». La famiglia, l’insegnamento. Nel frattempo è cresciuta anche la popolarità sul web, le play list si sono allungate, i download moltiplicati. «Un’emozione bellissima sapere che mi ascoltano persone che non mi conoscono» sorride la pianista. «Non riuscivo a credere che in tutto il mondo, dagli StatiUniti alle Filippine, all’Indonesia, potessero ascoltarmi». L’hanno ascoltata anche in Svizzera, è piaciuta molto la sua esecuzione della Sonata in Mi minore di Haydn. Così è successo che un giorno l’hanno chiamata dalla radio Swiss Classic che l’ha subito inserita nel palinsesto. Un inno alla vita, alla gioia della vita, all’equilibrio ritrovato. «Devo ringraziare Luca Rasca, un pianista meraviglioso, che mi ha aiutato a colmare alcune lacune che avevo nel mio modo di studiare, mi ha dato un metodo che non avevo. Ma adesso mi manca il pubblico. Molto»

15.9.21

8 settembre 1943: la città che salvò i soldati, La rinascita di Paraloup, prima borgata della reistenza in piemonte , Seppellire 2000 partigiani, la missione di Nicola Grosa

 Lo   che  l'8   settembre è passato   e  quuindi   secondo alcuni\e  di voi   ed  la celebrazione  rituaslistica  sarei fuori tempo  . Ma   storie  e   vicende  non hanno una  data  fissa   e  sono   perchè    anche  chi  le usa  come  mezo strumentale  o   ideologico   sono  ancora  vive  a prescindere  dal  calendario  . Ma     sopratttutto  


Anche la disperazione impone dei doveri
E l'infelicità può essere preziosa
Non si teme il proprio tempo, è un problema di spazio
Non si teme il proprio tempo, è un problema di spazio
Geniali dilettanti in selvaggia parata
Ragioni personali, una questione privata
Geniali dilettanti in selvaggia parata
Ragioni personali, una questione privata
La facoltà di non sentire
La possibilità di non guardare
Il buon senso, la logica, i fatti, le opinioni, le raccomandazioni
Occorre essere attenti per essere padroni di sé stessi
Occorre essere attenti
 Ma  ora  bado   alle  ciancie  ecco  le  storie 


8 settembre 1943: la città che salvò i soldati
Il giorno dell’armistizio, i rastrellamenti dei nazisti. E il racconto di come Mantova si mobilitò con ingegno e coraggio per aiutare i militari abbandonati nelle caserme

di Nicola Saccani



La rinascita di Paraloup, prima borgata partigiana
La seconda resistenza delle baite che nel settembre '43 furono quartier generale delle bande di Giustizia e Libertà: tornano a popolarsi per salvare memoria e ambiente

                                           di Francesco Doglio






Seppellire 2000 partigiani, la missione di Nicola Grosa
La storia del comandante piemontese che dopo la guerra recuperò le spoglie dei compagni scavando a mani nude “per dar calore ai resti”. Un’impresa che lo portò alla morte

di Giulia Destefanis



14.9.21

L'esclusione, la solitudine e poi la gioia che esplode. Diventare genitori ai tempi del Covid



Messaggi, foto, videochiamate, filmare ogni istante con il neonato in camera non basta, non è confrontabile con l'emozione della realtà. Stavolta la tecnologia non può replicarla. Le voci di neo genitori da Napoli e dalla Campania


di Tiziana Cozzi
12 SETTEMBRE 2021 










Tommaso Oliviero, docente di Economia bancaria alla Federico II, ha visto il suo Lorenzo, esattamente due settimane dopo la nascita. "E' stata un'esperienza traumatica, prima la gravidanza e poi il parto in pandemia - racconta - quando l'ho visto, ho pianto tantissimo, la tensione accumulata in quei giorni è stata tanta. Ho aspettato davanti all'ospedale per ore che nascesse, sul marciapiedi davanti alla Clinica dei Fiori di Acerra. E, mentre aspettavo, pensavo ai racconti gioiosi dei miei amici, la nascita è uno dei momenti più belli della vita. A me tutto questo è stato negato. Un periodo meraviglioso è stato trasformato in un incubo dal Covid. Da ottobre non ho assistito più alle ecografie, non mi consentivano di entrare in stanza. Accompagnavo mia moglie Tania dal ginecologo e aspettavo in macchina". È cominciata così, la storia di Tommaso e Katia, una nascita tanto attesa ma giunta in pandemia, un travaglio prematuro e tutte le ansie da affrontare ciascuno per proprio conto. Il Covid ha separato giovani coppie, ha lasciato mamme da sole in sala parto, ha sottratto non solo abbracci ma gioie.
E l'emblema di questa gioia a metà, sono i racconti di chi quello spaesamento lo ha vissuto sulla propria pelle. "Lorenzo è nato prematuro di due mesi - continua Tommaso - il giorno del parto ho accompagnato Tania in ospedale e non l'ho più vista, ho fatto perfino un tampone ma non mi hanno fatto entrare. Ero in contatto con lei al telefono finché è stato possibile, poi è rimasta due settimane in clinica solo per vedere Lorenzo che era in terapia intensiva. Abbiamo affrontato anche un notevole costo economico, la stanza era a pagamento. Alla fine tutto è andato benissimo, il periodo dello smart working da casa mi ha permesso di vivere al cento per cento mio figlio ma mi è mancato stare accanto a mia moglie". Il momento più bello della vita vissuto da sole. Entrare in sala parto e farsi forza senza lo sguardo e il conforto del compagno. Questo il rimpianto più grande delle giovani mamme. Diventare papà e restare fuori dalla magia del momento della nascita.


Nei due anni di pandemia, le regioni del centro-sud hanno mantenuto l'abituale maggiore proporzione di cesarei rispetto al nord del Paese. Un privilegio, poter avere accanto una persona di propria scelta durante il travaglio o il parto, concesso solo al 51 per cento delle donne meridionali, il 54 per cento dei neonati è potuto restare accanto alla mamma, tra questi il 27 per cento ha praticato il contatto pelle-a-pelle. Durante il ricovero il 69 per cento delle mamme e dei neonati hanno potuto condividere la stessa stanza e il 76 per cento dei piccoli ha ricevuto il latte materno. Nei mesi iniziali alla nascita le mamme sono state più spesso separate dai bambini mentre successivamente, anche grazie a una migliore organizzazione dell'assistenza, negli ultimi tempi i dati descrivono un maggiore rispetto della fisiologia della nascita e una maggiore attenzione nel favorire il contatto madre-bambino, il rooming-in e l'allattamento.E se i papà raccontano il dolore dell'esclusione, le mamme narrano dei parti in solitudine. Veronica Fornello è mamma di Miriam, oggi 11 mesi. "Ho scoperto di essere incinta a fine febbraio 2020 dopo poche settimane mi sono rintanata in casa, non sono più uscita, avevo paura. È stato difficile non vedere le persone care, non ho potuto condividere la gravidanza con mia sorella, mi sono mancati gli affetti". Quando è il momento, Veronica partorisce da sola ma tornata in stanza, trova a sorpresa, sua madre: "E' stata prigioniera in camera, non poteva uscire ma mi ha aiutato, per fortuna. Mi sentivo spaesata, pensavo al mio compagno che non poteva nemmeno prendere in braccio mia figlia. Una sera, mi sono affacciata e l'ho visto in strada, aspettava sotto la mia finestra. È stato terribile, sono scoppiata a piangere". La gioia di partorire, di tenere stretta tra le braccia la sua piccola ma il rammarico di farlo da sola. "Mi è dispiaciuto non aver provato quella gioia condivisa, ho partorito con persone estranee ma se ci penso quella mano amica mi è mancata, mi avrebbe dato più forza una carezza in più, anche se i medici sono stati amorevoli ma le parole di un compagno sono un'altra cosa. Lui mi è mancato molto, l'ho rivisto dopo 4 giorni, quando ci siamo incontrati ci siamo commossi, ci siamo abbracciati, sembrava che non ci vedessimo da una vita". Messaggi, foto, videochiamate, filmare ogni istante con il neonato in camera non basta, non è confrontabile con l'emozione della realtà. Stavolta la tecnologia non può replicarla.
Anche Nicoletta Colella, 35 anni, ha partorito il secondo figlio a novembre 2020 con l'incubo Covid. "I vaccini non c'erano ancora, se ne parlava, mi sono ritrovata in sala parto senza nessuno dei miei cari, è stata durissima, solo dopo un po' ho potuto informarli che era tutto ok. È stato difficile respirare con la mascherina, vedevo girarmi intorno medici e infermieri mentre ero in travaglio, mi è mancata una presenza, è andata bene, non posso lamentarmi, mi sono imposta di concentrarmi sul respiro ma mi è mancato avere una presenza familiare accanto. Il mio compagno mi ha detto che era fiero di me, del coraggio che ho avuto in una situazione così difficile". Il rimpianto più grande per Daniela Russo, 40 anni, mamma di Giuseppe, è aver sottratto la scuola alla primogenita Rosanna, 6 anni, proprio per le ansie legate al Covid. "Ha perso il suo ultimo anno d'asilo, ho preferito non mandarla a scuola, avevo paura del contagio. Durante la gravidanza non ho preso trasporti pubblici non sono uscita molto, mi sono chiusa in una bolla di smart working. Il Covid mi ha toccato proprio su gravidanza e parto, mi ero ripromessa di concentrarmi sulla seconda gravidanza, invece è stato brutto non poter condividere il momento della nascita con mia madre, i miei cari, è stata la cosa di cui ho sofferto maggiormente".Daniela ha partorito a Villa delle Querce, in camera con lei, suo marito Luigi ma le è mancata la condivisione con la famiglia. "Quando è nata Rosanna la stanza era strapiena di parenti, invece per Giuseppe è stato un momento intimo, di maggiore consapevolezza, eravamo soli. Allora ero circondata da tante persone che ti ovattano, ti stanno vicino, invece stavolta ho fatto dal primo giorno la mamma. Sono scesa dal letto e mi sono presa cura di Giuseppe, da subito, è stato bello. Il ritorno a casa invece è stato solitario, la cosa più triste è che mio fratello ha visto mio figlio da poco, quando aveva già 4 mesi". È stata una maternità difficile, carica d'ansie quella di Adriana Schiavo, 35 anni, "ho trascorso l'intera gravidanza in casa, non andavo nei luoghi chiusi, evitavo i supermercati, non entravo in casa di amici, ho lavorato in smart working fino a 8 mesi, disinfettavo tutto ossessivamente, il mio compagno andava a lavoro con 3 mascherine. Quando è nato mio figlio, poi, ho avuto paura di uscire. L'ho portato in un negozio di giocattoli pochi giorni fa, per la prima volta, a 7 mesi. Abbiamo subito limitazioni enormi, mi è mancata una gravidanza normale. Spero di poter provare cosa voglia dire in futuro".

15.9.18

chi lo dice che la Techno sia sia solo femminile la storia di flavia flaus ed altre storie

 la tecno  genere   nato maschilista    come  dice  wikipedia alla  voce  Techno    sta diventando o è solo un eccezione anche femminile ?   come dimostra  quest'articolo   dell'unione  sara del 13 settembre  2018 

L'immagine può contenere: 1 persona


 e la  storia della dj flavia laus un icona di energia ed eleganza,  come  l'ha definista sempre l'unione  sarda   in  questo articolo  . Essa  da poco trapiantata a Berlino dopo aver lasciato Milano, sua seconda casa per alcuni anni, in vista di prestigiosi progetti originali.
La DJ algherese ha --   sempre  secondo  l'ìunione ---  entusiasmato la platea  del Rkomi  festival  a Porto Cervo  con la sua capacità di trasmettere emozioni e coinvolgere il pubblico(  come di mostrato  anche  dai suoi account  facebook  ed  istangram  )   che era rappresentato da ascoltatori eterogenei affascinati dalle selezioni di un'artista sarda già molto apprezzata a livello internazionale.



La seconda è

9.7.13

Genoveffa, storia a lieto fine di una tartaruga marina sfortunata. da prigioniera all'acquario d'alghero a libera in mare

  Unione sarda  
Martedì 09 luglio 2013 17:53

Prioginiera" per 35 anni in una piccola vasca dell'acquario di Alghero. Adesso per Genoveffa, così era stata ribattezzata la tartaruga marina, inizia una nuova vita con la speranza che presto possa tornare tra le onde del mare.
Genoveffa, storia a lieto fine di una tartaruga marina sfortunata





Ha un lieto fine la travagliata storia di un esempplare di Caretta caretta che nei giorni scorsi è stata sequestrata dal Corpo forestale dello Stato all'acquario di Alghero.
Dopo le visite e i controlli alla clinica veterinaria Duemari di Oristano, adesso Genoveffa si trova al Cres di Torregrande (il Centro di recupero delle tartarughe del Sinis), dove sarà rimessa in sesto con l'obiettivo di liberarla in mare, non appena le sue condizioni lo consentiranno.
LA STORIA - L'esemplare femmina di Caretta caretta era stata catturata nelle acque del Mediterraneo nel 1977, prima che entrasse in vigore in Italia la Convenzione di Washington (Cites) per la tutela di specie animali e vegetali in via di estinzione.
Da allora Genoveffa è stata relegata in una vasca per l'esposizione al pubblico. Un ambiente che, secondo gli uomini della Forestale, "è privo dei requisiti minimi necessari per garantire le idonee condizioni bio-etologiche e di conservazione della specie oltre che quelle basilari di benessere come la temperatura controllata e il ricambio adeguato dell'acqua".
LA BATTAGLIA - Già due anni fa, la Caretta caretta era stata sequestrata dal Corpo Forestale della Regione. Un quadro clinico preoccupante, uno stato nutrizionale inadeguato avevano reso necessario il trasferimento urgente dell'animale nel Centro di recupero specializzato di Torregrande.
Otto mesi più tardi, però, il Tribunale di Sassari aveva disposto il dissequestro e l'esemplare era stato restituito al proprietario dell'acquario. C'era stata quasi una sollevazione popolare, manifestazioni, mobilitazione sui social network e a livello internazionale. Una battaglia combattuta su più fronti fino ai recenti sviluppi.
IL BLITZ - Un controllo eseguito in collaborazione tra il Servizio Cites Centrale di Roma del Corpo forestale dello Stato, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, l'Unità Operativa per la tutela degli animali del Ministero della Salute, con la collaborazione di un team di veterinari specializzati.
E nei giorni scorsi il Corpo forestale dello Stato ha strappato Genoveffa a quell'ambiente infelice da cui viveva da quando aveva pochi anni di età. Dal sopralluogo effettuato all'acquario di Alghero è emerso uno stato di generale degrado. La vasca che ospitava la tartaruga era ancora priva dell'impianto di termoregolazione, della luce diretta del sole e delle lampade UVB.
L'acqua nella vasca era torbida, tanto che saranno analizzati alcuni campioni. "Il carapace della tartaruga appariva deforme, opaco e rivestito da uno strato di alghe, aspetti tipici di soggetti con gravi carenze nutrizionali provocate dalle pessime condizioni ambientali", aggiungono dal Corpo Forestale.
LA DENUNCIA - Dopo aver acquisito anche il parere dei medici veterinari, il proprietario dell'acquario è stato denunciato per maltrattamento e detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura. L'uomo, inoltre, dovrà rispondere anche per l'offerta in vendita e l'utilizzo per fini di lucro dell'esemplare in assenza della prescritta documentazione Cites.
La sentenza del 2012 del Tribunale di Sassari aveva legittimato la detenzione dell'esemplare, poiché catturato prima della Convenzione di Washington, ma non il suo utilizzo per fini commerciali. Dalle indagini sarebbe emerso che il responsabile, invece, avrebbe anche tentato di vendere la tartaruga.
L'ALLIGATORE - Nell'acquario era tenuto anche un esemplare di tartaruga alligatore, appartenente ad una specie considerata pericolosa per la salute e l'incolumità pubblica. Non c'erano le necessarie autorizzazioni, così anche questo rettile è stato sequestrato. Entrambe le tartarughe sono state trasferite presso un Centro di Recupero specializzato di Torregrande, Oristano.

Valeria Pinna

Molto eloquente  anche il  commento a tale  articolo  :<<  Torna presto alla liberta'.Tante altre tartarughe vivono la stessa condizione,sono quelle acquatiche americane che comprate nei negozi,piccole quanto una moneta da 2 euro ma che nel giro di pochi anni diventeranno grandi 30 cm,che vengono alimentate in modo scorretto a gamberetti secchi(devono mangiare pesce crudo di acqua dolce e altro) e che una volta troppo cresciute se non muoiono prima verranno liberate nei laghetti cagliaritani o ancora peggio in natura,prima di comprarle pensateci molto bene. >>

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...