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2.11.24

diario di bordo n 84 anno II Infermiera tenta il suicidio sui binari del treno, il macchinista scende e la salva: «Oggi è mio marito e il padre dei miei figli»., «Io, operaia da 30 anni nella fabbrica di cioccolato, qui ho conosciuto anche mio marito. Ora la nostra vita è appesa a un filo»., La perdita di un figlio e la speranza: «L’amore è più forte della morte».,


L'amore arriva quando meno te lo aspetti, si dice. E lo può confermare Charlotte, che ha conosciuto il suo futuro marito sui binari del treno, in un momento particolarmente difficile della sua vita. La donna, un'infermiera di 33 anni, quella mattina voleva togliersi la vita a causa di diversi problemi di salute

mentale, tra cui un disturbo da stress post traumatico. Ma il macchinista si è fermato, è sceso, si è avvicinato e si è inginocchiato di fronte a lei. Poi le ha detto il suo nome, e ha chiesto quello di lei. Una scena che sembra provenire direttamente da un film. L'uomo è riuscito a placare la sofferenza di Charlotte e l'ha aiutata a rialzarsi, in tutti i sensi.
Il salvataggio e il matrimonio
«Trova qualcuno che ti guardi così, quando non te ne accorgi», scrive Charlotte Lay nella didascalia di una delle foto che la ritraggono assieme al marito il giorno delle nozze. Il loro amore è iniziato in un giorno nefasto, quando la donna ha agito d'impulso e mentre si stava dirigendo al lavoro si è seduta sui binari del treno, in attesa di essere colpita.
Ma alla guida di quel treno c'era Dave Lay, che è sceso e le ha tenuto compagnia per circa mezz'ora, riuscendo a calmarla, a guadagnare la sua fiducia e a farla salire a bordo. L'ha salutata alla stazione di Skipton, dove l'attendeva la polizia. Il giorno dopo Charlotte ha cercato quell'uomo su Facebook per ringraziarlo di ciò che aveva fatto, e i due hanno iniziato a scambiarsi messaggi, quasi ogni giorno.
Poi c'è stato il primo incontro faccia a faccia per un caffè. Il resto è storia: dopo tre anni si sono sposati, quando Charlotte era incinta del primo figlio. Ce ne sono stati altri due, da allora. La conversazione di quel giorno, da quello che ricordo, era sulle nostre vite, nulla di che, ma abbastanza per farmi superare il momento di crisi - racconta la donna -. Non sentivo più la vita così pesante», dice al Daily Mail.

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«Quando sono entrata per la prima volta in stabilimento avevo appena 18 anni, ero una ragazzina. Ho vissuto più di 30 anni a stretto contatto con il cioccolato, prima nel reparto modellaggio poi nel reparto fabbricazione. Ora la mia vita è in un limbo». Rossella Criseo è tra quei 115 lavoratori e lavoratrici che
non riescono a immaginare il proprio futuro anche solo tra qualche mese. L’azienda per cui lavora, la multinazionale svizzera del cioccolato Barry Callebaut, ha deciso di chiudere lo stabilimento di Intra, Verbano Cusio Ossola. «Da un giorno all’altro - dice -. A settembre ci hanno comunicato che la fabbrica avrebbe chiuso nel primo trimestre 2025. Poi la proprietà ha accettato di prolungare lo stop alla produzione al 30 giugno».
Ora si tenta la strada della reindustrializzazione, anche se l'azienda ha escluso l'apertura a eventuali competitor interessati. «Se non verrà trovato un acquirente? Anche mio marito è un dipendente, ci siamo conosciuti in reparto. Il destino della nostra famiglia è appeso a un filo. I nostri colleghi si trovano nella stessa situazione: lontani dalla pensione, con mutui da pagare e figli da mantenere». Rossella Criseo, nella Rsu Cisl da tre anni, è entrata per la prima volta in stabilimento quando la proprietà era ancora del marchio Nestlé. Poi la chiusura nel 1999 e il salvataggio di Barry Callebaut, che ha permesso alla fabbrica di raggiungere i cento anni di produzione. «Un anniversario che avremmo festeggiato proprio quest’anno – dice -. Invece abbiamo davanti lo scenario più desolante possibile».
Criseo è cresciuta con il profumo di cioccolato sotto il naso, che ogni giorno avvolgeva lo stabilimento. «Lo si poteva percepire già fuori alla mattina, prima di entrare in azienda, soprattutto con il vento. Era un odore che caratterizzava il quartiere. Una realtà che potrebbe non esistere più, ennesima chiusura in un territorio che in passato, invece, aveva una vocazione industriale». Dopo l’incontro di ottobre al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (in cui è stata delineata la strada della reindustrializzazione) lo stabilimento è ora nelle mani di Vertus, società incaricata da Barry Callebaut per trovare un nuovo acquirente. Giovedì 31 ottobre si è svolto l’incontro con la Regione Piemonte, dove il sindacato ha ribadito che sarebbe necessario aprire la possibilità di cessione a un competitor per facilitare il percorso di reindustrializzazione. Ci si aggiornerà nuovamente al prossimo tavolo, convocato per il 26 novembre.
Criseo, che ha partecipato ai comitati aziendali europei, racconta che l’intenzione di chiudere il sito di Intra non è mai stata manifestata: «La scorsa primavera abbiamo persino incontrato il direttore dell’area Sud Est Europa, Esteve Segura. Ci aveva rincuorato sul futuro di Intra. Nel 2024, oltretutto, abbiamo raggiunto volumi record chiudendo l’anno fiscale con oltre 67mila tonnellate». Cioccolato su cioccolato, quello liquido che nel reparto di Rossella Criseo si scarica dai serbatoi e si carica nelle cisterne per i clienti.
«Ci siamo sempre dati da fare, siamo stati disponibili a lavorare il sabato, la domenica, a fare le notti, a lavorare nei riposi compensativi. Siamo stati i primi in Italia a fare le “squadrette”, a lavorare 7 giorni su 7. E ora l’azienda ci ripaga così? Io, i miei colleghi e le mie colleghe, siamo delusi e non sappiamo cosa ne sarà di noi. Di spostarsi non se ne parla, e neanche di cambiare settore dopo oltre 30 anni di lavoro

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«Pensavo di andare veloce, il Vento mi ha condotto lentamente a stare seduto ad ascoltare i punti interrogativi che passeggiano in questa parte di vita». Tra i punti interrogativi di don Francesco Fiorillo, custode e responsabile della Fraternità Monastero San Magno di Fondi (Latina), c’è da tempo il dolore dei genitori che hanno perso un figlio. Ferite a cui questo sacerdote, “nuotatore controcorrente” come lui stesso si definisce, ha prestato attenzione ancora prima di entrare in seminario, quando aveva 18 anni, di fronte allo strazio dei genitori di un amico fulminato da una overdose di ecstasy. Da allora il pensiero di quella sofferenza che sconvolge e annienta l’ha sempre accompagnato e l’ha portato successivamente, quando è nato quel “porto di terra” che è la Fraternità di Fondi, a dare vita a un gruppo di genitori “orfani di figlio”. L’ha voluto chiamare Nain, la località poco lontano da Nazareth «dove la disperazione, il senso di abbandono, la ribellione verso Dio e l’umanità, vengono toccati e trasformati». Ma è davvero possibile accompagnare e dare sollievo al dolore di una mamma, di un papà che si sono visti portare via il figlio per una malattia, per un incidente stradale, per un suicidio (seconda causa di morte tra i ragazzi al di sotto dei 30 anni), per una overdose, oppure per una di quelle congiure di crudeltà che chiamiamo bullismo?
Papa Francesco, indicando come intenzione di preghiera per il mese di novembre il dolore dei genitori, ricorda che si tratta di un dolore «particolarmente intenso» e al di fuori di ogni logica umana, perché «vivere più a lungo del proprio figlio non è naturale». Siamo così impreparati a sopravvivere alla morte di un figlio che nemmeno il nostro dizionario ha una parola adatta per descrivere questa condizione di vita. «Pensateci: quando un coniuge perde l’altro, è un vedovo o una vedova. Un figlio che perde un genitore è un orfano o un’orfana. Esiste una parola per dirlo. Ma per un genitore che perde un figlio – osserva ancora il Papa nel videomessaggio – una parola non c’è. È un dolore così grande che non esiste nemmeno una parola». Bisogna inventarla, come don Fiorillo è stato costretto a inventare parole di senso di fronte alle domande impossibili dei genitori annichiliti dal dolore. Non perché quelle risposte abbiano un senso solido e definitivo – come si fa a dire che la morte di un figlio è “sensata” – ma perché, spiega, quelle domande vanno comunque fatte e, riflettendo insieme, «si spalancano nuovi orizzonti verso l’infinito, si rende più digeribile il futuro».
Vediamo allora alcune delle domande messe in fila dal custode della Fraternità di Fondi e ordinate in un libro, Funamboli. Genitori che camminano sul filo dell’oltre (Paoline, pagine 197, euro 16) che in una giornata come quella di oggi dedicata alla memoria dei nostri defunti, potrebbe diventare un viatico confortante per tante mamme e tanti papà. «Come posso vivere il dolore?», si chiedono i genitori del gruppo Nain. E don Francesco risponde che il dolore è come una ferita che non va coperta da un cerotto. Per rimarginarsi deve prendere aria. Ma il dolore non fa crescere? «Non l’ho mai creduto», risponde il sacerdote, «è l’amore che fa crescere, quello che riusciamo a versare nello squarcio del dolore». Ecco perché di fronte al dolore, anche a quello più atroce e assoluto, non bisogna scappare, bisogna stare, «accettare il silenzio della vita davanti alla prova», che poi per il credente significa «accettare il silenzio assordante di Dio durante le nostre sofferenze».
Ma ci sono altri atteggiamenti da imparare se si vuole convivere con il dolore senza che quell’artiglio implacabile afferri il nostro cuore e lo renda giorno dopo giorno indifferente alla vita, all’amore, al mondo. Può succedere, ma bisogna evitarlo. Sbagliato allora «lamentarsi e piangersi addosso», oppure «dare la colpa a qualcuno» per quello che è successo. E, ancora, nascondere il proprio stato d’animo, mascherare le ferite. Tutto sbagliato, anche nella sofferenza più lancinante che potrebbe indurre a scappare, a nascondersi, a evitare parole e contatti, dobbiamo parlare e condividere. «Penso a quanto ci faccia bene – riflette ancora don Fiorillo – lasciarci toccare dagli altri”»
Ma la domanda più atroce, quella che investe tutta la vita e che la può stravolgere, è per il credente sempre la stessa: «Dove eri, Dio? Tu che sei l’amore, come puoi far morire mia figlia? Se è vero che ci sei, perché hai permesso che accadesse?». Questioni da lasciare senza fiato, da ascoltare in silenzio, evitando di ripetere frasi che don Francesco definisce «bestemmie». Del tipo: «Dio strappa i fiori più belli per piantarli nel suo giardino, i vostri figli non vi appartengono, sono di Dio». Sbagliato. Sono parole che non confortano nessuno. Che dire allora, che fare? «Lasciare che le domande e l’incredulità e anche la rabbia verso Dio fluiscano, come un fiume, senza trattenerle». Perché Dio sente il dolore dei genitori diventati “orfani” di un figlio, di una figlia, «ha una immensa sensibilità, così grande da stare in silenzio per amore, anche quando noi vorremmo risposte».
La seconda parte del testo, quella dove strazio e conforto si mescolano e si confondano, ospita dodici testimonianze di genitori che raccontano il figlio che non c’è più. Sono mamme e papà che partecipano al gruppo di Nain e che in qualche modo, hanno saputo affrontare il dolore e hanno cercato ragioni, parole, contatti per non soccombere. Ma leggere quei ricordi vuol dire, soprattutto per un genitore, condividere e piangere con loro. Ma scoprire anche, inaspettatamente, che la speranza può rinascere insieme alla consapevolezza, come scrive Teresa, una mamma, «che vita e morte sono tutt’uno, che l’amore non conosce barriere ed è più forte della morte».

29.10.24

Hallowen ... ehm .... il culto dei morti ed i falsi nazionalisti \ sovranisti che lo vedono solo come festa imortata dagli Usa e pesi anglossassoni dimenticando che ci sono le nostre tradizioni mortuarie pagane ., La piccolezza dei fischi al film sul bullismo

dai nazionalisti \ sovranisti che scrivono articoli critici   verso Hallowen  come questo  de  ILGiornale  riportato     sotto   su #Hallowen mi aspettavo più conoscenza delle nostre tradizioni #pagane e non la solo la riduzione d'essa a festa importa dagli Usa  su   in flusso  dei paesi Anglossassoni  . A che punto siamo arrivati  non ci sono  più  i nazionalisti  di  una  volta  che  contrapponevano ad mode  estere  le   tradizioni nazionali  e  regionali   . 


Halloween non commemora i morti, scaccia quelli tornati dall'inferno. Invece il nostro amore per i defunti è senza limiti di tempo e di spazio
Halloween è simbolicamente all'opposto rispetto alla tradizione comune della commemorazione dei defunti
                               Giulio Dellavite 27 Ottobre 2024 - 10:00





Una signora anziana, di quelle che barcollano ma non mollano, che ogni giorno partecipa alla Messa feriale con una fede che io le invidio, arriva in sagrestia accompagnata dalla figlia per «risolvere un dilemma», mi si dice. Lei ha un peso sul cuore e vorrebbe confessarsi. La figlia sorride. Il giorno prima, tornata dalla Messa, si era rifiutata categoricamente di prendere l'Aulin per i dolori (ogni intenzione pubblicitaria o relativa ad altre eventuali tematiche inerenti al farmaco è esclusa). La motivazione era profondamente religiosa: «Il parroco ha detto che non è una cosa bella!». Addirittura si faceva lo scrupolo di essere in peccato per averne presi diversi.
Quella donna aveva colto la sfumatura della riflessione che avevo proposto, il problema è che io avevo parlato di Halloween. La sordità dell'anziana e la modernità della festa avevano fatto il resto, facendo andare la sua mente per assonanza alla famosa bustina che la figlia le faceva prendere. Resta il fatto che, come quella cara nonnina, tante persone vengono coinvolte da questa ricorrenza senza però conoscerne il significato. Noi l'abbiamo commercialmente copiata dagli Stati Uniti, in realtà pare che il suo inizio sia stato in Scozia alla fine del '700, celebrando la vigilia dei Santi (il 31 ottobre appunto), come «la notte degli spiriti, All Hallows' Eve» da cui appunto il nome Halloween. Si pensava che in contrapposizione agli spiriti beati del paradiso, nel buio della vigilia, le anime in pena uscissero dagli inferi della terra per rubare la vita degli uomini risucchiandola. I viventi, allora, per paura di essere divorati e per riuscire a scappare dagli assalti, cominciarono a mascherarsi da morti, da scheletri, da fantasmi, da personaggi dell'oltre tomba per confondere gli spiriti dannati affamati di vita. Qui prende senso allora la fatidica domanda: «dolcetto o scherzetto?». Gli «zombies» per capire quali fossero gli umani camuffati ponevano la richiesta come trappola terribile: se qualcuno avesse risposto «dolcetto» era chiaramente un vivente in quanto i morti non possono mangiare. Quindi scattava lo «scherzetto» dello strappargli l'esistenza.
Halloween è simbolicamente all'opposto rispetto alla tradizione comune della commemorazione dei defunti. In questi giorni non si fugge dai morti, ma si va loro incontro, si vanno a trovare al cimitero offrendo un fiore, cioè offrendo loro un segno di vita nuova. Gabriel Marcel scrive: «Dire ti amo a una persona significa prometterle: tu non morirai mai!». Infatti «amore» per qualcuno viene proprio dal latino «a-mors» ciò che è senza morte, ciò che vince la morte, ciò che non risucchia la vita ma la fa crescere nell'eredità di azioni, valori, passioni, insegnamenti, premure. Collego allora un'altra interpretazione, quella per cui «ricordare» verrebbe da «ri-cuor-dare»: ridare cuore, ri-mettere nel cuore, ridare vita al cuore nostro e loro, riscoprire il cuore delle nostre storie.
Non so quanto siano deduzioni linguisticamente esatte, ma mi piacciono e comunque il senso che offrono mi sembra alquanto significativo da condividere. Va sempre più di moda dire a un defunto «la terra ti sia lieve», come saluto laico e moderno opposto al «riposi in pace». È invece un antico augurio religioso latino «sit tibi terra levis» che ha assonanza al significato originario di Halloween. Al momento della sepoltura, il rumore della terra sulla bara e il vederla sotterrarsi generava un senso di angoscia. Allora si augurava al defunto la «lievità», cioè che la sua anima non fosse sotto le zolle, bloccata o imprigionata negli inferi, ma libera e liberata, viva e presente, amata e amante. A me non piace l'espressione «ovunque tu sia» perché mi sembra che celi in sé l'idea che si tratti di qualcuno smarrito o disperso o scappato o rapito. Quando amo una persona, sento che c'è anche se non so dove è, anche se è lontana.

Nononostante  la   sua  versione   dogmatica  e  classicistica   sulla   morte   concordo  quando  dice  :

Halloween o All Saints, commemorazione dei morti o festa dei santi, tradizione religiosa o ricordo laico, per tutti comunque c'è una medesima provocazione alla riflessione e cioè che la morte più che «triste» è «seria»: il loro «al di là» fa prendere sul serio il nostro «al di qua».

ogni uno   è  libero di celebrare la  riccoreza   mortuaria  e  la morte dei propri cari  come meglio crede   basti che rispetti   l'altro  e   non rompa  le  scatole  

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Lo  so  che  ne  ho già   parlato   precedentemente qui in questo post ma    non riesco ad evitare   di ripetermi   in  quanto la cultura anzi  meglio  l'incultura del bullismo oltre ad essere un circolo vizioso visto il passaggio da bullizzato o bullizzatore è difficile da da sradicare Infatti  non bisognerebbe stupirsi troppo di fatti come quello avvenuto a Roma alla proiezione in anteprima  visto che nelle sale esce il 7 novembre per le scuole del film Il ragazzo dai pantaloni rosa perché, come noto, la stupidità è senza limiti; ci si può però sentire feriti, delusi, dispiaciuti e anche "vergognarsi", come ha detto una
studentessa presente in quella sala . IL film ( tratto dall'omonimo libro ) racconta di Andrea ha quindici anni quando decide di uccidersi. Non sopporta più i compagni che lo tormentano e lo insultano, non solamente nei corridoi del liceo ma anche su internet, su una pagina che hanno creato appositamente per umiliarlo, dal titolo « Il ragazzo dai pantaloni rosa ». Perché alla stupidità e alla crudeltà basta l'appiglio del nulla, per trasformarsi in disumanità. È il 2012. La mamma di Andrea, Teresa, scopre dopo la morte del figlio di quei ragazzi che gli hanno rovinato la vita al punto di spingerlo a distruggerla. Scrive un libro, che è diventato un film e l'altro giorno è stato presentato alla Festa del cinema di Roma alle scolaresche della città, tutti ragazzi fra i 15 e i 17 anni. L'età di Andrea e dei cosiddetti bulli che lo avevano perseguitato. Il fatto è che Andrea è morto e i bulli no . Inn quella sala hanno fatto sentire ancora la loro voce senza vergogna, tra fischi e offese al protagonista sullo schermo. Lo ha raccontato il quotidiano Il Messaggero e il ministro dell'Istruzione Valditara ha chiesto che i responsabili siano individuati e annunciato che andrà a incontrarli di persona.
Non bisognerebbe stupirsi troppo perché, come noto, la stupidità è senza limiti; ci si può però sentire feriti, delusi, dispiaciuti e anche «vergognarsi», come ha detto una studentessa presente in quella sala. Ma un fatto di tale gravità interpella innanzitutto gli adulti e la domanda è forse, in questo caso, fino a quale punto di non ritorno possa arrivare lo scollamento dei ragazzi dalla realtà. E poi: perché avvenga, e che cosa si possa fare. È uno scollamento che si osserva sempre più spesso e in ogni ambito, dalla consapevolezza di ciò che è stato il nostro passato a quella della propria identità, dei propri valori, del proprio possibile futuro.
Difficile immaginare una presa di responsabilità da parte di qualcuno capace di insultare un ragazzino morto nel buio di una proiezione e poi, una volta accese le luci, pauroso di proferire verbo. Senza arrivare a immaginare (come minimo) delle scuse, non c'è stato nemmeno qualcuno che abbia avuto il coraggio di bullarsi del pessimo comportamento. 
Quanta piccolezza, perfino nella cattiveria non solo  da parte  dei  coetanei  ma  anche  dei  genitori    che gli hano educati     e  degli stessi responsabili scolastici . Infatti  ho letto   su  msn.it    un articolo  mi sembra  del corriere  della sera    che  riporta la  notizia     di un genitore      che     dice «Mia figlia non potrà partecipare ad "Uniti contro il bullismo" il grande evento live diretto agli studenti: la scuola che frequenta ha deciso che non è un tema adatto a ragazzini di 11 anni. Un’occasione persa per i nostri giovani». 
Sempre  secondo   l'articolo  M'indigna  e  mi  crea  sconcerto il fatto    che  alcuni genitori della scuola media Augusto Serena di Treviso dopo che la dirigente ha deciso di non fare partecipare i circa 150 studenti dell’istituto alla proiezione del «Il ragazzo dai pantaloni rosa», un film , patrocinato dalla Presidenza della Repubblica e da diversi ministeri, tratto dalla storia vera di un quindicenne suicida, trasmesso in streaming, il prossimo 4 novembre, in occasione della giornata dedicata alla lotta contro il cyberbullismo.Andrea Spezzacatena il 20 novembre del 2012 si tolse la vita dopo vessazioni subite dai compagni di classe, preso di mira perché portava dei pantaloni di colore rosa, stinti per errore dopo un lavaggio della madre Teresa che ha raccontato nel libro «Andrea oltre il pantalone rosa» da cui poi è stato tratto il film. Dopo la visione della pellicola, previsto un incontro degli studenti con la regista Margherita Ferri e la madre del ragazzo scomparso, Teresa Manes. Un momento insomma educativo e di riflessione per sensibilizzare i giovani ad argomenti come l’omofobia e le serie conseguenze che essa può avere anche a scuola.
La trasferta dei circa 150 alunni frequentanti la prima, la seconda e la terza media della Serena, era stata organizzato al dettaglio con largo anticipo: il trasporto in corriera dal plesso al cinema Edera e la racconta dei soldi del biglietto. Gli studenti entusiasti di trascorrere una mattina al cinema, gli insegnati soddisfatti di aderire ad un importante azione di prevenzione contro la temuta piaga del bullismo. Poi, invece, il dietrofront della scuola. Qualche giorno fa, alcuni genitori si sono infatti rivolti agli insegnanti per chiedere di non portare i ragazzi al cinema «in quanto il tema dell’omofobia e del suicidio potrebbe non essere adatto a ragazzini di 11-12 anni». La dirigente del plesso Anna Durigon, d’accordo con il collegio docenti, ha dunque chiamato la sala per cancellare la prenotazione. A confermarlo gli stessi gestori del cinema, stupiti dell’improvviso dietrofront della scuola. «Non abbiamo cancellato ma solo rimandato – spiega però la dirigente -. Una decisone maturata dopo che alcuni genitori ci hanno fatto notare che il film poteva non essere adatto a tutti i ragazzi. Ci è sembrato, dunque, più prudente mandare prima qualche nostro docente a vederlo per capire se può essere visto da ragazzi così giovani. Dobbiamo anche renderci conto che ci possono essere ragazzi che stanno vivendo situazioni simili e dunque non sappiamo che reazioni emotive potrebbe scatenare certe scene. Non si tratta di nascondere certi argomenti ma di affrontarli con tatto, in base alla sensibilità e alle situazioni diverse che sono presenti in una classe».
La scelta della preside di non partecipare all’appuntamento in live contro il bullismo non è piaciuto alle associazioni che combattono per i diritti Lgbt: «Un film non ha mai ucciso nessuno, l’omofobia sì» la reazione di Paola Marotto, presidente del Coordinamento Lgbte di Treviso - Ancora una volta un clima ormai imperante di omofobia, spalleggiato da più parti, porta all’annullamento di una proiezione di un film che non avrebbe fatto altro che aumentare la coscienza di quella che è la società civile e di quello che, invece, alcuni atteggiamenti e azioni possono causare». Nelle stesse ore in cui la scuola annunciava la decisione di annullare la visione del film dedicato al suicidio del giovane bullizzato a Roma è, infatti, accaduto un altro fatto sconcertante: la proiezione della pellicola ad una scolaresca è stata accompagnata da fischi e frasi omofobe. 
All’episodio è seguito il commento del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara che in un post su X ha dichiarato: «Il bullismo va contrastato con la massima severità. Appena saranno noti i nomi dei responsabili, andrò nella loro scuola perché voglio incontrarli personalmente». A Treviso a prendere posizione, subito dopo, anche il sindaco Mario Conte, intervenuto contro la decisione della scuola Serena di annullare la proiezione della film : «E’ uno sbaglio non farlo vedere ai ragazzi. Provvederemo a proiettarlo noi – ha subito fatto sapere il primo cittadino di Treviso -, temi così importanti come il bullismo e la depressione devono essere sempre affrontati a scuola ».


Ma non solo nelle scuole, aggiungo io,  anche in tutti i centri d'aggregazione laici o parocchiali e coinvolgere in essi anche le famiglie perchè la  prima  educazione  avviene  in casa  

22.9.24

Luna di miele da sola, l'avventura di Laura: «Il mio fidanzato è morto un mese prima del matrimonio, così ho affrontato il lutto» ., Monza, "vicini e parenti non vengano al mio funerale": sul manifesto funebre le ultime volontà di una 58enne

Canzone suggerita  


lo so che certe storie sono più adatte per la commemorazione dei defuntiGiorno dei Morti  o Hallowen    se  preferite  ma     visto il    forte legame  tra  vita     e  morte ,  fra   rinascita   ogni momento è     quello giusto  .  

La  prima 

Luna di miele da sola, l'avventura di Laura: «Il mio fidanzato è morto un mese prima del matrimonio, così ho affrontato il lutto»



Il marito di Laura è morto a 31 anni per un infarto, un mese prima del loro matrimonio. Il suo futuro è improvvisamente andato in mille pezzi e tutti i piani fatti fino a quel momento hanno subìto un brusco arresto. La ragazza è stata immediatamente circondata dall'affetto di amici e parenti, ma il lutto ha un modo tutto suo per farti sentire sola, anche quando sei in compagnia. Ci sono voci e carezze, ma senti solo freddo e silenzio. Uscirne è difficile, e ognuno lo fa a modo suo. Così Laura ha preso la decisione di partire per la luna di miele da sola, lasciare a casa il senso di colpa per la sua quotidianità da reclusa e provare a vedere se «la vita valesse ancora la pena di essere vissuta».

La luna di miele da sola: il viaggio di Laura
Laura Murphy sapeva che suo marito non avrebbe voluto che si facesse consumare dal lutto e dal dolore. Che smettesse di vivere. «È un'esperienza solitaria, che ti isola, perché non conoscevo nessuno che alla mia età avesse perso un partner - ha detto al Washington Post -. Avevo bisogno di trovare persone che potessero capirmi, perché volevo sapere come andare avanti». E poi c'era il desiderio di
allontanarsi dalla loro casa, dal loro paese: «Sono rimasta lì, seduta, per mesi, senza sapere cosa fare».
La luna di miele del lutto è stata condivisa con una serie di video sui social e Laura ha mostrato il suo viaggio, tra Londra e la Francia, con cene per uno, concerti in solitaria e momenti di puro dolore in cui ha bisogno di mettersi sotto le coperte e farsi «un bel pianto». Un'esperienza simile non è da lei, ammette Laura, che non avrebbe mai pensato di viaggiare da sola e tantomeno di condividere la sua vita sul web.
Dopo aver visto altre giovani vedove partire, Laura si è convinta. Ma i momenti difficili rimangono, come quando ha sentito il suono di un'ambulanza e la sua mente è subito tornata al momento in cui il fidanzato è morto a un ufficio di distanza. Il supporto che ha trovato online, però, aiuta: «Sono stata ricoperta da amore e supporto», dice con le lacrima gli occhi in una clip.


La seconda


Monza, "vicini e parenti non vengano al mio funerale": sul manifesto funebre le ultime volontà di una 58enne© Dal Web

Un funerale solitario, a tutti gli effetti. Del resto, la frase, breve e diretta, presente a
chiusura del lungo testo del manifesto funebre comparso per le strade di Villasanta (Monza), non lasciava spazio a interpretazioni diverse. E l'inusuale vicenda, arrivata sui social con una foto scattata al necrologio, sta facendo molto discutere. Alla formula di rito "non fiori, ma opere di bene" è stato preferito nel finale un "astenersi dalle esequie vicini e parenti". 



Ha lasciato scioccata una comunità il manifesto funebre che annunciava la morte di una 58enne di Villasanta (Monza) dopo una lunga malattia. A dare la notizia del decesso la sorella, che si è fatta carico anche delle ultime volontà della defunta: esequie interdette a "vicini di casa e parenti", senza dimenticare di ringraziare "quanti, incontrandola, le hanno riservato saluti e quanti nell'ultimo periodo si sono sinceramente preoccupati per le sue condizioni". E così al funerale celebrato il 17 settembre nella chiesa parrocchiale del comune brianzolo erano presenti la sorella, che l'ha "amorevolmente accudita fino agli ultimi istanti di vita", (parole scritte nel necrologio, ndr) e un paio di persone, come riferiscono i giornali locali.


1.11.16

effetti colaterali di hallowen Olbia, allarme carneficina: mobilitati carabinieri e 118 ma è solo un equivoco in quanto i cadaveri erano ma i cadaveri erano manichini e il sangue vernice colorata



non sono uscito sia perchè ero stanco dal tour de force lavorativo dei giorni precedenti , ma sopratutto perchè non mi piace l'americanata ( anche se l'origine è europea ) di hallowen .Ma mi sono fatto quattro risate leggendo questa storia

da la  nuova  sardegna  del 31 ottobre 2016

 
Olbia, allarme carneficina: mobilitati carabinieri e 118
Una telefonata ha allertato forze dell'ordine e ambulanze, ma i cadaveri erano manichini e il sangue vernice colorata




                   Uno dei manichini trovato nel capannone in zona industriale

OLBIA. È scattato l'allarme questa mattina (31 ottobre) a Olbia per un duplice omicidio in zona industriale che ha visto la mobilitazione in massa delle forze dell'ordine. Ma i cadaveri erano manichini e il sangue vernice colorata: un allestimento per una festa in maschera per la notte di Halloween, di cui però era completamente all'oscuro il proprietario del locale teatro della macabra piece.
Tutto è cominciato con una telefonata al 112 di due operai che segnalavano una 'carneficina" in un capannone di viale Italia, nella zona industriale della città: almeno due cadaveri, fatti a pezzi, sangue dappertutto, una donna con una forbice infilzata nella schiena. Una scena agghiacciante che ha terrorizzato a tal punto i due operai che solo dopo essere fuggiti a gambe levate dalla supposta zona del crimine hanno trovato la forza per dare l'allarme.
Auto di carabinieri, ambulanze del 118: un imponente schieramento di uomini in divisa, medici e infermieri si è messo in moto e ha raggiunto il luogo indicato dalla telefonata. La sorpresa è stata grande: niente cadaveri, solo manichini vestiti di tutto punto con ferite di arma da taglio e grondanti di vernice rossa a simulare il sangue, gambe e braccia staccate dal corpo, pavimento completamente imbrattato così come le pareti.
I carabinieri non hanno dubbi: si è trattato di un macabro allestimento per una festa in maschera in occasione della notte di Halloween. Probabilmente un evento da tenere nascosto - il proprietario del capannone non se sapeva niente - destinato ad una platea di prescelti amanti dell'horror.



30.10.08

Senza titolo 992

DOPO LA BELLA NOTIZIA DEL DECRETO GELMINI E' MEGLIO DISTRARSI UN PO'.... BUON HALLOWEEN A TUTTI !!


 





 


STORIA DI HALLOWEEN


 



La parola Halloween ha origini cattoliche


Nella tradizione Cattolica il 1°novembre è il giorno nel quale vengono festeggiati tutti i Santi. Il giorno dedicato ad "Ognissanti" (in inglese All Saints'Day) aveva una denominazione antica: All Hallows'Day.
Presso i popoli dell'antichità la celebrazione iniziava al tramonto del 31 ottobre e pertanto era chiamata "All Hallows' Eve" (Even significa sera) che venne poi abbreviato in Hallows'Even, Hallow-e'en ed infine Halloween.
 


 





 


La celebrazione di Halloween tuttavia ha origini pagane molto più remote e pone le sue radici nella civiltà Celtica. Gli antichi Celti, che abitavano in Gran Bretagna, Irlanda e Francia, festeggiavano l'inizio del Nuovo Anno il 1°Novembre: giorno in cui si celebrava la fine della "stagione calda" e l'inizio della "stagione delle tenebre e del freddo".

La notte tra il 31 ottobre e il 1° Novembre era il momento più solenne di tutto l'anno druidico e rappresentava la più importante celebrazione del calendario celtico. Veniva chiamata "la notte di Samhain": questa ricorrenza assumeva una rilevanza particolare in quanto segnava la fine dei raccolti e l'inizio dell'inverno. Samhain era il primo giorno dell'inverno e la fine di un anno pastorale. La vita dei celti da qui in poi cambiava radicalmente: i greggi venivano riportati giù dai pascoli estivi e le persone si chiudevano nelle loro case per trascorrere al caldo le lunghe e fredde notti invernali, raccontando storie o intagliando il legno.


  I Celti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno (31 Ottobre) Samhain, il Principe delle Tenebre, chiamasse a sè tutti gli SPIRITI DEI MORTI permettendo al mondo dei defunti di unirsi al quello dei viventi.


 


 


Una leggenda narra che tutte le persone morte l'anno precedente tornassero sulla terra la notte del 31 ottobre, in cerca di nuovi corpi da possedere per l'anno successivo, così nei villaggi veniva spento ogni focolare per evitare che gli spiriti maligni attaccassero quelle case. Oltre a questo, spegnevano il Fuoco Sacro e riaccendevano il Nuovo Fuoco (che simboleggiava l'arrivo del Nuovo Anno), al quale si attingeva per assicurare di nuovo il calore in tutte le case. I Druidi si incontravano sulla cima di una collina in un'oscura foresta di querce (albero considerato sacro) per accendere il Nuovo Fuoco e offrire sacrifici di sementi e animali. Danzando e cantando intorno al focolare fino al mattino, si sanciva il passaggio tra la stagione solare e la stagione delle tenebre. Quando il mattino giungeva, i Druidi portavano le ceneri ardenti del fuoco presso ogni famiglia che provvedeva a riaccendere il focolare domestico, il quale veniva poi tenuto sempre acceso per il resto dell'anno.


Alcune leggende narrano di come i Celti bruciassero coloro che ritenessero "posseduti" come avvertimento per gli Spiriti. Gli spiriti maligni potevano infatti prendere forme differenti, anche di animali, la più malvagia delle quali era quella del GATTO.


 



 


Gli antichi Celti temevano specialmente il momento del crepuscolo poiché credevano che in quel momento, gli spiriti maligni potessero vagare liberamente sulla Terra. Con il loro aiuto Samhain (la terribile divinità della notte) avrebbe potuto imprigionare il Sole, senza il quale tutta la vita sarebbe terminata. Era quindi necessario offrire dei sacrifici per placare gli spiriti erranti e ossequiare la divinità. Un' antica leggenda medievale riporta che in Irlanda, al tempo di San Patrizio, in un luogo denominato Mag Sleht, ogni primogenito venisse sacrificato nella notte di Samhain in onore di Cromm Cruac, una divinità maligna.


  L'usanza moderna di travestirsi nel giorno di Halloween, nasce dalla tradizione che i Celti avevano di festeggiare per 3 giorni la fine della notte di Ognissanti, mascherandosi con le pelli degli animali uccisi per esorcizzare e spaventare gli spiriti. Vestiti con queste maschere grottesche ritornavano al villaggio illuminando il loro cammino con lanterne fatte di cipolle intagliate nelle quali erano deposte le braci del Fuoco Sacro. In Scozia, nella notte di Samhain le persone seppellivano pietre coperte di cenere nella terra. Se al mattino successivo una pietra era stata smossa, significava che la persona che l'aveva seppellita sarebbe morta entro la fine dell'anno.


  Oltre a non temere gli spiriti dei defunti, i Celti non credevano nei demoni quanto piuttosto nelle fate e negli elfi, creature entrambe considerate pericolose: le prime per un supposto risentimento verso gli esseri umani; i secondi per le estreme differenze che intercorrevano appunto rispetto all'uomo. Secondo la leggenda, nella notte di Samhain questi esseri erano soliti fare scherzi anche pericolosi agli uomini e questo ha portato alla nascita e al perpetuarsi di molte altre storie terrificanti.. Le leggende narrano che nella notte di Samihain le Fate erano solite prendere gli umani e portarli nelle loro colline dove rimanevano intrappolati per sempre. In alcune regioni, in particolare nelle Highlands scozzesi, i giovani uomini percorrevano i confini delle fattorie, dopo il tramonto, tenendo in mano delle torce fiammeggianti per proteggere le famiglie dalle Fate e dalle forze malevole che erano libere di camminare sulla terra quella notte. Samhain era visto come un momento il cui si poteva facilmente prevedere il futuro e i Druidi lo consideravano uno dei momenti migliori per predire la fortuna.


Un'altra origine del cosiddetto "TRICK OR TREAT" risale a quando i primi cristiani, chiedevano elemosina in cambio di un pezzo di "dolce dell'anima", che altri non era se non un pezzo di pane. Le famiglie benefattrici, oltre al "dolce dell'anima", ricevevano in cambio la promessa di grandi preghiere per i loro cari defunti.



E' proprio da queste leggende che ha origine il famoso gioco del " TRICK o TREAT" (dolcetto o scherzetto). I bambini, travestiti con maschere e costumi "mostruosi e terrificanti", vanno di casa in casa chiedendo dolcetti o qualche moneta. Se non ricevono niente, possono fare uno scherzo agli stessi proprietari, come svuotare la pattumiera nel loro giardino o attaccare lattine vuote al tubo di scappamento dell'auto. Per allontanare la sfortuna, inoltre, è necessario bussare a 13 porte diverse.


JACK-O-LANTERN


 


È usanza ad Halloween intagliare zucche con volti minacciosi e porvi una candela accesa all'interno.


Questa usanza nasce dall'idea che i defunti vaghino per la terra con dei fuochi in mano e cerchino di portare via con sé i vivi (in realtà questi fuochi sono i fuochi fatui, causati dalla materia in decomposizione sulle sponde delle paludi); è bene quindi che i vivi si muniscano di una faccia orripilante con un lume dentro per ingannare i morti. Questa usanza fa riferimento anche alle streghe, che nei tempi più remoti venivano bruciate sui roghi o impiccate; infatti, oggi si pensa che queste vaghino nell'oscurità della notte per rivendicare la loro morte (abbigliate in maniera più o meno orrenda) e ne approfittano per usare il loro potere ad Halloween, quando quest'ultimo aumenta in misura maggiore rispetto alla loro normale paranormalità. L'usanza è tipicamente statunitense, ma probabilmente deriva da tradizioni importate da immigrati europei: l'uso di zucche o, più spesso in Europa, di fantocci rappresentanti streghe e di rape vuote illuminate, è documentato anche in alcune località del della Campania, del Friuli (dove si chiamano Crepis o Musons), dell'Emilia-Romagna, dell'alto  Lazio e della Toscana, dove la zucca svuotata era nota nella cultura contadina con il nome di zozzo. Anche in varie località della Sardegna la notte della Commemorazione dei Defunti si svolgono riti che hanno strette similitudini con la tipica festa di Halloween d' oltreoceano, nel paese di Pattada si incidono le zucche e all' interno viene accesa una candela, in altri paesi si svolge il rito delle "Is Animeddas" (Le Streghe), del "Su bene 'e is animas", o del “su mortu mortu”, dove i bambini travestiti bussano alle porte chiedendo doni.


La leggenda narra anche di un ragazzo, "Jack",il quale compiva solo atti malvagi,che, quando morì, divento' un fantasma vagando con una lanterna ricavata da una zucca illuminata.


Immagine:Pumpkin.Halloween.jpg 


29.10.07

Hallowen religioso e Hallowen laico -ateo

Sara pure una festa  ormai  comercializzata   ma  mi atira lo stesso  .per il duplice significato
quello religioso 


Icristianesimo, come già la dominazione romana, tentò di incorporare le vecchie festività pagane dando loro una connotazione compatibile con il suo messaggio.Papa Bonifacio IV13 maggio 610 e celebrata ogni anno in quello stesso giorno, venivano onorati i cristiani uccisi in nome della fede. Per oltre due secoli le due festività procedettero affiancate, sino a che papa Gregorio III (731-741) ne fece coincidere le date. Secondo altre fonti, fu invece Sant'Odilone di Cluny che nel 1048 decise di spostare la celebrazione cattolica all'inizio di novembre al fine di detronizzare il culto di Samhain. Quell'anno l'Ognissanti fu spostata dal 13 maggio al 1 novembre per dare ai cristiani l'opportunità di ricordare tutti i santi e, il giorno dopo, tutti i cristiani defunti (Commemorazione dei Defunti). Per questo nei paesi di lingua inglese la festa divenne Hallowmas, che significa: una messa in onore dei santi; la vigilia divenne All Hallows Eve, che si trasformò nel nome attuale: Halloween.Le popolazioni celtiche cominciarono a non fare più differenza tra le due e, già nel XVI secolo, si era quasi del tutto persa la memoria della vecchia tradizione. Si ebbe, inoltre, una recrudescenza di proibizionismo dal 1630 al 1640, quando la chiesa cattolica fece in modo di far sopprimere ogni festa di tipo pagano legata a questa ricorrenza. Alcuni storici ritengono, inoltre, che il ruolo femminile nella società celtica fosse paritario all'uomo e che nella festa di Samhain le donne fossero protagoniste. Secondo loro la concezione della donna come sottomessa all'uomo sarebbe stata introdotta dal cristianesimo o, quantomeno, questo l'avrebbe fortemente incentivata. La connotazione femminile dell'antica festa celtica potrebbe essere stato un ulteriore incentivo a voler cancellare il significato originario della festa di Samhain. Ipotesi del genere nascono comunque dal pregiudizio diffuso sulla responsabilità del cristianesimo in tutto ciò che ha degradato l'umanità . La realtà storica è che la donna era sottomessa all'uomo in quasi tutte le culture antiche, specialmente in quella greca e romana continua  su it.wikipedia.org/wiki/Halloween



Infatti , esso è Un'occasione  per riscoprire  il senso di tutto , come dice Don Giovanni  d'Ercole  *  iun questo articolo  tratto da il nord sadegna del  27\10\2007



Viva la vita semplice. Sta crescendo in tutto il  mondo il bisogno di vivere con meno complicazioni.  roppa fretta, troppe ansie,troppa tecnologia. a nostra esistenza è diventata una corsa folle. Ed ecco allora qualcuno che ha lanciato una nuova moda dal nome slow living , vivere con lentezza Insomma una tendenza a rallentare il ritmo assillante della vita moderna.
C' è chi non vuole più essere schiavo di una modernità che ti ruba il tempo, ti assilla di appunta-
menti e di impegni, ti obbliga a correre sempre più forte per stare al passo con la concorrenza. Basta Il mondo cade a pezzi da sempre, quindi rilassati
Perseguire la semplicità nell era digitale è diventata la mia missione ,scrive un docente del prestigioso Massachusetts Institute
of echnolog . Ed il sociologo Domenico de Masi, nel suo libro intitolato ozio creativo , scrive Con il passare degli anni si diventa più saggi, e con l aumentare della saggezza ci si rende conto che si vive una volta sola. Tanto vale quindi vivere nel modo più sereno possibile, e la serenità dipende prima di tutto dal ridurre il nostro disorientamento . Occorre ridare priorità a ciò che più importa.
Un lavorio che richiede tempo e voglia. Un occasione per ricoprire il valore e l'importanza del respiro globale della vita spirituale e materiale. a ricorrenza di tutti i santi e di tutti morti 1 e 2 novembre ci richiamano a quelle verità che non invecchiano la morte e l'aldilà che danno una giusta prospettiva a ciò che facciamo ogni giorno. 'asfissia istituzionale in cui ci stiamo dibattendo.

  * Sacerdote, opera  Don  Orione

 quello laico -Ateo


                                da family.webshots.com

zucche, questua, dolci e regali non sono una recente importazione statunitense per la festa di Halloween (contrazione di "All Hallows Even" - vigilia di tutti i santi), ma caratteristiche tradizionali del passato popolare delle regioni italiane.

presente  anche in molte regioni  italiane,  ma nei paesi e soprattutto in meridione, sono ancora vive, anche se sovente ripetute quasi per abitudine, senza memoria del significato originale.(  qui ne trovate  un elenco ) che   come  già dicevo l'amnno scorso  descrivendo le tradizioni  sarde  di Hallowen  ,  sono  una risposta  alla moda importata  dagli Usa  e  ormai commercializata  e snaturata  una resaistenza  e  un a " guerriglia  culturale  " . Infatti  sempre secondo  Wikipedia  : (... ) Halloween (corrispondente alla vigilia della festa cristiana di Ognissanti) è il nome di una festa popolare di origine pre-cristiana ora tipicamente americana e canadese. Tuttavia le sue origini antichissime affondano nel più remoto passato delle tradizioni europee: viene fatta infatti risalire al 4000 a.C. quando le popolazioni tribali usavano dividere l'anno in due parti in base alla transumanza del bestiame. Nel periodo fra ottobre e novembre la terra si prepara all'inverno ed era necessario - allora come adesso - ricoverare il bestiame in luogo chiuso per garantirgli la sopravvivenza alla stagione fredda: è questo il periodo di Halloween. (... )

Comunque la intendiate  buon Hallowen a tutti\e voi


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...