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E' vero che anche dalle cose più " schifose "almeno per gli impressionabili ) si possono ricavare medicine alternative . E' il caso di queste due notizie che che riporto qua sotto prodotti ( Lo so che non è una novità perchè si usano : 1 come testimonia anche la foto a destra in alto con la bava delle lumache ., 2) è in vendita da quasi un ventennio nelle botteghe del commercio equo e solidale la carta prodotta dalla cacca degli elefanti
La prima storia d'oggi è presa dalla nuova sardegna del 4\1\2016
Una coppia di imprenditori continentali ha scelto l'isola di San Pietro per far nascere una start up che punta sull'allevamento del gustoso mollusco terrestre per farne cosmetici
di Simone Repetto
L'azienda di Vito Miolla a Carloforte
CARLOFORTE. Carloforte non vive solo di prodotti del mare, come sua maestà il tonno rosso. Nella cittadina ci sono anche alcune produzioni “terrestri”, che vengono esportate fuori dall’isola occupando piccole ma qualitativamente valide nicchie di mercato, come la pasta artigianale e il vino. Da qualche anno, si è aggiunto un nuovo prodotto, di quelli che non ti aspetti da un posto di maestri d'ascia, marittimi e pescatori. Una new entry da cui potrebbe nascere un centro d'eccellenza. Si tratta della produzione di lumache e prodotti derivati, chiamata tecnicamente elicicoltura, che vede protagonista una coppia di fuori che ha scelto Carloforte per impiantare la nuova, promettente attività agricola.
Gli ideatori. Sono Vito Miolla e Marilena Fienga, lui proveniente dalla Basilicata e lei dalla Lombardia. La coppia ha deciso di puntare sulle lumache. Non solo come piatto prelibato da servire in tavola, ma anche come crema prodotta dalla bava per combattere malattie e imperfezioni della pelle come acne, macchie e scottature. Ma perché mettere in piedi una start-up del genere proprio a Carloforte? «Da dove provengo, in Basilicata – ha spiegato Miolla – la lumaca è un piatto che si trova quasi tutti i giorni a tavola, un po' come in Sardegna. Volevo fare qualcosa di diverso dal mio percorso lavorativo, che mi ha portato a conoscere Carloforte occupandomi di resine. Così, ho deciso di svolgere nell'isola la nuova attività, sull'onda del progetto San Pietro Isola Ecologica del Mediterraneo».
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La lumaca a chilometro zero. Insieme alla moglie Marilena, Miolla ha avviato l'allevamento della lumaca tabarchina a chilometro zero, che risulta più piccola, fa il guscio più velocemente ed è più duro rispetto alle altre, così da essere meglio tagliata sul retro, rimanendo leggermente più salata. «Abbiamo creato il boverio e la rigatella, che a Carloforte la chiamano bambuccio, vogliamo produrre anche la classica monachella. Nel modo più naturale e biologico possibile, che abbisogna di poco: cavolfiore, barbabietola e trifoglio, in un terreno propizio, dove la minaccia di allagamenti è scarsa. Ogni quattro mesi selezioniamo i riproduttori e possiamo fare anche tre o quattro riproduzioni l'anno».
La crema Tabarchelix. Poi c'è l'altro filone produttivo, dalle grandi potenzialità e legato alla cosmesi. «Da un piccolo problema di psoriasi – spiega la Fienga – è nata l'idea di sviluppare un prodotto specifico e naturale col marchio Tabarchelix, per combattere malattie e imperfezioni della pelle quali acne, macchie, scottature e bruciature. La crema ha il 50 per cento di bava di lumaca, non abbiamo usato additivi chimici. C'è stato un riscontro molto positivo, con clienti ormai fidelizzati: abbiamo un punto vendita a Milano e vari esercizi specializzati che distribuiscono il nostro prodotto».
Sieri e sciroppi. Viste le richieste, la coppia recentemente ha lanciato il siero che, con l'80 per cento di bava, è specifico per rughe e contorno occhi. «E il prossimo anno sarà la volta dello sciroppo, molto indicato a curare la tosse, come già sanno nel nord Italia». Apertura al pubblico. Idee chiare anche sullo sviluppo dell'attività aziendale. «Intendiamo aprire l'allevamento al pubblico – dice ancora Miolla – coinvolgendo bambini e scuole per svolgere didattica sul campo e promuovere questo mestiere nuovo. Vogliamo far provare ciò che vendiamo a prezzi di costo, dando la possibilità a chiunque di vedere da vicino come si lavora e si genera il prodotto finale».
Ricette gastronomiche. L'elicicoltore tabarchino non perde occasione di portare in giro i suoi prodotti, tra presidi Coldiretti, fiere e sagre in Sardegna,
dove si occupa anche dell'aspetto gastronomico. «Per la cottura – aggiunge Miolla – possiamo proporre fino a cinque tipologie di lumache: dalla sassarese gioga minuda al boverio cotto in varie maniere, alla rigatella fatta con cus cus, fregola o vongole, oltre alla classica al sugo».
la seconda invece viene da http://www.terranauta.it/
“Cacca” di elefante, la nuova carta in commercioNel 1997 è nata in Sri Lanka una società che, con lo scopo di tutelare gli elefanti dalla lotta che li oppone all’uomo, ha deciso di produrre carta dallo sterco del pachiderma. Un affare che accontenta un po’ tutti, dai contadini pagati per la cacca raccolta, che nel frattempo vengono ricompensati dei danni che gli elefanti arrecano all’agricoltura, agli stessi pachidermi a cui viene assicurata la sopravvivenza.
Nel 1997 è nata in Sri Lanka una società che, con lo scopo di tutelare gli elefanti dalla lotta che li oppone all’uomo, ha deciso di produrre carta dallo sterco del pachidermaEbbene si, avete letto bene. È in arrivo una nuova carta realizzata in “cacca” di elefante. Sembra quasi un paradosso. In un mondo in cui ogni giorno ci giungono scoperte scientifiche, tecnologiche e innovative, non ci saremmo mai aspettati una notizia del genere. In realtà questa scoperta, già in atto da qualche anno, innovativa lo è davvero, così come anche inaspettata.
Una delle prime domande che può venire in mente è “ma come è possibile?”. Approfondendo l’argomento si scopre che è molto più semplice e meno ripugnante di quanto si possa immaginare. L’elefante mangia di continuo rami, foglie e sterpaglie ed ha una digestione velocissima. Praticamente compie solo la prima fase di sbriciolamento delle fibre. Il suo sterco assomiglia ad un gomitolo di rametti di paglia impastata e non puzza perché non ha il tempo di fermentare nella pancia dell’animale.
Gli escrementi raccolti, in un secondo momento, vengono bolliti per un giorno intero, poi disinfettati con un’alga naturale, e infine sottoposti a colorazione con gli stessi pigmenti che vengono utilizzati dall’industria alimentare. Il prodotto finale viene ritenuto igienico con tanto di certificato dall’Istituto nazionale della Ricerca Scientifica di Ceylon.
Come dicevo si tratta di una “industria” attiva già da qualche anno nello Sri Lanka, dove l’azienda locale “Maximus” (il nome è derivato dal nome zoologico dell'Elefante dello Sri Lanka - Elephus Maximus Maximus) realizza la carta dalle fibre della cacca di elefante, con cui poi si producono oggetti di cartotecnica di pregio. Quaderni, album, rubriche, scatole per matite, fogli cartonati, buste, biglietti di invito, addirittura cornici dal design accattivante.
Lo sterco dell'elefante assomiglia ad un gomitolo di rametti di paglia impastata e non puzza perché non ha il tempo di fermentare nella pancia dell’animaleQuindi se fino a qualche tempo fa gli elefanti della zona erano visti come una minaccia da parte degli abitanti dello Sri Lanka adesso invece, la società “Maximus” paga ai contadini la cacca raccolta e la trasforma in prodotti per la cancelleria e oggetti regalo aggiungendo il 25% di carta riciclata. L'elefante ha poco spazio in Sri Lanka. La maggior parte delle aree protette abitate dagli elefanti sono piccole, meno di 1.000 kmq, mentre questi animali, possono spostarsi per centinaia di chilometri nel corso di una stagione. Il loro appetito è enorme per tale motivo non possono vivere laddove l'agricoltura è la forma dominante di utilizzo del suolo, a meno che il danno che causano ai contadini venga ricompensato.
In Italia i prodotti della società “Maximus” giungono grazie alla Cooperativa Onlus Vagamondi di Formigine, in provincia di Modena, che dal 2003 ha all’attivo un progetto di sostegno proprio in Sri Lanka. La stessa cooperativa poi si preoccupa di distribuire presso le botteghe del commercio eco e solidale questi prodotti. Una ditta del Trentino che fa maglioni in Cashmere la utilizza per i cartellini con le etichette. Stessa scelta anche da parte di una cooperativa di Arezzo che utilizza questa “carta”per i propri biglietti di auguri.
L’azienda “Maximus” che ha cominciato, nel 1997, appena con sette dipendenti producendo carta in un piccolo stabilimento, si rese subito conto della ricchezza che costituivano gli elefanti, una cartiera che produceva tutto il giorno senza costi di manutenzione.
Quaderni, album, rubriche, scatole per matite, fogli cartonati, buste, biglietti di invito sono alcuni prodotti realizzati con la cacca di elefanteVenne quindi inventato e depositato il logo ''Elephant Dung Paper'', la carta di cacca di elefante. Il fatturato cominciò presto ad aumentare e la sede venne trasferita in una nuova e più adeguata location, mentre la fabbrica esistente a Kegalle si è allargata per far fronte alla crescente produzione. Attualmente la società ha trentacinque impiegati tra le due sedi.
Il successo di questa società non è stato solo economico; lottando per la tutela dell’elefante, che spesso vive situazioni tragiche a causa della lotta con l’uomo, la “Maximus” ha sviluppato delle strategie che hanno permesso un miglioramento della situazione socio economica in cui vivono le persone nelle aree rurali, ha salvato molti elefanti – più di 4.000 esemplari sono stati vittime del conflitto con l’uomo – e in tutti questi anni ha evitato che fossero abbattuti milioni di alberi che sono stati “degnamente” sostituiti nel processo di realizzazione della carta.
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