Ciao Darwin di Bonolis torna. E chiama anti-gay e razzisti. Una tivù deprimente. In cui il conduttore sguazza. La sola regola è alzare l'asticella dell'osceno.
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21 Gennaio 2016
http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it del 21\1\2016
Poche cose sono indicative dello stato dei media in Italia come la notizia dell'annuncio con cui la trasmissione "Ciao Darwin" cercava «persone contrarie all'integrazione degli stranieri» e «persone contrarie ai diritti dei gay»: insomma, seppur detto meglio, razzisti e omofobi.La questione, tuttavia, non sta nelle specifiche tipologie ricercate in questo caso (peraltro piuttosto diffuse in un Paese dove sei persone su dieci non leggono neppure un libro all'anno: che bisogno c'era di mettere un annuncio?).La questione, si diceva, sta altrove.Sarebbe stata infatti la stessa identica cosa se avessero cercato, chessò: proseliti del veganesimo, rabbini contrari all'evoluzionismo, favorevoli al ritorno dei Savoia, vessilliferi della vita su Marte o delle virtù terapeutiche del riso canadese.Insomma, macchiette.La televisione italiana vuole macchiette, per portare la realtà al massimo della semplificazione. La televisione italiana odia la complessità, detesta la sfumatura, è terrorizzata dai toni grigi. Specie se in questi grigi c'è uno straccio di ragionamento.E mica solo Bonolis.Anche i talk show politici sono costruiti quasi tutti così. Ciascuno deve recitare una parte: oggi, tendenzialmente il renziano o l'antirenziano, sulla falsariga del ventennio in cui bisognava fare i berlusconiani contro gli antiberlusconiani. Ma sono ammessi anche macchiettisti minori: l'ex grillino deluso, il vetero di sinistra rimasto negli anni 70, il cinico blu che non crede più a niente, l'uomo della strada che odia la casta, il contestatore della moneta unica, lo startupparo digital-ottimista. Eccetera eccetera.Più sei etichettabile, banale e ortogonale - nella posizione che interpreti - più hai probabilità di essere invitato.Gli ospiti lo sanno e, nel 90 per cento dei casi, quando vanno in tivù rendono il loro pensiero il più possibile etichettabile, banale e ortogonale, allo scopo di farsi reinvitare: del resto un'assidua presenza in tivù presenta per loro una discreta quantità di vantaggi collaterali.Così si verifica lo strano fenomeno che ho riscontrato più volte: quello di politici e opinionisti che quando li incontro di persona rivelano una pacatezza argomentativa, una ricchezza di pensiero e una complessità di ragionamento che poi spariscono completamente quando li rivedo in tivù, a interpretare il ruolo loro assegnato.A volte mi chiedo se siano gli stessi. O se prima andare in tivù si calano qualcosa. Invece no: semplicemente, quando sono on air svolgono con diligenza il compito per il quale sono invitati. Cioè evitare la complessità e mettere in fuga il ragionamento.Fare gli idioti e rendere tutti più idioti.
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