Chi era Franco? di © Daniela Tuscano


Franco era Franco. Non aggiungerei nient’altro perché, come suggerì Pier Paolo tanti anni fa, s’identificava totalmente nei suoi “personaggi”. Non aveva alcun alter ego. La sua forza. Anche il suo limite. E la sua credibilità. Spontaneo e canagliesco nel Ciappelletto del “Decameron”, plebeo al punto giusto, cornice ideale per la rilettura pasoliniana del capolavoro di Boccaccio. Cotto dal sole. Ma anche sgangheratamente tenero nel gioiellino felliniano girato dal fratello Sergio, quel “Sogni e bisogni” andato in onda nel 1985 su Raiuno. I fratelli Citti irrompevano nel piccolo schermo del tutto sfasati. Eppure, in quegli anni già volgari e scintillanti, riuscirono a ritagliarsi un angolo fatato e straccione d’una
Franco Citti ( al centro  )  con Roberto Benigni e Ninetto Davoli  da Eretico & Corsaro



“miniserie”, come diremmo oggi. Accanto a loro Giulietta Masina, Jacques Dufilho, Paolo Villaggio, Gigi Proietti, Serena Grandi, Ugo Tognazzi e naturalmente Ninetto. Grande cinema in Tv, grandi interpreti finalmente impiegati al meglio; cioè non prevedibili. Io lo seguii con immenso piacere. Sogni e bisogni: spunti verso il cielo e appetiti terrestri. Insomma la vita, senza mediazioni. 
Poi lo vidi l’ultima volta di spalle, su una panchina, nel 2001, in “Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno”, regia di Laura Betti. Ancora un onirismo, pur se qui il sogno era declinato in senso marxiano, quello d’una “cosa”. Un’aspirazione, una speranza concreta. E lui lì, nell’incipit, su una panchina. Già malato, in penombra, il volto triste da boxeur, il mento a curva. Orfano, disperatamente orfano. 
Franco aveva una sola vita. La sua morte è stata definitiva. Però diversa da quella di Accattone. Sarà in una chiesa di Fiumicino, e quel segno di croce rapido e meccanico, che lo fulminava nelle ultime battute del film, segnerà qui un dolcissimo abbraccio e, voglio crederlo, un ricordo consapevole. Volevi essere il primo ragazzo di vita in paradiso, ma dimenticavi che il primo santo del cristianesimo è stato un ladro. Tu arrivi secondo. Ma va bene lo stesso, Fra’.


© Daniela Tuscano

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