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17.9.16

Pasolini: "Frocio e basta!" ? Pasolini non perdonò i partigiani che ammazzarono il fratello di Matteo Tassinari



non consideratici omofobi e non fermatevi al titolo ma leggete tutto l'articolo prima di dare un giudizio , non fate come feci io in passato che giudicai Pasolini un pedofilo solo perchè avevo letto non ricordo dove che lui si eccitava solo avendo rapporti con i ragazzini . Impressione che ebbi anche leggendo per la prima volta il suo romanzo ragazzi di vita , poi la rilettura mi fece cambiare idea insieme agli articoli \ post  su POasolini  dell'amica \ utente Daniela Tuscano
di cui  potete trovare  i suoi articoli in archivio  


Dopo questa precisazione ecco l'articolo in questione dell'amico Matteo . 

Buona lettura 







“Se l’era cercata”, commenta Giulio Andreotti alla rivelazione sulla morte di Pier Paolo Pasolini. Ma ci sono nuovi elementi che nuovi non sono più, epure sono lì, chiari come il sole e nessuno fa due più due fa quattro. Il sospetto che non sia stato Pino Pelosi, unico condannato per l’omicidio, è avvalorato anche dal grande amico di PPP, Sergio Citti.


Enzo Siciliano




Anche l’amico Enzo Siciliano si domanda: "qual è quel fetuso comunista che Pelosi, nella terribile notte dell’omicidio, sostiene di aver ascoltato". Nei famosi "Scritti Corsari” sul Corriere della Sera lo scrittore friulano era sempre impegnato contro l’oppressione comunista, soprattutto in Romagna. Ma non si lasciava tentare dall'avventura dell’impegno politico. Nei suoi scritti non c’è via d’uscita da una condizione soffocante.
Non riconosce alla sinistra alcuna intenzione d’infrangere l’omertà, se non il servirsene a fini di propagandistici. Non era certo il personaggio capace a stare in cerchio con altri simili che all'unisono cantano la stessa messa. Lui voleva e doveva essere isolato, perché solo così trovava la rabbia per fare quello che voleva senza condizionamenti. Era un uomo di pensiero, certo, ma semplicemente libero e a quegli anni, essere liberi intellettualmente, non era semplice, perché più di oggi la cosiddetta "macchina fagocitatrice" d'ideali propri, era, forse, più divoratrice e feroce. Il modo più naturale per screditare l'immagine di Pasolini, era la chiacchiera sulla sua omosessualità e direi che non c'è cosa più odiosa di questo tipo di trattamento da parte dei coetanei, colleghi o amici. Pasolini, umanamente, soffrì troppo, forse era destinato proprio a questo. Certe persone, questa vocazione direi al "martirio", è innata e non mi metto certo a fare degli esempi per suffragare e poggiare il mio pensiero in proposito. 
Quello che scrivo adesso e che voi ora leggete, è stato scritto in tante altre occasioni ed in tante chiose diverse, eppure nessuno ha mai voluto o saputo andare a fondo nelle indagini che le avrebbe sapute leggere anche un'analfabeta corsicano. Non è difficile immaginare il perché del “siluramento” post mortem di Pasolini in una sinistra che ha sempre posto il burocrate, il partito forte e che viene da lontano e non si sa dove vada, il funzionario, l’intellettuale “organico” al di sopra dell’umanità.

Pier Paolo non perdonò mai le “mani sporche” dei partigiani rossi che uccisero a Porzus, che consistette nell'uccisione fra il 7 e il 18 febbraio del 1945, di diciassette partigiani della Brigata Osoppo, formazione di orientamento cattolico e laico-socialista, da parte di un il fratello, partigiano senza colore politico.


Il sentiero dei nidi di ragno

La subordinazione della letteratura alla politica comunista berlingueriana, è stata la piaga italiana della sinistra di questi ultimi dannosi tempi. In “Petrolio”, uscito postumo, Pasolini dimostra come il Pci abbia approfittato largamente, per ragioni decorative ed esteriori, dei “librieri” italiani (gli scrittori sono un’altra cosa). Nel bel libro “Pasolini contro Calvino” (Bollati Boringhieri), Carla Benedetti, docente all’Università di Pisa, spiega come all’impegno reclamato dal Pci, l’autore del “Sentiero dei nidi di ragno” e del “Barone rampante” si sia adattato lasciandosi sbandierare quale fonte di grande orgoglio del partito comunista.Allorché apparve il libro di Carla Benedetti, 
Carla Benedetti

Ferdinando Camon scrisse sulla Stampa: “credo che la Benedetti dica cose giuste, ma troppo presto…l’etica dominante ha una sua idea della letteratura… Cara Benedetti domani avrai ragione. Oggi hai torto. E la pagherai”. Qual è la colpa di Pasolini? Di aver scritto: “Il rischio della impopolarità, fa più paura nell'intellettuale italiano del vecchio rischio della verità” da “Petrolio”, edito dopo il macabro assassino di Pier Paolo Pasolini da organi deviati dello Stato italiano, che si sono serviti di malavita organizzata, politica sensibile al malaffare e Servizi. 





Ancora: “adattandosi alla propria denigrazione, l’intellettuale è insieme incarnazione di un bisogno inestinguibile di cambiamento…”. Pasolini sapeva che dopo la morte, forse cercata, le catene d’oro delle quali fu caricato dagli “strumentalizzatori” politici gli sarebbero rimaste addosso per trascinarlo al fondo dell’oblio. Lo scrittore friulano non sapeva fare “economia” della verità.


                         Il corpo di Pier Paolo Pasolini prima dell'autopsia


Al momento della morte, nella quale Pelosi si dichiara estraneo, una presenza curiosa, ricordata da Enzo Siciliano, è stata quel “fetuso comunista” con accento siciliano. Presenza che lascia supporre che l’incarico di uccidere Pasolini sia stato assegnato forse alla mafia da poteri indispettiti dagli scritti “Corsari” ormeggiati nella stampa confindustriale

Quel "fetuso comunista"

2.4.16

PIER PAOLO, È COMPIUTO


Caro PPP,
ricordi? Sono trascorsi già due anni, il caldo incombeva, nell’aria milanese resisteva un ricordo di primavera, leggiadro e sbarazzino. Mi recavo al Museo del Risorgimento in occasione de “La Nebbiosa”, rassegna iconografica e letteraria a te dedicata. Avresti voluto girare un film sulla mia città ma abbandonasti l’idea. Ce ne sfuggiranno sempre i motivi, io avanzai alcune ipotesi [cfr. qui
http://urlin.it/140eb9 ] ma penso che il non-finito è il regalo più grande tu abbia potuto farci. Perché ci hai fatto uscire dal perenne status di scolari. Ci hai obbligato a immaginare, a proseguire, pur con stentate parole, l’opera interrotta. “La Nebbiosa” divenne una mostra, quindi un album fotografico disseminato d’umori, volti, costruzioni e percorsi dal 1950 al ’65. Volti e percorsi altrimenti perduti che grazie alla tua intuizione presero corpo e vita.
Ma non fu tutto, nemmeno allora. Mancava, ecco, la tragedia. L’usurpazione. Eri nato per questo, ammettiamolo. Rimarrai sempre, per tuo viatico e nostra salvezza, un condannato.
La Roma che ti avvinse, la Roma che t’inchiodò, la Roma che fu la tua Gerusalemme – in fondo, pure tu fosti crocifisso “fuori le mura” – ha voluto profanarti un’altra volta. Ha spezzato la pietra delle tue parole. Vandali fascisti, poveri balordi che non sanno quello che si fanno, giorni fa hanno divelto il tuo monumento, tentato di cancellare le tue parole. Non riporto quegli insulti, così prevedibili, ciechi, stolidi. Non contano. Il tuo monumento diruto è stato ritrovato da alcuni volontari d’un centro di protezione avifauna: sì, proprio da loro, gli amici degli animali più leggiadri e vicini al cielo – ma anche i più negletti ed elusivi. Gli uccelli raccolgono l’essenzialità dell’anima, come il cardellino che si macchiò il volto con la spina della croce di Cristo.
La Nebbiosa era lontana dallo scempio, ma non ti ha dimenticato. E non si è offesa nemmeno per quel tuo film incompiuto. Anzi, ha risposto. Presto ti dedicherà una via, in zona 8, non lontana da un poeta assai diverso da te: Vincenzo Monti. Milano è così, riunisce e comprende. Accumula. A certi assessori di destra che domandano, senz’ombra di vergogna, cosa c’entri Pasolini con Milano, raccontare della Nebbiosa non servirebbe. Pasolini c’entra con Milano e col mondo intero. Ma dobbiamo forse spiegare l’ovvio?
Ed è compiuto, adesso, PPP. Il film è ultimato. Sarai sempre di casa anche qui. I nostri sguardi, davanti all’insegna, saranno spesso distratti. Correranno. Ma molti si fermeranno. Tanti giovani, presto, in una sera come questa, si daranno appuntamento in via Pasolini. Che ci sarà sempre, elusiva e alata come gli uccelli. Poi qualcuno alzerà lo sguardo e indugerà sul tuo nome. Sarà un ragazzo, più probabilmente una ragazza – e non so perché, così immagino – e rivivrà una passione. D’amore, morte e poesia. Vorrà continuarla. A Milano. Nel mondo. Nel suo generoso domani.

© Daniela Tuscano

7.3.16

Tre cromosomi di © Daniela Tuscano

Con quel cognome, uno letterato ci nasce. Se poi il turbine creativo ti porta ad approdare laggiù, in un evo mitico e affabulato, dove trovi un certo PPP, allora è fatta. Di cromosomi in più non ne hai uno, bensì due: la scrittura e Pasolini. Gianluca Spaziani, 23 anni, palermitano, ha conseguito la laurea in lettere con una tesi dal titolo "La riscrittura del tragico antico in Pasolini. Per una lettura 'corsara' di Medea". E allora, forse, i cromosomi in più diventano tre. Perché scegliendo Pier Paolo, e "quel" Pier Paolo, con "quell'"aggettivo, e, non bastasse, nel giorno del suo compleanno, sei decisamente contro il sistema. Contro le regole. Contro le previsioni. La vita te la inventi. La mordi. La scrivi. E la penna si fa pugnale d'amore. 


Ma la godi, anche. Gianluca sogna il teatro, adora Beppe Fiorello e ha la stessa grazia nativa d'una primula, la stessa logica inattesa d'un mattino sereno, naturalmente spavaldo. Come Ninetto. Come quel Sud "ultima Africa" della Trilogia della Vita. E in questo, per questo, per se stesso, piace da matti a Pier Paolo. Uso il presente perché so che il Corsaro l'ha seguito, negli anni di studio e nei pensieri solitari. Ed era lì, accanto a lui, l'altro giorno, di fronte alla commissione. Sembra si sia tolto gli occhiali, alla fine, e con lo sguardo l'abbia baciato.


© Daniela Tuscano

15.1.16

Chi era Franco? di © Daniela Tuscano


Franco era Franco. Non aggiungerei nient’altro perché, come suggerì Pier Paolo tanti anni fa, s’identificava totalmente nei suoi “personaggi”. Non aveva alcun alter ego. La sua forza. Anche il suo limite. E la sua credibilità. Spontaneo e canagliesco nel Ciappelletto del “Decameron”, plebeo al punto giusto, cornice ideale per la rilettura pasoliniana del capolavoro di Boccaccio. Cotto dal sole. Ma anche sgangheratamente tenero nel gioiellino felliniano girato dal fratello Sergio, quel “Sogni e bisogni” andato in onda nel 1985 su Raiuno. I fratelli Citti irrompevano nel piccolo schermo del tutto sfasati. Eppure, in quegli anni già volgari e scintillanti, riuscirono a ritagliarsi un angolo fatato e straccione d’una
Franco Citti ( al centro  )  con Roberto Benigni e Ninetto Davoli  da Eretico & Corsaro



“miniserie”, come diremmo oggi. Accanto a loro Giulietta Masina, Jacques Dufilho, Paolo Villaggio, Gigi Proietti, Serena Grandi, Ugo Tognazzi e naturalmente Ninetto. Grande cinema in Tv, grandi interpreti finalmente impiegati al meglio; cioè non prevedibili. Io lo seguii con immenso piacere. Sogni e bisogni: spunti verso il cielo e appetiti terrestri. Insomma la vita, senza mediazioni. 
Poi lo vidi l’ultima volta di spalle, su una panchina, nel 2001, in “Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno”, regia di Laura Betti. Ancora un onirismo, pur se qui il sogno era declinato in senso marxiano, quello d’una “cosa”. Un’aspirazione, una speranza concreta. E lui lì, nell’incipit, su una panchina. Già malato, in penombra, il volto triste da boxeur, il mento a curva. Orfano, disperatamente orfano. 
Franco aveva una sola vita. La sua morte è stata definitiva. Però diversa da quella di Accattone. Sarà in una chiesa di Fiumicino, e quel segno di croce rapido e meccanico, che lo fulminava nelle ultime battute del film, segnerà qui un dolcissimo abbraccio e, voglio crederlo, un ricordo consapevole. Volevi essere il primo ragazzo di vita in paradiso, ma dimenticavi che il primo santo del cristianesimo è stato un ladro. Tu arrivi secondo. Ma va bene lo stesso, Fra’.


© Daniela Tuscano

25.12.15

OGGI FORSE SÌ


«Tanti auguri ai fabbricanti di regali pagani! Tanti auguri ai carismatici industriali che producono strenne tutte uguali! Tanti auguri a chi morirà di rabbia negli ingorghi del traffico e magari cristianamente insulterà o accoltellerà chi abbia osato sorpassarlo o abbia osato dare una botta sul didietro della sua santa Seicento!».


E via così, d'invettiva in invettiva, di rabbia in rabbia, perché il cristianesimo di Pasolini non poteva che schiumare, maledire e imprecare. Logorroico, o stanco, o annoiato e deluso. Questo era il suo panteismo, come lo definiva (sbagliando) qualche suo illustre collega, dato che cattolico no, era attributo da non dover utilizzare per chiunque avesse nomea d'intellettuale. E, del resto, non si professava ateo, Pier Paolo? Sì, e proprio in virtù di questo radicale ateismo, che nel suo temperamento e nella sua fase storica assumeva i tratti d'un vitalissimo umanesimo, gli era lecito fustigare senza pietà, con un empito degno di Savonarola. Senza la passione per l'umano, il suo urlo sarebbe il vagito d'un narciso, come tanti ai giorni nostri. Piovuto in un tempo gramo, più veterotestamentario, talora, che propriamente evangelico, Pier Paolo sapeva bene che il consumismo non permetteva riscatto né conversioni; così, appena poteva, fuggiva «in paesi maomettani». Aggettivo desueto e fuorviante, che mai un musulmano accetterebbe, ma che lui impiegava, con vezzo d'esteta. Erano gli anni della Trilogia, della ricerca - spasmodica, appassionata - della primitività, ormai perduta da noi, eccetto che negli anfratti astorici della plebe. Anni ingenui, leopardiani, poi abiurati - altro verbo strappato alla religione.  E adesso, quanto più bruciante risuonerebbe quell'abiura, quanto più disperata, dopo il tradimento compiuto anche laggiù, anche dai paesi «maomettani» in preda al fondamentalismo o al clericalismo ottuso, come quella Chiesa contro cui il poeta si scagliò?  Gli auguri veri lui li riservava, naturalmente, ai carcerati e ai disgraziati; cioè a dire, ai primi destinatari del Vangelo; solo che oggi, oggi forse non scapperebbe. Oggi lo proclamerebbe sui tetti, che quell'annuncio, e quel presepe, era per loro, era loro; e per tanti; ma non per tutti. Il Natale non arriva per i fabbricanti di regali, non per i fondamentalisti, non per i clericali - tutti pagani, certo - ma soprattutto non per gl'indifferenti, i consumisti del linguaggio paritario, gli androidi del politicamente corretto; quelli che il presepe lo cancellerebbero perché ne temono il simbolo, e la potenza tutta umana - il battito del tempo, l'orma dei secoli, il fiato del pensiero. Oggi forse Pier Paolo rimarrebbe qui, i disgraziati li ritroverebbe ovunque, italiani e stranieri, profughi e immigrati, distrutti dalla miseria e dalle città inquinate per lo sviluppo senza progresso. Oggi lui, laico, si batterebbe per Asia Bibi, perché donna, perché cristiana non omologata, dimenticata dai professionisti dei diritti umani. Oggi, a mondo rimpicciolito, non troverebbe scampo, perché l'uomo è ovunque uguale, assediato dal nonsenso e dalla febbre della ricomposizione; d'un nuovo D-io. Oggi forse sì, starebbe fra noi, magari in un quartieraccio, nelle metropoli tutte uguali, col viso nascosto in mani lacrimose. 
                                    © Daniela Tuscano

8.11.15

occhio cattivo di © Daniela Tuscano






OCCHIO CATTIVO

Certo. Forse trovo
Affinità ovvie, forse siamo
Tutti uguali, in penombra,
Corrucciati.
Forse, però
Nello sguardo, duro e fisso
Vedo il tuo, il mio tormento.
Vedo lande desolate,
Una fine ormai prescritta,
Sudata, spenta, espiata.
Non sei angelico. Sei bieco,
Hai l'occhio senza luce,
La pupilla braccata,
Inchiodata ai troppi guai. 
Da quel giorno, in cui peccasti,
Il tuo umano è deflorato
E il tuo corpo ormai resiste
Puro e casto, nei tuoi versi,
In un'anima preziosa,
Barocca, egra, mendica.
Così io; ci son ferite
Prive di misericordia,
E la pace è un'illusione.
Solo l'arte, o la sua eco
Può lenire tanto strazio.

(A Pier Paolo Pasolini)

© Daniela Tuscano

2.11.15

Pier Paolo Pasolini una storia sbagliata


   tutti   quelli  \e  che   fanno  di P.Paolo . Pasolin  ( e non solo  )  il loro altarino laisìco e lava  coscienza  dopo che in virta lo insultaromo o lo ignorarano    dedico  le  prime  strofe  della colonna sonora  del post  d'oggi

cos'altro vi serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.


Infatti non voglio tediarvi annoiarvi con il solito pistolotto storico culturale ,  cercate  su intertnet  li trovate  quello che  vi serve  , tanto se vedete la tv o vedete i giornali in questi giorni sarete sommersi da fiumi d'inchiostro \ bit ipocriti e pulisci coscienza ( prima gli getti addosso merda fango e poi l'osanni\ mitizzi , vedere a proposito il post su queste pagine dell'amica \ utente Daniela Tuscano , lo trovate fra gli url sopra su di lui ) preferisco sintetizzare la sua figura attraverso una canzone ( seconda me canzone \poesia visti i labilissimi confini tra i due generi artistico \ letterari )





  che  da' esito  a  diverse interpretazioni     . Eccone  due   provenienti dalla mia bacheca    come commento  ad  un mio post in cui ricordavo  la canzone  qui citata




Antonino Di Stefano Questa canzone non fu pubblicata su nessun disco di Faber , fino a poco tempo fa , perchè lasciava intendere che in realtà non si trattava di nessun complotto ma di una squallida storia con sottoproletari adescati alla stazione Termini . Per il conformismo di allora e di oggi la verità non andava detta .

Non mi piace più · Rispondi · 1 · Ieri alle 21:06


Cristina Ziccanu Non credo che la chiave di lettura sia questa, Antonino Di Stefano, fino a poco tempo fa semplicemente non si parlava di Pasolini più di tanto, De Andrè non c'entra niente!

Mi piace · Rispondi · 9 h

3.2.15

Su Pier Paolo Pasolini troppa retorica e uso pro domo suo .Meglio non leggerlo o leggerlo dopo i bla bla ufficiali del potere

  stavoltas  concordo  conquanto dice      MASSIMO ONOFRI (  foto a destra  )   nella  sua rubrica  contro amno su la nyuova   sardegna  del  2\2\2015


Il ministro Franceschini ha istituito il comitato per celebrare il quarantennale della morte di Pasolini. Niente da dire sui nomi: a cominciare da quello del presidente, Dacia Maraini,per finire con quello di Emanuele Trevi. Non ho mai visto tanto zelo ministeriale per un quarantennale:per il cinquantenario,
l’alfiere, cioè, d’un nuovo conformismo,il conformismo dell’anticonformismo, buono per qualsiasi salotto televisivo alla Fabio Fazio. Tra parentesi: credo che farebbe assai bene a Pasolini, e anche a tutti noi, se smettessimo di leggerlo per unpo’. Ogni retorica anti moderna, di destra o di sinistra che sia, passa ormai per qualche citazione da lui ricavata. E sempre la più banale.
allora,che arriveremo a fare? Ma la questione è un’altra: non credo che sia una buona cosa, dico per l'intelligenza e la cultura,per la libertà e la poesia,la costituzione di comitati di Stato per glorificare intellettuali che, come Pasolini, furono eretici nell’arte e nella vita,e fieri avversari del Potere, in qualsiasi forma si palesasse. Uncomitato di Stato per Pasolini è, per qualsiasi autore scomodo al potere ( corsivo mio ) innanzi tutto, un’offesa per Pasolini e per tutto quanto ha rappresentato. Tanto più ora che il grande friuliano è diventato un’icona di questa sinistra veltroniano-renziana,l’alfiere, cioè, d’un nuovo conformismo,il conformismo dell’anticonformismo, buono per qualsiasi salotto televisivo alla Fabio Fazio. Tra parentesi: credo che farebbe assai bene a Pasolini, e anche a tutti noi, se smettessimodi leggerlo perunpo’. Ogni retorica anti moderna, di destra  o di sinistra che sia, passa
ormai per qualche citazione da lui ricavata. E sempre la più  banale.

2.11.13

L'ULTIMA NOTTE AL MONDO di Daniela Tuscano

  musica  consigliata
  Una storia  sbagliata  di F. De. Andre  
  Wake Me Up di Avicii

Caro Pier Paolo,




è la notte più nera, questa. La notte in cui ti cancellarono il viso, lasciando al suo posto una informe maschera cremisi. Notte esausta. Notte da macelleria.
Era notte anche in Calabria, da bambina. Udivo, senza comprenderli, oscuri e sommessi muggiti, mischiati agli aromi squillanti della pasticceria sotto casa, in un buio già africano. A pochi passi da me c'era un macello clandestino: e quei muggiti erano l'estremo e inutile lamento di povere bestie senza scampo.
Ecco, immagino quella tua ultima notte nello stesso modo: un che di impietoso e, al tempo stesso, d'inesorabile. Tu che tentavi la fuga, venivi riacciuffato, macellato, violato...
Intorno, un'ovatta d'indifferenza.
Il giorno dopo, poeta fosti. 
Sipario. Letteralmente, ti velasti, separasti ai nostri sguardi. 
Il tuo, ormai altrove. Per sempre. Ricordi? Da vivo, lo nascondevi spesso dietro occhiali nerofumo. Scrutavi con svagatezza febbrile, come quel Cristo di Porta Venezia, a Milano, ricavato nella nicchia d'un albergo diurno. Un Grande Fratello macilento, senza cattiveria. Forse era pudore. Forse paura. Privi di quella protezione, restavano i tuoi occhi chiari, dilatati, eccessivi. Per te e chi li incrociava.
Di te raccontò, molti anni dopo, un artista popolare: "Non volli conoscerlo. I miei amici della borgata mi dicevano che era un tipo poco raccomandabile. Così, ne avevo paura".
Poco raccomandabile, senza dubbio. Infatti non ti raccomandò nessuno. Tu rischiavi in proprio e, se cercavi il martirio, lo facevi perché costretto. Avevi un destino di testimonianza, volevi espiare vivendo. 
Già: poco raccomandabile, naturalmente strano. Eliminandoti, tentarono di cancellare lo specchio dei loro peccati. Quei tuoi occhi chiari rimandavano ai tuoi interlocutori la loro cattiva coscienza. No, non eri proprio da raccomandare.
Non creasti un idioletto. "Sono un passatista", ripetevi. Le tue poesie restavano imperfette. Qualcuno cercò d'imitare la tua estetica della miseria. Ma restò un epigono. Gli mancava la tua forza remota, la tua estraneità tutta italiana, d'una italianità rinascimentale, all'Italia borghese ed esangue. Inodore come plastica.
E ora? Ora permane un sabato santo, senza resurrezione che non sia del popolo. Restano poche sentinelle nel deserto, anche d'immagini. Ma quella massificazione da te denunciata permette anche, sparsi tra pulvini lumescenti, di ritrovarci se vogliamo, e comunque adesso ci è dato vivere. La notte va superata qui, su questa terra. Uniti. Sotto le belle bandiere.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...