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28.11.22

[ 9 giorno senza mondiali [ Storie di un mistero rotondo di Enric González

Questo  commento   lasciatomi sul  fb  (  dove  potete trovare   i post   del blog  )  al post  : <<  [  8 giorno   senza  mondiali ]  l'arma potente  della  fantasia  sopperisce   al non vedere  le partite  >>

Tommaso Sal
Non oso pensare le pene che stai passando...
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    Giuseppe Scano
    Tommaso Sal beh all'inizio si c'è stata un po' di sofferenza , ma poi è andata calando . IL fatto è che quando sei abituato a fare una cosa  rituale  viene male a staccartene . Infatti i mondiali erano un rito . Succedeva che guardavi in famiglia o da solo o on amici i mondiali , tifando quando non cera la nazionale per una o per un'altra squadra o semplicemente per nessuna e guardavi semplicemente la partita .





A conferma di questa mia risposta c'è un bellissimi articolo  della rivista  internazionale     che  riporto sotto    di Enric González  un giornalista e scrittore spagnolo. Questo articolo è uscito sul mensile messicano Revista de la Universidad de México con il titolo <em>Piezas breves de un misterio redondo

da https://www.internazionale.it/magazine/ del 24\11\2022



Per quanto mi è dato ricordare, esistono solo due grandi fenomeni sociali che non sono nati da qualche progresso tecnologico: la religione e il calcio. Non intendo proporre confronti, anche se c’è chi l’ha fatto. Manuel Váz­quez Montalbán, per esempio, in Calcio. Una religione alla ricerca del suo dio (Frassinelli 1998). E non è stato l’unico. Mi limito a constatare che tutti e due i fenomeni soddisfano (o almeno hanno soddisfatto) dei bisogni umani a livelli diversi.
Nel caso del calcio, la cui forma attuale (ce ne sono state molte) fu definita a metà dell’ottocento nelle università britanniche e prese piede con straordinaria rapidità nei quartieri popolari di mezzo mondo (nell’altro mezzo ci è voluto un po’ più di tempo), milioni di persone trapiantate dalle campagne nelle città e soggette all’alienazione dell’industria e della vita moderna trovarono in un campo da gioco un senso di appartenenza e un certo tipo di fede.
Fin dall’inizio, il calcio è stato più di un gioco con il pallone. Era un gioco ma anche un vortice di circostanze. Furono le circostanze e il loro impatto sulle persone e sulle società ad attirare gli scrittori. Una delle storie fondanti della letteratura calcistica, Juan Polti, mediano, pubblicata dall’uruguaiano Horacio Quiroga, racconta la storia di Abdón Porte, mitico mediano del Nacional di Montevideo che il 5 marzo 1918 si tolse la vita sul campo dello stadio Gran parque central della capitale uruguaiana. Porte aveva perso il suo tocco e non era più utile né alla squadra né ai tifosi. Preferì morire. Con quel suicidio nacque l’idea del calciatore come eroe (tragico, nel caso di Porte) del nostro tempo:

Nacional, anche se in polvere trasformato
e in polvere sempre amante
Non dimenticherò neanche un istante
quanto ti ho amato.

I versi con cui Abdón Porte si congedò dalla vita non erano alta letteratura. Ma allora come oggi potrebbero essere sottoscritti da milioni di tifosi.È logico che un materiale così potente e una passione così profonda (e razionalmente inspiegabile) per le bandiere e i colori che identificano ogni tribù calcistica abbia prodotto della letteratura. Uno dei primi sforzi letterari per spiegare l’impatto del calcio sulla società e sull’arte è forse quello dell’uruguaiano Eduardo Galeano, che scrisse Splendori e miserie del gioco del calcio (Sperling & Kupfer 1997). Questo libro segna il momento in cui molti intellettuali di sinistra, in Europa e in America Latina, smisero di vedere il calcio come qualcosa di sospetto, come un nuovo “oppio dei popoli”, e cominciarono a ce­lebrarlo.
In quel periodo Manuel Vázquez Montalbán, che durante un periodo di detenzione sotto il regime franchista aveva scritto l’influente saggio Rapporto sull’informazione (1975) ed era già uno degli intellettuali più in vista dell’opposizione clandestina, pubblicò degli articoli che parlavano del Fútbol Club Barcelona e, usando risorse più letterarie che storiche, ne fece un simbolo della resistenza contro la dittatura.
All’epoca Vázquez Montalbán definì il Barcellona “l’esercito disarmato della Catalogna” (ricordiamo che il calcio è stato talvolta indicato come una “ritualizzazione della guerra”) e gli attribuì un’importanza politica che i dirigenti della squadra furono ben felici di fare propria, creando lo slogan “Més que un club”, più di un club. Le istituzioni calcistiche, come le nazio­ni, tendono a costruire la loro identità sulle gesta del passato. Non necessariamente vere, anzi. Però utili.
Permettetemi una digressione, perché il calcio spiega molte cose con la massima sincerità quando cerca di spiegare se stesso. È successo a Gianni Brera (1919-1992), il miglior cronista sportivo italiano della sua generazione. Nel 1972 Brera decise di scrivere un breve manuale didattico, destinato ai ragazzi che volevano intraprendere una carriera nel mondo del calcio. Lo intitolò Il mestiere del calciatore (Book Time 2012). Si proponeva di raccontare la storia di questo sport in Italia e di chiarire alcuni concetti elementari di tecnica e tattica. Finì per dimostrare che il calcio italiano era così com’era (difensivo, sofferente, opportunista) perché non poteva essere altrimenti, dato che il paese era stato per secoli nelle mani di potenze straniere, una situazione che aveva instillato negli italiani un certo carattere e un certo modo di fare le cose.
Torniamo al poligrafo Vázquez Montalbán. Dopo il 1977, in seguito alla fine della dittatura e sulla strada della democrazia, Vázquez Montalbán e il madrileno Javier Marías, che sarebbe diventato il più prestigioso scrittore spagnolo della sua epoca, formarono un curioso duo sulle pagine del quotidiano El País. Prima di ogni clásico, come viene chiamata la sfida tra Real Madrid e Barcellona, entrambi firmavano articoli sul calcio di altissimo livello letterario.
Gli scrittori amanti di questo sport non avevano più remore a confessare le loro passioni. Scrivevano di calcio, ma la loro attenzione era concentrata sulla squadra a cui erano fedeli. È il caso, poco più tardi, del saggista e giornalista italiano Beppe Severgnini, autore di libri deliziosamente autoironici sull’Inter. Lo stesso Javier Marías spiegava così questo fatto: “Il calcio è il recupero settimanale dell’infanzia”, cioè della radice di tutta la letteratura.
Forse chi ha scavato più a fondo nelle viscere del fenomeno calcistico come follia e recupero dell’infanzia è l’argentino Roberto Fontanarrosa, autore di un racconto fondamentale, 19 dicembre 1971, incluso nel suo libro Nada del otro mundo y otros cuentos (1988). Con il linguaggio della curva, la furia del tifoso (nel suo caso, del Rosario Central) e la brutale innocenza di un bambino, Fontanarrosa creò un capolavoro, apparentemente privo di qualsiasi veste intellettuale, ma con una tecnica letteraria squisita. Il suo racconto ha contribuito al fatto che ancora oggi, ogni 19 dicembre, centinaia di tifosi, per lo più del Rosario Central ma anche di fedi diverse, celebrano in tutto il mondo il gol che Aldo Pedro Poy segnò in quella data contro gli avversari del Newell’s.
Nel 1993 un famoso scrittore britannico, Nick Hornby, pubblicò un saggio autobiografico (in realtà un romanzo) sulla sua devozione per l’Arsenal di Londra. Lo chiamò Febbre a 90’, ed è un testo selvaggio e divertente come il racconto di Fontanarrosa. È uno dei libri più popolari e venduti di Hornby, ma lui preferisce non parlarne troppo. Non perché lo rinneghi, ma perché quando raccontiamo senza limiti la nostra personale mania per il calcio finiamo per svelare cose che preferiremmo mantenere private.
Osvaldo Soriano, un altro argentino tifoso di calcio (del San Lorenzo de Almagro) con un orecchio squisito per il linguaggio popolare, ha lasciato nella memoria collettiva gli affascinanti campionati mondiali del 1942. Che non sono mai esistiti, ovviamente (la vicenda è narrata nel racconto Il figlio di Butch Cassidy, incluso nel libro Fútbol. Storie di calcio, del 1998). Il torneo, che secondo Soriano si sarebbe svolto in Patagonia in piena guerra mondiale, è stato oggetto di articoli e documentari che forniscono nuovi dati e presunte prove: la favola è troppo bella per non assecondarla.
Lo scrittore messicano Juan Villoro, un grande della letteratura, è una firma ricorrente quando si parla di calcio. Ci sono le raccolte di articoli e cronache, come Dios es redondo del 2006 (ancora una volta entriamo nel terreno religioso) e Balón dividido, del 2014, o le lettere scambiate con l’amico Martín Caparrós (Ida y vuelta: una correspondencia sobre fútbol, 2014).
Finora abbiamo visto che l’approccio letterario al calcio tende ad assumere la forma di racconti, articoli di giornale e, in generale, testi brevi. Villoro stesso lo spiega:
Il calcio non ha bisogno di trame parallele e lascia poco spazio all’inventiva dell’autore. Questo è uno dei motivi per cui i racconti sul calcio sono migliori dei romanzi sul calcio. Il calcio ci arriva già narrato, e i suoi misteri inediti di solito sono brevi. Il romanziere, che non si accontenta di essere uno specchio, preferisce guardare in altre direzioni. Invece il cronista (interessato a raccontare ciò che è già accaduto) ci trova stimoli inesauribili.
Villoro, come sempre, ha ragione. Lo sport funziona come ingrediente in alcuni romanzi: il personaggio del giovane calciatore in Saper perdere (Feltrinelli 2008) di David Trueba o il giocatore ucciso in Il centravanti è stato assassinato verso sera (Feltrinelli 1991) di Manuel Vázquez Montalbán sono due dei tanti esempi. Però c’è qualcosa d’insoddisfacente quando il calcio e i suoi dintorni sono al centro dell’azione. Ispirandosi a un classico della suspense come Il mistero dell’arsenale (film diretto da Thorold Dickinson, del 1939), lo scozzese Philip Kerr, uno dei grandi del romanzo poliziesco, ha voluto mescolare calcio e thriller in una serie centrata su Scott Manson, un allenatore del campionato di serie a inglese. Il risultato sono tre romanzi minori.
Potremmo precisare alcuni dettagli della spiegazione di Villoro. Il calcio narrato, quello che si ascoltava alla radio prima che la televisione diventasse un elettrodomestico comune, lasciava innumerevoli misteri aperti: quelli che nascevano nell’immaginazione dell’ascoltatore. Pochi hanno visto giocare il brasiliano Manuel Francisco dos Santos, meglio noto come Garrincha, ma molti ne hanno sentito parlare o ne hanno letto sulla stampa. Le storie e le leggende sull’inarrestabile ala destra che aveva una gamba più corta dell’altra sono di per sé un sottogenere ibrido tra narrativa e memoria collettiva.
E cosa dire di Tomás Carlovich, detto El Trinche, la divinità più misteriosa del calcio? Argentino originario di Rosario, pigro, incapace di vedere il gioco come una professione, allo stesso tempo semplice e riflessivo, è sempre stato “il genio nascosto”, quello che non volle schierarsi in nessuna grande squadra perché preferiva stare a letto, andare a pescare o trovarsi con qualche amico e scivolare tra loro con il pallone tra i piedi in qualche campetto locale. Tutti i giganti gli resero omaggio, più per fede che per evidenza. Maradona gli regalò una maglietta con questa scritta: “Trinche, sei stato meglio di me”. Carlovich è stato ucciso nel 2020, all’età di 74 anni, da un ragazzo che voleva rubargli la bicicletta. La sua leggenda è culminata in quel momento. Perché la letteratura calcistica ha sempre privilegiato gli eroi tragici. C’è poco materiale interessante (dal punto di vista artistico) su giocatori illustri come Pelé, Di Stéfano, Cruyff, Beckenbauer o Messi: manca la tragedia. È il genio autodistruttivo, l’eroe fragile, l’idolo commovente ad attirare lo scrittore. George Best, Garrincha, Paul Gascoigne, Sócrates. E, ovviamente, l’essere supremo quando si parla di calcio e letteratura: Diego Armando Maradona.
Torniamo a Juan Villoro. In effetti, è il cronista la figura a cui interessa raccontare quel che è successo. Certi eventi non sono semplicemente accaduti, ma sono stati visti più e più volte dalla maggior parte della popolazione mondiale. Come Argentina-Inghilterra del 1986, forse la partita di calcio più famosa di tutti i tempi perché conteneva una quantità colossale di materiale letterario: l’astio tra le squadre per la guerra delle Falkland, il contesto dei mondiali e la presenza del migliore dei migliori, Maradona, che fece del suo peggio (un gol con la mano, “la mano di Dio”, ovviamente) e del suo meglio (quel gol irripetibile in cui superò l’intera squadra avversaria).
Tutti gli appassionati conoscono bene questa partita. Trent’anni dopo, il giornalista argentino Andrés Burgo ne ha scritto un resoconto meticoloso di quasi trecento pagine, ovviamente intitolato El partido (2016). L’opera di Burgo è tra i migliori romanzi (ora che il romanzo scorre senza scrupoli tra finzione e realtà) sul calcio e sul suo significato. Direi che El partido è ancora più bello della partita che racconta. Perché contiene tutto quello che è successo, quello che si è visto e quello che non si è visto, con l’aggiunta dell’immaginazione del lettore. E questa è letteratura. .

3.2.15

Su Pier Paolo Pasolini troppa retorica e uso pro domo suo .Meglio non leggerlo o leggerlo dopo i bla bla ufficiali del potere

  stavoltas  concordo  conquanto dice      MASSIMO ONOFRI (  foto a destra  )   nella  sua rubrica  contro amno su la nyuova   sardegna  del  2\2\2015


Il ministro Franceschini ha istituito il comitato per celebrare il quarantennale della morte di Pasolini. Niente da dire sui nomi: a cominciare da quello del presidente, Dacia Maraini,per finire con quello di Emanuele Trevi. Non ho mai visto tanto zelo ministeriale per un quarantennale:per il cinquantenario,
l’alfiere, cioè, d’un nuovo conformismo,il conformismo dell’anticonformismo, buono per qualsiasi salotto televisivo alla Fabio Fazio. Tra parentesi: credo che farebbe assai bene a Pasolini, e anche a tutti noi, se smettessimo di leggerlo per unpo’. Ogni retorica anti moderna, di destra o di sinistra che sia, passa ormai per qualche citazione da lui ricavata. E sempre la più banale.
allora,che arriveremo a fare? Ma la questione è un’altra: non credo che sia una buona cosa, dico per l'intelligenza e la cultura,per la libertà e la poesia,la costituzione di comitati di Stato per glorificare intellettuali che, come Pasolini, furono eretici nell’arte e nella vita,e fieri avversari del Potere, in qualsiasi forma si palesasse. Uncomitato di Stato per Pasolini è, per qualsiasi autore scomodo al potere ( corsivo mio ) innanzi tutto, un’offesa per Pasolini e per tutto quanto ha rappresentato. Tanto più ora che il grande friuliano è diventato un’icona di questa sinistra veltroniano-renziana,l’alfiere, cioè, d’un nuovo conformismo,il conformismo dell’anticonformismo, buono per qualsiasi salotto televisivo alla Fabio Fazio. Tra parentesi: credo che farebbe assai bene a Pasolini, e anche a tutti noi, se smettessimodi leggerlo perunpo’. Ogni retorica anti moderna, di destra  o di sinistra che sia, passa
ormai per qualche citazione da lui ricavata. E sempre la più  banale.

26.1.14

perchè ricordo l'olocausto \i e la shoah parte II

inizio il post  con  questo post  di  http://ipensieridiprotagora.blogspot.it/  più  precisamente  questo 


Alena Synkovà scrisse questa poesia quando era una bambina, nel campo di concentramento di Terezin; aveva 16 anni quando fu liberata; solo un centinaio di bambini sopravvissero al lager

Vorrei andare sola

dove c'è un'altra gente migliore

in qualche posto sconosciuto

dove nessuno più uccide.
Ma forse ci andremo in tanti
verso questo sogno,
in mille forse
e perché non subito?



 ti potrebbe interessare  la mia presa  di posizione   in merito al revisionismo estremo e negazionismo

IL post precedente  ( trovate  url  sopra  ) mi ha  riportato alla mente  le varie domande   che mi arrivano  via email da  10 anni a questa parte  ai miei post   ne  approfitto per  rispondere  alle  principali   e  le  più  ripetute   spero una  volta per  tutte  

1)  E' basta  n. non si se ne può più  . non basta  quanto   la  testa  che ci fanno   fra il 20 ed  31 gennaio con il culmine  proprio il  27  


Vero  vi capisco   non avete  tutti i torti  . Infatti  leggo sulle  pagine  182-183   del televideo rai   e  di cui riporto integralmente  questa intervista  all'autrice  in questione  dedicate  al  27  gennaio   che è uscito 



da poche settimane nelle librerie, un libro dal titolo polemico [e provocatorio ]  ,sul tema del- la Shoah, o meglio,"Contro il giorno della Memoria", Add editore. Ne è autrice la scrittrice e studiosa di Ebraistica, Elena Loewenthal, che in meno di cento pagina esprime il dubbio che la maggiore tragedia del XX secolo, la Shoah, confinata nel ricordo di una Giornata come "risarcimento" per gli Ebrei, banalizzi quanto accaduto. "Che cosa sta diventando questo Giorno della Memoria?-si domanda-Una cerimonia stanca, un momento di finta riflessione che parte da premesse sbagliate per approdare a uno sterile rituale".  che in  meno di cento pagina esprime il dubbio 
 che la maggiore tragedia del XX secolo, la Shoah, confinata nel ricordo di una  Giornata come risarcimento" per gli    Ebrei, banalizzi quanto accaduto.   

Dichiararsi contro il Giorno della Me moria è "politicamente scorretto". Che  cosa la disturba di più, chiediamo alla  studiosa Elena Loewenthal. Di principio

 non sono contro la ricorrenza. In que sto libro, dal titolo effettimante provocatorio,cerco di spiegare le ragioni 
 per cui celebrare così la memoria non   funziona. C'è ridondanza nelle celebrazioni, troppa retorica,il senso vero si  perde. Ma grazie alle tante iniziative 

 messe in campo la consapevolezza è cresciuta o no? Certo di Shoah si sa di    più rispetto ad anni fa.Ma di pari pas so c'è più propensione al banalizzare,  al manipolare la storia.Le derive antisemite sono il lato oscuro della cele brazione.Lo vediamo anche in queste ore

La Shoah non è la storia degli ebrei.Ma  forse allora non è sbagliato aver isti tuito un Giorno per ricordare all'Umanità l'orrore di cui è stata capace? E' giustissimo che si ricordi la memoria    di quanto è accaduto. Ma nello spirito  di farla propria,non di rendere omaggio ad altri-cioè agli ebrei.La storia della Shoah appartiene all'Europa,all'Italia. Non  [solo ]agli ebrei.  
 Lei parla di diritto all'oblio, che intende? L'oblio è stato spesso un meccanismo di sopravvivenza individuale e    collettiva. Naturalmente nel libro la   invoco per me mi piacerebbe poter dimenticare questa storia, che sento come  un peso-ma non per la coscienza civile. 

 Un'ultima domanda all'autrice di "Contro il Giorno della Memoria".      

 C'è una frase nel suo libro che merita  una spiegazione: "Ricordare non porta   con sè alcuna speranza. Se anche non    dovesse accadere mai più, non sarà per  merito della memoria, ma del caso".     Per l'appunto, chiamo in causa l'oblio  come stimolo a una riflessione che non  si può fare a meno di fare: siamo così  sicuri che ricordare "serva"? Che ci    renda migliori? Che sia morale? Non è   detto che sia così.  
             
Ma è ’ nostro preciso compito e dovere portare il testimone della Memoria alle nuove generazioni, ai nostri figli, a coloro che stanno costruendo con noi il domani, perché cresca in loro, sano e forte, il senso vero ed intimo della nostra umanita”.
IL VALORE DELLA MEMORIA - “La Memoria è un valore fondamentale della nostra cultura e della nostra civiltà che deve essere coniugato quotidianamente, perchè pregiudizio e discriminazione sono mali ancora troppo diffusi fra noi – ha spiegato – mossi dall'ignoranza sono insidie che alimentano paura, sospetto; fratture che purtroppo sopravvivono nei sotterranei della nostra societa”. “E’ con vivo piacere che oggi, in occasione della Giornata della Memoria, la Città di Venezia per la prima volta espone la bandiera internazionale Rom, segno di rispetto verso un popolo e la sua storia; segno della forte identità che contraddistingue la Città di Venezia – ha detto Orsoni – il riconoscimento dell’Altro, della sua cultura, della sua religione. Venezia e i suoi cittadini, hanno sempre vissuto in una amalgama di diverse culture e da questa hanno tratto la loro ricchezza, e cosi’, crediamo, dovrà’ essere nell'avvenire”. Ecco quindi che  ricordare   evitando di cadere  nel  solito rituale  ed  a senso unico  solo  quella del popolo ebraico   ,  può essere  un modo   per   guardare  avanti con la  consapevolezza  del passato   ed evitare  , scusatemi se   mi ripeto ,   la bugia  diventi  verità e  la verità  diventi  bugia  .

2)  sminuisci  la tragedia degli ebrei  . offendi l'italia  , in italia    molti aderirono perchè  obbligati dal fascismo  . Gi italiani non sono mai stati nazisti 

Non credo   che raccontare   che  accanto allo sterminio sistematico degli ebrei,che fece circa sei milioni di  vittime, il nazismo estese il genocidio  ad altri gruppi etnici e religiosi con siderati "indesiderabili", come Rom (    che noi chiamiamo   zingari ) , Sinti , Testimoni di Geova  ed  altre religioni , agli omo-  
 sessuali, ai portatori di handicap, agli oppositori politici.Tragedie  che i media  ufficiali  ricordano ( quando le ricordano  )  in tono minore, tanto da essere spesso definite "olocausti  dimenticati",come quello dei Rom, "por- rajmos" (divoramento) per loro.Le cifre  ufficiali ( ma  , mi chiedo  che  importanza  ha  se  sono poche  a  molte  ?  è più  importante  quello che hanno subito non credete  ?  )   parlano di centinaia di migliaia di vittime in tutta Europa, molte di più secondo alcuni, nei campi di  concentramento e non solo.
Niente  di  più  falso  . i miti sono difficili da  sminuire  anche  documenti  . Vero che  ci  fu  anche    chi vi aderi perchè   come tutti i  regimi   in cui   : la stampa  e i gruppi giovanili  sono in mano  al regime   e  senza  opposizione o voci dissidenti   (  o quando ci sono     represse   ed  incarcerate o  all'esilio )  logico  che  per  connivenza (  ci credi   attivamente     )   convivenza  ( ci credi   passivamente  )  logico  che  ci credi  e  ti bevi    nolente  o dolente    tutto quello che  ti viene  propinato  

N.B   termini difficilmente distinguibili   visto l'umore    mutevole ( per la maggior parte  )  dopo il crollo  della dittature

Infatti   ci sono  alcuni libri ben documentati con documenti dell'epoca   che testimoniano il contrario .In particolare  suggerisco   un libro appena  uscito  (   su https://www.facebook.com/leggirazziali   trovate   le date    delle varie presentazioni  ) 








di  Mario Avagliano, giornalista e storico, è membro dell’Istituto Romano per la Storia d’Italia dal Fascismo alla Resistenza, della Sissco e del comitato scientifico dell’Istituto Galante Oliva, e direttore del Centro Studi della Resistenza dell’Anpi di Roma-Lazio. Collabora alle pagine culturali de «Il Messaggero» e «Il Mattino». Tra i suoi libri più recenti: Generazione ribelle. Diari e lettere dal 1943 al 1945(2006) e, con Marco Palmieri, Gli internati militari italiani. Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945 (2009), Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia (2010) e Voci dal lager. Diari e lettere di deportati politici 1943-1945 (2012). Con Baldini&Castoldi ha pubblicato:Il partigiano Montezemolo. Storia del capo della resistenza militare nell’Italia occupata (2012), Premio Fiuggi Storia 2012.
  e  Marco Palmieri, giornalista e storico, è membro dell’Istituto Romano per la Storia d’Italia dal Fascismo alla Resistenza e della Sissco. Ha pubblicato tra l’altro, con Mario Avagliano: Gli internati militari italiani. Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945 (2009), Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia (2010) e Voci dal lager. Diari e lettere di deportati politici 1943-1945 (2012). 
  edito dalla  Baldini & Castoldi (   http://www.baldinicastoldi.it/ ) 

per  chi volesse  saperne  di più  c'è con un sacco di  approfondimenti  interessanti   http://www.bibliolab.it/landolfi_shoah/shoahitalia/  fra  le  tante pagine  a  cui rimando   segnalo   questa  in
particolare  questa    http://www.bibliolab.it/landolfi_shoah/shoahitalia/deportazioneebrei10.htm

OVVIAMENTE   SENZA  GENERALIZZARE PERCHE'  IN MEZZO ALLA MER.... EHM... INDIFFERENZA  E  COLLABORAZIONE  ATTIVA ( PRINCIPALMENTE   )  E PASSIVA   CI FURONO   VEDERE NEL PORTALE  CITATO PRIMA   IL LINK CON L'ELENCO DEI GIUSTI ( COLORO  S'OPPOSERO ATTIVAMENTE  A TALI SCHIFEZZA    E VERGOGNA )  ITALIANI  .
Come di Giacomo Sonnino, oggi 79 enne, che all'età di 8 anni venne salvato dalla deportazione perché nascosto nei sotterranei del Policlinico di Roma dal suo medico.
L’uomo in questione era il professor Giuseppe Caronia, rettore dell’università ”La Sapienza” di Roma dal 1944 al ’48, destinatario dell'onorificenza di ”Giusto fra le nazioni”, istituita dallo Yad Vashem, l’ente israeliano nato per ricordare eroi e martiri dell’Olocausto.
 o questi  finanzieri fra  cui alcuni   sardi


Concludo parafrasando  la  domanda   che  viene fatta  a  gli ospiti della trasmissione   di storia su rai  3  "Il tempo e la storia"Libro.  film , luogo


Luogo



  da  http://storiedimenticate.wordpress.com/category/personaggi-e-storie/



Libro  

qui  è  un po' difficile  perchè  ne  sono stati  e  credo che  ne saranno  scritti  altrettanti   sull'argomento  voglio però suggerire  due fumetti   che  sono quelli che  insieme alle  puntate  di   mixer  (  trasmissione tv    degli anni 80  )  sono quelli  che  hanno  formato   e  mi portano a parlarne   qui  sul  blog




Albo n. 83 (Agosto 1993)
Soggetto: Tiziano Sclavi
Sceneggiatura: Tiziano Sclavi
Disegni: Gianluigi Coppola
Lettering: Renata Tuis
Copertina: Angelo Stano





  •                    Data pubblicazione1 gennaio 1986 
  •                     AutoreArt Spiegelman
  •                     GeneriBiografiaAutobiografia, graphic novel, fumetto


  • FILM


     ce ne sarebbero parecchi fra i più belli , ovviamente gusti personali . : La chiave di Sara (Elle s'appelait Sarah) 2010 diretto da Gilles Paquet-Brenner. Tratto dall'omonimo romanzo di Tatiana de Rosnay ed Anita B di roberto faenza appena uscito e ma dal trailer e dalle anticipazioni sembra buono e racconta tali eventi sotto una prospettiva diversa dal solito canone i post lager proprio la tregua 1997 di Francesco Rosi ( tratto dall'opera omonima di primo levi )

    Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

    Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...