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29.11.25

diario di bordo n 156 anno III libertà d'opinione e conflitto israeliano palestinese il caso Mohammed Shahin., chi ha rubato il natale gli islamici secondo i. leghisti ed affini , i buonisti d'accatto , i centri commerciali ?., l'arte del kintsugi-arte-giapponese-metafore

oggi la rubrica parlerà di : libertà e dissenso , repliche social , ed altre riflessioni suscitate dalla puntata dela 3 stagione un professore. Iniziamo
Nel vergognoso trattamento che il governo italiano ha riservato a Mohammed Shahin vi sono decenni di islamofobia, il veleno utilizzato dal sistema per scatenare la più semplice delle guerre orizzontali, quella che da sempre fa presa sull'immaginario collettivo di un occidente vittima di una mendace operazione mediatica di demonizzazione e disumanizzazione dei popoli mediorientali.
E mettiamoci dentro anche una vagonata di orientalismo, che è l'approccio fondamentalmente razzista dell'occidente nei confronti dell'oriente, che
non ha diritto di parola perché è fuori della sfera del reale, è mera categoria (a)culturale, che esiste solo nella rappresentazione alterata che l'occidente dà di esso. Oggetto di descrizione, dunque, inesistente di per sé e quindi intrinsecamente soggetto a dominio coloniale e discriminazione culturale, come lo definì Edward Said.
Se non fosse per queste due categorie, nulla di ciò che accade sarebbe stato possibile, né la disumanizzazione di un popolo altrimenti meritevole di essere giudicato eroico secondo tutti i parametri del pensiero logico né la vendetta applicata dagli stati verso i segmenti più deboli della catena di solidarietà per Gaza: chi non possiede cittadinanza e quindi diritti, meglio se musulmano da offrire in pasto ad una pubblica opinione come comodo capro espiatorio su cui riversare la frustrazione per i propri diritti erosi, e per la povertà materiale e morale che avanza, inesorabile come una piccola morte.
Il sangue dei musulmani, e la loro miseria, sono anzi particolarmente apprezzati nel sottobosco delle società occidentali, in cui vegetano ampi strati di popolazione per lo più incolta, alla perenne ricerca di vittime sacrificali su cui riversare decenni di alienazione per le ripetute sodomizzazioni violente da parte del potere e alla cui pancia si rivolge il sovranismo becero, quello che da Fallaci a Salvini - ma il fenomeno è assai più antico - ha propagandato la liceità dell'ultimo razzismo socialmente accettato, quello anti-arabo e anti-islamico.
Lo abbiamo visto con Souzan Fatayer, docente di lingua araba e membro della Comunità Palestinese Campana, candidata alle ultime elezioni regionali e sottoposta a gravissimi attacchi personali, con offese irripetibili, dal primo all'ultimo giorno della sua campagna elettorale per il solo fatto di essere straniera e palestinese, e lo vediamo oggi, con il provvedimento di espulsione arbitraria nei confronti di una persona, incolpevole se non di aver testimoniato a favore del diritto e della giustizia in Palestina, in ciò che si configura come vigliacco atto di vendetta politica da parte di un sistema che fa affidamento sul sostegno dei segmenti più disagiati del paese. [ ... continua qui sulla https://www.facebook.com/antonella.salamone.52/ ] Se proprio è vero che sia colpevole di antisemitismo ed odio anche se sembra che risulta il contratrio sentite la testimoianza sotto , non lo si può condannare fare scontare la pena in italia invece di mandarlo i un paese nel quale essendo un dissidente rischia di finire come Giulio Regeni .

 

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Ormai novembre volge al termine e dicembre è alle porte ma già dall'inzio del mese , neppure in tempo di una trequa che subito dopo i morti ed santi il cosidetto hallowen iniziano i prodromi della melensa atmosfera natalizia con pubblicità e decorazioni ed vetrine , luminarie nelle vie cttadine iniiza ad appiccarti addosso

Pippo e l'ultimo viaggio di Babbo Natale (Mignacco/M. De Vita) - TL n°1569, del 1985
Infatti si è nel caso in cui a realtà supera la fantasia ...40 anni fa preparare l'albero con così tanto anticipo era generalmente vista come una cosa stramba alla Pippo ( vedere foto a sinistra ) mentre oggi, complice anche il consumismo imperante, è diventata la normalità... anzi, rispetto al calendario che viene mostrato, oggi in tanti lo hanno già addobbato prima di lui ma altri s'indignano per fortuna


! Ma almeno fosse solo questo .
Come ogni anno le solite polemiche sul buonismo d'accatto da non confondere con laicizzazione vera che storpia e censura \ riadatta i testi natalizi delle recite ( ecco un fatto recente avvenuto in una scuola ) e le proteste strumentali dei falsi credenti e a tei devoti come a cui replico condividendo il video sotto alle teorie razzistiche \ sovraniste islamicofobiche in quanto non ci sono solo i mussulmani o islamici che non festeggiano il natale e le sue feste . Ma anche altre religioni \ confessioni alcune di derivazioni cristriane cattoliche . Ricollegandomi anche al discorso di prima ,ecco perchè non faccio più , anche a costo di pedere like e deludere chi di voi lettori c'era affezionato o a chi locercava nei motori di ricerca non faccio più la classica guida di sopravvivenza alle festività natalizie .








 
Infatti ormai è come combattere contro i mulini a vento \ una battagli perso visto che i media e internet insomma lo stesso sistema mediatico \ culturale e la massa s'appropriano delle tue stesse armi

....

 tutto  si  ripara  prima  o  poi   basta  volerlo     ed  impegnarsi  . cioè apllicare alle relazioni  (  non solo  sentimentali )  L’antica arte Kintsugi viene dal Giappone e si ispira ai vasi riparati . Infatti   Abbiamo  come  suggerisce   il sito  https://cultura.biografieonline.it/kintsugi-arte-giapponese-metafore/ da me  consultato  e  a da  cui  ho  preso  foto  e  notizie  riortate  sotto   tanto da imparare dai popoli dell’Oriente. L’antica arte giapponese del Kintsugi trasmette una preziosa lezione di vita rivolta a tutti, prendendo spunto dalla sapiente e antica tecnica di mettere in evidenza le fratture dei vasi rotti.

Kintsugi: i cocci di una ciotola riparati con l’oro

Kintsugi: in cosa consiste?
Noi occidentali siamo soliti buttare un vaso quando questo cade e si rompe, seppure a malincuore perché trattasi di un oggetto prezioso. In Giappone, invece, la rottura di una ciotola, di un vaso o di una teiera diventa un’occasione per renderli ancora più pregiati.
Proprio grazie alle fratture provocate dalla rottura, la pratica giapponese del Kintsugi aggiunge valore all’oggetto, evidenziando le linee e restituendogli una nuova opportunità.
Il termine giapponese “kintsugi” deriva da “kin” (che significa letteralmente “oro”) e “tsugi” (che sta per “ricongiunzione, riunione, riparazione”).Kintsugi: due vasi riparati con polvere d’oro. (Foto dal sito: francinesplaceblog.com)

Per rimettere insieme i pezzi di un oggetto rotto i giapponesi utilizzano un metallo prezioso (di solito oro o argento liquido oppure una lacca di polvere dorata). Quando i cocci si riuniscono vengono fuori alcune nervature che rendono più originale il pezzo.
Le cicatrici, anziché privare l’oggetto del suo valore, gli conferiscono un aspetto unico ed irripetibile. Le ramificazioni che si formano per la rottura vengono esaltate con l’applicazione del metallo. La tecnica del Kintsugi permette di realizzare vere e proprie opere d’arte partendo da un oggetto rotto, che per definizione è imperfetto.
Le origini del Kintsugi
Alcuni oggetti laccati sono stati rinvenuti circa 5.000 anni fa. Ciò significa che la tecnica Kintsugi affonda le sue radici nell’antichità. Da millenni i giapponesi utilizzano come sostanza collante la lacca urushi, che si può ricavare dalla pianta “Rhus verniciflua” (Albero della lacca, chiamata anche Lacca cinese).
Alcuni documenti accreditati fanno risalire l’origine di tale tecnica artistica al XV secolo. Si racconta che l’ottavo shogun Ashikaga Yoshimasa ruppe la propria tazza da tè e decise di farla riparare da alcuni esperti artigiani.
Questi applicarono alla tazza dello shogun la tecnica del kintsugi, riempiendone le fessure con resina e polvere d’oro.
Per riparare gli oggetti con questo metodo sono necessarie diverse fasi e inoltre il tempo di essiccazione può consistere in un mese o più.
Kintsugi: dettaglio di una saldatura con l’oro

Il Kintsugi e le sue Metafore per la Vita
Quante lezioni di vita possiamo apprendere dall’antica e sempre attuale arte del kintsugi! La prima, più importante di tutte, è che non si deve buttare un oggetto perché si rompe.
Recuperare un rapporto
Come il kintsugi restituisce nuova vita ad un oggetto rotto impreziosendo le fratture con il metallo prezioso, così nella vita dobbiamo cercare di recuperare le relazioni o i rapporti prima che si logorino del tutto.
Resilienza
Altra lezione fondamentale del kintsugi consiste nell’applicare la Resilienza. Questa è la capacità di reagire alle avversità della vita con coraggio, considerando le esperienze dolorose come occasioni di crescita. Come il kintsugi mette in evidenza le crepe di un vaso rotto, così noi dobbiamo imparare ad esibire e valorizzare le cicatrici della nostra vita, senza vergognarci di esse. Anzi, secondo la metafora del kintsugi sono proprio le cicatrici a rendere un’esistenza unica e preziosa.
Simbolo dello Yin e Yang
Applicazioni moderne delle metafore del kintsugiMentre noi occidentali stentiamo ad accettare le crepe (sia fisiche che spirituali) e piuttosto siamo portati a considerarle come segni di fragilità ed imperfezione, la cultura orientale da millenni accetta e valorizza la compresenza degli opposti, che fluiscono insieme in maniera armoniosa – come lo Yin e lo Yang
I giapponesi, millenni fa, avevano già compreso che le imperfezioni estetiche possono assumere forme nuove rendendo gli oggetti ancora più preziosi. Proprio come succede a noi: chi ha sofferto ed esibisce con orgoglio le ferite dell’anima è una persona consapevole e di certo preziosa per gli altri.
Secondo la moderna psicoterapia, il kintsugi giapponese è un ottimo spunto di riflessione per imparare la resilienza. Una dote che non è innata e che serve a tutti per vivere meglio anche le peggiori avversità che la vita riserva.

9.12.24

non sento l'atmosfera del natale e voi ?

  in sottofondo   
 canto  di natale  dei  Mcr 


Dopo  anni  e fare   guide e  post  natalizi , da  un paio  d'anni  più precisamene  dal covid  , non riesco a farmi coinvolgere e  poi   non sapevo cosa  inventarmi  e che  consigli originali dare  , visto  che  ormai  : tutti i quotidiani ,tutte le riviste e    le trasmissioni  tv    fanno  la  stessa   cosa  . Infatti  anche  se  ho  già  regalato a  " mio


figlioccio "  l'abbonamento  al  settimanale  topolino  , quest'anno   , nonostante  :  la  pubblicità  tv  ,  gli  addobbi delle vetrine  e le luminarie dei comuni   e  dei supermercati  ,  
f ilm ,  le  pubblicità delle  associazioni  Ong   che stranamente   si  risvegliano  a  Natale  ,ecc    non sento  quell'atmosfera  caramellosa      che  si respira    già dalla  fine di  novembre   . Starò visto che mi  sto avvicinando a  i 50    vecchio e   ho ucciso lo spirito natalizio    come  suggerito   dal fumetto  a  babbo morto di zero calcare   da me  precedentemente recensito  https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2024/11/spettliliana-segre-ipocrisia-culturale.htm ( è l'ultimo  post   della    rubrica  diario di Bordo   )  sono il solo a  pensarla cosi  ?.

21.12.23

il mio Canto di Natale



Questa canzone rispecchia il mio stato d’animo ... profonda ... bellissima. L’ ho sempre amata tanto.., oggi ancora di più


Contro l'ipocrisia del natale,il capitalismo sfrenato che gli gira attorno,contro le ingiustizie che in quei giorni (altro che la favoletta del siamo tutti più buoni) aumentano a dismisura...... Vi voglio regalare questo splendida canzone !

20.12.23

Le feste di Natale sono una tortura: ci salverà Pasqua di Massimo Fini e le sedie vuote a Natale, del male che fanno di Roberta broccia di Madre terra amici di cuore

 due  articoli  che descrivono il scrunge  natalizio di cui  avevo parlato   nel post   : <<  mi  avvicino ai  50 e inizio a sentirmi    come    Ebenezer Scrooge  di Charles Dickens  >>

l primo  è  di Massimo fini      da  il FQ  dl 20\12\2023


L’imperativo categorico è: sopravvivere alle Feste. Non sarà facile. Un’impresa, anzi.
C’è innanzitutto la cerimonia degli auguri. A chi farli? Al tuo amico Sempronio, ma Sempronio è anche amico di Caio che è pure tuo amico ma in tono minore e se Caio viene a sapere che hai fatto gli auguri a Sempronio ma non a lui si incazza. E in che forma poi gli auguri? Per telefono no, è seccante e quello ne approfitta per attaccarti un bottone. Per mail o sms? Troppo freddi. Ci sono poi le persone importanti che conosci. Per telefono è escluso, troppo confidenziale. Con un biglietto da visita? A parte che non ce
l’ho, come dev’essere il biglietto? Di cartone spesso? Troppo volgare. Di carta esile? Troppo sparagnino, troppo genovese, troppo ‘stundaiu’.
Finita la cerimonia degli auguri, che può essere risolta solo con difficili algoritmi, viene quella ben più insidiosa e difficile dei regali. Si sa da tempo che il Natale non è più una festa spirituale, ma è una festa del consumo, così si aiuta anche il Pil.
Scendere in strada, a Milano, per i regali vuol dire entrare in una bolgia infernale di persone, di automobili, di ambulanze perché la gente ha il cattivo gusto di ammalarsi a Natale, direi anzi a causa del Natale. La commessa carina, che ti ha sempre trattato bene, con cui c’era un inizio di flirt, è troppo stanca per darti la dovuta attenzione.
Se sei in strada c’è poi il rischio del borseggio. Una mano abile ti strappa dal braccio stanco il miserabile sacchetto di plastica dove hai messo i tuoi faticosi regali. Ma su questo sono preparato. Parto alla controffensiva. Lo scippo l’ho imparato dalla mala milanese che un tempo frequentavo, piccola mala s’intende, non Vallanzasca, perché Renato era al di là della mia portata. A scippo quindi contro scippo. Anche se non potrò beneficiare della benevolenza della Giustizia che è riservata a ‘lorsignori’, corrotti e corruttori, mentre per i delinquenti da strada vale il detto di madama Santanchè: “In galera subito e buttare via le chiavi”. La garantista.
E poi cosa regalare e a chi regalare? Qui si pone il problema, gravissimo, del nonno, che ha perso tutti i cinque sensi. Un quadro, non lo vede. Un disco, non ci sente. Una bella fanciulla, non gli interessa più. Un cavallo a dondolo, ecco questa potrebbe essere la soluzione, sempre che non cada.
La cerimonia delle cene. Oggi impera la famiglia allargata, ma in abitazioni metropolitane sempre più ristrette. Se invita la tua fidanzata, non può ignorare la tua ex moglie, madre dei tuoi figli. Le due ovviamente si detestano. All’inizio cercano di tenere una certa compostezza, come in Carnage di Roman Polanski, ma progressivamente è battaglia aperta. Si strappano l’un l’altra i capelli, si dan botte e a volte si arriva persino all’omicidio che, essendo donna su donna, non può nemmeno essere classificato come “femminicidio” per la disperazione dei compilatori di statistiche. Prevedo un considerevole aumento dei crimini durante le Feste di Natale.
Poi nel periodo 24 dicembre – 6 gennaio ci sono le torpide domeniche “di sole a tradimento”, come direbbe Ivano Fossati, peccato che siamo in inverno, in cui non sai che fare. Se vuoi andare a pranzo o a cena, dai più grandi ristoranti alle bettole più sordide, ti dicono che devi prenotare una settimana prima e che ne so se tra una settimana son vivo, soprattutto dopo le fatiche del Natale? E poi son domeniche senza calcio. E che può fare un pover’uomo senza nemmeno il calcio?
Se poi hai la disgrazia di essere un editorialista il giornale ti chiede dei pezzi particolari sul Natale, e tu non puoi spiegare al tuo Direttore, Marco Travaglio, cattolico, apostolico, romano, che del Natale e della nascita del Cristo non te ne importa un cazzo. Per quanto liberale il Marco Nazionale ci resterebbe male.
Arriva finalmente a liberarci l’Epifania che “tutte le Feste le porta via”. Ma i pericoli sono sempre in agguato. Perché incombe il Carnevale, altra festa che ha perso di senso perché ormai è carnevale tutto l’anno. Solo la Pasqua, giorno della resurrezione del Signore, e anche nostra, verrà a salvarci perché vale ancora la massima: “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”.

 il  secondo della    sagace    

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Persona più attiva
  
L’altra mattina la mia mamma mi ha chiamato e mi ha detto: “Ho letto un articolo che parlava delle sedie vuote a Natale, del male che fanno”, e le tremava la voce mentre parlava. Io, poi, a queste sedie vuote ci ho pensato per tre giorni, un po’ anche di notte, e mi ci è venuto perfino il mal di pancia, perché a me la tristezza si accumula tutta lì, nemmeno nel cuore o nella testa. Nella pancia.
A un certo punto, però, mi sono detta: “se tutti stiamo a pensare alle sedie vuote, a quelli che non ci sono, a chi non c’è mai stato, a chi non c’è più, chi ci penserà a chi è rimasto? A chi c’è ancora, chi ci pensa?” A me il Natale non fa tanto bene, perché mi ricorda quanta magia perdiamo per strada, mi ricorda quante speranze mandiamo al patibolo senza nemmeno accorgercene, e insomma: ci sono giornate che mi piacciono di più, tipo il primo giorno di primavera, il giorno in cui cambia l’ora e ci regalano un po’ di luce, il giorno in cui mi sveglio e gli alberi del mio viale sono arrossiti e si preparano a spogliarsi davanti a tutti. Eppure quest’anno voglio provare a viverla meglio, quest’anno ho un buon proposito per oggi (mi piace andare per gradi, un giorno alla volta, perché poi domani chissà). Oggi voglio pensare alle sedie piene, a quello che è rimasto, a tutto quello che è sopravvissuto, a tutto quello che c’è. Alle sedie vuote rivolgerò un sorriso, e non si offenderanno...
Chi non c’è più non si offende se ogni tanto proviamo ad essere felici.

7.12.23

mi avvicino ai 50 e inizio a sentirmi come Ebenezer Scrooge di Charles Dickens

Quest'anno  , almeno per  ora , l'atmosfera  caramellosa e  sdolcinata   delle festività natalizie e  di  fine  d'anno  ( soprattutto quelle  del  24\25    31 dicembre  e   del  1   e 6  gennaio )   , non  mi  attrae   , starò  diventando vecchio  scorcubitico  visto  che   macano  2 anni  al mio  giro  di boa .. ehm  ..  ai 50  ? o forse  ho ucciso il bambino che  è  me  e  che  aspettava  fino  a  qualche  anno fa    con ansia il natale    e  inizia a pensare  ai regali   \  ini   da    fine  ottobre   \  primi di novembre    ?
Quest'anno , dopo la  pausa     per  la  pandemia  o per  la serie  di  lutti dell'anno scorso    non faccio la  guida  di sopravvivenza  alle festività natalizie   . Anticipo le  vostre  eventuali   domande  sul  perchè .


  1)  visto tutti  media o pseudo tali  cartacei    e  non   ne  offrono   in ordine sparso  una  guida  oltre  ai classici  consigli    su come feseggiarlo  ,  cosa  regalare  ,   cosa  mangiare  , ecc  è difficile trovare  argomenti o riuelaborazioni      originali     e non ovvie  ed  scontate 2) nessuno di  voi     replicava    con suggerimenti  o   con proposte  alternative    se  non con   un conformistico   mi  piace  \  sono  d'accordo 3) mi  chiedevo   per  chi  lo facessi     come   come questa fasmosa canzone di Rik Gianco .

Magari chissà   all'ultimo   come  nel personaggio di Charles Dickens citato nel  testo prenderà anche  me . la vita   è  strana  ed  imprevvedibile   .  Magari   sarà  un incubo   come   il  romanzo  di natale     di D . Infatti  mi   è rimasto  anmcora   qualche  scoria   degli anni  scorsi    della  mia  gioventù 😁😂🤗 quindi  comunque la pensiate   Tanti auguri  di buone feste 

23.12.22

laicità non è rinunciare alla natività o al presepe nelle scuole per il politicamente corretto e astruse paure di offendere le altre religioni

  canzone  suggerita 

Avanzi Sound Machine - Laico Reggae


IL post     riportato  su  fb e   su queste  pagine  in cui  definivo   la  scelta   di  non far  fare la natività   nella recita   come   un  sorta  di buonismo  d'accatto    ha  creato una  interessante    discussione  ma anche accuse    riassumibili   in questo  botta   e   risposta  



 **** <<buonismo d'accatto? Cosa è che non capisci di questa frese?Dopo un primo scontro sulla composizione del Presepe, la piccola comunità di Belmonte del Sannio si è divisa sulla Natività a scuola tra chi sostiene le rimostranze del parroco e chi, al contrario, approva la scelta laica della scuola.>>

IO  <<  veramente quello non laicità .laicità non è vietare le manifestazioni religiose . buonismo d'accatto significa rinunciare alle proprie per paura d'offendere gli altri che poi in realtà non si offendono mica almeno la maggior parte >>


Ma  allora  cosa  per  te la  laicità ? cosa  intendi  per  buonismo  d'accatto  mi  chiedono   da  più  parti  . Laicità io   intendo  Un  punto d'incontro  tra  fedi  \  religioni   diverse, il  non dover  imporre   agli altri  la propria   il lasciare a gli altri  la  libertà  di  praticare i propri   se non violano le  leggi dello stato

, la  dignità umana  , il non  usare  la fede    per  scopo politico    ma  separarla  d'esso  il  più possibile    ecc .  Buonismo  d'accatto   il   rifiutare   di praticarla   per paura  \  ipocrisia dello pseudo politicamente  corretto  o perché  te lo  chiedono  . Comunque   ha  riposto   per  me  la nostra utente  Daniela  Tuscano a chi   dice  : << Noi siamo cristiani, loro musulmani, non cercassero di intimidire chi li ospita e li sfama . Gesù Cristo è nato per tutti, anche per loro che non lo vogliono, ma su tutto non lo meritano . Io credo in Cristo, il resto degli ospiti vadano alla Mecca e non rompano i cosiddetti a noi, come loro pretendono di essere rispettati. Viva Gesù,la grotta e il "cadaverino". È ora di dire: BASTA" . Buon Natale Italia.>>

<<  musulmani non c'entrano niente. Come hanno scritto altri non aprite mai i link. Insegno da più di 30 anni e la mia scuola è molto multietnica, abbiamo tantissimi allievi musulmani (proprio ieri gli ho fatto gli auguri di Natale) e NESSUNO si è mai lagnato per presepi, canzoni ecc. Qui però devo contraddire anche Giuseppe Scano, non sono gli "pseudo cattolici" a voler cancellare il Natale col pretesto di non offendere i musulmani (che, come abbiamo visto, non si offendono affatto). Sono gli occidentali cosiddetti progressisti, inclusivi (quanto detesto questa parola), terzomondisti da salotto. Normalmente sono atei. In verità sono più che altro anticristiani. Cioè: non credono in Dio, questo è sicuro. Però il loro obiettivo ultimo è quello di eliminare il cristianesimo e solo quello. Vi siete mai chiesti perché non abbiano alzato un fiato per Asia Bibi, Huma Younus, Leah Sharibu e tutte le vittime della furia jihadista soprattutto in Nigeria? Primo perché non ne sanno nulla, secondo perché, se lo sanno, se ne sbattono. Anche le persone sopra nominate sono extraeuropee, non bianche. Ma, in quanto cristiane, appartengono alla "concorrenza", e a questi "inclusivi" delle mie pianelle non interessano più. Questi "inclusivi" odiano tutto quanto arrivi dall'Occidente senza capire che 1) il cristianesimo non è "occidentale" bensì universale e, se vogliamo farne una questione geografica, proviene dall'Asia non da qualche anfratto celtico; 2) essi stessi, malgrado gli dispiaccia, sono occidentali come e più degli altri, e ignorano p. es. che i musulmani non hanno alcun rispetto per chi rinnega la propria storia. 3) Senza contare che molti figli di immigrati sono cristiani di confessione ortodossa. Dalle mie parti (Milano e provincia) la comunità egiziana è molto forte. Ma accanto ai musulmani ci sono anche tanti cristiani: in una mia classe se ne trovano cinque, per tacere di due ragazze romene e una albanese, a fronte di quattro islamici (una curda, benché non praticante). 5) I cristiani copti sono generalmente molto devoti, piuttosto conservatori e non molto diversi come temperamento dai musulmani ma anche vivaci e leali. Come la mettono gli "inclusivi" con loro? Come li considerano? Alcuni hanno avuto parenti che nel paese di origine hanno subito violenze dai jihadisti: come accoglierebbero la notizia di abolire una festività cristiana che essi attendono con fervore (festeggiano quando per noi è Epifania ma osservano anche un digiuno prenatalizio di 40 giorni) ? Insomma questo ciarpame politicorretto ha sfracellato i maroni. È una moda dei paesi anglosassoni che cercano di importare qui benché da quelle parti sia già irrancidita. A tutti questi "all inclusive" io pagherei un biglietto di sola andata in uno dei loro "amati" paesi fondamentalisti... Tempo dieci minuti e vedreste come frignano per tornare>>




 


25.12.21

Il cibo e il Natale ci ricordano che la religione è una cosa vivae fa fa parte nel bene e nel male di ciascuno di noi

 generalmente  sui media  in questi  giorni   si  è parlato  solo  di  cibo    come  problemi  di salute  e    di  psiche   . Ma  il cibo  è anche  ; spiritualità  ,  religione  ,     convivialità  , scambio culturale  .
Infatti  rimettendo   in ordine le mie  email  ho trovato    questo interessante   articolo   di CLAUDIO FERLAN pubblicato    per     editorialedomani    del  21 dicembre 2021 • 20:48

A family prepares cookies during the first day of Eid al-Fitr holiday in Basra, Iraq, Thursday, May 13, 2021. Eid al-Fitr marks the end of the Muslims' holy fasting month of Ramadan. (AP Photo/Nabil al-Jurani)





  • Siamo prossimi al Natale, una festa che talvolta dimentichiamo essere religiosa, presi dallo shopping furibondo e dalle prospettive d’ingrasso più o meno comunitario.
  • Le scienze umane e sociali interessate alla questione religiosa dimostrano da tempo grande attenzione per il tema ricorrente dell’adattamento culturale nell’esperienza di fede.
  • Che si tratti di come mangiare o bere, di come vivere o di come pregare, la storia è piena di esempi di religioni fai da te.
Siamo prossimi al Natale, una festa che talvolta dimentichiamo essere religiosa, presi dallo shopping furibondo e dalle prospettive d’ingrasso più o meno comunitario. O forse non lo scordiamo affatto, semplicemente ci adattiamo a quella che già sulle pagine di questo giornale è stata segnalata essere una delle più diffuse forme di credenza del nostro tempo: la religione fai da te, raccontata in un bell’articolo firmato da Mark Alan Smith e dedicato agli Stati Uniti d’America. Smith ci racconta come nel bagaglio religioso spirituale individuale siano sempre più presenti «chiromanzia, chiaroveggenza, purificazione dell’aura, lettura della sfera di cristallo, analisi dei sogni, bilanciamento dei chakra, lettura dell’aura psichica, regressione della vita passata e lettura dei tarocchi». Insomma, date delle attitudini religiose, ciascuno sembra libero di amalgamarle come meglio crede. Si tratta di un segnale solo americano? Si tratta di un fenomeno proprio del terzo millennio, storicamente connotato? No e no. Facciamo però un passo indietro per definire meglio l’oggetto del ragionamento. Le scienze umane e sociali interessate alla questione religiosa dimostrano da tempo grande attenzione per il tema ricorrente dell’adattamento culturale nell’esperienza di fede, quella vissuta individualmente prima ancora di quella comunitaria. Antropologia, storia, sociologia, psicologia e teologia riflettono su quella che, con metafora culinaria, è definita religion à la carte o, con immagine differente, patchwork religion. Sono passati dieci anni, per esempio, da quando in un articolo di presentazione di un progetto sulla spiritualità contemporanea guidato dall’università di Bielefeld, la psicologa delle religioni Barbara Keller parlava di «un trend verso una religione patchwork» individuale riconoscibile nelle società europea e americana contemporanee. L’espressione «patchwork religion» valeva (e ancora vale) a descrivere quel fenomeno che induce un sempre più rilevante numero di persone a prendere in prestito elementi dalla tradizione cristiana, dalle religioni asiatiche, da movimenti esoterici e spiritualisti per creare la propria fede/spiritualità individuale.Le convinzioni personali sono sempre meno facilmente identificabili con un sistema di credenze. Tendiamo a costruire la nostra identità religiosa attingendo a insegnamenti provenienti dalle culture e dalle fedi più disparate: lo possiamo fare anche perché è sempre più agevole attingere alle fonti di questa conoscenza; non serve neppure una biblioteca, basta una buona connessione e possiamo consultare una moltitudine di testi considerati sacri.Quanto poi l’interpretazione individuale sia capace di rimanervi fedele, questo è un altro discorso. All’emergere di una spiritualità cucita su misura contribuisce anche la decisione di molti e molte credenti di staccarsi dalle strutture ecclesiastiche religiose organizzate, percepite come inutili perché bastiamo a noi stessi.
Tra le componenti dello stile religioso personale una certa rilevanza la possono acquisire, ed effettivamente lo fanno, le norme alimentari. La stragrande maggioranza delle religioni detta delle regole in relazione alle privazioni della tavola, proponendo ricette che non solo da oggi si mescolano a norme mediche, spirituali, comportamentali. Un buon esempio è la Fastenwoche (settimana del digiuno), ideata da Otto Buchinger (1878-1966) e piuttosto diffusa in Germania e in Austria: ai partecipanti è richiesto di nutrirsi di soli liquidi. L’elenco comprende succhi di frutta, tè e una Fastensuppe (zuppa del digiuno), poco golosamente costituita da acqua senza sale nella quale vengono fatte bollire varie verdure. Si aggiungono alla dieta una significativa attività fisica, una vita in stretto contatto con degli sconosciuti. Ci si affida, in definitiva, a un digiuno per il benessere privo di medicine. Non mancano i rituali di purificazione, come quelli previsti per il cosiddetto “digiuno olistico”, fatto sì del rifiuto temporaneo di qualsiasi cibo solido, ma anche dell’ingestione di importanti quantità di liquidi e dell’uso di pratiche più radicali di lavaggio dell’intestino, come il clistere. Chi ha sperimentato tali esperienze ha parlato di «purificazione rituale», alla quale non sono estranei il rifiuto della società dei consumi e l’impegno ecologico. Quest’ultimo prevede, una volta terminata la Fastenwoche, il rifiuto da ogni tipo di cibo non biologico o a chilometro zero.In Germania ha preso piede anche il cosiddetto digiuno interreligioso, spesso significativamente organizzato nei locali di antichi monasteri sconsacrati: l’aura del luogo probabilmente conta parecchio. Mi limito a richiamarne una in particolare, condotta da una guida spirituale ispiratasi a quattro diverse tradizioni: cristiana, indiana di Sai Baba, buddhista tibetana del Dalai Lama e giapponese del Reiki.
In casi simili non siamo certo di fronte a una riproposizione delle tradizioni monastiche, ma a qualcosa di nuovo, alla trasformazione di una pratica antica che anche grazie al luogo di culto o presunto tale mantiene la propria connotazione religiosa (non solo spirituale), reinterpretandola e riconoscendo a chi propone questo tipo di offerte una dimensione missionaria, intesa come opportunità d’incontro.I
Che si tratti di come mangiare o bere, di come vivere o di come pregare, la storia è piena di esempi di religioni à la carte. La spiritualità degli indigeni nord e sudamericani ne è ricchissima, per come ci è stata raccontata dai coloni e dai conquistatori del nuovo mondo.
L’impatto con la lontanissima cultura cristiana ha dato vita a innumerevoli reinterpretazioni, alcune destinate a sopravvivere (candomblé, vudù, religione del peyote), altre all’oblio (la storia delle Americhe ci narra di molti profeti finiti male come lo shawnee Tenskatawa, il paiute Wovoka, l’inca Túpac Amaru II).Ogni religione, come opportunamente sostenuto da molti studi, è composita, tanto che per gli storici spesso non è possibile definire cosa provenga da una tradizione, cosa da un’altra.Torniamo al Natale, e alla sua assodata origine pagana, legata al solstizio d’inverno e alla festività romana del “Sole invincibile”. Fu l’imperatore romano Aureliano a istituire la festa del Sol Invictus il 25 dicembre 274. E fu Costantino, pochi decenni dopo (330), a mutare la ricorrenza pagana in cristiana, scegliendo quella data per la nascita di Cristo. Fino a quel momento, non vi era uniformità nella comunità cristiane e la celebrazione del compleanno di Gesù si collocava di solito il 6 gennaio, ma la data poteva differire di luogo in luogo. La scelta di un sovrano, però, non è “fai da te” e coinvolge quantomeno tutti i suoi sudditi. Costantino riuscì persino a cambiare nome al giorno del sole (dies solis, come rimane valido per l’inglese sunday o per il tedesco Sonntag), che divenne giorno del Signore (dies dominidimanche, domenica).Il punto centrale che fa di una scelta personale un movimento e non una semplice religione patchwork è proprio questa: l’adesione collettiva. Per quanto possiamo apprendere dai documenti, sono sempre esistiti fenomeni minoritari per cui le e i credenti hanno preso in prestito elementi da più parti per creare la propria fede/spiritualità individuale. Il fatto è che non tutti, non tutte erano sovrane o sovrani, profeti o profetesse, leader carismatiche o carismatici. Per questo non ne sappiamo nulla, a meno che la nostra curiosità o la nostra professione non ci spinga a studiarli, questi fenomeni. Ricordiamoci però di una cosa almeno: nessuno assimila e rappresenta integralmente una tradizione religiosa, una quota di interpretazione personale ci sarà sempre, anche nei più rigorosi difensori di questa o quella fede.È per tale ragione che si moltiplicano i movimenti, che la religione è materia viva, in divenire, è per questo che risulta difficile pensare «Dio (o dio) è morto».

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