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26.9.25

Tutto è in vendita (anche tu?) Da Bernays alla pubblicità "in tutto": breve genealogia della mercificazione totale di Luka Petrilli

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vendersi  o non vendersi  ?  LETTERA APERTA - Non dimentichiamo mai chi siamo: preti. Il vangelo non è un like \ scambio   d'opinioni  fra  Il sacerdote-influencer  -- Don Alberto Ravagnani   che vende integratori sui social  e  don Fortunato Di Noto

 da  

Meno Rumore menorumore@substack.com  newsletters  di  Meno Rumore | Luka Petrilli | Substack

















Nulla più sfugge alla logica della merce. Non solo i beni materiali, ma anche le idee, le emozioni, le relazioni: ogni cosa assume una forma commerciabile, utilizzabile. Persino il linguaggio con cui ci presentiamo al mondo è permeato da metafore economiche: nella vita bisogna “sapersi vendere”,
“posizionarsi bene”, “costruire il proprio brand personale”.
Non è più sufficiente possedere competenze o qualità: bisogna metterle in scena come stessimo costantemente in vetrina, calibrando la propria immagine, la narrazione di noi stessi che lasciamo agli altri e la desiderabilità che traspare dalla nostra presenza - specialmente online.
Ciò che un tempo apparteneva alla sfera privata – fotografie, momenti di intimità, esperienze quotidiane – oggi circola come capitale simbolico, esposto in una vetrina digitale che promette visibilità, consenso e riconoscimento.
Uno scatto ingenuamente condiviso sui social ha in fin dei conti lo stesso scopo di qualsiasi mezzo pubblicitario: catturare l'attenzione di un audience, piccolo o grande che sia.
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La genesi della pubblicità moderna
Per comprendere come siamo arrivati a questo punto bisogna tornare a un passaggio cruciale del Novecento: l’opera di Edward Bernays, nipote di Freud, che gettò le fondamenta della propaganda - e della pubblicità - moderna. Con il suo libro Propaganda (1928), Bernays mise nero su bianco le teorie che lo hanno portato al massimo successo nell'opera di convincimento altrui: il consenso non si ottiene con argomenti razionali, ma con simboli capaci di agire sull’inconscio collettivo. Bernays nelle sue campagne non ha mai venduto prodotti, ma dei significati.
I lavori a lui commissionati sono ormai leggendari casi di studio:
trasformò le sigarette da vizio stigmatizzato a un simbolo di liberazione femminile, aprendo il mercato del fumo alle donne con l’immagine delle “torce della libertà”: signorine appariscenti vennero immortalate durante la parata pasquale di New York del 1929 con la sigaretta in mano e furono "vendute" a stampa e pubblico come simboli dell'emancipazione femminile;
la colazione americana a base di bacon e uova non nacque da una condivisa tradizione alimentare, ma da un piano di marketing su larga scala ideato da Bernays col consenso di medici compiacenti e finanziato da produttori di pancetta;
in ambito governativo fu membro del comitato che lavorò per spingere l'opinione pubblica degli Stati Uniti ad accettare l'ingresso nella prima guerra mondiale ed ebbe un ruolo decisivo nell'uso delle trasmissioni radiofoniche per aumentare il consenso del presidente Roosvelt
È da Bernays in poi che la pubblicità si emancipa dal semplice commercio: non serve più a informare i cittadini su determinati servizi o prodotti, ma a modellarne i desideri e l'opinione.
D'altronde fu lui stesso, nell’incipit della sua opera principale, a definire la propaganda necessaria anche (e forse soprattutto) in un regime democratico:
La manipolazione consapevole e intelligente delle opinioni e delle abitudini delle masse svolge un ruolo importante in una società democratica. Coloro i quali padroneggiano questo dispositivo sociale costituiscono un potere invisibile che dirige veramente il paese. Uomini di cui non abbiamo mai sentito parlare governano i nostri corpi, modellano le nostre menti, foggiano i nostri gusti, suggeriscono le nostre idee. E questa è la logica conseguenza del modo in cui è organizzata la vita democratica, in cui una gran massa di esseri umani, se vuole vivere insieme come una società, si trova costretta a cooperare.

Edward Bernays — Propaganda




La mercificazione totale
La logica della mercificazione delle opinioni e delle idee si è estesa ben oltre i confini dell’impresa. Oggi non esiste più un “fuori dalla pubblicità”. Ogni foto condivisa, ogni reel, ogni annuncio, anche politico, è un atto di marketing. Le immagini ufficiali dei vertici internazionali sono curate come campagne pubblicitarie, costruite per trasmettere a volte forza, altre unità, altre consenso. Non sappiamo mai se siamo davanti a pura informazione o a un messaggio promozionale: la linea di demarcazione è ormai sfumata, quasi assente.
La comunicazione è stata interamente assorbita dalla logica del marketing. Non si tratta più di trasmettere contenuti, ma di generare attrazione, di produrre desiderabilità, di orientare comportamenti, catturare l'attenzione. In questo scenario, l’informazione non è mai neutrale, poiché sempre sospetta di voler vendere qualcosa, fosse anche un’idea politica o un’identità culturale.
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La colonizzazione di tutte le età
Il processo non risparmia nessuno. Gli adulti sono quotidianamente bombardati da messaggi pubblicitari che non si limitano a proporre, ma profilano e modellano, sfruttando i dati personali per rendere ogni bisogno prevedibile e anticipabile. Gli adolescenti vivono immersi in un ecosistema in cui il valore di sé coincide con la capacità di produrre contenuti e di trasformare la propria esistenza in una merce appetibile, tanto che le stesse esperienze, vanno prima rese presentabili, poi vissute.
Persino l’infanzia è diventata un bersaglio sistematico del marketing: canali televisivi da bambini saturi di spot, influencer che recensiscono giocattoli su YouTube, cartoni animati che fungono da punto di partenza di un funnel che vuole condurre al merchandising. L’innocenza infantile è quotidianamente infiltrata da logiche di consumo che ne plasmano i desideri prima ancora che si sviluppi una reale capacità critica.
La cosa preoccupante è che questo non genera alcun dilemma etico: giudichiamo tendenzialmente normale che ogni spazio della nostra esistenza quotidiana e ogni età della nostra vita, siano costantemente colonizzate da contenuti pubblicitari. I bambini, come gli adulti, gli anziani o i giovani sono semplicemente un target come un altro da convertire.



Rompere il vetro!
Ed eccoci alla domanda che inquieta sullo sfondo: che tipo di società è quella che costruisce la propria sopravvivenza sulla generazione incessante di bisogni indotti? Che non educa al discernimento, ma alla ricerca compulsiva di gratificazioni?
La mercificazione totale non è semplicemente un fenomeno economico: è un paradigma antropologico che ridisegna la società, trasformando gli esseri umani in unità interscambiabili, masse da convincere, addomesticare, portare dalla propria parte. Una società simile non abita più il tempo, ma lo consuma, bombardata dal rumore costante degli infiniti input che gli vengono rivolti contro in attesa della reazione, del click, dell'acquisto, dell'applauso.
Forse, l'unico atto seriamente di rivolta, sarebbe quello di prendersi una pausa, smettere di "vendere se stessi": come un manichino che, stufo di starsene in posa davanti agli occhi degli altri, sfonda il vetro ed esce dalla vetrina.


Fammi sapere cosa ne pensi nei commenti in basso! E se questo articolo ti ha donato uno spunto di riflessione, condividilo con chi potrebbe trovarlo utile! Lo spirito critico cresce solo se diffuso.

29.11.24

Diario di bordo n 89 anno II Spett.Liliana Segre ..... ., Ipocrisia culturale e letteraria italiana ., a babbo morto ed altre letture ., lasciare o restare per morire ? ed altro sul 25 novembre

 Iniziamo   questo  numero da  una  mia lettera  scritta    di getto    alla  Signora  Liliana Segre

in sottofondo    

Spett Liana segre 
Concordo  con lei   quando  dice  che  a    volte   soprattutto  se  manomesse  (  vedi il saggio  la  manomissione   delle  parole    di  G.Carofiglio )   le  parole  sono importanti  e  diventano clave , come  giustamente  ha  fatto  notare  nel  su  recente   intervento   ( corriere  della sera    del  29\11\2024  )  sull'abuso
presunto   della  parola  genocidio usata ormai  sempre più  per  descrivere  le atrocità che  Israele  ed  alcuni  suoi abitanti   i  cosidetti coloni  ,ha  compiuto e  sta    compiendo  . Ma   in realtà le  cose  son più complesse  e  come  giustamente    fa notare    in   suo  recente articolo    : <<  colpisce che alcuni tra i più infervorati nell’uso contundente della parola malata si trovino in ambienti solitamente dediti alla cura, talora maniacale, del politicamente corretto, del linguaggio sorvegliato che si fa carico di tutte le suscettibilità fin nelle nicchie più minute.  (...)   la cultura antifascista e antitotalitaria [  Sic  ] ha avvertito da sempre le implicazioni velenose delle operazioni di negazionismo, riduzionismo, relativizzazione, distorsione o banalizzazione dei genocidi. Di lì passano inesorabilmente le rivalutazioni delle peggiori dittature e le campagne nostalgiche. Da lì parte il sistematico abbassamento degli anticorpi che sorreggono la coscienza democratica dei cittadini. Inquieta che anche alcuni di coloro che meritoriamente si dedicano alla tutela e alla trasmissione della Memoria sembrino non capire che lasciar passare oggi l’abuso del termine genocidio significa produrre una crepa in un argine. E se crolla quell’argine, domani, potrà passare ben altro >>.
Quindi  non usiamo la parola antisemitismo al posto della più corretta antiisraeliana : "L’impennata delle manifestazioni di antisemitismo nel mondo, a livelli mai visti da decenni, dimostra l’effetto devastante delle tossine che sono tornate in circolo." . Si confonde  e  si  fanno tutt'uno   quelle  manifestazioni sono contro la scellerata politica estera di criminali di guerra quali il leader politico di Israele. Gallant etc. come ben chiarito anche dalla Corte Penale Internazionale su cui il vostro Leader osa discutere, così come nei confronti dell' ONU, il cui segretario generale, Antonio Guterres, è stato definito "persona non gradita". Avete scelto di cavalcare un'onda di crimini ingiustificati in nome di cosa? E la Comunità ebraica che posizioni ha preso?   Mi dispiace Sig.ra Segre,  anche  se   ha  la mia  piena  solidarieta   per  i  vergognosi  attacchi  antisemitici      che    ora  più che  mai sta  subendo  , ma si sbaglia perchè :  uno stato un altro popolo ovviamente  senza  generalizzare    che  si  comporta    in   quel  modo    verso un  altro popolo    ,  e   a  dirlo non sono  solo  i non ebrei  ma   sono anche alcuni esponenti  dellla  sua  stessa   religione ,  commette  appunto  un genocidio  . 

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La tragicomica la fuga di scrittori dalla  rassegna    «Più libri, più liberi», in programma a Roma dimostra   di come stia  scadendo    sempre  più la  nostra  cultura  . La pietra dello scandalo è   stata l’invito al filosofo Leonardo Caffo, sotto processo a Milano per maltrattamenti e  lesioni sulla sua ex compagna, in una  giornata  dedicata  a Giulia  cecchetin    e   alle  done  vittime di femminicidio e  violenza    di genere  . Si è si sta  verificando    quello che diceva Nanni  Moretti    anni fa     

Non è  bastato il suo ritiro, né l’appello alla presunzione di innocenza della direttrice  della kermesse Chiara Valerio, << a fermare  una disdetta vissuta >> secondo il giornale IL DUBBIO << dai più fanatici
come un’obbedienza alla purezza.  IL garantismo non c’entra – ha sentenziato uno dei vati del oralconformismo d’élite, Paolo Di Paolo – l’invito a Caffo era  inopportuno . Facendo intendere che
prima di scegliere gli ospiti, la direzione  avrebbe dovuto vagliare denunce, sospetti
e pettegolezzi sul loro privato. Ma  il più «dritto» di tutti è stato l’idolo delle  masse, il fumettista Zero Calcare. Il  quale ha annullato il suo dibattito con  questa motivazione su Instagram: «Mi è  sembrato evidentemente inopportuno  invitare a una fiera dedicata a Giulia  Cecchettin un uomo (confesso che non
sapevo manco chi 🤔 fosse) accusato  di violenza ai danni della sua compagna ». Ma non ha annullato il firmacopie a cui si sottopone  per ore, per la gioia  di pazienti file di fan  acquirenti. >> . Una prova di
quanti zeri e quanta ipocrisa si siano incrostati nelle condotte della cultura  di questo povero Paese ormai sempre allo sbando . 



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Ed   proprio  per    un  caso  che   fra  i  libri       da me  letti in  questo periodo   c'è ......   "A Babbo morto" è un libro di Zerocalcare che racconta la storia di Babbo Natale che muore e viene sostituito da un improbabile Figlio Natale Il libro è a metà tra favola cinica illustrata e fumetto, magistralmente colorato da Alberto Madrigal.
Natale… i regali, il cenone, i parenti… ma ci avete mai pensato alle condizioni di lavoro dei folletti

nella fabbrica di Babbo Natale? Zerocalcare sì, e vi racconta per la prima volta la scabrosa verità dietro al business della consegna dei regali. Bonus! Le anziane rider della Befana scioperano insieme ai minatori sardi (le cui miniere di carbone vengono chiuse perché nelle calze i bambini preferiscono trovare gli orsetti gommosi), per ottenere migliori condizioni di lavoro!Quando finirete di leggerlo vi ripeterete ad alta voce che Babbo Natale non esiste per sentirvi meno tristi !  Quind cari  :  Genitori  ‹‹  se  proprio    dovete fare  figli  ,  almeno dite  loro  la  verità  >>


Gli altri due libri sono due Noir
 Storico quello di Jacopo De Michelis con il suo nuovo thriller La montagna nel lago (Giunti editore) fresco finalista del Premio Scerbanenco, ambientato proprio in quel 1992, è andato invece a scavare nella vita precedente di Junio Valerio Borghese, prima che teorizzasse un colpo di Stato, quando era ancora il capo della X Mas, unità militare autonoma (anche se il Principe aveva aderito alla Repubblica di Salò), che si ritrovò ad avere una sorta di quartier generale, se non altro per la residenza dello stesso
Borghese a San Paolo, sull’isoletta del lago d’Iseo.
Il centro del racconto, però, è a Montisola, poco distante. Muore Emilio Ercoli, un industriale che ce l’ha fatta: subito dopo la seconda guerra mondiale ha costruito in fretta e con successo un impero sulle reti da pesca. Il suo retificio fattura parecchio e riesce a espandersi anche lontano dal lago d’Iseo. Viene accusato dell’omicidio l’ex amico diventato nel frattempo acerrimo nemico Nevio Rota. Così il figlio di Rota, Pietro, dopo una decina d’anni di lontananza (deliberatamente scelta) torna al paesello. È andato a Milano a cercare fortuna infatti, con il sogno di diventare giornalista. Ma alla fine si ritrova a scrivere per un settimanale scandalistico. Non proprio quello che avrebbe voluto. Addio sogni di gloria dentro una Milano in cui resistono i vizi e gli agi, nonostante gli arresti eccellenti, della città da bere (copyright dell’epoca del reflusso).


Ma siamo nel 1992 e piano piano il sistema dei partiti così come l’avevamo conosciuto sta crollando. La Prima Repubblica sta esalando i suoi ultimi respiri.
Il giornalista così si trasforma presto in investigatore e cerca di venire a capo dell’omicidio del rivale del padre, più che altro per cercare di scagionarlo dalle pesanti accuse.
E qui il thriller diventa anche storico, perché ci riporta proprio a quel 1944, quando la guerra stava ormai per concludersi, con la sconfitta ormai segnata di fascisti, repubblichini e degli ultimi irriducibili del regime e non solo. Tra gli irriducibili anche il principe Borghese che aveva fatto di Montisola e San Paolo un feudo personale e che dialogava senza problemi con i gerarchi nazisti, nonostante la diffidenza invece che gli ufficiali del Terzo Reich avevano nei confronti dei fascisti.
In questo libro i fantasmi del passato e i suoi orrori tornano a farsi vivi e soprattutto si agitano su un delitto che per la chiacchierata vittima – non è spoiler: uno che si sapeva muovere saltando da una parte all’altra della barricata, arrivando anche ad approvigionarsi al mercato nero – fotografa in quel 1944 quanto fossero pericolose e molto grigie diverse zone di un Paese lacerato. Anzi, dilaniato.
Un po’ come accade nell’Italia  oggi    dopo il  1989\1992  ,    uno  degli eventi spartiacquee   della  sua  storia   la prima  repubblica  ,   in cui si ritrova a indagare Pietro. I due livelli temporali, 1944 e 1992, squarciano il velo su altrettanti snodi cruciali della storia d’Italia, anche raccontandola (con la forma del romanzo, non necessariamente storico) e passando per il vissuto dei protagonisti.
Tra l’altro, anche qui non è spoiler, alla fine di quel 1992 tutta questa crime story che sarà risolta (andate a scoprire, leggendo questo libro, chi è l’assassino) diventa una trama perfetta da film. E nel 1992 siamo esattamente ai tempi di Twin Peaks, la perfezione di mistero e suspense firmata da David Lynch per la tv. Il produttore cinematografico nel libro di De Michelis – di fronte al dispiegarsi della storia – dice che l’attore che potrebbe interpretare il giovane reporter Pietro Rota potrebbe essere Kyle MacLachlan (il detective DaleCooper protagonista di Twin Peaks). Ma alla fine chi ha ucciso allora Laura Palmer ?

Medico   \  poliziesco  il secondo
di  Silvia  Marreddu   autrice sarda, esordiente, ha presentato al  suo primo romanzo,
L’Attesa, un thriller ambientato tra la Sardegna, precisamente a Olbia, e Bologna. La trama narra Josephine Orrù, una maestra vicina ai quarant’anni, si rivolge al polo sanitario all’avanguardia Fiat Lux di Olbia, dopo il rifiuto di un’ovodonazione da parte della sorella Michelle, affermata data analyst del Tecnopolo di Bologna. Decisa ad andare avanti, Josephine incorre in una complicanza durante un trattamento. Michelle torna in Sardegna per starle vicino, ma percepiscenell’ospedale un’oscura ambiguità e si scontra subito con il dottor Manca che ha in cura Josephine. Michelle ama il mare e ne conosce le insidie; deve addentrarsi in quelle acque per strappare la maschera al Fiat Lux, correndo un rischio che può esserle fatale. In questo avvincente romanzo Olbia appare luminosa e nel suo golfo incombe il Fiat Lux che come il mare, potente e infido, tradirà la promessa di una terra ospitale e accogliente


Una storia ricca di retroscena che rendono la narrazione avvincente e piena di tensioni.Un esordio  discreto  ma  niente  male    , anche se  ancora  un  po'acerbo   Ma  promettente . Sembra   Cosi  vero  e  autobiografico .  



concludo    con  un bellissimo racconto  e   su  una  riflessione   sul 25     novembre2024  appena  passato   perchè tali  giornata  \  settimana  essa non sia   solo una giornata  d'ipocrisia  o  di strumentalizzazione   ideologica   \  politica  






18.11.13

FIRENZE – Muore; corpo su marciapiede per 90 minuti fra l'indifferenza dei passanti

un giusto equilibrio fra indifferenza e morbosità ( fortunatamente questo non è successo , forse perchè si tratta di una grande città , e non di una piccola bidda cittadina )  No  ?  . Mi chiedo ma come mai di solito la generazione dei cellulari sempre pronta a fotografare e mettere su social network tali fatti non sia intervenuta . Forse non non era un fatto eccezionale o siamo assuefatti alla morte ? Mi stavo apprestando a trovare una risposta ma mi chiamano ad apparecchiare per la cena 




da toscana news tramite Oknotizie





FIRENZE – Muore; corpo su marciapiede per 90 minuti

Scritto da: Redazione 18 novembre 2013









FIRENZE - Un malore improvviso e per lui non c’è stato niente da fare. Se n’è andato così un uomo anziano in pieno centro a Firenze, nei pressi di piazza Santa Croce. Una notizia che fa parte della vita e, quindi, può considerarsi “normale”. Ma ciò che desta scalpore è che il corpo dell’uomo sarebbe rimasto sul marciapiede per circa un’ora e mezza.Tutto ha avuto inizio alle 13.15 quando l’uomo si è improvvisamente accasciato. Un giovane medico se n’è accorto ed ha subito messo in atto le pratiche rianimatorie. Ma per l’anziana persona non c’è stato più niente da fare ed il medico, dopo oltre un quarto d’ora di tentativi, ha dovuto desistere. L’uomo è stato quindi coperto con un lenzuolo bianco in attesa dell’arrivo del servizio funebre.Ma l’attesa è stata davvero fuori dal normale. Infatti, i servizi funebri, chiamati per rimuovere il corpo dello sfortunato anziano, sarebbero arrivati intorno alle 14.45, novanta minuti dopo il malore. E, secondo alcune testimonianze, il corpo sarebbe rimasto a terra tra la completa indifferenza dei passanti e i flash di qualche turista giapponese.

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto al  centro    )  considerato il primo tatuat...