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9.4.12

Edith Stein donna totale


Il numero 2 sembra accompagnare la sorte di Edith Stein: nata alla fede cristiana il 1° gennaio 1922, durante la festa della Circoncisione di Gesù, martirizzata ad Auschwitz nel 1942. A 52 anni. Edith Stein riassume tutto: l’ebraismo e il cristianesimo, o forse solo Gesù, un ebreo osservante e, al tempo stesso, uno strano ebreo: un ebreo che trascende l’ebraismo per giungere alla pienezza di un’umanità totale, ricapitolativa, senza più religione, perché di ognuno.
Edith Stein fu la prima a svelare questa realtà scandalosa ancor oggi, l’appartenenza di Gesù al suo popolo, allora del tutto accantonata se non addirittura negata con forza. È stata di ognuno (e di ognuna) mantenendo la propria originalità.

A lato: il fonte battesimale di Edith Stein nella cattedrale di Bad Berzagern. Sotto: un monumento alla filosofa.



Mi occupai di lei già anni fa. Ma, in occasione del settantesimo della morte (cadrà, più precisamente, il 9 agosto prossimo) e del 90° del battesimo, in tempi, se non altrettanto calamitosi come quelli in cui le toccò vivere, senz’altro assai duri, funestati da miseria, violenza, intolleranza, misoginia e razzismo, la sua figura splende più attuale che mai. Giovanni Paolo II la beatificò nel 1998 dopo averla proclamata compatrona d’Europa, e fu una grande intuizione, perché Edith Stein (Teresa Benedetta della Croce dopo aver preso i voti come Carmelitana) impersona il dramma, la complessità, il cuore pulsante del nostro continente. La crisi dell’antropologia cristiana attuale può essere risolta a partire dal suo pensiero, dalla sua attenzione costante, direi costitutiva, alla natura della donna, al suo porla al centro della sua speculazione. Edith comprese che solo una “ruah” (spirito) femminile avrebbe potuto salvare il mondo. La “ruah” femminile, che altrove essa chiama empatia, è la capacità d’immedesimarsi negli altri, il dono di provare pietà e compassione, il compito d’educare la gioventù e la politica alla pace. La “ruah” femminile è collaborazione fattiva e paritaria con l’uomo. Edith pose al centro della sua riflessione anche la questione della sessualità, il significato profondo della relazione dei corpi – e spingeva a una corretta educazione sessuale nelle scuole già negli anni Trenta. Studiare la sua filosofia, oggi, significa non solo comprendere lo spirito e il dramma del

Novecento, ma le premesse per gettare una luce sulla realtà d’oggi: la tragedia dell’individualismo, la prevaricazione tra i sessi che diventa, in ultima analisi, dominio dell’uomo su qualsiasi altro essere vivente: donna, certo, ma anche natura. L’intelligenza “pura”, il raziocinio freddo può portare alla spersonalizzazione e alla spietatezza, e a un’oggettività forse più terribile perché impersonale: questo il rischio della maschilità non illuminata dalla grazia. E un abbandono totale alla vita istintiva, con rischio della castrazione dell’uomo che le è affidato: ecco il rischio della femminilità non guidata. Fonte della sua riflessione è la “donna forte” biblica.

Un ebraismo, il suo, mai rinnegato, anche dopo la conversione. Un ebraismo che la segna fino alla fine, fino al campetto di Auschwitz dove i prigionieri venivano fatti spogliare in attesa di andare a rinfrescarsi nelle “docce”. Chissà cos’ha pensato in quegli ultimi istanti, la filosofa che anni prima, inascoltata, aveva supplicato il Papa di pronunciare una netta parola di condanna contro i persecutori del suo popolo. Forse aveva già compreso che quella “scientia crucis” da lei elaborata, quell’assumersi del cristiano della passione di Cristo e dell’uomo reietto, toccava la sua persona in modo particolare, totale, ultimativo? In quegli anni spaventosi, Edith Stein è stata l’eterno ebreo, la sua parabola ha incarnato e s’è, diciamo, incistata nella vicenda d’un intero popolo e dell’intera umanità. Ma è stata anche – insieme, non malgrado – l’eterno Gesù e l’eterno Cristo, che proprio di lei, di una donna, in quell’epoca e in quel luogo, aveva assunto le sembianze.

5.8.11

Umano, solo umano

È, decisamente, l’estate delle sorprese. Il giovane segretario (…) del Pidielle, l’ex ministro enfant prodige Angelino Alfano (il quale, con raro senso di modestia, ebbe a dire: “Mi considerate troppo giovane? Ricordatevi di Bob Kennedy”) s’è infatti rivelato “nientepopodimenoché” un pugnace comunista. Anzi, un umanista a tutto tondo. Sentite cos’ha dichiarato l’altro ieri in Parlamento: “Da quando in qua sono i mercati che scelgono i governi? Da quando in qua la tecnocrazia s’impone sulla politica? Noi crediamo all’antico e sempre valido criterio per cui spetta ai popoli designare i loro rappresentanti!” (a seguire, scroscio di applausi e di vistosi cenni d’approvazione col capo da parte dei notabili del partito).



Poteva il suo vecchio mentore essere da meno? Nossignori. Non poteva. E infatti ecco uno dei giornali di famiglia spiattellare la clamorosa notizia: “Silvio sfida i mercati”. Incredibile! Già lo immaginiamo, il Cavaliere lancia in resta contro i poteri forti, contro i regimi plutocratici e reazionari che umiliano il “popolo” (o queste definizioni appartenevano a qualcun altro, anch’egli apprestatosi a dichiarare qualche guerra?...). I mercati come il male assoluto, la “tecnocrazia” il nuovo nemico da abbattere. Sono diventati umanisti: evviva!


Ma basterebbe sfogliare distrattamente un vecchio manuale di storia di quarta liceo per scoprire, con buona pace di Alfano che lo ha dimenticato o, quel che è peggio, forse lo ignora davvero, per scoprire che “i mercati” scelgono i governi da almeno tre secoli: da quando, cioè, si è affermata la società liberista e consumista, basata non sull’uomo, non sulla politica, ma sull’accaparramento finanziario. “La strategia neo-liberista per distruggere gli Stati nazionali – osserva Tomás Hirsch [in basso, con Evo Morales] nel suo appassionante La fine della preistoria (Nuovi Mondi, 2008) - si è concentrata su due fronti: screditarli in modo sistematico davanti all’opinione pubblica e indebolire sempre di più il loro potere decisionale. L’immagine pubblica negativa dello Stato è la conseguenza di una campagna mediatica intensa e durata anni, grazie all’uso della tribuna di massa quasi monopolistica fornita dai mezzi di diffusione controllati dal potere economico. Contribuisce a questa ‘crociata’ anche l’endemica venalità della classe politica, che risulta regolarmente implicata in scandali di corruzione con fondi pubblici. La riduzione della capacità decisionale dello Stato è stata un’operazione un po’ più complessa: si è andati dall’estorsione esercitata dal capitale finanziario internazionale ai danni dei paesi, subordinando qualsiasi investimento o credito al mantenimento di certi equilibri macro-economici e a drastiche riduzioni della spesa pubblica, fino all’installazione nella burocrazia statale di una casta di tecnocrati, con l’esplicito mandato di eseguire alla lettera le politiche neo-liberiste, anche passando sopra ai governanti eletti dal popolo. Ecco com’è finito il vecchio e possente Stato, glorioso vertice della ragione umana, massima realizzazione dell’Idea secondo le parole di Hegel, ridotto a un signor nessuno (secondo l’espressione coniata dalla poetessa cilena Gabriela Mistral) dalla spietata combriccola di rozzi mercanti da strapazzo che hanno dominato il mondo e ora degradato alla condizione di un potere prigioniero. È uno spettacolo penoso e deplorevole, difficile da mandar giù per qualsiasi spirito davvero repubblicano. […] Se i governanti [d’una democrazia], una volta eletti, rinnegano questo sacro mandato e si sottomettono, per debolezza o convenienza, a un potere illegittimo (come il potere economico), commettono un gravissimo tradimento politico, riducono la democrazia a una pura formalità e la convertono in un rituale vuoto, spogliato del suo attributo fondamentale”.


Ma questa è esattamente la strategia portata avanti fino a tre minuti fa dalla combriccola berlusconiana al potere, e pour cause, incarnando Berlusconi l’emblema più rumoroso e smaccato del capitalismo in salsa nostrana. Colui che ha massacrato lo Stato piegandolo ai propri interessi di bottega, colui il cui unico dio è il denaro, che ha elevato a valore uno stile di vita reificato ed edonista (e intollerante: in ossequio al più vieto darwinismo sociale, prevalgono i forti e i prepotenti sui deboli e i “diversi”: al capitalismo si affianca sempre il perbenismo borghese da cui il primo è nato, seguito a ruota dal Vaticano, in Italia suo potentissimo e irrinunciabile complice) ora si erge ad alfiere della “volontà popolare”! Si tratta dell’ultima farsa di prestigiatori da strapazzo, ora decisamente frastornati ma, proprio per questo, più incanagliti e pericolosi.


L’agonia è mondiale. Parafrasando Nietzsche, Dio è morto, ma il mondo ancora lo ignora. È morto il dio-capitale, è morto il sistema-liberismo, sono morti i mercati; è finalmente morto, stramazzato, questo falso idolo putrefatto, ma il mondo dei suoi adepti ancora non lo sa. Anzi, ostenta una costernazione ben poco sincera e s’inventa palliativi d’ogni tipo per rianimare quel corpaccione ormai verminoso; mascheramenti patetici, come il capitalista che recita di combattere sé stesso, imbraccia un ridicolo umanesimo di facciata e brandisce l’arma giocattolo d’una pretesa “difesa dei popoli”. No. Qui non occorre alcun Superuomo e stiamo attenti, in Italia, a non lasciarci sedurre dall'ennesimo salvatore della Patria, reiterato esperimento-Frankenstein di questo cadavere in decomposizione: “Putet, quatridauna est!” (puzza, è un cadavere di quattro giorni!). Qui occorre riscoprire, anzi, scoprire l’uomo (declinato anche, e soprattutto, nei due sessi), in tutta la sua interezza e potenzialità. Siamo noi, ancora, il vero continente da esplorare. Umanizzare la Terra: e far piazza pulita delle vetuste maschere che ammorbano ancora il cammino degli individui verso la piena, autentica libertà.




30.5.11

Nord

Amministrative: il centrosinistra vince quasi dappertutto


E' anche centro, anche Sud. Napoli, per esempio. Però lasciatemelo godere, adesso, il Nord. Lasciatemi amare Milano. Il "mio" Milano (al maschile, come usava tra gli antichi abitanti).

Lasciatemelo amare da oriunda. Da una che ci è piovuta a caso, e non sa come. Mica facile, da amare, questo Milano. Lasciatemelo amare con le sue guglie d'oro antico, carolingio, squillante e rasserenato. Oro di guazza e di cieli meno ingombri.

Adesso lasciatemelo solo amare. Forse per la prima volta, da quando ero bambina, accompagnata da mio padre in piazza Duomo a comprare il settimanale "Il Milanese" e a sostare al Camparino. Io ero scura e mediterranea, poi ne sono seguiti altri, più scuri e mediterranei di me.

Sarebbe sbagliato affermare che "ha vinto Pisapia". E, forse, nemmeno (solo) la sinistra, com'è accaduto a Napoli e altrove. Un pochino, abbiamo vinto noi. Un pochino. L'inizio. Laura, Roberto P., Miriam, Rita, Giovanna e tanti altri, quel programma l'hanno stilato insieme, per la prima volta hanno assaggiato quella democrazia partecipativa propugnata per anni dagli umanisti.
Nell'elaborazione grafica, la Madonnina "arancione", colore dei sostenitori di Pisapia in questa tornata elettorale.

Nell'elaborazione grafica, la Madonnina "arancione", colore dei sostenitori di Pisapia in questa tornata elettorale.

Hanno già vinto, perché un barlume d'arcobaleno è per noi fierezza e vento. Ci ha commosso, Giovanna, la scorsa settimana, quando l'abbiamo udita affermare: "Per me Pisapia è anche una persona buona. La bontà non dovrebbe essere una categoria politica. Ma non mi vergogno a menzionarla. Perché in tutti questi anni, siamo stati governati dalla cattiveria". Cattiveria verso le minoranze, i diritti civili, i deboli, gli sconfitti, ma anche e soprattutto, semplicemente, i cittadini onesti. Nella legalità, nel rapporto con gli altri, nella diuturna resistenza nei confronti del "libero mercato" spersonalizzante e inumano.

Hanno vinto, con noi, Gina, Roberto, Luz: amici vissuti solo nella speranza, amici scomparsi nella fede, aspettando un domani che non hanno fatto in tempo a vedere. Amici che hanno lasciato i loro corpi in un(a) Milano all'apparenza distratta, affaccendata e indifferente; amici annoverati tra i mille morti giovani, catalogati da una fredda burocrazia. Corpi sepolti, ma anime salve, che hanno creduto senza aver veduto.

Mi piace vedere Pisapia a Niguarda (cfr. la sottostante foto). Abito nelle immediate vicinanze di questa periferia. Proprio alle spalle del neosindaco si staglia la lapide di un'altra Gina: la Galeotti Bianchi, partigiana, femminista, nome di battaglia Lia. Poco più in là ha sede un teatro popolare, ricordo dei tempi in cui la cultura andava alla ricerca dei poveri, li prendeva a braccetto, li accomodava sulle panche di legno e... forniva loro gli strumenti per raccontar/si.

Anche questo è Nord. Qui noi viviamo. Qui, ci apprestiamo non al potere, ma alla voce.

17.3.11

Giovine Italia


"Esce di mano a lui che la vagheggia/prima che sia, a guisa di fanciulla/che piangendo e ridendo pargoleggia,/l'anima semplicetta che sa nulla,/salvo che, mossa da lieto fattore,/volentier torna a ciò che la trastulla" (Purg., XVI).

Buon compleanno, Italia. Giovine Italia. Sei ancora come quella fanciulletta descritta da Marco Lombardo. Sei "un'anima semplicetta che sa nulla", e che "di picciol bene in pria sente sapore", smarrendosi poi, come nel giardino dell'Eden dopo il peccato di conoscenza. Così, d'improvviso, prima ancora di diventare adulta, ti sei ritrovata vecchia, stanca, spogliata e sterile. "Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?". Hai la Costituzione più bella del mondo, e per quella fame inesperta di vitalità diffusa e infantile permetti pure che la dileggino. E ne ridi, o te ne disinteressi esausta. I tuoi sono i peccati dell'inesperienza e dell'accidia, eppure la tua storia è antica. Culla d'Europa, si diceva con qualche ridondanza. Ma sei restata in culla. Hai accettato di farti violentare da oppressioni, dittature, atarassia e ti sei ninnata in quello stato di soggezione in cui ti ha mantenuto la gerarchia ecclesiastica. Ventre molle d'eterna madre, per una figlia mai svezzata. Italia che oggi vorremmo tornare a definire patria; vocabolo scrostato dagli orpelli nazionalistici e reazionari in cui l'aveva confinato il fascismo e scandito - assieme al celebre Inno del giovane Mameli - nei cori di chi, oggi, si batte per salvare lo Stato di diritto, l'eguaglianza delle leggi, la parità tra i cittadini. Italia che, per questo, sarebbe molto più Matria, e se lo fosse, oggi, ci troveremmo in un grembo adulto, cosmopolita, fecondo. E l'avevano compreso non solo le grandi figure di Garibaldi, Cavour e Mazzini, ma le stesse protagoniste di quegli anni, ancora integre per la scoperta: Anita Garibaldi Ribeiro , prima rivoluzionaria che moglie dell'Eroe. Prima brasiliana che italiana, e per questo, più fortemente nostra. L'unica donna tumulata nel Gianicolo, emblema dell'Indipendenza, è un'extracomunitaria, consorte di un uomo forse troppo vasto per un mondo solo: gliene occorsero, in effetti, addirittura due. Italia terra d'oppressi e perciò in prima fila accanto agli oppressi di tutti i tempi: lo affermava Mazzini e oggi quell'Italia dovrebbe stare accanto ai rivoluzionari arabi e a tutti i popoli che si battono per la democrazia. Non stupisce che a quest'idea di nazione, ma non di nazionalismo, siano del tutto estranee la sindachessa di Milano Moratti e la sua alleata Lega, che l'altro ieri ha preferito rimanere alla buvette mentre in Consiglio comunale, si eseguiva l'Inno di Mameli; mentre la cosiddetta prima cittadina si esibiva dalla sgallettata Barbara D'Urso, a Pomeriggio Cinque, ballando una sfrenata Waka waka. A quest'ultimo personaggio non dedichiamo una riga in più. La sua stretta e particolaristica visione, del resto, è arcitaliana, anzi, italiota: di quell'altra Italia che si rifiuta di crescere, di quell'Italia pargoletta, ineducata, afasica, di quell'Italia levantina e pigra, malgrado si fregi di sano realismo padano. L'Italia adulta, invece, è ancora accennata. In Anita, ma anche in Cristina Trivulzio di Belgiojoso , femminista, politica, scrittrice, e in un uomo, quel Salvatore Morelli , mazziniano, che condivideva col suo maestro, l'insegnante che amava la chitarra, l'idea che una nazione non può essere davvero libera senza il contributo delle donne.

Buon compleanno, Italia. Sei un disegno incompiuto che vorremmo, anzi vogliamo, completare già qui, ora, in questa vita.



N. B.
: Nelle foto di questo servizio, alcuni momenti della mostra Italia Donna, realizzata dall'associazione Riciclando e ospitata a Bresso (Milano), nei locali dell'ex-ghiacciaia.





(Pubblicato anche da
MenteCritica)

12.2.11

Ma che piazze d'Egitto!


In una Milano quasi primaverile gli umanisti si sono uniti agli amici egiziani in festa per le dimissioni di Mubarak. "Rispetteremo i trattati", è l'assicurazione rivolta a Israele dal governo provvisorio. Eppure, mai come in questi momenti, euforici certo, ma non meno reali, si avverte un'inebriante sensazione di spossata felicità; quella felicità che proviamo dopo una lunga, dolorosa, spesso frustrante fatica; una felicità fisica e contagiosa, che ripaga delle sofferenze. Una felicità che segue una vittoria conquistata a caro prezzo, e da soli; "dal basso", come usa dire. "La caduta di Mubarak segna una straordinatia vittoria di popolo - commenta Emanuela Fumagalli di Mondo Senza Guerre (a sinistra nella foto, col cartello giallo). - In diciotto giorni di mobilitazione nonviolenta, resistendo ad aggressioni di ogni tipo, gli egiziani sono riusciti a liberarsi di un dittatore che li opprimeva da trent'anni. Il coraggio e la perseveranza dimostrati dai manifestanti sono un esempio che ci auguriamo altri popoli seguano. E non solo nel mondo arabo. Certo - ammette - la transizione verso una vera democrazia e un cambiamento profondo non sarà facile, e il popolo egiziano dovrà restare vigile e pronto a nuove mobilitazioni, ma da oggi nessuno potrà più affermare che una rivoluzione nonviolenta è impossibile".

"Rivoluzione" è una parola risuonata spesso durante la manifestazione; ma accompagnata da un aggettivo; un colore: bianca. "La nostra rivoluzione bianca", ha scandito più volte un giovane, a sottolineare il carattere assolutamente pacifico d'una protesta che è costata trecento vittime ma ha raggiunto il suo primo, importante obiettivo. E tuttavia, ciò che si è maggiormente invocato, ciò di cui anche dalla piazza italiana viene ripetuto come esigenza non più rinviabile, è un altro vocabolo: democrazia. Forse perché di rivoluzioni abortite questo popolo ne ha subìte troppe, e ora si anela a una normalità compiuta, matura, da paese "adulto". "Quelle dell'Iraq, dell'Afghanistan e dell'Iran sono finte democrazie - si è sgolato un altro ragazzo dai microfoni di un improvvisato furgone pavesato a festa - sono regimi che hanno ingannato e terrorizzato il popolo. Noi non siamo come loro, non vogliamo essere come loro", e ha puntato il dito contro la timidezza delle diplomazie occidentali, incapaci di cogliere la differenza. D'altro canto, gli slogan si sono distinti per una grande positività e propositività: in un'atmosfera di giubilo cordiale e accogliente, siamo stati invitati a unirci ai balli e ai canti della comunità egiziana. Forte e convinta la partecipazione femminile, come attestato da queste immagini. Anche se quella che considero maggiormente significativa è un dipinto, l'enorme pannello a olio che ha accompagnato il corteo fino alla conclusione, in Stazione Centrale. Un dipinto espressionista e naif, che ricorda certe tele sudamericane; un'opera laica e sacra (più che religiosa) al tempo stesso, come ci ha spiegato un amico: "La donna è l'Egitto ["Misr" in arabo, n.d.A.] , ed è nuda perché spogliata di tutti i suoi beni. Ma poi siamo arrivati noi, col nostro sangue, di musulmani e di cristiani, e l'abbiamo coperta con la nostra bandiera. Pian piano, la rivestiremo tutta". Questa donna nuda e casta, povera e solenne, scarmigliata ed elegante, nel portamento e nei misurati gesti, ci pare oggi la perfetta metafora dell'Egitto in marcia, di tutte le sue anime, una spiritualità della nazione originale e inedita, un corpo femminile e simbolico, strappato al Sultano, che chiede solo d'incarnarsi veramente.

Poco più lontano, al teatro Dal Verme (...), l'ultrà cattolico, vergine e devoto Roberto Formigoni, in prima fila al Family Day e strenuo crociato delle "radici cristiane d'Europa", nonché baluardo impenetrabile contro le depravate coppie di fatto, applaudiva i Ferrara, gli Ostellino, i Sallusti; i quali, in una manifestazione parallela denominata in modo immaginifico In mutande ma vivi, hanno difeso con inesausta veemenza il diritto delle donne a prostituirsi per il Sultano. L'altro. Il nostro. Che però, essendo liberale, marca la differenza. Chissà, forse l'espressione tirata di Formigoni denota un soffuso disagio, ben rintuzzato, del resto, dal piatto di lenticchie puttaneggiato col potere. Non abbiamo molto da commentare: ognuno ha le piazze che si merita.

9.1.11

Bella e perduta

"Guarda Nissa". Così mi spiegava nonna Santina ogni volta che a Sanremo, al termine di corso Imperatrice, c'imbattevamo nel monumento a Garibaldi. Non si trattava d'un refuso, "Nissa" era proprio l'antico nome della città che aveva dato i natali all'eroe, e che l'aveva inscritto nel destino: all'anagrafe del 1807 Peppino Garibaldi era infatti stato registrato come cittadino francese, per un complicato rito di cessioni e riacquisizioni attorno alle località portuali e frontaliere. Già straniero in patria, quindi, colui che sarebbe entrato nel mito, anzi, nell'agiografia civile e civica, uno dei rari "santi laici" del nostro Paese. Non poteva, d'altronde, andar diversamente per chi sarebbe stato definito "eroe dei Due Mondi". Ma avrò modo in seguito di analizzare più approfonditamente la sua figura. Adesso, a pochi giorni dall'inizio delle celebrazioni per il 150° dell'Unità d'Italia, voglio soffermarmi su quel monumento, capolavoro Art nouveau realizzato nel 1908 da Leonardo Bistolfi. Che Garibaldi "guardasse Nissa" non mi sentivo di metterlo in discussione; mia nonna ne era troppo convinta, e lo pronunciava con quel tono di ruvida reverenza tipica dei liguri. Ciò nonostante a me pareva che gli occhi fossero rivolti piuttosto a est, sulla spianata baia sanremese di cui, nel 1860, Garibaldi era divenuto cittadino onorario, e più in generale sulla penisola italiana, ormai quasi compiuta, e abbracciata con un sospiro smagato. C'è una gravità rodiniana nel monumento di Bistolfi, che ritrae un Garibaldi ormai anziano, ancor ritto e fiero, ma realistico e quasi espressionista nelle massicce e tozze gambe da marinaio, elevato e però già sofferente, artritico, remoto. Ai suoi piedi, i grossi piedi, sei bassorilievi scandiscono i momenti più alti della sua vicenda umana e nazionale; l'eroe non vi compare mai, sostituito dai compagni d'armi o piuttosto da quelle divinità femminili e decadenti che avrebbero abbellito l'arte ufficiale del giovane Stato italiano, nato monarchia contro la volontà di Peppino. La maestria di Bistolfi ha saputo cogliere l'intimità dell'uomo d'azione, la corporeità e la ricchezza del suo pensiero, quel rammarico per chi e cosa avremmo potuto diventare, e non siamo stati, mirabilmente spiegato da Piero Gobetti. Garibaldi il marinaio, il mazziniano "eretico" ("La mia idea di democrazia diverge da quella di Mazzini, essendo io socialista", ebbe a dire al termine della sua vita, nel corso di una delle numerose schermaglie politiche che contrapposero i due uomini), il massone, il libertador ma anche l'operaio per Antonio Meucci, Garibaldi mitizzato all'inverosimile in quel capolavoro di blasfemia popolare che recitava: "Figli d'Italia, se asciugar volete/di Venezia e di Roma il lungo pianto/poco v'importi se non canta il prete:/queste son le candele e questo è il santo". E l'epigrafe compariva sotto una stampa dove l'eroe era raffigurato su un altare, con tanto di aureola, e contornato da ceri-baionette. Troppo? Decisamente troppo. Ma vi facevano da contrappunto il massacro di Bronte e quel racconto, atroce e bestiale, di Luigi Pirandello, L'altro figlio, dove per colpa dei soldati di "Canebardo" a una madre in gramaglie nere spettava una sorte spaventosa... Unici graffi terrosi che quel mondo primordiale e assetato di viscerale giustizia subirà, scaraventato fuori da qualsiasi storia, condannato a una fissità plebea e furibonda.

Il monumento pare ancora sospirare, adesso. Chissà se avrebbe immaginato gli sberleffi dei leghisti e, prima ancora, dei ciellini, eredi di quei seguaci di Pio IX che l'eroe definì "un metro cubo di letame"? Già, perché a precedere la penosa paccottiglia padana sono venuti i meeting di Rimini in cui si cercava di riscrivere il Risorgimento rivalutando il brigantaggio in quanto "popolare e cristiano" ("il brigante Gasparone ama la mamma e la religgione"), con la stessa virulenza del reazionario Principe di Canosa. E confinando Garibaldi tra i terroristi atei e senzadio.

Il gesto provocatorio della signora Lucia Massarotto che per anni, a Venezia, ha esibito il tricolore sfidando i raduni leghisti.

Si aspettava tutto questo, Garibaldi? Secondo me sì. O almeno lo immaginava. Quel melanconico monumento testimonia la sofferenza d'un uomo che lottò, sì, per amore, un amore maturo (anziano), perciò deluso e imperfetto, largo, come quel suo sguardo verso oriente, protratto sulla lunga e sterminata penisola aurea e tremenda, donna infedele, amante mediocre, ma unica e irrinunciabile.







18.10.09

19 ottobre: anniversario di Aldo Capitini, filosofo religioso, ideatore delle marce per la pace

(Calendario Liturgico: COMMEMORAZIONE, colore liturgico del Tempo)

Aldo Capitini nacque a Perugia il 23 dicembre 1899 da una famiglia della piccola borghesia: suo padre era un impiegato comunale. Conseguito un diploma tecnico, la sua sensibilità ben presto lo porta come autodidatta agli studi classici e umanistici fino a sostenere gli esami liceali ed ottenerne il diploma. Si iscriverà alla Normale di Pisa dove conseguirà la Laurea in Lettere e Filosofia; nella stessa Università lavorerà come Segretario Economo. Con l'avvento della dittatura fascista ed il suo rifiuto di iscriversi al Partito Fascista, Capitini perde il lavoro e per mantenersi deve dare lezioni private. L'atteggiamento alquanto accondiscendente della Chiesa Cattolica Romana verso la dittatura, lo porta ad interessarsi anche dell'ambito religioso, di cui auspica una Riforma che, come nel sociale, vede possibile con il metodo della nonviolenza indicato da Gandhi; inizia in quel periodo la sua adesione anche al vegetarianesimo. Per le sue idee democratiche e antiautoritarie, conosce per due volte il carcere sotto il fascismo. Nel dopoguerra darà vita ad iniziative volte alla partecipazione democratica e in aperta contestazione delle Istituzioni sia Civili che Religiose di carattere autoritario; questo atteggiamento di onestà intellettuale gli costerà l'isolamento sia civile che religioso. Scrive di Capitini il suo amico Norberto Bobbio: "La ragione per cui, in Capitini, la battaglia contro la Chiesa e la battaglia contro lo Stato si confondono, si sovrappongono, è che il nemico è sempre lo stesso: il potere che viene dall'alto, anche se viene là con la coercizione spirituale, qua con la coazione fisica". Aldo Capitini, quest'uomo mite e onesto, professore di Pedagogia all'Università di Perugia, porterà avanti le sue idee anche con importanti scritti come La Compresenza dei Morti e dei Viventi, Vita Religiosa, Religione Aperta. Morirà il 19 ottobre 1968; sulla sua tomba la scritta: "Libero pensatore".


UFFICIO DI SESTA: sal 1 e 8

Preghiera Propria (monaci arancioni)

Signore nostro Dio, nella vita e nelle opere del filosofo Aldo Capitini, noi abbiamo l'esempio e l'insegnamento di un uomo che ci addita la via della nonviolenza che è rispetto delle creature che tu hai voluto. Questo uomo ci indica la via della mitezza e della pace che è profonda comunione con l'esistente, e del Servizio che non è mai esercizio di potere. Donaci sempre di capire che tutto ciò che è potere e violenza non viene da te; tu che nel Logos ci hai ricordato che la religione è per l'uomo e non l'uomo per la religione. Per Cristo, nostro Signore. - Amen.


(grazie a Ronny Rik)

29.9.09

2 ottobre 2009, Milano canta per la Pace

Ovunque. Ormai la Marcia Mondiale si è dilatata a macchia d'olio, con una velocità vertiginosa, e impiegherei giorni interi, forse anche mesi, a stilare lo sterminato elenco di eventi e di adesioni che abbiamo ricevuto. Per questo vi rimando al sito. Ma partiamo tutti il prossimo 2 ottobre. Da Roma a Madrid, dal Benin al Messico, dall'Australia al Medio Oriente, la Marcia c'è. In nome di Gandhi, della pace, di noi. Qui mi limito a illustrare il programma milanese, che si svolgerà appunto il 2/10 in Piazza Duomo. Per l'occasione, il luogo-simbolo della "capitale morale" si trasformerà in un immenso palco di pace e nonviolenza. Dalle ore 10 fino alle 18 si esibiranno compagnie teatrali, e stand di associazioni garantiranno la loro presenza per tutta la giornata. Dalle 18 si terrà un happening con testimonial e personaggi del mondo dello spettacolo, dello sport e della cultura (Emma Re, Gianluca Pessotto, il Trio Medusa, La Pina e molti altri). Alle 18.45, eseguiremo la nota Do diesis per lanciare il progetto Tune the World (Intona il Mondo) mentre il megaschermo, allestito per l'occasione, proietterà il testo Imagine di John Lennon, che canteremo insieme. L’iniziativa sarà seguita da Radio Deejay e Lifegate.
In concomitanza con le iniziative in Piazza Duomo, il carcere di Bollate organizzerà una Marcia per la Pace con i detenuti, la direttrice e la polizia. Presso l’Università Bicocca si terranno conferenze e concerti sulla nonviolenza, mentre al Teatro Smeraldo sarà rappresentato uno spettacolo dedicato ai bambini. Alle 20.15, una compagnia teatrale si esibirà all’Istituto Nazionale dei Tumori. Appoggeremo anche, sabato 3 ottobre sempre a Milano (piazza Duomo, ore 17) la manifestazione per la libertà di stampa e d'informazione.

Ne abbiamo, insomma, per tutti. Ed è solo l'inizio. Nel mondo, e a casa nostra.

In Italia, ogni cambiamento è sempre partito da Milano. Siamo certi che anche stavolta andrà così. In Marcia, ragazzi!

13.8.09

Ormai la conoscono tutti. Ormai lo sanno, che è stata nuovamente, ignominiosamente condannata ad altri inutili, protervi, impacciati, stupidi (poiché inutilmente crudeli) 18 mesi di arresti domiciliari. E' un problema di democrazia, hanno detto. Certo. Perché è un problema di donne. E di uomini.

Non per nulla un raro uomo che l'aveva compreso si chiamava Walt Whitman. For you o democracy, ricordate? No, arrestate i sorrisini. Non alludeva solo al "dolce amore dei compagni". Voleva pure le compagne, lui. Femminista, cioè compiutamente uomo, come Pasolini.

Aung la conoscono tutti, dicevo. Ma non si tratta solo di lei. Isabella Bossi Fedrigotti scrive di donne sole, libere e coraggiose. Concordo solo in parte. Nel suo commento usa il termine "fragilità". Sono forse fragili, Natalia Estemirova, Zarema Sadulayeva, Clotilde Reiss e, nemmeno a dirlo, Anna Politkovskaia e l'arcinota Neda Agha Soltan? E' forse fragile una giornalista come Lubna Ahmed al Hussein, che ha anzi preteso di essere ripresa il giorno che verrà frustata per aver "portato i pantaloni" (contrari alla tradizione islamica secondo le maschie corti sudanesi, e nemmeno sanno, ignoranti!, che lo stesso Profeta che tanto costoro affermano di venerare raccomandava i calzoni per le donne, in particolare per recarsi in moschea). Perché "fragile" è un aggettivo ambiguo, dolciastro, venato d'un tradizionalismo sospetto. Le donne sono sole, da sempre, questo è vero; non potrebbe andare diversamente, in una società dominata dal patriarcato più fosco e vieto. Ma la loro resistenza non è fragilità. A meno che non si consideri fragile un Gandhi, e, perché no, un Cristo, con buona pace del Vaticano che inorridisce al vederlo accostato a una femmina peccatrice.

Non è stata fragile Cory Aquino, prima presidente democratica di un Paese d'Asia (in Italia, una carica del genere ancora non è concepibile). Se ne è andata quasi dimenticata, uccisa da un cancro, mentre la compagna del dittatore assassino di suo marito, quel mélange tra Moira Orfei e Eva Peron Duarte che risponde al nome di Imelda Marcos presentava la sua fastosa collezione di orpelli, e si permetteva pure una preghiera per la "rivale". Santa donna! Magari un domani, sulle gesta di costei, gireranno un film, e pure una canzone; mi permetto di proporne il titolo: "Don't cry for me Philippina".

Non è stata fragile neppure Barbara Bellerofonte, forse per quel suo nome mitologico, peraltro d'un eroe così controverso. Lei no, a differenza delle congeneri sunnominate non era un'eroina. Non ne aveva bisogno, come non ne ha bisogno alcuna donna. La mentalità maschile, sessista e discriminatrice, pervasa da immaginifiche esaltazioni, per arginare il nemico sente sempre l'esigenza di dipingerlo come angelo o diavolo. Ma Barbara, come le altre, voleva solo essere sé stessa, vivere in pace col mondo e nel mondo. In tal senso non c'è differenza tra le coraggiose martiri della libertà e una ragazza calabrese stanca d'un fidanzato violento e prevaricatore, che non amava più. Lui, naturalmente, non poteva sopportare di perdere una "cosa" sua. Libero e spensierato dopo due anni, stranamente l'hanno riacciuffato, e le altre "sue donne" si lagnano frignando, povero, bravo ragazzo... Proust, sia pure in un contesto tutt'affatto differente, parlava di "uomini-donne", ma tra questi ultimi e le "donne-uomo" che perpetuano il machismo, non so chi sia il peggiore. Per loro vale il mio vecchio post; a tanto porta la "cultura" delle veline. E per adesso mi astengo, dato che mi trovo ancora al mare, dall'approfondire il discorso sulla feroce e pronta scomunica del Vaticano della Ru486 e delle donne "assassine" (seguita dalla barzelletta di quello spiritosone del sig. card. Poletto, secondo cui "l'omicidio comporta sempre una scomunica": infatti abbiamo visto come sono stati scomunicati i vari Hitler, Pinochet, mafiosi e pedofili... Il sig. Poletto ignora, o forse non gl'importa, che il numero delle donne vittime di omicidi da parte di mariti, padri e familiari ha superato quelli di mafia). Già lo scatenato don Paolo Farinella ha risposto agl'interrogativi, sia pur retorici, formulati da Vito Mancuso e Franco Monaco. La Chiesa sta coi ricchi, constatava a suo tempo Odon Von Horvàth in Gioventù senza Dio e, più tardi, lo stesso Pasolini. Aggiungiamo: coi ricchi di sesso maschile. Lo capiamo, politicamente è forse stato indispensabile per la sua sopravvivenza nel mondo. In questo mondo. Ma il cristianesimo è altro e altrove, e, come preannunciato, riprenderò il discorso di qui a qualche giorno.

5.7.09

La gloria di Dio risplende sul volto di ogni persona

Dolore e orrore perché il razzismo è ormai “a norma di legge”

“Ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35). La Parola di Cristo porta a compimento la logica della Scrittura dal Levitico 19,33-34 –“Tratterete lo straniero che risiede fra voi come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso”, al Deutoronomio 10,19 – “Amate lo straniero perché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto”, alla Lettera agli Ebrei 13,2 – “Non dimenticate l’ospitalità, perché alcuni, praticandola, hanno ospitato senza saperlo degli angeli”.

Dolore e orrore. Il 2 luglio 2009 è stata votata una legge che rompe l’unità della famiglia umana e ne offende la dignità, prende piede l’idea che esistano esseri umani di seconda e terza categoria, un popolo di “non-persone”, di esseri umani, uomini e donne invisibili. E’ una perdita totale di senso morale e di sentimento dell’umano; questo accade, nel nostro paese che ha prodotto milioni di emigranti. La legge “porterà solo dolore”, osserva Agostino Marchetto del Pontificio Consiglio dei Migranti.
Il dolore nasce dall’orrore giuridico e civile del “reato di clandestinità”, dall’idea del povero come delinquente e della povertà come reato. La legge votata non è solo contraria alla nostra Costituzione ma a tutta la civiltà del Diritto. Punisce una condizione di nascita, l’essere straniero, invece che la commissione di un reato. Dichiara reato una condizione anagrafica. Infermieri, domestiche, badanti, lavoratori (vittime spesso di morti nei cantieri) o persone in cerca di lavoro e di dignità diventano delinquenti. A questo punto, quanti stranieri frequenteranno un servizio sociale o si rivolgeranno, se vittime della “tratta”, ad associazioni volontarie o istituzionali, forze di Polizia comprese, oggi messe in un angolo dalla diffusione delle cosiddette “ronde”? Quanti stranieri andranno a far registrare una nascita, si presenteranno in ospedale per farsi curare? Quali gravi conseguenze questo potrà produrre sulla salute di tutti i cittadini è già stato evidenziato da moltissime associazioni di medici. Siamo il paese di Caino?Abbiamo una legge cattiva che ostacola i matrimoni, rompe l’unità delle famiglie. Si introduce il divieto per le donne straniere, in condizioni di irregolarità amministrativa, di riconoscere i figli da loro stesse generati che diverranno “figli di nessuno”, potranno essere sottratti alle madri e messi nelle mani dello Stato. Neanche il fascismo, hanno rilevato alcuni scrittori, si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi razziali del 1938 non privavano le madri ebree dei loro figli, né le costringevano all’aborto per evitare la confisca dei loro bambini da parte dello Stato. La legge è pericolosa perché accrescerà la clandestinità che dice di combattere, favorirà il “si salvi chi può”, darà spazio alla criminalità organizzata, aumentando l’insicurezza di tutti.
Non c’è futuro senza solidarietà. La legge, tra l’altro, è inutilmente crudele, ricorda don Ciotti. Ci fa tornare ai tempi della discriminazione razziale. E’ una forma di accanimento contro i poveri anche se la povertà più grande, oggi, è la nostra: povertà di coraggio, di umanità, di capacità di scommettere sugli altri, di costruire insieme una sicurezza comune. La sicurezza basata sulla paura sta diventando un alibi per norme ingiuste e dannose, per scaricare il malessere di molti italiani sugli immigrati, capro espiatorio della crisi, bersaglio facile su cui sfoghiamo il tramonto di ogni etica condivisa e della testimonianza cristiana. La tutela della vita e della dignità umana va assunta nella sua interezza per tutti e in ogni momento dell’esistenza. “Non c’è futuro senza solidarietà” scrive il cardinal Tettamanzi. Non c’è sicurezza senza l’aiuto reciproco, senza l’esercizio dei diritti e dei doveri dentro un’azione comune per il bene comune.
Costruire comunità e città conviviali. Benedetto XVI da tempo ci invita come comunità ecclesiale a diventare “casa ospitale per tutti, segno e strumento di comunione per l’intera famiglia umana”. Per il Papa ogni comunità cristiana deve “aiutare la società civile a superare ogni possibile tentazione di razzismo, di intolleranza e di esclusione […]. Solo nella reciproca accoglienza di tutti è possibile costruire un mondo segnato da autentica giustizia e pace vera” (Angelus 17 agosto 2008).
Invitiamo, quindi, le comunità cristiane e tutti gli operatori di pace a mobilitarsi per costruire la pace nella vita quotidiana spesso prigioniera di solitudini, governata dalla paura e coinvolta in progetti tribali e autoritari.
La gloria di Dio. Nessuno ci è straniero anche perché la distanza che ci separa dallo straniero è quella stessa che ci separa da noi stessi e la nostra responsabilità di fronte a lui è quella che abbiamo verso la famiglia umana amata da Dio, verso di noi, pronti a testimoniare la profezia del Risorto che annuncia la pace. “Dio non fa preferenze di persone” (Atti 10,34, Romani 2,11 e 10,12; Galati 2,6 e 3,28; Efesini 6,9; 1 Corinti 12,13; Colossesi 3,11) poiché tutti gli uomini hanno la stessa dignità di creature a Sua immagine e somiglianza. Poiché sul volto di ogni uomo risplende qualcosa della gloria di Dio, la dignità di ogni uomo davanti a Dio sta a fondamento della dignità dell’uomo davanti agli altri uomini (Compendio della dottrina sociale n. 144).
Questi nostri giorni sono difficili ed oscuri. E' stata oscurata la gloria di Dio.

Pax Christi, Domenica 5 luglio 2009
www.paxchristi.it info@paxchristi.it

23.6.09

Occhi di ragazza

Il regime ha dovuto ammettere che sono andati perduti "solo" tre milioni di voti, ma che le elezioni non verranno annullate e che, anzi, la magistratura si appresta a impartire ai ribelli una "lezione esemplare". Quasi sicuramente ci riuscirà. Il potere è ancora forte, coeso, determinato. E la diffusa ignoranza degli osservatori occidentali (anche dei semplici cittadini e/o della società civile) verso la peraltro complicata situazione non solo politica, ma culturale, e direi sentimentale dell'Iran non aiuta a creare, a livello mondiale, una risposta ferma e convincente (ci sta provando Obama, probabilmente l'unico a poterlo fare benché il successo della sua strategia non sia affatto sicuro). L'Islam iraniano non è né quello saudita né quello cupo e truce dei talebani afghani. E i giovani (il 70% del Paese ha meno di 30 anni) che in questi giorni si battono pacificamente (e vengono uccisi) per le "riforme" non hanno in mente una democrazia di tipo occidentale. Certo nessuno di loro rimpiange i debosciati anni dello Scià. Senza volerci addentrare in analisi che occuperebbero molto, troppo spazio, potremmo dire che in loro si agita il sogno di una cosa.

Una cosa che nasce dentro di loro, dal verde della loro religione ma anche della loro età. E che trae radici nell'antichità della loro cultura, vivificata, e resa fiammante, dal contatto con l'esterno che pure essi hanno, grazie soprattutto ai mezzi informatici. Non sorprende che il regime cerchi in tutti i modi di sopprimerli.
Una cosa che non appartiene a un solo Paese, ma a tutti i Paesi d'ogni latitudine, che viene raggiunta, agognata, ricercata con ogni mezzo: chiamatela umanità, dignità.
Video delle manifestazioni sono facilmente reperibili dal web. Io ho scelto, per il suo valore simbolico, la protesta di medici e infermiere di un ospedale di Teheran. Questa è gente che si vorrebbe spacciare per sovversiva, al soldo degli americani, spie ecc. ecc. Sfila un intero Paese di volti bellissimi, freschi, all'adolescenza della storia. E sono moltissimi volti femminili.
Due occhi giovani, giovanissimi, di sedicenne hanno fatto il giro del mondo assieme a quel volto di bambola tumefatta, lo sguardo ormai sbilenco, semiaperto da un lato e schiacciato, sepolto dall'altro. Il nome è Neda e anche quello lo conosciamo tutti. Oggi da qualche giornale abbiamo scoperto pure che amava la musica e che è stata colpita proprio mentre scendeva dall'auto col suo insegnante. A raccontarlo è stato il fidanzato, con poche e semplici parole che sembravano tocchi essenziali di pennello su una spaziante tela bianca.
Ho esitato a pubblicare il video che testimonia l'omicidio di Neda. So bene che circola in Internet e che moltissimi, anche minorenni, l'hanno visto. Poi ho preferito lasciar parlare il silenzio. Lo faccio per pudore, il pudore della morte. Non della violenza. I suoi assassini, si sono già giudicati. I tutori dell'ordine e della religione hanno siglato, con quel sangue, non la sua, ma la loro morte, tanto più tremenda quanto eterna. E' quello sguardo vitreo e al tempo stesso pervasivo, che non abbandona mai, implacabile come un indice puntato, che li condanna senza remissione. E basta quello. Invade ogni spazio. Si dilata come un'onda sulle plaghe delle coscienze. Ed è uno sguardo di donna.
Confrontate la sua solennità raggelata e composta, e quella curiosamente spavalda e pugnace delle sue splendide coetanee coi sorrisi da televendita delle squallide odalische di casa nostra: così fiere di piacere al Padrone - nel quale noi italiani, a detta di uno dei suoi corifei, dovremmo identificarci: a ogni popolo i suoi ideali -. Così desolatamente spenti, inespressivi, degradabili e, a dispetto dell'età, vecchi e sterili. Vuoti.
Dedico a Neda questa magnifica ballata:

10.6.09

ELEZIONI: LE DOGLIE DOPO IL PARTO

Contro la storia, la stupidità
Chi si contenta gode. Poteva andare molto peggio. Bisogna prendere atto della realtà. L’Europa va a destra, sceglie la xenofobia come metodo politico (Austria, Olanda, Repubblica Ceca, e Italia) e non si accorge che sarà travolta dalla forza della Storia che non si ferma davanti al alcun ostacolo. Anche se restassi solo in tutta Europa e nel mondo, continuerei a pensare e a dire che la maggioranza sbaglia e su questo fronte ne pagherà conseguenze amare. La maggioranza è solo una forza, spesso fondata sull’ignoranza o sulla manipolazione, mai potrà “fare verità”. Si può sbagliare da soli, ma anche in massa. Penso che l’attuale maggioranza degli Italiani e Italiane si siano venduti il cervello e ne sono anche contenti: cornuti e felici come si addice ad una Italia corrotta e masochista.
Chiunque avesse visto il «Report» della Gabanelli di domenica 7 giugno 2009, se ne avesse avuto bisogno, si sarà reso conto che l’emigrazione è frutto delle politiche assassine dell’occidente: società come Eni e Agip hanno ucciso non solo la popolazione, ma anche la terra della Nigeria, del Sudan e degli altri paesi africani per i prossimi secoli: il gas e il petrolio ad ogni costo. Lo sfruttamento delle materie prime, letteralmente derubate, e le conseguenti scorie lasciate sul posto a carico di quei paesi e l’inquinamento irreversibile di acqua e terra, sono la causa prima dell’immigrazione clandestina. Chiunque accende un fornello o pigia un interruttore o accende il ventilatore, deve sapere che quel gesto è frutto del furto che l’Italia, per quanto ci riguarda, opera in Africa. Noi siamo complici di genocidi e abbiamo anche il coraggio di respingere i residuali sopravvissuti che vengono a chiedere le briciole che cadono dalla mensa del nostro benessere. Moralmente e giuridicamente, noi siamo condannati alla pena capitale senza appello e senza anestesia. Saremo travolti dalle nostre stesse scelte e paure, quando la «collera dei poveri» raggiungerà il punto critico e inizierà inarrestabile l’esodo dal sud del mondo, come aveva profetizzato Paolo VI nell’enciclica Populorum Progressio nel 1967 (42 anni or sono!!!!): «I ricchi … ostinandosi nella loro avarizia, non potranno che suscitare il giudizio di Dio e la collera dei poveri, con conseguenze imprevedibili. Chiudendosi dentro la corazza del proprio egoismo, le civiltà attualmente fiorenti finirebbero con l'attentare ai loro valori più alti, sacrificando la volontà di essere di più alla bramosia di avere di più. E sarebbe da applicare ad essi la parabola dell'uomo ricco, le cui terre avevano dato frutti copiosi e che non sapeva dove mettere al sicuro il suo raccolto: «Dio gli disse: “Insensato, questa notte stessa la tua anima ti sarà ritolta” (Lc 12,20» (Populorum Progressio, 49).

Confronto di civiltà: non cristiana e cristiana
Nel 2° millennio avanti Cristo, Abramo emigra da est verso ovest, Giacobbe si trasferisce in Egitto con tutta la tribù e il faraone gli concede una terra dove vivere con uomini, donne e armenti. Erano più civili quando non c’era ancora la civiltà occidentale-cristiana (!?) e i rapporti tra i popoli si misuravano sulla forza. Il cristianesimo ha portato un messaggio di universalità e di comunione, dichiarando la fine della Torre di Babele e inaugurando l’era della Pentecoste, in cui tutti i popoli parlano la stessa lingua umana perché come una è la terra così esiste una sola famiglia umana che ha diritto «pro capite» alle stesse risorse di tutta la terra. Dopo due mila e passa di cristianesimo, noi siamo già tornati all’inciviltà della preistoria e Dio e religione sono solo ingredienti di una poltiglia che ci serve per drogarci ad intermittenza a seconda delle convenienze. Queste elezioni europee e per noi anche amministrative dicono che noi vogliamo tutto e non vogliamo cambiare né vita, né strategia, né indirizzo: quello che è mio è mio e quello che è tuo è anche mio. E’ la logica intrinseca berlusconista della politica, della tv, dell’economia, del mercato, della ricchezza condita con la salsa protezionistica della Lega. Non andremo lontani perché la storia ci schiaccerà, lasciando al sole i nostri magri cadaveri. Di fronte a questa desolata distesa di cadaveri, il profeta Ezechiele griderebbe: “Audite, ossa arida” che tradotto come si mangia significa: “Svegliatevi, vecchie carcasse!” (Ez 37,4).

«L’uomo di rimmel» è nero furioso
L’Italia è dominata dall’”uomo di rimmel” e dalla Lega, anche se la Nazione ha rimandato al mittente il plebiscito del «papi nazionale impomatato». Il Pd ha perso 4 milioni di voti cioè l’avanzo primario delle primarie che elesse Prodi. Le lotte intestine dei baroni, la povertà della politica, la mancanza di una idea di società, la solitudine dei cittadini attanagliati da problemi reali come la sicurezza e la paura del futuro non hanno avuto risposte di respiro, ma solo slogan di convenienza. Hanno avuto buon gioco i barbari e i lanzichenecchi che hanno giocato sporco sulla pelle del futuro dell’Italia: tanto a loro che gl’importa del futuro? A loro importa riscuotere cash adesso. Colpisce la distinzione che gli elettori hanno fatto del voto: alle europee hanno stoppato Berlusconi, impedendogli il trionfo che voleva e l’ordalia che pretendeva; alle amministrative, dove lui conta poco, ma la localizzazione territoriale, lo hanno incoronato principe senza scettro, pur consegnandogli il territorio da cui sarà sempre più difficile scalzarlo. Come la gramigna si diffonde il virus dell’illusionismo berlusconista fondato sul vuoto, sull’ignoranza e sulla irrazionalità. Il virus del berlusconismo si radica sull’egoismo individuale, sul vuoto di appartenenza, sulla furbizia e sull’idea di fondo che chi è furbo è più bravo ha fatto miscela con un andazzo immorale da basso impero, dove si arrangia chi può e chi si perde si perde. Quando l’Italia si risveglierà dal torpore della ragione, non avrà solo un gran mal di testa, ma farà un tonfo di consapevolezza che le sfracellerà le ossa.

L’Italia berlusconita-bossita
Oggi gli stessi vescovi scoprono che il tessuto connettivo dell’Italia si è “sfilacciato”. Che lungimiranza! Meglio tardi che mai. Lo sapevano tutti e questo sfilacciamento era già assodato, quando i vescovi sponsorizzavano il governo, il Casini, e facevano affari con loro. Lo aveva detto nel 2007 Giuseppe De Rita nel 41° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, parlando di una «poltiglia», una «società mucillagine» composta da tanti coriandoli che stanno l'uno accanto all'altro, ma non stanno insieme: «… il PD o il PDL di Berlusconi sembrano proposte prive di senso, nel momento in cui nessuno crede più a «uno sviluppo collettivo in cui ci stiamo tutti … il Pd si raggrinza su se stesso e il Pdl è un'operazione di marketing … Abbiamo solo gente che aspira alla presenza, al suo momento di piece, come l'impulso ad esistere fosse l'unico rimasto dentro di noi. Una società mucillagine dove tutte le componenti stanno insieme perché accostate, non perché siano integrate … La prima speranza è che la minoranza vitale si allarghi … dobbiamo sperare in un allargamento della base vitale del sistema … gli italiani hanno una coscienza larga. Prodi una volta in un momento di rabbia ha detto che “questa società non è meglio della politica” … allora deve migliorare la società, si deve tornare a una coscienza stretta: persino una minoranza faziosa, ma forte dei propri valori è meglio della "mucillagine"» (7 dicembre 2007).
Ora ci aspetteremmo che se vogliono essere profeti, i vescovi devono stare zitti per almeno cinque anni e fare i gargarismi con l’acqua benedetta prima di parlare. Non possono fare i puri e gli innocenti, come se fossero rientrati in Italia adesso, dopo una vacanza alle Maldive. No! Non è lecito ai vescovi dire bugie e prendere in giro chi ancora si sforza di stare nella “loro” Chiesa che essi hanno trasformato in una lobby e in una confraternita di affari. Non licet! In questo contesto, credo una parte notevole di responsabilità ricada su di loro, che hanno appoggiato questo governo, pur sapendo che era contro ogni etica, ogni idea di Stato di diritto, contro gli stessi fondamenti della dottrina sociale che essi sciacquano di tanto in tanto, contro il diritto internazionale che tutela migranti, poveri e perseguitati politici, contro i veri interessi della Chiesa che riguardano la costruzione una città umana che abbia al centro la persona da dovunque arrivi. I vescovi hanno taciuto sulle scelte disumane e omicide del governo, hanno taciuto sulla questione morale del presidente del consiglio che si trastulla con le fanciulle minorenni e maggiorenni che ripaga con posti al parlamento, diventato ormai il luogo della rappresentanza del nulla, un mero pied-à-terre. I vescovi hanno taciuto e il loro silenzio è un urlo di condanna che li consegna alla coscienza della storia, la quale non paga mai il sabato.

PS. Ha vinto Di Pietro, il quale adesso si deve dimettere da tutte le circoscrizioni per mandare al parlamento europeo chi non è stato eletto. W la morale! Prendo atto anche che ha raccolto le firme per il referendum e adesso è contro il referendum. Ne prendo atto. Spero che da adesso tutti gli antiberlusconisti imparino a progettare, a partire dalla propria coscienza, paesi, città, regioni e nazioni, immergendosi tra la gente e tornando a fare scuola di politica, come strumento di servizio agli altri. Devono sapere dal Pd all’Idv e a chi ci sta che divisi non si va da nessuna parte: si è solo condannati alla morte certa.
La cosiddetta sinistra estrema (non so come si possa vedere qualcosa di estremo in questi gnomi che non sanno vedere oltre l’orizzonte del proprio piatto naso) ha perso ancora una volta e restano recidivi perché si ostinano a non volere capire le batoste della storia. Sono così importanti le differenze semantiche tra Vendola e Ferrero da avere la precedenza sui destini del Paese? Chi ha votato questi segmenti impazziti ha votato il ridicolo e dà ragione a De Rita che parla di mucillagine. Chi li ha votati, ne conosco tanti, lo hanno fatto in buona fede, ma non si sono accorti che li hanno anche inchiodati nel loro egoismo di spezzoni di casta, senza arte né parte, incapaci di mettersi insieme attorno a tre idee condivise: somigliano a quello che per punire la moglie, si castra da solo. A me pare che costoro credendo di svoltare a sinistra, hanno girato tanto da non accorgersi di essersi ritrovati a destra della destra: erano trecento erano giovani e forti e sono morti. Hanno sprecato quasi il 10% (radicali compresi) dei voti, buttandoli al vento e lasciando milioni di Italiane e Italiani senza rappresentanza e mediazione politica là dove si fanno le leggi. Nati per essere marginali, ce l’hanno messa tutta e ci sono riusciti anche bene da soli e due volte. Non c’è due senza tre. Lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti.

Referendum
I referendari con la scusa di volere abolire «la legge porcata» di Calderoli, vogliono consegnare l’Italia chiavi in mano e senza batter ciglio a Berlusconi che certamente li ricompenserà con qualche nomina senatoriale, cioè pleonastica. Il dilemma è grande: non andare a votare significa tenersi la porcata; andare a votare significa consacrare «l’uomo di rimmel» for ever. Tra i due mali scelgo il minore: non andare a votare. Non capisco come il Pd insista nel diabolico piano di sostenere il referendum che lo segherebbe dalla vita politica presente e futura per almeno sette generazioni. E’ proprio vero che da quelle parti hanno la vocazione alla stupidità.
Credo che le persone che non si sono rassegnato all’impero dell’uomo che frequenta minorenni, debbano avere come progetto una missione grandiosa: affossare il referendum, sbattere fuori Berluscioni & C. (si accettano anche novene, tridui, bidui e fioretti per impetrare la grazia) e ricostruire il tessuto connettivo del Paese sui fondamentali del diritto e della democrazia laica. Mai avrei pensato di non andare a votare, ma non ho altre scelta e credo che sia il male minore, «sic stantibus rebus». Io non andrò a votare per il referendum e pazienza se questa volta il mio non voto è in sintonia con la Lega.
Ora anche l’uomo di rimmel è contro il referendum minacciato dalla pistola alla tempia che Bossi ha prontamente estratto. Inizia la sceneggiata dei ricatti e che il Paese vada pure in malora, tanto loro ogni mese portano a casa pagnotta, cacio, gnocchi, abbacchio, frutta, gelato e champagne, francese naturalmente!

Genova 9 giugno 2009
Paolo Farinella, prete

9.6.09

Obama per la pace in Medio Oriente, contro gli insediamenti


Riceviamo e volentieri pubblichiamo.


Cari amici,

Obama sta chiedendo con forza al governo di destra di Israele di fermare gli insediamenti, che stanno distruggendo le speranze di pace -- diamo vita ad un coro globale di voci per aiutarlo a sovrastare l'agguerrita opposizione in Israele e negli Usa.

Le cartine della Cisgiordania mostrano come i Palestinesi siano ormai confinati in parti molto ridotte della loro terra: Il Presidente Obama ha appena tenuto un discorso straordinario in Egitto, nel quale si è impegnato personalmente a costruire la pace nel Medio Oriente. La sua prima mossa è stata sorprendentemente di sfidare il nuovo governo di destra di Israele, alleato americano mettendolo sotto pressione per far cessare la politica autolesionistica degli insediamenti (colonie illegali sul territorio riconosciuto dagli Usa e dal mondo come palestinese). Questo è un raro momento di crisi e di opportunità. L'ardita strategia di Obama deve fare i conti con forti resistenze, e avrà bisogno di aiuto da tutto il mondo nei prossimi giorni e settimane per rafforzare le sue intenzioni. Iniziamo subito con un coro globale di voci a supporto dell'affermazione di Obama che gli insediamenti nei territori occupati devono finire. Faremo pubblicare il numero delle firme su importanti giornali in Israele e a Washington (dove ci sono tentativi di alienare a Obama il supporto del Congresso Usa).

C'è ampio consenso sul fatto che gli insediamenti siano un impedimento importante al raggiungimento della pace, un punto di vista condiviso anche da una maggioranza silenziosa di Israeliani. In combinazione con una rete di barriere e posti di blocco queste colonie ormai tappezzano la Cisgiordania, occupando il territorio e obbligando i Palestinesi a vivere come prigionieri in enclavi sempre più piccole. Fino a che questo tema non sarà affrontato sembra impossibile costruire sia un vero stato paestinese che un pace durevole, di qualsiasi sorta Per gli stati arabi che cercano di impegnarsi ad aiutare la pace il fermare gli insediamenti è un test fondamentale per la credibilità di Israele. Dobbiamo chiedere anche alle altre parti in causa di fare passi audaci. Se riusciamo ad aiutare Obama a mantenere questa linea sugli insediamenti, a far cambiare strada alla politica israeliana e a incoraggiare i Palestinesi e altri stati arabi a offrire una mano tesa, un nuovo inizio per il Medio Oriente diventa possibile. Ma nulla di tutto questo potrà accadere senza un movimento di opinione globale che agisca e supporti il processo.

Leggi le parole di Obama, aggiungi la tua firma e fai girare la voce ora:


Con speranza e determinazione,


Paul, Raluca, Ricken, Brett, Paula, Graziela, Rajeev, Iain, Taren, Milena, Luis, Alice e tutto il team Avaaz

5.6.09

SANE POLITICHE AMBIENTALI: ELEZIONI 2009 PER IL PARLAMENTO EUROPEO


Giorgio Schultze, candidato indipendente nella lista Italia dei Valori per le europee 2009, aderisce all'iniziativa dell'Associazione Culturale Pediatri intitolata "SANE POLITICHE AMBIENTALI".


Al link seguente trovate maggiori informazioni:

"Il nostro obiettivo è di accrescere la consapevolezza di come i problemi ambientali influiscano sullasalute e delle opportunità politiche, esistenti e future, a disposizione dei nuovi membri del ParlamentoEuropeo per migliorare la situazione", ha dichiarato Giacomo Toffol, coordinatore del gruppo Pediatri per un mondo possibile dell'ACP (http://pumpacp.blogspot.com), che ha diretto la campagna di sensibilizzazione in Italia. “Vogliamo inoltre portare a conoscenza dei cittadini le azioni che i nuovi membri del Parlamento europeo intraprenderanno in merito a queste problematiche durante il loro mandato”.

“Sarà nostro compito monitorare le risposte dei candidati alle Elezioni 2009 che verranno elettieurodeputati per verificare se manterrano nella pratica quanto ci hanno promesso sulla carta”, conclude Toffol.

27.5.09

Garantire l’accesso a un’istruzione gratuita e di ottimo livello è il miglior investimento per una Nazione

La riforma Gelmini-Tremonti sembra voler dare il colpo di grazia a un sistema scolastico pubblico già provato dalla mancanza di investimenti: l’Italia è agli ultimi posti in quanto a spesa per l’istruzione pubblica nell’UE http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/scuola_e_universita/servizi/scuola-2009-8/spese-ue/spese-ue.html). L’ulteriore “contenimento” delle spese operato da questo governo, a partire da una miope visione dello Stato puramente aziendalista, oltre a ridurre la qualità di un diritto fondamentale per i nostri bambini e giovani, produrrà danni a lungo termine per il Paese.

Una riforma scolastica dovrebbe essere frutto di un pensiero pedagogico e promuovere il processo evolutivo del sistema scolastico. La “riforma Tremonti/Gelmini” http://www.camera.it/parlam/leggi/08133L.htm è veramente lontana da tutto questo: è semplicemente una manovra economica taglia spese!

L’impatto sul sistema scolastico sarà devastante e comporterà un “riassetto” organizzativo “al ribasso” nelle scuole. Si parla infatti di un totale di 7.832 milioni di euro in meno tra il 2009 e il 2012 con riduzione di 87.341 docenti nei prossimi tre anni (escluse le scuole d’infanzia) oltre ai tagli del personale ausiliario. Stiamo assistendo ad un vero e proprio ritorno al passato per la scuola pubblica, che sta per essere svilita e svuotata attraverso i pesanti tagli al personale docente in generale e al ripristino del docente unico alle elementari.

Quella che vuole la Gelmini non è sicuramente una scuola di qualità, nella quale si privilegiano le esperienze “dirette” dei bambini possibili nei laboratori, nei lavori a piccolo-medio gruppo, nelle uscite da scuola: esperienze fatte fino ad oggi grazie ad una moderna visione” attiva” del bambino e possibili nella pratica organizzativa grazie alla compresenza degli insegnanti. Se poi sommiamo la riforma “Tremonti-Gelmini” all’attuale pratica di equiparazione e sostegno alla scuola privata il disegno è completo: svuotare la scuola pubblica relegandola sempre più ad una funzione assistenziale a favore delle scuole private, anche e attraverso finanziamenti pubblici sempre più consistenti. La “riforma” se verrà applicata porterà alla progressiva distruzione del sistema scolastico italiano con tutto il bagaglio sociale e culturale che si è costruito in anni e anni di lavoro. Questa cosiddetta riforma ha incontrato numerosissime iniziative di resistenza e opposizione da parte del popolo dei genitori, dei docenti e degli studenti: resistenza che, anziché arrestarsi, si sta moltiplicando e rafforzando con forme ramificate e organizzate e chiedendo ancora di più una scuola pubblica di qualità e non di facciata. Dare voce anche in Europa a questo popolo è una priorità assoluta.


Giorgio Schultze
Portavoce europeo del Movimento Umanista
Candidato indipendente nelle Liste di IDV nella Circoscrizione Nord Occidentale

14.5.09

"L'ENERGIA NUCLEARE È NECESSARIA. VERO O FALSO?"

GIORGIO SCHULTZE PARTECIPA ALL'INCONTRO ORGANIZZATO DA ITALIA DEI VALORI DI NOVARA, GIOVEDÌ 14 MAGGIO ALLE 18.00, PRESSO LA SALA CONGRESSI COOP DEL CENTRO COMMERCIALE SAN MARTINO

Schultze su energia nucleare: "pericolosa, inquinante e soprattutto costosa. Necessario investire su rinnovabili, efficienza e risparmio, la nostra più grande miniera di energia"

Il portavoce del Movimento Umanista Giorgio Schultze, candidato indipendente al Parlamento Europeo con Italia dei Valori, prenderà parte a Novara all'incontro L'energia nucleare è necessaria. Vero o falso? per affermare la propria contrarietà in merito alla scelta del governo di rilanciare il nucleare civile. Dichiara infatti Schultze: "In un'epoca in cui i paesi più avanzati puntano sullo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, la scelta del governo italiano di rilanciare il nucleare civile è pericolosa, inquinante e soprattutto costosa. Perchè è una tecnologia che non è immune da guasti imprevisti ed è inoltre legata a doppio filo con la proliferazione delle armi atomiche; perché non è ancora risolto il problema dell'accumulo di scorie radioattive; perché anche i reattori di ultima generazione ad acqua pressurizzata (epr), di cui l'Italia vuole dotarsi attraverso l'intesa Enel-Edf, sono soggetti a problemi legati alla sicurezza degli impianti già in fase costruttiva, accumulando ritardi e incrementi di costo che poi verranno riversati sui cittadini, come nel caso del nuovo reattore di Olkiluoto in Finlandia. Ora più che mai è necessario investire su fonti energetiche rinnovabili, sull'efficienza e sul risparmio che rappresentano la nostra più grande miniera di energia".

Giorgio Schultze, architetto, esperto di fonti rinnovabili, di pianificazione energetica, di risparmio ed efficienza energetica nella pianificazione. Nel 2001 fonda La ESCo del Sole srl (www.laescodelsole.com ), tra le prime energy service company operanti in Italia nella gestione dei Titoli di Efficienza Energetica e della Certificazione Energetica, di cui è Presidente e Direttore Generale. Nel suo programma elettorale ha incluso come priorità lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, il disarmo nucleare in Europa e l'applicazione del trattato di non proliferazione nucleare nel mondo.

Uff. Stampa "Giorgio Schultze in Europa"

Fame nel mondo: si può eliminare per sempre e in modo ecosostenibile col 10% di quello che oggi si spende in armi

963 milioni di persone, quasi il 15% degli abitanti del pianeta soffrono la fame: è stato calcolato che basterebbe solo il 10% delle spese militari mondiali per risolvere per sempre questo flagello! L’Unione Europea spende più del 20% del totale, per cui avrebbe la possibilità di farlo da sola semplicemente dimezzando i suoi investimenti militari.

Approfondimento: La fame nel mondo dal punto di vista dell'ecosostenibilità


Secondo l’ultimo rapporto Fao, presentato nel dicembre 2008, oggi nel mondo 963 milioni di persone soffrono la fame. Quaranta milioni in più rispetto allo scorso anno e 115 milioni in più rispetto al biennio 2003-2005. E l'attuale crisi finanziaria potrebbe aggravare ulteriormente la situazione, così come l’aumento del prezzo delle materie prime agricole, che ha fatto precipitare nell'insicurezza alimentare milioni di poveri e ridotto drasticamente la quantità e la qualità del cibo a loro disposizione.


In effetti i fattori che influiscono sulla questione della fame del mondo sono molteplici e diversi tra loro:
conflitti armati (guerre civili)
variazioni climatiche (cicli naturali di siccità e inondazioni, ma anche l'effetto serra causato dall'uomo)
disastri naturali (invasioni di cavallette, terremoti, tsunami)
regimi politici oppressivi, che mantengono la popolazione nella miseria ed impediscono l’arrivo di aiuti dall'esterno (come per esempio la Corea del Nord)
strutture sociali e infrastrutture inadeguate, che creano forti squilibri tra popolazione ricca e povera in una stessa nazione (mancanza di reti di trasporto, di strutture sanitarie e di ammortizzatori sociali)
pressione demografica
politiche agricole sbagliate (monoculture, OGM, biocombustibili, ecc.)


La fame sussiste soprattutto in Africa nera, America latina ed in alcuni paesi asiatici. Quasi tutte le maggiori carestie della storia sono state causate da conflitti armati e non da fenomeni naturali (Biafra, Angola, Sudan, Sierra Leone, Eritrea, Somalia). Ma queste carestie drammatiche rappresentano solo il 10 % dei decessi per fame, mentre la malnutrizione resta cronica in gran parte dei paesi nel sud del mondo, causando il 90 % delle morti.


Credo che sia necessario agire su moltissimi fronti per debellare la fame: ci vuole l'impegno per la pace nel mondo, per risolvere i conflitti in modo nonviolento, con il dialogo e non con le armi. Ci vuole la determinazione dei paesi occidentali a portare avanti il disarmo e la riconversione dell'industria bellica. Vanno rafforzati gli organismi internazionali, sia istituzionali (ONU) che di volontariato (le ONG, le Onlus), per intervenire rapidamente e in modo efficace nei momenti di crisi.


Dobbiamo mettere al bando gli organismi geneticamente modificati (OGM), che portano al monopolio delle multinazionali agroalimentari sui semi e fertilizzanti, privando gli agricoltori di ogni autonomia
incentivare la coltivazione di cereali e prodotti alimentari compatibili con il tipo di suolo e il clima locale, di modo da garantire l’autonomia alimentare dei popoli
disincentivare la produzione agricola basata sulle monocolture da esportazione, che creano dipendenza economica e spesso favoriscono la desertificazione o comunque impoveriscono i terreni.


Ma ci sono altri fattori su cui l'Occidente, i paesi ricchi, devono intervenire: l'uso dei biocarburanti ricavati da alcune colture, ad esempio, rischia di togliere terre preziose alla produzione alimentare. Sarebbe un disastro se nei campi del Terzo Mondo venisse prodotto il combustibile per le automobili dei ricchi, mentre la popolazione locale non ha abbastanza da mangiare. I biocarburanti sono quindi da usare con estrema cautela.Si impone anche una riflessione sulle abitudini alimentari, soprattutto di noi occidentali, che porti a una riduzione del consumo di carne e pesce: le proteine di origine animale, infatti hanno un impatto ambientale ed energetico decine di volte superiore rispetto a quelle vegetali.


Il massiccio consumo di pesce sta impoverendo rapidamente gli oceani e oggi la pesca è in rapida diminuzione. Molti paesi poveri hanno dovuto cedere i diritti di pesca al largo delle loro coste alle multinazionali occidentali sotto la pressione del loro debito estero.


È ambientalmente insostenibile consumare generi alimentari prodotti a migliaia di chilometri di distanza e trasportati in aereo. È solo con accorgimenti di questo tipo che possiamo giustamente affermare che oggi ci sono risorse più che sufficienti a sfamare in modo adeguato tutti gli esseri umani del pianeta.Infine occorrerà riflettere sul tema dell’esplosione demografica: infatti se la popolazione umana continuasse a crescere ai ritmi attuali, le tecnologie alimentari di cui disponiamo nel giro di pochi decenni non riuscirebbero a garantire il sostentamento della popolazione neppure in linea teorica.


Giorgio Schultze
Portavoce europeo del Movimento Umanista
Candidato indipendente nelle Liste di IDV nella Circoscrizione Nord Occidentale

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...