Poteva il suo vecchio mentore essere da meno? Nossignori. Non poteva. E infatti ecco uno dei giornali di famiglia spiattellare la clamorosa notizia: “Silvio sfida i mercati”. Incredibile! Già lo immaginiamo, il Cavaliere lancia in resta contro i poteri forti, contro i regimi plutocratici e reazionari che umiliano il “popolo” (o queste definizioni appartenevano a qualcun altro, anch’egli apprestatosi a dichiarare qualche guerra?...). I mercati come il male assoluto, la “tecnocrazia” il nuovo nemico da abbattere. Sono diventati umanisti: evviva!
Ma basterebbe sfogliare distrattamente un vecchio manuale di storia di quarta liceo per scoprire, con buona pace di Alfano che lo ha dimenticato o, quel che è peggio, forse lo ignora davvero, per scoprire che “i mercati” scelgono i governi da almeno tre secoli: da quando, cioè, si è affermata la società liberista e consumista, basata non sull’uomo, non sulla politica, ma sull’accaparramento finanziario. “La strategia neo-liberista per distruggere gli Stati nazionali – osserva Tomás Hirsch [in basso, con Evo Morales] nel suo appassionante La fine della preistoria (Nuovi Mondi, 2008) - si è concentrata su due fronti: screditarli in modo sistematico davanti all’opinione pubblica e indebolire sempre di più il loro potere decisionale. L’immagine pubblica negativa dello Stato è la conseguenza di una campagna mediatica intensa e durata anni, grazie all’uso della tribuna di massa quasi monopolistica fornita dai mezzi di diffusione controllati dal potere economico. Contribuisce a questa ‘crociata’ anche l’endemica venalità della classe politica, che risulta regolarmente implicata in scandali di corruzione con fondi pubblici. La riduzione della capacità decisionale dello Stato è stata un’operazione un po’ più complessa: si è andati dall’estorsione esercitata dal capitale finanziario internazionale ai danni dei paesi, subordinando qualsiasi investimento o credito al mantenimento di certi equilibri macro-economici e a drastiche riduzioni della spesa pubblica, fino all’installazione nella burocrazia statale di una casta di tecnocrati, con l’esplicito mandato di eseguire alla lettera le politiche neo-liberiste, anche passando sopra ai governanti eletti dal popolo. Ecco com’è finito il vecchio e possente Stato, glorioso vertice della ragione umana, massima realizzazione dell’Idea secondo le parole di Hegel, ridotto a un signor nessuno (secondo l’espressione coniata dalla poetessa cilena Gabriela Mistral) dalla spietata combriccola di rozzi mercanti da strapazzo che hanno dominato il mondo e ora degradato alla condizione di un potere prigioniero. È uno spettacolo penoso e deplorevole, difficile da mandar giù per qualsiasi spirito davvero repubblicano. […] Se i governanti [d’una democrazia], una volta eletti, rinnegano questo sacro mandato e si sottomettono, per debolezza o convenienza, a un potere illegittimo (come il potere economico), commettono un gravissimo tradimento politico, riducono la democrazia a una pura formalità e la convertono in un rituale vuoto, spogliato del suo attributo fondamentale”.
Ma questa è esattamente la strategia portata avanti fino a tre minuti fa dalla combriccola berlusconiana al potere, e pour cause, incarnando Berlusconi l’emblema più rumoroso e smaccato del capitalismo in salsa nostrana. Colui che ha massacrato lo Stato piegandolo ai propri interessi di bottega, colui il cui unico dio è il denaro, che ha elevato a valore uno stile di vita reificato ed edonista (e intollerante: in ossequio al più vieto darwinismo sociale, prevalgono i forti e i prepotenti sui deboli e i “diversi”: al capitalismo si affianca sempre il perbenismo borghese da cui il primo è nato, seguito a ruota dal Vaticano, in Italia suo potentissimo e irrinunciabile complice) ora si erge ad alfiere della “volontà popolare”! Si tratta dell’ultima farsa di prestigiatori da strapazzo, ora decisamente frastornati ma, proprio per questo, più incanagliti e pericolosi.
L’agonia è mondiale. Parafrasando Nietzsche, Dio è morto, ma il mondo ancora lo ignora. È morto il dio-capitale, è morto il sistema-liberismo, sono morti i mercati; è finalmente morto, stramazzato, questo falso idolo putrefatto, ma il mondo dei suoi adepti ancora non lo sa. Anzi, ostenta una costernazione ben poco sincera e s’inventa palliativi d’ogni tipo per rianimare quel corpaccione ormai verminoso; mascheramenti patetici, come il capitalista che recita di combattere sé stesso, imbraccia un ridicolo umanesimo di facciata e brandisce l’arma giocattolo d’una pretesa “difesa dei popoli”. No. Qui non occorre alcun Superuomo e stiamo attenti, in Italia, a non lasciarci sedurre dall'ennesimo salvatore della Patria, reiterato esperimento-Frankenstein di questo cadavere in decomposizione: “Putet, quatridauna est!” (puzza, è un cadavere di quattro giorni!). Qui occorre riscoprire, anzi, scoprire l’uomo (declinato anche, e soprattutto, nei due sessi), in tutta la sua interezza e potenzialità. Siamo noi, ancora, il vero continente da esplorare. Umanizzare la Terra: e far piazza pulita delle vetuste maschere che ammorbano ancora il cammino degli individui verso la piena, autentica libertà.