Sono trascorsi ormai alcuni giorni dalla mia visita alla mostra "Zero" (La Pelanda, Spazio Macro Testaccio, Roma). Come al solito, ogni iniziativa riguardante Renato ha bisogno di una riflessione. Ritornare con la mente in quelle sale, nel buio restituito da quei silenzi, mi trasmette il senso profondo di questa nuova avventura. Location suggestiva e raccolta, rassegna che all'inizio mi era sembrata un po' scarna, pur non mancando alcune chicche per la delizia degli appassionati: gli abbozzi dei brani, i provini, i video... Non del tutto sconosciuti, ma ci hanno ricordato le radici di Renato.
Pochi i costumi presentati ma non conta (li abbiamo già visti al SeiZero e nell'Amo Tour). Ben più importante era comprendere il suo background culturale e psicologico. Quindi buona l'idea degli organizzatori di strutturare le sale come il percorso di un feto intervallato dai battiti del cuore di Renato. Come a dirci che quella era la sua vita intima, nascosta solo all'apparenza. Non condivido le critiche di chi pretendeva una maggior quantità o varietà di materiale (c'è il book per questo, ben confezionato, con foto in parte conosciute ma anche preziosi inediti). Forse ne vedremo nelle prossime puntate visto che dovrebbero seguire altri momenti della retrospettiva. Ma a cosa sarebbe servito inserire pagine di inutili rotocalchi, stupidi gossip, falsi scoop di riviste popolari (io avrei tolto persino la pseudo-inchiesta di Sorrisi...), buone solo per rassicurare, forse, la parrucchiera del rione ma non per capire l'anima reale di Zero? Lui è nato come personaggio inquieto e inafferrabile, un frutto periferico. Meglio, molto meglio le foto in bianco e nero dell'infanzia e dei coraggiosi esordi, davvero molto pasoliniani. Bella l'aggregazione tra le tappe del percorso artistico di Renato e i momenti storico-sociali di quell'Italia. È un'operazione già intrapresa da Daniela Tuscano e Cristian Porcino nel loro libro ("Chiedi di lui") dove viene citata perfino "Supermarket", un inedito del '73 ascoltato in esclusiva per l'occasione (vedi seconda foto al centro sotto )
Pochi i costumi presentati ma non conta (li abbiamo già visti al SeiZero e nell'Amo Tour). Ben più importante era comprendere il suo background culturale e psicologico. Quindi buona l'idea degli organizzatori di strutturare le sale come il percorso di un feto intervallato dai battiti del cuore di Renato. Come a dirci che quella era la sua vita intima, nascosta solo all'apparenza. Non condivido le critiche di chi pretendeva una maggior quantità o varietà di materiale (c'è il book per questo, ben confezionato, con foto in parte conosciute ma anche preziosi inediti). Forse ne vedremo nelle prossime puntate visto che dovrebbero seguire altri momenti della retrospettiva. Ma a cosa sarebbe servito inserire pagine di inutili rotocalchi, stupidi gossip, falsi scoop di riviste popolari (io avrei tolto persino la pseudo-inchiesta di Sorrisi...), buone solo per rassicurare, forse, la parrucchiera del rione ma non per capire l'anima reale di Zero? Lui è nato come personaggio inquieto e inafferrabile, un frutto periferico. Meglio, molto meglio le foto in bianco e nero dell'infanzia e dei coraggiosi esordi, davvero molto pasoliniani. Bella l'aggregazione tra le tappe del percorso artistico di Renato e i momenti storico-sociali di quell'Italia. È un'operazione già intrapresa da Daniela Tuscano e Cristian Porcino nel loro libro ("Chiedi di lui") dove viene citata perfino "Supermarket", un inedito del '73 ascoltato in esclusiva per l'occasione (vedi seconda foto al centro sotto )
. E a me che non ho vissuto quell'età ha procurato una autentica scossa leggerla e, adesso, vederla! La rivoluzione dei costumi, la lotta contro il perbenismo sessuale, le maschere, la contestazione giovanile e l'unicità di un personaggio che ha attraversato tutto mantenendo una sua specificità... questo è importante. Un rammarico: buona parte del pubblico ha ignorato questi momenti affannandosi soltanto a cercare le immagini "inedite" di Zero. Ma non si può capire un fenomeno se non lo si colloca, appunto, nel periodo in cui è sorto. Cose che purtroppo avvengono presso quei fans che non hanno dimestichezza con la cultura. In conclusione, mi pare che questo sia un primo tentativo di recuperare un'identità artistica "essenziale" quanto mai indispensabile dopo anni di successi clamorosi ma non sempre adeguatamente assimilati.
Federico Diatz
P.s
le Foto: elaborazione grafica di Roberto Rossiello, Ivan Zingariello e Rita Podda
Federico Diatz
P.s
le Foto: elaborazione grafica di Roberto Rossiello, Ivan Zingariello e Rita Podda