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13.1.13

elogio fragilità

Dopo aver letto l'introduzione dell'agenda del 2013 di giorni non violenti mi ritorna alla mente : questa citazione
« Il mare non fa mai doni, se non duri colpi, e, qualche volta, un'occasione di sentirsi forti. Ora io non so molto del mare, ma so che qui è così. E quanto importi nella vita, non già di esser forti, ma di sentirsi forti, di essersi misurati almeno una volta, di essersi trovati almeno una volta nella condizione umana più antica, soli davanti alla pietra cieca e sorda, senza altri aiuti che le proprie mani e la propria testa. »> ( racconto La carne dell'orso di Primo Levi, edito nella collana ET di Einaudi all'interno di Primo Levi - Tutti i racconti  ) 
Ma   a   spronarmi e  a bloccare questo mio  viaggio interiore  è  questo pezzo  jazz




 Nel mio rimettermi in discussione \  autocritica   ho   deciso di fare , come suggerisce  l'agenda   giorni non violenti 2013  , una  serie di post   sulla  fragilità e il suo aspetto positivo ( non solo quello negativo  vedi il caso  di  Carolina picchio , ne  ho  parlato qui su queste pagine   )  o meglio l'elogio d'essa  . Infatti è  già  dal riflusso degli anni  80  (  )  ed  ora sempre peggiore  ed  anche  economica  .
La  bibbia ( Samuele  1  17  38-39  )  ci  fa  capire  di come « La fragilità del cristallo non è una debolezza ma una raffinatezza... »(Carine Mc Candless ) e  di come essa  possa  avere un valore costruttivo  come   dice  anche questa  canzone  


 che  funge   insieme  al pezzo  di jazz   citato  nelle righe precedenti   e ad  : Amico fragile di Fabrizio  de  Andrè  e  The Ghost of Tom Joad di Bruce Springsteen ( qui una  traduzione  in italiano  ) da  colonna  sonora  del post  d'oggi  . Ora  la  fragilità    se aiutata ed allenata  .Infatti ciò può  essere   << un  invito ad alleggerirci   , ed a  ritrovare la  nostra fragilità  se vogliamo vincere le nostre  battaglie della  vita  >> .Essa può essere  anche un valore  inestimabile  e non una menomazione  .Infatti (  e qui mi ricollego  alla vicenda di Carolina P e  a  fatti del genere   )   è proprio  da essa  che   che  scaturisce   una forte dose  di sensibilità \ leggerezza . semplicità  , tenerezza     qualità sempre  più rare  in un mondo  pieno di merda  ... fango  ...  ma che vanno recuperate ed integrate  con la virtù  ( da non creare  situazioni  di disagio  )   se  vogliamo rendere  più  vivibile  la nostra  vita  e la  nostra opera  d'arte  . Ed anche quella  di chi ci  sta  accanto  . 
Inizio pubblicando  un articolo  non mio ma  che riguarda  questo  tema  


Elogio della fragilità

L'elogio della fragilità non significa l'elogio della sofferenza che fa parte della fragilità; ma l'elogio della fragilità vuole sottolineare, sia pure radicalizzando il mio discorso (ma se non si scende alla radice delle cose umane nulla, o quasi nulla, di esse si capisce), come nella fragilità, dimensione ineliminabile dalla vita, ci siano valori che danno un senso alla vita: alla vita di ciascuno di noi. L'essere consapevoli di questo, della fragilità come esperienza necessaria, significa accogliere, e rispettare, la fragilità degli altri; senza disconoscerla e senza ferirla. Ma significa anche che, nella fragilità, nella nostra e in quella degli altri, si abbia la percezione del valore della debolezza e della insicurezza che fanno parte della vita e che si contrappongono a ogni forma di onnipotenza e di violenza. Non è forse, questo, il pensiero di san Paolo quando, nella prima lettera ai Corinzi, dice che la debolezza è la nostra forza?
Aldo Bonomi-Eugenio Borgna, Elogio della depressione Einaudi



11.12.11

Riflessioni sul Precursore

Oggi la liturgia ambrosiana ci propone il brano di Giovanni (1, 19-27 e segg.) sul Battista. Ce lo presenta circondato da sacerdoti e da leviti, che lo interrogano sul significato del suo battesimo. Ma la Chiesa veterocattolica milanese si è imbattuta nell'ascetica figura del cugino di Gesù già la scorsa settimana, nel corso del ritiro d'Avvento organizzato a Chiaravalle (cfr. ultima foto in basso), alle porte della metropoli, moderna Babilonia. "Le buone notizie partono dall'attesa", ha commentato Madre Maria Vittoria Longhitano, parroca della piccola comunità. E Vito Mancuso, in Io e Dio, le fa eco: "Quando in qualcuno nasce la fede in Dio o nel divino, è perché nel cuore percepisce che la sua vita è immersa in qualcosa di più grande di sé, e questa sua percezione lo rende differente da chi riconduce tutto a sé facendo unicamente di sé lo scopo per cui vive generando un sistema di pensiero che accetta solo quello che capisce e che può dominare".

A lato: rinnovo delle promesse battesimali sul fiume Giordano.


L'attesa è la speranza e la speranza è infinita e apre alla relazione. E' il contrario del ripiegamento. Il Giovanni incontrato dai veterocattolici è quello, più austero e dirozzato, del Vangelo di Marco (1, 1-8). Il più antico e primitivo, forse, all'apparenza, il meno affascinante, ma d'una essenzialità indispensabile, privo di artifici sentimentali, della stessa ruvidezza della zolla, immediato, basico.

San Giovanni Battista, nella chiesa di San Pancrazio ad Ancignano (Vicenza).


Madre Vittoria ci ha proposto uno schema di domande imperniate innanzi tutto sull'osservazione, sui protagonisti della vicenda, e solo in seguito sul significato si quest'ultima. Solo l'osservazione lenta e silenziosa permette di scoprire particolari altrimenti tralasciati, e quasi risaputi, della Scrittura. E' importante il vestito, ci è stato comunicato. Perché? L'abbigliamento in effetti è uno degli elementi maggiormente costitutivi di Giovanni, ma dove viene la necessità di descriverlo? Ho pensato a un'analogia col profeta Elia, anch'egli rivestito in modo simile una volta in fuga verso il fiume Giordano; e in quella cinta di cuoio si avverte un richiamo al servo di Isaia, che "giudicherà secondo giustizia" (e non solo secondo bontà; e la giustizia è l'altro nome della bontà, la bontà operante). Per questo - ha precisato Madre Vittoria - i Carmelitani portano ancor oggi la stessa cintura.
L'altra espressione che colpisce è "spianare i sentieri". Elimina le asperità e rende comodo il viaggio. Vi si trova un legame con la consolazione (amore viscerale, agape) perché non si deve temere il percorso accidentato. Un altro richiamo a Isaia e al pastore che si prende cura degli agnelli e guida al riposo le madri allattanti. Le difficoltà non sono eliminate, ma s'insegna ad affrontarle eliminando da un lato il senso di colpa e dall'altro il lassismo.
Oggi pare che il concetto d'impegno sia del tutto dimenticato. Ci si arrende subito. Ciò provoca debolezza e male, anzi, spreco di vita. In tal senso il rischio dell'accidia è molto forte e il richiamo di Giovanni, la sua voce rude, risuonano decisivi e irrinunciabili.
Il "Battesimo di conversione" richiama al volgersi altrove, all'uscire dall'abitudine, al rinnovo continuo. E' legato al tema della rinascita, che avviene ogni giorno. Nulla si ripete, nulla è scontato o acquisito per sempre. Anche il deserto ha grande valenza simbolica, oltre che reale (le Scritture sono sempre ancorate alla realtà quotidiana e materiale). Da un lato indica raccoglimento, dall'altro solitudine e pure sterilità. Come se i risultati non fossero la prima mèta da conseguire; e tuttavia. essi giungono ("vennero persone da ogni dove"). Occorre però propensione all'ascolto, altrimenti la "voce che grida nel deserto rimane davvero senza eco. La conversione comporta un inizio e non un traguardo.
Io non vorrei essere una voce che grida, né mi paragono ad alcunché. Mi piacerebbe offrire una piccola testimonianza attraverso la coerenza dei piccoli gesti. Sperare, sperare sempre.

2.11.11

Autostrada


La mia vita è tutta un rumore. Un rombo sordo. Una fuga dentro tunnel bui, affamati budelli di balena. Non si ha tempo di assaporarli, i colori. E quando solo ti fermi un attimo, e ti piovono addosso tutti assieme, ti senti aprire il petto in due, e il pianto t'invade. Come accadeva a mio padre, in Kossovo. "Il topo", lo chiamavano. Scuro scuro, ha avuto un figlio chiaro come me. Capelli gialli e ispidi, spine tra la paglia. "Il topo" lavorava in una cava e sterrava sabbia e sabbia, accecante e vetrosa. Poi la sabbia se l'è inghiottito. Di piangerlo non ho avuto tempo. Ancora rumore. Spari, bombe, malta, informità granulosa, questa era la nostra vita. Sono scappato dalla guerra e mi sono ritrovato su un camion. Trasporto ogni cosa, o forse niente. Solo le palpebre, ogni tanto, si chiudono lente, e allora rivedo un paio d'impannate verdi, un riposante orticello dietro casa, una sposa bambina dalla gonna a quadri. Mentre m'inforco tra le gallerie dei monti, ricordo quella prima notte, c'erano le stelle e le carrube dolci. Anche allora era buio, ma lo penetravo con calma e rassegnazione, quasi pregando, vicino all'abito splendente della cerimonia. I miei attimi di silenzio, di lenta straordinaria attesa.

Tornerò, un giorno. Dalla sposa sdraiata là, sulla panchina dove rubava il sole. Da un giovane carrubo con le gambette sghembe, stessi capelli gialli e il sorriso fuligginoso di mio padre. Frutto di quell'attimo di silenzio, di quella notte più lunga di mille autostrade. Che mi ha solo intravisto dalla nebbia di occhi barbaglianti, e che ora, dopo quasi otto anni, deve ancora scoprirmi. Tornerò, un giorno, lasciandomi dietro il chiasso informe. E saremo felici. Forse.

7.12.10

Ricordi di Renato



Il primo: un transistor. La musica, un po' gracchiante, trascinava e dava corpo ai miei sogni di bambina già cresciuta e scarabocchiata dalla vita. Non avevo neanche dodici anni. Ed ero tanto curiosa. Troppo. Portavo lunghi capelli scomposti. La canzone s'intitolava Madame. Un pensiero: "Parla di sesso". Un'immagine: lo vedevo un marinaio, un Querelle ante-litteram. Non era un brano tratto dall'album Trapezio, in fondo? Come il film del '56 con Tony Curtis, Burt Lancaster e Gina Lollobrigida. Il primo d'una serie di titoli circensi, cinematografici, poetici, "rubati" da altre opere, persino da preghiere: da I migliori anni della nostra vita ad Amore dopo amore, a La vita è un dono...

Poi il corso della mia città. Estate. Però quel corso era sempre grigio. Grigio come le parole della canzone. La corsa affannosa per trovare un suo disco: non era facile allora. Mi sormontava un condominio. Compatto. Elevato. Elevatissimo. Una cattedrale di sofferenza. Un monumento alla marginalità. Lì dentro, io immaginavo vite, silenzi a mezzofumo, camere di ragazzi, o ragazzi senza camere, in malsana promiscuità; cuscini, parole non dette, verità inconfessabili e inconfessate. Lì non c'era mai voce. A chi interessavano esistenze dozzinali? Vi si consumavano amori, forse amori segreti. Forse malati. Forse, da quelle parti poteva abitare non tanto un marinaio, quanto uno sterratore, muratore, travestita, drogato, un anonimo senza futuro. Era un universo chiuso, casalingo, dalle luci fredde. Se si apriva un pianeta, era dentro una stanza perché solo dal pertugio delle moquette stinte potevano nascere trovate, ribellioni, fantasie...

Poi il mare, l'apertura ariosa degli azzurri sconfinati. In quell'occasione lo vidi per la prima volta. Ma lui era sempre cittadino, sempre grigio. I colori, erano la lotta su quel grigio. Come Pasolini, incarnava "una realtà talmente concretizzabile che, sfogliando le pagine, mi sfregai le dita più volte per togliere la sporcizia". Questo mi avrebbe confidato, molti anni dopo, una giovane amica. Io non mi sfregai le dita, ma la sporcizia c'era. Se l'uomo non può resistere a troppa realtà, quella era davvero insopportabile. Eppure a me piaceva. Perché, malgrado tutto, non si esauriva in quella dura concretezza. Tragico samba. C'era un interno scuro, una "famiglia" con fratello incestuoso, una sorella fin troppo disinvolta, che passava di aborto in aborto. E questa dolente figura di amante che la invitava a non ammazzarsi, perché c'erano tante cose belle in tv. Non era ironico, era un sogno molto meschino, ma ancora uno sprazzo di umanità nel cinismo in cui si soffocava. (Come nell'ultima scena di Salò: quando i due adolescenti repubblichini, dopo aver assistito impassibili alle peggiori stragi, si ritrovano a chiacchierare delle loro semplici passioni: "Hai la ragazza?", "Sì". "Come si chiama?", "Margherita".)    

A cantare quest'intruglio, queste (o)scene di famiglia, un incrocio tra Freddie Mercury e Basquiat. Un'altra foto lo ritrae con la calzamaglia e gli stivali, accanto all'uomo con lo striminzito soprabito dimesso, a leggere un giornale, il quotidiano. Quella era la Romanina dalla squillante ed elegiaca amoralità. Il travaso dall'uomo antico al nuovo, non senza sofferenza e con un cerchio alla testa, reduce da nottate. Che confusione, ma il mondo così com'era non reggeva più.

Un mondo di uomini, comunque. Quasi e totalmente uomini. Non è che prima m'interessassero molto, anzi, li temevo, così rigidi ed esterni e vincenti. Io amavo la cavità profonde e in loro mi pareva non ci fosse nulla da scoprire. Sbagliavo. Gli uomini diventavano viscere, come quelle pareti anonime. Diventavano corpi, erano nudi, spogliati, seducenti e inermi. Erano maschi totali, perché non temevano la loro femminilità. Forse per questo, malgrado quelle note che descrivevano donne negative, o pupe dei boss, io non mi sentivo più ferita, stavo bene, con un'infusione di calma, tepida come infuso, e buona, buona. Stavo fuori del tempio, e vi trovavo Gesù in cattiva compagnia o Jesus of Montreal.

Poi, ecco, c'era anche uomo e camion. Un'evocazione, dopo aver ascoltato i racconti di E., classe 1951, che mi ospitava a casa sua offrendomi cioccolata bollente: e la musica di Renato sempre in sottofondo, fra tubetti di mascara e giornali, riviste alternative, Fuori, giornaletti. Giornalacci. E. raccontava le sue avventure. Dài, salta su. E il camionista accompagnava lo strano ragazzo e poi, dopo bevute e donne, magari una carezza scivolava anche sul giovane, così con una vena di malinconia e senza attese. E, dopo... le rande perfette dei due profili si stagliavano nel nero dell'abitacolo, soddisfatti e rilassati, e "tutto sommato è bello anche così... gli uomini sono più generosi". Non c'era da aspettarsi alcuna durata da quegli incontri, eppure quanta passione ci si metteva, quanto grido d'amore, quasi infantile.



In un'altra immagine ancora, sempre vista nei pomeriggi con E., Renato apponeva un bacio rapito e casto sulle labbra d'un giovane amico; la foto suscitò uno scandalo inimmaginabile, eppure era un ritratto elusivo, un fraseggio accennato. Il turbamento non stava nel gesto, ma negli occhi: chiusi, travolti, così puramente passionali. Composto e borghese, il ragazzo ricordava la danza di Carlo Cecchi con un altro compagno, ritratta negli anni Sessanta. E questo non era accettabile. Si poteva tollerare la trasgressione, non il sentimento.



Il resto? Ma il resto, le madri, i figli, le amicizie, i bambini, la fede, erano già racchiusi in quelle storie, in quegli squarci di volti, in quelle note secche come fuoco, in quella sfronzolata e sghemba follia.

























3.12.10

Peso


Questo è Michael e io lo trovo bellissimo.

Non è retorica. Lo trovo bellissimo, angosciante, difficile, insopportabilmente umano.Suo padre ha chiesto di condividere la sua immagine oggi, nella Giornata internazionale della Disabilità. Lo faccio molto volentieri [per info e aiuti, qui].

Michael è umano perché greve, imprevisto, imprevedibile, diverso. Sì, diverso da tutte le nostre normalità in serie, amorfe o, al contrario, proteiformi: ma sempre dello stesso vuoto. Lui resta là, nella rozza fatica d'un rantolo, per conquistarsi il diritto di svelare quel pezzo di muro, quel soffitto inesplorato di cucina, per stupirsi.

Michael ricorda quanto siamo indifesi, quanto lo diventeremo, quanto lo siamo già nell'anima.

E per questo lo ringraziamo.

12.10.10

una via di mezzo fra scemo ed ingenuo

"La tua vita adesso puoi cambiare solo se sei disposto a camminare,
gridando forte senza aver paura contando cento passi lungo la tua strada"
Allora.. 1,2,3,4,5,10,100 passi! ''

 Oltre  un pezzo riportato sopra   tratto  dalla famosa  cento  passi dei Mcr   come   colonna  di sottofondo   sonora  d'oggi  ne  uso due  . La prima  è Geometrie  dell'anima     di Paolo fresu  di cui riporto  sotto il video  e con cui  le note dell'animo umano si sciolgono sulla melodia di questa incantevole e sublime melodia





la  seconda è  non  è tempo per  noi  di Ligabue    di cui    trovate   qui  un bellissimo  video   che non metto  onde  evitare  un troppo appesantimento nell'aprire  la pagina  del blog  a chi  ha  nel pc  poca ram  , con troppi video  nel  post

Ma Priam d'inizare  il post  d'oggi . è doveresa una precisazione
 N.B 
non metto i nomi e  d'essi sono   coperti  da  ***** (  chi già  causa di miei comportamenti inqualificabli e da  c... su facebook  lo sà ,  chi  non lo sà pazienza 
)   non per   censura  o d'autocensura  ,  ma perchè , chi  ha letto il manifesto del blog  e  le  faq  ( con relativi tag  d'aggiornamenti )  dvrebbe  saperlo  rispetto  è  uno dei cardini  dei questo  blog e  ( anche  se  non sempre  ci sono riuscito nel corso dela mia opera  d'arte  fin qui  realizzata  in quanto  consideravo questo  "  equazione  "  privato=pubblico privato=pubblico ) della mia pagina di Facebook (  in cui  i  post  del blog  vanno in automatico ), ma  soprattutto perchè  fa  parte del rispetto non fare  nomi e  cognomi  di persone  che non hai davanti o  metterle  alla berlina  ( cem spesso ho fatto nele pagine di facebook  ,  a scopo provocatorio  per  attirare loro  l'attenzione  e per  il motivo  sopracitato )   e  fanno  in  maniera  cannibale  i media  )    , metaforicamente parlando  , quando  non  sono o  diventate  ,  personaggi pubblci, oltre  che   problemi riguardanti la loro riservatezza  quella  che   ipocriticamente  il potere  chiama  privacy  
Lo sciocco non perdona e non dimentica. L’ingenuo perdona e dimentica. Il saggio perdona, ma non dimentica.(  proverbio cinese  )  
 foto   tratta  dala pagina    di facebook   un pò angelo e un pò diavolo


Dal proiverbio  sopra  riportato e  dalla prima  canzone  dela  colonna sonora  d'oggi   mi  è venuto  in mente    ed  ho trovato il coraggio per  parlare  di  una   tappa    del mio viaggio .
Prima  ero sciocco poi dopo i casi  di **** e ***** che usavo la come arma  contro  i torti  della vita   non il perddono , ma la vendetta  e  fotunatamanrre   che  sono diventat non violento (  altra tappa  del mio viaggio  ne  ho parlato nei post  precedenti  di questo  blog  , mi pare  se non erro nel  2006\7 )  altrimenti continuando cosi  sarei finito  come  la sto storia  in parte  vera    ma in maggior  parte  leggendaria  di  il bandito e campione     di  Costante  Girandego (  campione di ciclismo )  \ Sante Pollastri (  il bandito )    narrata  in vari  libri  e   nella  canzone     iL bandito ed il campione  e  ora  recentemente in un fiction tv . Poi mi son detto ma che c... sto facendo perchè mi creo rimorsi inutili . D'allora    dopo  oil male  che  ho fatto  ad   ******   e recentemente  a  ******* mi sto incamminando definitivamente , un percorso che avevo già iniziato prima dell'ultimo caso   ma che procedeva a tentoni , e ora procede rettilineo nella mia  strada fatta di curve ( perchè la retta  via  è per chi ha fretta  come dice  una famosa  canzone    contemnuta  nel ll'ultimo cd tabula rasa elettrificata   degli ex Csi  )  fatta di cadute e riprese , fino a farmi diventare  almeno per  ora  poi chi sà ,dato che  l'opera  d'arte \  bviaggio  si  sà quando inizia   ma non quando  finisce  una via di mezo tra l'ingenuo e il saggio . Adessoi la prossiam tappa e la saggezza . Ma per il momento , meglio  , uan via di mezzo in quanto gli antichi dicono In medio stat virtus In altre parole è il proverbio il meglio è nemico del bene  soprattutto da me  che cerco ancora  perdonatemi l'ultima citazione   musicale   ancora  una canzone di Ligabue   una  vita  da mendiano 


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...