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8.4.23

La Via Crucis di Sindia, un calcio ai pregiudizi: Gesù è Pietro Paolo un ragazzo disabile




da  la  nuova  Sardegna  8\4\2023

                       di Simonetta Selloni


Sindia Mercoledì sera Pietro Paolo ha orgogliosamente imbracciato la croce, essendo lui il ragazzo designato a interpretare il ruolo di Gesù nella Via Crucis allestita dal Gruppo giovani dell’Azione cattolica di Sindia. Momento clou dopo giorni e giorni di prove in vista della rappresentazione della passione di Cristo. Un po’ di fatica, la croce è pesante e si è trovato il sistema di assicurarla in modo che non cadesse. Perché Pietro Paolo è un ragazzo con disabilità. Si muove sulla sedia a rotelle, che, lontano dall’essere una costrizione, è uno strumento per vivere la sua vita semplicemente da un punto di vista diverso, come in realtà tutti fanno. La Via Crucis lo ha visto protagonista. Toccava a lui 

Pietro Paolo durante la Via Crucis
quest’anno, una normale logica di avvicendamento. «Si sono organizzati loro, i ragazzi dell’Azione cattolica – dice il padre di Pietro Paolo, Angelo –. Hanno preparato la scena e la logistica, lui è stato felicissimo, lo ha mostrato durante le prove e questa gioia si è ripetuta alla Via Crucis», conclude. Il sorriso di Pietro Paolo ha coinvolto tutti, al termine di una rappresentazione resa ancora più faticosa e realistica dal disagio freddo e le scene della crocefissione. « È stata la conclusione ideale di un percorso che, stazione dopo stazione, ha accompagnato tutti i presenti a riflettere su un fenomeno del nostro tempo: la pressione sociale». Questo è il tema che i giovani dell’Azione cattolica di Sindia hanno voluto portare all’attenzione di tutti, per contrastare i modelli e le aspettative che la società impone. Di fronte a questi atteggiamenti, secondo i giovani dell’Azione cattolica di Sindia non serve cercare nell’approvazione degli altri ciò che rende vivi,« ma essere se stessi, la propria speranza e il proprio coraggio». La Via Crucis rappresentata da Pietro Paolo è un calcio agli stereotipi, al pietismo, a una narrazione falsata della disabilità che sposta il centro del discorso dalla persona alla sua condizione. Gesù è Gesù, che barcolli sotto il peso della croce o che sia seduto sulla sedia a rotelle: e certamente Pietro Paolo non è la sua disabilità, è un ragazzo come tutti gli altri, l’altra sera entusiasta di svolgere il ruolo del Cristo. Dai giovani è giunto un appello perchè ciascuno si impegni a fare la propria parte rimuovendo atteggiamenti e parole che condizionano e lasciando che ciascuno si senta libero di costruirsi il futuro seguendo i propri sogni e desideri. E a proposito di parole, anche la rappresentazione della disabilità nei media ha bisogno dei termini giusti, come quelli individuati dalla Carta deontologica di Olbia, promossa dall’associazione Giulia giornaliste e dall’Ordine dei giornalisti della Sardegna in collaborazione con le associazioni Sensibilmente Odv e Uildm Sardegna. La Via Crucis animata dai giovani, con un giovane orgoglioso di rappresentare Gesù. Pietro Paolo e i suoi amici dell’Azione cattolica sono la luna oltre il dito delle incrostazioni e dei pregiudizi.

12.4.20

La dottoressa Claudia Galbiati sola in trincea,Da 5 anni lavora in Pronto soccorso e ora ha scelto la Covid Unit del Fate bene fratelli di Milano costretta a decidere chi poteva salvarsi



Roma: 10 km di coda sulla Pontina per la Pasqua.

Registrati 10 km di coda sulla Pontina a causa della Pasqua: non è questo momento di allentare la corda.


Nella giornata di oggi sono state avvistate centinaia di macchine per la strada provenienti da Roma presso il litorale: ciò ha causato 10 km di coda lungo la Pontina e ciò ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine per cercare di contenere al massimo gli spostamenti.
Questi spostamenti si deduce siano dovuti all'imminente festività di Pasqua che però, in un momento di emergenza sanitaria come questo, non può e non deve essere un motivo di spostamento. 
                                  Chiara Ruocco

Ora ciò mi fa  .....  soprattutto     leggendo   storie  come    quella  sotto .  Capisco   che   la quarantena  ed  la  voglia  d'uscire    avere  contatti umani ,   ti provino  . Ma  che  .....  vogliono    rendere  inutile il sacrificio di gente  come quella  sotto     vogliamo continuare  a morire   ed  a piangere    morti  ? 

Claudia sola in trincea, costretta a decidere chi poteva salvarsi
Da 5 anni lavora in Pronto soccorso e ora ha scelto la Covid Unit del Fatebenefratelli di Milano


DI PINO CORRIAS

MILANO - «All’inizio avevo paura. Ora no. Ti abitui alle regole di un ospedale in guerra, ti abitui a vivere nel terremoto che non smette di tremarti intorno, a essere frastornata dalle emergenze, a prendere una decisione al minuto, compresa la più terribile, chi puoi salvare e chi no. Io l’ho fatto e devo conviverci ogni notte».Anche oggi Claudia Gabiati, quarantenne d’acciaio, ma con gli occhi verdi, gastroenterologa, 5 anni di Pronto Soccorso, altri 6 anni in corsia, scenderà nella Covid Unit del Fatebenefratelli, detta anche: la Trincea. Impiegherà venti muniti a spogliarsi, immunizzarsi, indossare la doppia tuta, la cuffia, i calzari, la mascherina, gli occhiali, la visiera, i doppi guanti, tutto quello che serve per entrare in sicurezza nel nuovo mondo, respirare la stessa aria del virus che ci ha cambiato la vita, seminando morte. E in quel mondo, coperta di plastiche, sudare sino a fine turno.
"Il mese più difficile della mia vita"«Marzo è stato il mese più terribile della mia vita. Fronteggiavamo davvero l’invisibile. E l’invisibile ogni giorno, ogni notte, ci accerchiava di ammalati e morti. I letti di terapia intensiva non bastavano mai. L’ospedale all’inizio ne aveva trenta. Ne abbiamo aggiunti sedici dopo la prima settimana, buttando giù pareti in un tempo zero. Poi altri quaranta. Poi altri ventinove, cancellando la Pediatria. Ma non bastavano mai. E così capitava che dovendo scegliere tra un paziente settantenne, obeso, pieno di complicanze, e un altro che poteva farcela, sceglievi di intubare il secondo, lasciando andare il primo. Non è facile come dirlo. Ti consulti coi colleghi, rifai cento volte i calcoli, ragioni, litighi. Ma alla fine decidi. E quando hai deciso devi chiamare i familiari e raccontargli tutta la verità che possono sopportare».
«Nel mondo di prima, ogni paziente aveva una moglie, figli, genitori, c’era un rapporto che faceva bene a tutti. Oggi di loro sappiamo solo i nomi scritti sulla scheda. Vediamo a malapena le facce, infilate dentro i caschi che li isolano nel rumore costante della ventilazione. Sono soli. Catapultati dentro un mondo sconosciuto dove noi ci aggiriamo vestiti da astronauti, irriconoscibili. Ci guardano con gli occhi spalancati. Hanno paura. Una tremenda paura di non riuscire a fare il prossimo respiro. La loro paura ci contamina. La loro solitudine è la nostra».
Il virus veloce«Il Covid è un virus velocissimo e cattivo. In tanti anni non ho mai visto infezioni polmonari così. Chi dice che è simile a tante altre influenze non sa di cosa sta parlando. Nei pazienti di prima le lastre mostravano uno o due addensamenti nei polmoni e il decorso era lento. Le polmoniti da coronavirus sono un’altra cosa, l’infezione è una macchia di inchiostro che cade e si diffonde. Ho visto pazienti che respiravano con qualche affanno e dopo un’ora non ci riuscivano più, completamente desaturati, in pericolo di vita. Mai vista una instabilità del genere».
«La verità è che ancora oggi non sappiamo bene come curarli. Non sappiamo quale farmaco funziona e quale no. Quello che facciamo è supportare le loro funzioni vitali in corsa contro il tempo. Li facciamo respirare. Li idratiamo. Li nutriamo. E intanto proviamo con gli antivirali, gli antimalarici. Magari con il cortisone. Magari con certi antibiotici. Ma la realtà è che chi ha la forza di guarire, guarisce, chi non ce la fa, muore. È tutto qui, per ora. Per questo è così importante la prevenzione, stare chiusi in casa, lavarsi, usare ogni cautela. Chi parla di riaprire tutto è matto».
"Dormo 4 ore a notte"«Da otto settimane dormo quattro ore per notte. Come tutti al Fatebenefratelli, medici, infermieri, paramedici. Non so neanche se sogno o non sogno. Entro nei reparti alle sette e mezza, esco alle dieci di sera. A marzo ho fatto 160 ore di turno, più 114 ore di straordinari. Durante il turno non mangi, non bevi, parli a gesti e se devi fare pipì perdi mezzora a svestirti, lavarti, rivestirti, quindi te la tieni». «Tutti noi del reparto abbiamo colleghi e amici morti, oppure in terapia. Penso che più o meno tutti siamo stati infettati. Io credo di essermi ammalata a metà marzo. E di essere guarita dopo certi dolori alla schiena. Il tampone dice che sono negativa. Ma quando ci sarà tempo di fare le analisi degli anticorpi, scoprirò se l’ho avuta oppure no».
Resistere«Questo è il tempo che ti tieni tutto dentro. Resisti. Ho la fortuna che a casa Luca, mio marito, cucina tutti i giorni per me. Prepara pesci e torte. Un amore. Solo che da due mesi viviamo, respiriamo e mangiamo a un metro di distanza, dormiamo in letti separati. L’ultima cosa che voglio è metterlo a rischio, non me lo perdonerei». «Da una settimana il terremoto ha rallentato. Lo spiraglio è che vediamo qualche letto libero. Ma la ricostruzione del mondo di prima sarà lentissima, un anno e anche di più. E quando arriverà il vaccino ci sarà l’intero mondo a mettersi in fila».
«Ho visto al telegiornale che ci applaudono dai palazzi. Mi ha commosso. Vorrei tenere questi applausi per il futuro e spenderli quando al Pronto soccorso ci urleranno, ci insulteranno. Oppure quando i prossimi governi ci taglieranno i reparti, gli ospedali, i corsi di laurea. Specie qui in Lombardia, dove per anni tutto andava alla sanità privata e le briciole a quella pubblica. Oggi ci chiamate eroi, benissimo, evviva, pero segnatevela ‘sta cosa e riparliamone quando ci sarà tempo».

11.4.20

la cosa bella di pasqua 2020 è il silenzio degli agnelli risparmiati alla vigilia di una Pasqua senza ristoranti né pranzi di famiglia

ha  ragione  l'ultimo n (  11 APRILE 2020 )   della  rubrica    di repubblica  La Prima Cosa Bella



DI GABRIELE ROMAGNOLI



  Né abbacchio, né scottadito, spenti i forni. Il rappresentante di una ditta di produttori ovini, mentre fa scarse consegne al mercato rionale, riferisce sconsolato: "L'anno scorso ne macellammo quarantamila, quest'anno soltanto ventitremila". Diciassettemila si sono salvati. Questo silenzio degli agnelli risparmiati è un effetto collaterale positivo di questo tempo, una conquista da mantenere dopo. E una questione filosofica,ed  etica  aggiungo io  a suo modo. L'agnello risparmiato non ha idea del perché le cose stiano andando in questo modo. Perché il suo vicino sia scomparso e lui sia rimasto. Perché un destino segnato fino a un mese fa abbia cambiato corso. E' un mistero e non ha capacità per risolverlo. Non può comprendere la catena di cause ed effetti (un pipistrello muore in Cina, un uomo abbraccia un altro che prende un aereo e va in Europa, sedendo accanto a un'americana). Sa solo di essere salvo, senza manco essere finito in braccio a Berlusconi. Al momento, siamo nella condizione dell'agnello. Non abbiamo capito che cosa stia succedendo. Perché improvvisamente tanti di noi muoiano, come funzioni la catena di conseguenze e dove e quando possa spezzarsi. Di essere salvi ringraziamo la provvidenza. Ed evitiamo di finire in braccio a un uomo della provvidenza.

10.4.20

IN SPIRITO E VERITA' - Pasqua 2020 di ©® Daniela Tuscano

L'immagine può contenere: una o più personeTriduo pasquale. È bello che cominci con un pasto, con una cena. In Oriente, oggi come allora, la convivialità è estremamente importante, rappresenta una forma d’intimità simile all’unione sessuale. Ed è bello che Gesù abbia conferito il mandato proprio in un’occasione come questa, che l’abbia condivisa coi suoi amici e le sue amiche. Con quelli e quelle a cui era più affezionato, anche se non, forse, i più affidabili; e lui lo sapeva. Questa consapevolezza gli veniva dall’umanità, non dal suo essere Dio. Basta il discernimento, la discrezione. La semplice esperienza. Il realismo. Perché noi siamo così: irriconoscenti, fragili, dimentichi. Lo siamo; ma la carità – non l’elemosina, bensì l’amore incondizionato, totale – insiste, diremmo si ostina, a scommettere su di noi, sulla nostra parte buona, con la pertinacia d’un esploratore. Certo, il male è multiforme e spaventevole; fa chiasso; è vistoso. Si agita, sconvolge. Ma proprio questo denota la sua piccolezza, perché basta un grumo di bene per neutralizzarlo. E tutti noi possediamo, in qualche recesso dell’anima, questo grumo. Gesù scommette appunto su di esso, su questa origine di noi. Come se il resto fosse contorno, materia da dirozzare. La nostra forma, direbbe Michelangelo, è intrappolata nel marmo del male; ma all’interno, splende come diamante. Cristo vuol far emergere, sempre e comunque, questo splendore. Mesi fa, cioè nell’altra vita, molti di noi si scagliavano talora retoricamente, contro i moderni mezzi di comunicazione di massa, rei di alimentare l’isolamento, di impoverire gli autentici rapporti umani, d’immeschinire il linguaggio e l’alfabeto dei sentimenti. Vero. Ma incompleto. Perché guardavamo “come quei c’ha mala luce”, focalizzando l’attenzione sullo strumento e non sul fine. Internet, televisione, giornali, denaro, persino libri, possono giovarci e distruggerci, a seconda della loro posizione nella scala valoriale. Al centro non può mai esserci lo strumento. Centro di ogni invenzione umana dev’essere l’umano. Ecco che allora i prodotti dell’ingegno diventano utili, anzi, indispensabili. Oggi, i mass-media ci offrono una formidabile possibilità di raggiungere tutti, in particolare chi è solo. E in questo senso vanno potenziati e diffusi. Oggi, anche grazie a essi, celebriamo una Pasqua inusitata. Una Pasqua di contraddizioni, come del resto dovrebbe essere sempre. Il cristianesimo non è “conferma” delle nostre certezze, dei nostri luoghi comuni e del nostro perbenismo. Irrompe nella quotidianità e la sconvolge, scuote un quieto vivere fatto di abitudini e riti. Ma questa volta, il paradosso è doppio. Celebriamo qualcosa di molto fisico, come un pasto, una sepoltura, un’attesa e, infine, un vitalismo sacro – la Resurrezione riguarda la carne, non l’anima: la Bibbia non menziona mai quest’ultima – stando materialmente distanti. E chissà che questa nostalgia del corpo, dei suoi odori, dei suoi abbracci e baci, non ci spinga a riflettere sulla sua dignità. Noi, siamo il corpo. Troppo spesso, invece, l’abbiamo considerato un oggetto estraneo, inanimato, da consumare in fretta – se bello, giovane, tonico –, smembrare, rinnegare, erotizzare, mercificare, addirittura affittare per desideri altrui. E quando non serviva più, quando la sua efficienza veniva meno, se era difettoso, lo abbiamo dichiarato inutile, e la sua eliminazione presentata come “supremo interesse”. Abbiamo invocato il diritto a morire, perché difendere la vita era diventato un concetto obsoleto. Un corpo che veniva fatto esplodere per l’egoismo di tiranni autoproclamatisi dei in terra, un corpo martoriato da fame e guerre, un corpo prostituito per l’egoismo di pochi. Adesso questo corpo reclama la sua sacertà, e ci ricorda: non sapete che siete tempio di Dio? E che lo spirito di Dio abita in voi? In noi, ecco. E, nel momento in cui avvertiamo la nostalgia dei corpi, possiamo recuperarli “in spirito e verità”. Gesù pronuncia queste parole a una donna perché è l’unica a poterle capire. Gli uomini sono legati al tempio, al monte, a Gerusalemme. Le donne, sono donne dappertutto. Escluse dal sacro recinto. Ma proprio fuori, proprio lì, Cristo le accoglie. L’ora è giunta. Siamo al tempo stesso fuori e dentro. Non nel tempio, ma nelle nostre case. Che erano le chiese dei primi cristiani, ricordi di pasti, preparati – e presieduti – dalle donne della famiglia. È giunta l’ora, ed è questa, dove l’unione si fa spirituale, non per disprezzo verso il corpo, come inculcato per troppo tempo da un catechismo sessuofobico incrostato di dualismo platonico, ma perché, partendo dal corpo, la potenzia; e la trasfigura. Dio è tutto in tutti non equivale a un facile irenismo, né a una “protestantizzazione” del cattolicesimo, come pretende una vulgata che della Riforma presenta sempre un’immagine irrispettosa e caricaturale. Significa, piuttosto, ch’egli non si lascia circoscrivere in alcun perimetro, né mentale né materiale. Del tempio di Gerusalemme non è rimasta che pietra su pietra, ma il tempio del corpo è stato distrutto ed è risorto in tre giorni. La casa di Dio non è l’edificio. Questo lo credevano i pagani; ma noi sappiamo che l’edificio ha la sua importanza simbolica, artistica, evocativa, galileiana. È accompagnamento, scuola. Ma la Chiesa è in uscita, come ricorda papa Francesco, la parola abbandona le porte chiuse, si fa glossolalia, e arriva agli estremi angoli, dove il Vangelo è perseguitato, dove l’unica voce che strepita è quella delle bombe, dove il sacerdote non entra, dove non c’è amico, non sguardo. Negli ospedali dove si muore soli. Lì giunge, anche quando tutto tace, anche quando si fa inesplicabile, perché anche lì è stata esperita, perché anche Cristo è morto solo. C’è chi vorrebbe riaprire le Chiese per Pasqua, per celebrare “quel Corpo risorto mentre tutto parla di corpi morti”. Quei “corpi morti” che sono il corpo di Cristo. Quei “corpi morti” senza i quali non ci sarebbe resurrezione. Quei “corpi morti” in cui Gesù si è talmente identificato da far esclamare al centurione pagano: “Veramente questi era figlio di Dio”. La sua regalità non si è manifestata nel fulgore abbagliante dell’arcobaleno, ma in un corpo agonizzante, piagato, irriconoscibile. Morto. La Pasqua viene qui, in questo modo laico e samaritano, femminile e donativo. Nei “corpi morti” in cui solo può avvenire il balenio della Resurrezione. Nell’abnegazione di religiosi, medici, infermieri, volontari, amici, insegnanti e studenti, semplici conoscenti, in chi si prende cura degli anziani, in chi comprende che la pandemia, evento per noi eccezionale, ad altre latitudini è una triste quotidianità; ma quei corpi, nell’altra vita, ci sembravano remoti, di quei corpi non c’importava, fin quando abbiamo capito che no, al male non ci si abitua, non è il nostro destino, non può essere la nostra storia. Buona Pasqua di intimità, dunque; siano le nostre case, le chiese antiche e nuove; partecipiamo ai riti grazie ai mezzi tecnologici che la mente umana ha saputo partorire; usiamoli per fare il bene, usiamoli anche per chi non potrà accedervi. Buona Pasqua in spirito e verità.


16.4.19

IL CUORE © Daniela Tuscano


 sgomento    e  malinconico  , non riuscendo a proferire parole   ed  emozioni      davanti ad  una siffatta  tragedia  lascio che    a farlo sia      © Daniela Tuscano  con questo toccante  post



Ma nessuno, finora, si è accorto che la Grande Madre brucia a un mese esatto da Saint-Sulpice. E all'inizio della Settimana santa o, come la Chiesa la designa in modo più appropriato, la "Settimana autentica". Settimana in cui tutto si compie, in cui l'umanità è più vera perché vinta, piegata e piagata. L'umanità cade per poter risorgere, come quella guglia fragile e rovente sbriciolatasi sotto gli occhi atterriti di chi nulla può. È tutto fermo e tramonta e il buio avvolge la terra, e veramente, intorno, sono tutti fuggiti.
L'immagine può contenere: notte, cielo e spazio all'aperto

La storia, sì. L'arte, la civiltà ecc. Il simbolo. Ma in quell'edificio solenne e sconfitto, avvolto da una tetra nube tossica, io vedo me stessa, il mio supremo limite, ciò che ho rinnegato e dimenticato. Vedo le mie paure e, malgrado tutto, una forza inestimabile, la certezza d'un solo bene, da seminare e custodire.
#NotreDame va in cenere. Forse arde d'amor perduto. Forse le restava quest'ultimo strazio per attirarci a sé.
                                    © Daniela Tuscano

15.4.17

DAL NOSTRO LIVELLO © Daniela Tuscano

L'immagine può contenere: spazio al chiuso
La notte oscura? Per me, dura da sempre. Non ho luce e mi ostino a cercarla. No, non credo. Non credo davvero che, oltre quella soglia, risorgeremo. E mi chiedo il motivo di questa incredulità. Perché sono nata nel Novecento, perché sono occidentale, perché ho l'abitudine a razionalizzare, perché vivo senza grossi problemi, perché sto ancora bene...
 Ma in realtà, in ogni latitudine, in qualsiasi situazione, gli umani tremano di fronte al sepolcro.
È così. E non solo così. E non mi basta così. La presenza la sento. Ma, in quel momento, proverò dolore ,nostalgia. O forse la vita mi sarà diventata insopportabile,prospettiva ancor peggiore, tanto è innaturale e sciagurata. Come è successo a Davide Trentini, il malato di Sla che ha scelto la Svizzera per praticare l'eutanasia (il materialismo neo laico non si stanca d'incoraggiare queste decisioni...). Come le donne straziate dai loro compagni, mariti, fidanzati, amici, eterne crocifisse senza riscatto. O come i bambini d'Aleppo, i quali, però, al cielo credono e, quando invocano la morte, vogliono solo vivere. Nel cielo cercano una terra vera, piena, un gioco, una materiale ed eterea gioia. I fanciulli sono il riassunto di tutto, carne e nuvole. 

Non ho luce, ma dei testimoni sì: questi bambini, chi resiste, chi non ce la fa ma lascia un sorriso di speranza. 

Oggi è il giorno dell'assenza. Il giorno della discesa negli inferi, nel silenzio delle viscere. Però c'è questo tabernacolo aperto, che è anche abbraccio. E queste parole del Papa: "Non dimenticate la carne di Cristo che è la carne dei rifugiati, la loro carne è la carne di Cristo", chiasmo accludente, roccioso e perenne, grazie a cui vengo sospinta oltre me, oltre il mio livello, la mia miscredenza, malgrado tutto e irripetibilmente. Fin quando ci sarà sete di giustizia, saremo obbligati a risorgere.

                                              © Daniela Tuscano

28.3.16

I "non compiti" per Pasqua: "Giocate e guardatevi intorno"




"Quali compiti hai assegnato ai tuoi studenti per le vacanze di Pasqua?". E' questa la domanda rivolta dalla pagina Facebook "Your Edu Action", community di insegnanti, educatori e alunni, ai professori  Alcuni di loro hanno condiviso le loro direttive per le vacanze pasquali nei commenti. Quelli che hanno raccolto maggior successo, neanche a dirlo, sono stati i compiti che in realtà poco (o niente) hanno a che vedere con lo studio. "Stai all'aria aperta, guardati intorno (la primavera porta novità)", si legge su una lavagna. Segue un invito altrettanto allettante: "Gioca con i tuoi amichetti, divertiti con la tua famiglia e leggi a piacere (non solo dai libri di testo)".
oppure  

urile a resaponsabilizzare e un metodo per evitare che assumano atteggiamenti bullistici e prepotenti , ma soprattutot cadano nele devianze ( alcool e droghe ) fin da giovanissimi . le altre le  trovatre  qui

4.4.15

pasqua laica ed atea ., pasqua religiosa \ i riti della settimana santa in sardegna

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                             Pasqua  religiosa 
http://it.wikipedia.org/wiki/Riti_della_Settimana_Santa_in_Sardegna
a  sassari  I  II  III

inizio dalla seconda   perchè  anche a  per  chi non è credente  o  credente  non praticante   tali riti   hanno  un qualcosa  di  affascinante  e misterioso  . Oltre  ad  essere  confusi   , in quanto in Sardegna    si mescolano  nella  celebrazione   di tali riti   sia  tradizioni orientali ( bizantine in particolare ) sia catalano \ spagnole ( vedere sotto )come  mi  ha  fatto notare l'amica  e  compagna  di viaggio  Donatella Camatta <<  stessa tradizione in spagna Saragozza . >>
E' per questo    che , chiedo  scusa  ai  miei  13  lettori  fissi     se mi ripeto  , io identifico la mia sardegna non con  centro italia (con cui non abbiamo niente in comune culturalmente , se non la comune appartenenza nazionale forse prima del risorgimento , dato che la sardegna passo ai Savoia dal 1720 e poi con essi all'Italia ) come fanno  molti ma  con il sud  con cui abbiamo molto in comune  appena sento questa  canzone  e  vedo  tali immagini ( anche se  sono   della  calabria  )



rivado indietro  nel tempo ai racconti  dei mie nonni e  zi\e , prozii\zie specie  quelli paterni , di mio padre  e mia  madre   bambini  e alla mia  prima infanzia .
Ma soprattutto ritornando al discorso di prima  e   come potete leggere  dai commenti  alle   foto  da me  scattate    alla processione del venerdì santo cittadina  



  del mio account ( quello primario  )  di  fb   la gente  oltre  a  scherzarci su   confonde   tali riti  con manifestazioni  dei Ku Klux Klan.
Ecco  alcune  news  prese  dalla  nuova sardegna del  3\3\2015

 Mentre  totalmente  catalana  è  Alghero  dove  i Lampioni dell'illuminazione pubblica   vengono velati  di rossso  (  foto a sinistra  )     . Infatti   << il Venerdì Santo rappresenta >>  , sempre  secondo  la  nuova  sardegna   <con la Catalogna >>  anche    se  ormai  il catalano antico e quasi  scomparso in quanto  parlato    solo dagli anziani   << che si percepisce nei  canti che accompagnano le processioni.
Si comincia presto, alle 8, nella Cattedrale di Santa Maria,con le Lodi Mattutine presiedute dal vescovo   Alle 11 si  muoverà la processione della Via Crucis che attraverserà le vie del centro storico, senza mai uscire dalla città murata, per  rientrare in cattedrale dove si  procederà al rito dell'Innalzamento del Cristo che viene svolto dai Confratelli della Misericordia.



Ancora a Santa Maria alle 16,c'è ancora il vescovo ed è il momento dell'Adorazione della Croce. Poi arriva il momento più  significativo, alle 20 comincia il Rito che precede la grande processione del Venerdì Santo, la chiesa nonostante le sue dimensioni  è gremita, non riesce a contenere all'esterno
sarà allestito uno schermo gigante  per consentirà la visione di tutta la cerimonia.
Sono sempre i Germanz della  Confraria a calare dalla croce la statua del Cristo e ad adagiarla sul feretro e da quel momento  comincia il lungo percorso della  processione che visiterà tra due  ali di folla imponente, buona  parte dei quartieri della città. Sul  percorso, oltre che nel corteo,sono decine di migliaia le persone  che formano una straordinaria  cornice che accompagna il rito  fino al rientro, a tardissima  notte, nella chiesa della Misericordia.
Alla suggestione della cerimonia  si uniscono i canti dei  cori provenienti da ogni parte  della Sardegna che al passaggio  del feretro intonano canti sacri  in sardo e catalano. Momenti di grande suggestione che si rinnovano  ogni anno a conferma delle  profonde radici di fede della  comunità algherese. Sabato è giornata di riflessione  e di preghiera, e dalle 22 nella  Cattedrale di Santa Maria ci sarà  la Veglia Pasquale presieduta  dal vescovo  Poi la Domenica  di Pasqua, quella della  Resurrezione, dell'Incontro tra  la Madonna e il Figlio Risorto sui bastioni Cristoforo Colombo. Incontro  che sarà segnalato dagli  spari a salve dei Cacciatori dell' Associazione Tanda Sport. Poi il
rientro in Cattedrale per la messa  solenne. Alle 12 il rientro nella  chiesa della Misericordia dove si
svolgerà un altro momento significativo delle celebrazioni  della Settimana Santa : la distribuzione
del pane benedetto.

E per  finire  quella   laica  ed  atea  


Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...