Nel 1957 lui partì dalla Sicilia per la Grande mela, il cugino per l'Alto Adige. Da allora, ogni anno, gli manda una cartolina per Natale. E i suoi clienti discutono per ore dei vini dell'Alto Adige. Rocco Scali è stato il barbiere di Truman Capote e ha tagliato i capelli a Luca Brasi (l'attore Lenny Montana) prima di girare la celebre scena del Padrino
di Luca Fregona
Rocco Scali con un cliente nel suo negozio di Brooklyn
BOLZANO. Ogni Natale che dio manda in terra Rocco “Rocky” Scali, spedisce una cartolina a Bolzano. Che sia l’Empire State Building che sbuca dalle nuvole, il ponte di Brooklyn, le due torri prima dell’11 Settembre, la Freedom tower oggi, lui esce sulla Henry Street, sceglie la foto giusta, scrive gli auguri, affranca e spedisce. Dal 1957. L’anno in cui arrivò a New York dalla Sicilia. Aveva 17 anni. Lui partì per la Grande mela in cerca di fortuna, suo cugino Rocco (stesso nome) per l’Alto Adige. Due storie d’immigrazione parallele. I due, oltre che cugini, erano grandi amici. Da allora si scrivono sempre gli auguri per le feste, e ogni due anni Rocco Scali lascia il suo barber shop di Brooklyn e vola a Bolzano. «La adoro. Una città bellissima, con quelle montagne e quel cielo limpido», dice mentre affila la lama nel suo salone al piano terra dell’Hotel St. George a Brooklyn Heights, accanto alla fermata della metro, a due passi dal ponte.
Lavora qui dentro dal 1958. «Quando sono arrivato a Nyc - racconta - ero un ragazzino. Al paese avevo iniziato presto. A 12 anni ero già garzone del barbiere sulla piazza principale». Grazie all’Agenzia per l’emigrazione dal Sud Italia, il giovane Scali viene assunto da Joseph La Marca, un italoamericano che nel 1926 ha aperto il salone “The Cutting Den”. Rocco diventa “Rocky” e parte il sogno americano. «All’inizio lavoravo il venerdì e il sabato. Poi il signor La Marca mi ha preso fisso. Da allora non mi sono più mosso». Sono passati quasi 60 anni: oggi il barber shop è metà suo e metà del figlio di La Marca. Lui, che ormai di anni ne ha 75, non ha nessuna intenzione di mollare. «A casa che faccio? No, la mia vita è qui, in questo quartiere». Lavora anche 12 ore al giorno e tiene aperto dalle 9 del mattino alle 10 di sera. Rocco Scali taglia la zazzera ai giovani hipster di Willamsbourg e ai clienti che vanno da lui da 50 anni anche tre, quattro volte alla settimana. Lo scrittore Truman Capote, quando abitava a Brooklyn, passava da Scali tutti i giorni a farsi massaggiare il visto e tagliare la barba. «Era un ragazzo piccolo con la voce squillante. Mi resi conto che aveva scritto “Colazione da Tiffany” soloquando vidi il film al Radio City Music Hall», sorride Rocky.
Ogni giorno Capote andava a farsi una nuotata nella piscina olimpionica del St. Georg e poi si fermava in bottega. «Venne da me anche il giorno prima di partire per il Kansas, per intervistare quei due ragazzi che avevano massacrato una famiglia intera - racconta Rocco -. Quelli del libro “A sangue freddo”». Uno dei capolavori assoluti del Novecento. Ma non è l’unico capolavoro in cui Rocco/Rocky è incappato nel corso della sua lunga carriera. Nel 1971, Coppola gira una famosissima scena del Padrino al bar del St. George. «Luca Brasi prima di finire “a dormire coi pesci”, è venuto a tagliarsi i capelli da me», ridacchia. Nel film, Luca Brasi, interpretato da Lenny Montana, fedelissimo killer di don Vito Corleone, viene pugnalato, strangolato e buttato nell’East River, “alla maniera dei calabresi”.
Ma i clienti più fedeli di Rocky sono i vecchi abitanti di Brooklyn. Da Rocco si commentano le notizie del giorno, ma si parla anche di vini. al “Cutting Den” tutti conoscono Bolzano. Ne parlano come se fosse dietro l’angolo. Il suo salone è un piccolo club di appassionati delle cantine dell’Alto Adige, che - qua dentro - si pronuncia rigorosamente in Italiano: ALTO ADIGE, do you understand? Niente Südtirol, o, peggio ancora: South Tyrol.«Pinot niiiiro, Chardonnay, Gewürztraminer...», mister Frankie snocciola etichette e produttori sprofondato nella poltrona anni Settanta, mentre Rocky lavora di forbice e pettine sulla sfumatura alta. «Terlano, Caldaro, Termeno... I love them. Buoooonissimi», dice in italiano. Spiega Rocco Scali, con quell’accento che sembra Joe Pesci in Goodfellas: «Noi italiani sappiamo cos’è il vino buono. In America bevevano solo whisky. Adesso hanno capito. Io glielo dicevo sempre, guardate che dove abita mio cugino stappano bottiglie che voi nemmeno vi sognate...». Sul New York Times c’è una rubrica seguitissima di critica enologica. Il suo autore Eric Asimov è una specie di guru del bere bene. «Asimov - racconta un altro cliente - qualche anno fa ha dato un punteggio altissimo ad un Lagrein di una cantina di Bolzano (la Turnhof di Aslago, ndr). Da allora non posso smettere di berlo. Ehi, Rocky, la prossima volta che vai, portamene altre due casse...». E intanto: «Merry Christmas, Bolzano!»