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28.9.13

Slot Mob, a Milano "premiano" i bar senza slot




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Slot Mob, a Milano "premiano" i bar senza slot


Giuseppe stallone il proprietario del bar  


                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Dopo il successo di Biella, lo Slot Mob arriva anche a Milano. In centinaia, questa mattina, si sono dati appuntamento in viale Jenner per premiare il Bar Persefone, tra i primi della città a scegliere di non avere slot machine nei suoi locali. "Una perdita netta di 2000-2500 euro al mese" spiega il titolare "ma è più importante non dare modo ai clienti di rovinarsi una vita col gioco d'azzardo". Per l'occasione l'Accademia Giochi Dimenticati, ha portato in strada il divertimento di una volta, dai birilli al tiro alla fune, mentre l'organizzazione ha allestito un torneo di biliardino "per stimolare la socializzazione, dato uno dei tanti problemi derivanti dalle slot machine è l'isolamento". "Speriamo di organizzare almeno 100 slot mob in tutta Italia" si augura Gabriele Mandolesi, coordinatore dello Slot Mob "la cosa bella è che i titolari di locali che rinunciano alle slot sono moltissimi, ma rimangono nell'ombra. Con queste iniziative riusciamo a premiare un gesto coraggioso" (video di Elena Peracchi)




da milano repubblica del 16\6\2013


Milano, il barista rinuncia alle slot:"In tanti qui hanno perso la dignità": "Le macchinette rendevano 3mila euro al mese, ma le ho tolte dopo che un ragazzo ha perso metà del primo stipendio". Il caso della pensionata che si giocò i 20 euro per la spesa

di ALESSANDRA CORICA



«Era impossibile stare a guardare. Una volta un ragazzo del quartiere, coetaneo di mio figlio, in due ore si è giocato la metà del primo stipendio: a quel punto ho detto basta. E ho fatto togliere le slot». Giuseppe Stallone lo scorso febbraio è stato il primo a ricevere l’attestato di “Bar anti slot” del comitato Jenner-Farini, per aver eliminato dal suo locale, ormai tre anni fa, le slot machine: una decisione controcorrente, all’epoca. Ma che adesso torna di attualità, con la discussione in Regione per una legge che ponga un freno al diffondersi delle slot. E con il dilagare del gioco d’azzardo patologico: almeno 25mila i malati in Lombardia, che con un giro d’affari da 9,9 miliardi di euro l’anno si piazza al primo posto tra le regioni italiane. «Non dico che eliminare le macchinette sia stata una scelta facile - ricorda Stallone - Con i tempi che corrono, rinunciare a una fonte d’incassi non è semplice. Ma ne sono fiero: qui si sta parlando di una piaga sociale, qualcosa va fatto».

Per quanto tempo ha avuto le slot?
«Circa un anno e mezzo. Quattro anni fa una ditta che noleggia gli apparecchi ci ha contattato e ci ha offerto di installarli: nessun costo di affitto, manutenzione a carico del gestore e introiti divisi a metà, al netto delle imposte. Con questo meccanismo riuscivamo a guadagnare anche 2.5003mila euro al mese».
Un buon affare.
«Sulla carta, sì. Poi, però, ho dovuto fare i conti con la realtà».
Ovvero?
«Pensionati, giovani, donne e uomini: tutti giocano alle slot. E tutti ne vengono trasformati: è come se quegli apparecchi cambiassero la fisionomia di una persona. Ho visto gente tranquilla bestemmiare, mettere da parte controllo e dignità dopo aver perso una partita. E più di una volta mi sono trovato in difficoltà».

In che senso?
«Una volta ho trovato un ragazzo cinese davanti alla saracinesca del bar alle sei e mezzo del mattino. Appena mi ha visto ha iniziato a chiedermi di aprire: voleva ricominciare a puntare per rifarsi di quello che aveva perso la sera prima. Chi gioca diventa maniacale: tante volte ho discusso con alcuni che non volevano allontanarsi dalle slot, malgrado fosse l’ora di pranzo e io dovessi spegnere gli apparecchi per far mangiare in pace gli altri clienti. Per non parlare delle volte in cui ho provato pena per chi avevo davanti».

Per esempio?
«Ricordo un’anziana che arrivò con il carrellino della spesa, ancora vuoto, e tirò fuori una banconota da venti spiegazzata. Se la fece cambiare in monete, poi iniziò a giocare: dopo dieci minuti ritornò, disperata, dicendo di aver perso tutto. E di non sapere come fare la spesa».

Il caso che l’ha colpita di più, però, è stato quello del coetaneo di suo figlio.
«Un ragazzo di 23 anni, cliente abituale: ogni tanto capitava che gli offrissi un caffè o una birra. A un certo punto, sparisce per un po’: lo incontro per caso dopo un mese, mi dice che ha trovato lavoro e che ha appena preso il primo stipendio. Dopo un paio d’ore torno al bar e lo trovo alle macchinette: si era giocato mezza paga. Mi sono chiesto: e se capitasse a mio figlio?».

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