"Il mare è dolce e meraviglioso, ma può essere crudele".
Ernest Hemingway
DA Altre Storie | La Newsletter di Mario Calabresi
«Ho deciso di interrompere la mia carriera di marinaio quando, tornando a casa dopo un lungo periodo per mare, mia figlia Luisa, vedendomi entrare in cortile, corse da mia moglie urlando: “Mamma c’è uno in giardino”. Ecco, in quel momento ho capito che dovevo smettere». E così, nel 1963 Eugenio Giannini è sbarcato per l’ultima volta da un transatlantico ma la sua vita è rimasta legata al mare e alla notte più terribile della sua vita, quella dell’affondamento dell’Andrea Doria, il 25 luglio 1956, quando era sul ponte di comando, come terzo ufficiale della più grande e prestigiosa nave della storia italiana. |
L'Andrea Doria mentre si inabissa al largo dell'Isola di Nantucket Ci aspetta nel suo appartamento di Padova, dove vive con la moglie. Una coppia di splendidi novantenni, affettuosi e gentili, visitati frequentemente dalla figlia Luisa. Eugenio Giannini si è diplomato aspirante Capitano di lungo corso nel lontano 1948, tempi durissimi - l’anno delle prime elezioni politiche della storia repubblicana (e della prima vittoria democristiana), dell’attentato a Togliatti, di scioperi e tumulti – in cui la Marina Mercantile italiana era ancora malconcia, quasi inesistente dopo la devastazione della Seconda Guerra Mondiale. «Trovare un imbarco, per me, giovane diplomato senza tradizioni famigliari marinaresche, non era facile, così ho accettato la prima chiamata, come mozzo, sul Salento, uno scava-fango della Grande Guerra di provenienza austriaca, che faceva rotta tra Genova e Famagosta, sull’isola di Cipro. Ci ho vomitato sopra per tutta la prima notte di navigazione, poi basta, da allora non ho più sofferto il mal di mare». La gavetta, Giannini, se l’è fatta tutta. Dopo il Salento è stata la volta delle petroliere di Ernesto Fassio, un nome che oggi ai più non dice molto, ma che, insieme ad Angelo Costa e Achille Lauro, componeva la triade dei grandi armatori italiani del dopoguerra. «Scendere nel locale pompe di quelle navi, a tentoni, senza vedere né scalini né il fondo, era un’impresa ardua. Una temperatura infernale e un vapore soffocante. Tutto questo in Golfo Persico, senza aria condizionata e spesso con i frigoriferi guasti!». La prua dell'Andrea Doria Su quelle petroliere ottenne per la prima volta il grado di terzo ufficiale, lo stesso grado con cui, dopo diversi anni e numerosi altri imbarchi su navi differenti, il 10 aprile 1956 fu chiamato, con telegramma, sull’Andrea Doria. «Quando arrivai al pontile e la vidi, in tutta la sua maestosa bellezza, mi venne il groppo in gola. Era il coronamento dei miei sogni, mi stavo per imbarcare sull’ammiraglia della Marina Mercantile italiana». Giannini rimase fino all’ultimo sul ponte di comando assieme al comandante Piero Calamai e ricorda tutte le fasi di quella notte: l’angoscia per la disperata consapevolezza di quello che stava per accadere a molte persone che stavano serenamente dormendo nelle loro cabine o festeggiando nei grandi saloni della nave; il sangue freddo del comandante Calamai, che riuscì a gestire la peggiore delle situazioni di emergenza – la nave si era subito sbandata oltre i 20 gradi, impedendo l’utilizzo di metà delle scialuppe di salvataggio –, coordinando le attività di soccorso e di evacuazione del transatlantico; la sua idea di utilizzare le reti di copertura delle piscine come improvvisate scale di emergenza e mille altre situazioni di disperazione o di coraggio. Alla fine di quella drammatica notte, tutti i passeggeri rimasti in vita dopo la collisione, e tutto l’equipaggio, furono salvati. I morti furono 46. La campagna denigratoria, organizzata principalmente dagli armatori svedesi per tentare di diluire le responsabilità dei suoi ufficiali – che navigavano fuori rotta e avevano sbagliato la taratura del radar –, ma ben vista anche dagli armatori americani – le cui navi spesso partivano semivuote per l’Europa poiché i passeggeri preferivano i nuovi transatlantici italiani (all’Andrea Doria si era aggiunta la gemella Cristoforo Colombo) – non fu minimamente contrastata dalla compagnia armatrice italiana, la Società di Navigazione Italia, appartenente al gruppo IRI. “La Ballata dell’Andrea Doria”, il podcast di Chora Media per Archivio Luce raccontato da Luca Bizzarri La voce del comandante Giannini, ancora appassionata e vivace, è una delle protagoniste della serie podcast realizzata da Chora Media per Archivio Luce e narrata da Luca Bizzarri, in cui si ricostruisce la storia di quell’eccellenza italiana e si racconta, in modo approfondito, ogni aspetto di quella tragica notte. |