Arancia meccanica
Il film "Arancia meccanica" è stato, è, e rimarrà, sempre una fonte inesauribile di contraddizioni
di Matteo
Tassinari
Nonostante molti critici l'abbiano letto come la più lucida analisi in forma di film sulla violenza e sull'aggressività dell'essere umano - quindi, non certo come un'opera a favore della violenza. Qualche anno fa lo stesso Stanley Kubrick decise di ritirarlo dalla circolazione in Gran Bretagna, impressionato dai fenomeni di imitazione che suscitava, effettivamente furono numerosi.
Persino in Italia una gang di malviventi romani, ribattezzata "banda dell'"Arancia meccanica", e curiosamente su di loro è appena uscito un film, “L'odore della notte” di Claudio Caligari. Oggi, a distanza di oltre 25 anni dalla sua uscita, la contraddizione più curiosa a proposito di "Arancia meccanica" riguarda la sua modernità. Girato all'inizio degli anni '70, il film immaginava un'Inghilterra appena appena futuribile, quindi un'epoca che lo scorrere del tempo dovrebbe aver superato (diciamo, con azzeccata approssimazione, gli orribili anni '80?).
Gli orribili anni '80?
Ebbene, a
rivederlo oggi, non solo nemmeno un'inquadratura del film appare
"invecchiata", ma quel senso di futuro imminente è ancora tutto lì,
anche nelle cose più "deperibili" del cinema (gli abiti, gli oggetti,
gli stili, i comportamenti).
Senza essere postmoderno, Arancia meccanica è ancora quanto più di "moderno" si possa vedere al cinema. Forse l'unica cosa invecchiata di Arancia meccanica è l'immagine in cui Alex De large, il protagonista, si accinge ad ascoltare la Nona di Beethoven infilando una musicassetta nel registratore. Oggi userebbe un ed! Ma è attualissimo sia l'uso che Alex fa di Beethoven - una sorta di spinta adrenalinica all'azione, all'ultraviolenza - sia l'uso che ne fa il film, le rielaborazioni in chiave elettronica.
Senza essere postmoderno, Arancia meccanica è ancora quanto più di "moderno" si possa vedere al cinema. Forse l'unica cosa invecchiata di Arancia meccanica è l'immagine in cui Alex De large, il protagonista, si accinge ad ascoltare la Nona di Beethoven infilando una musicassetta nel registratore. Oggi userebbe un ed! Ma è attualissimo sia l'uso che Alex fa di Beethoven - una sorta di spinta adrenalinica all'azione, all'ultraviolenza - sia l'uso che ne fa il film, le rielaborazioni in chiave elettronica.
Quel che resta di Alex
E certo è curiosissimo, alla vigilia del 2000, osservare 1'anticipazione che Arancia meccanica ha operato nel campo della moda, dagli anfibi che indossano Alex e i suoi "drughi" a certi abiti dandy e new romantic che Malcolm McDowell (lo straordinario, e mai abbastanza lodato, protagonista) sfoggia quando non è in divisa da teppista. Per non parlare dei folli vestitini della mamma di Alex, la brava attrice Sheila Raynor, che scimmiotta il kitsch delle vecchie americane. C'è già la globalizzazione, e questo potrebbe essere il messaggio finale del film.
Karasciò,
Devocka, Coshia
In questo senso, forse non è un caso che Alex e i suoi "drughi" (ma anche altri personaggi) si esprimano in un bizzarro slang anglo-russo, che per altro deriva direttamente dal romanzo di Anthony Burgess, grande creatore definiti "Cocktail linguistici", accozzaglie di glossologie e ammassi di mescolanze.
Per intenderci, la parola "karasciò", che Alex e soci usano di continuo è il vocabolo russo per "bene" (anche se in inglese Burgess scriveva "horror show", facendo assonare il termine russo con un neologismo inglese che significa, più o meno, "spettacolo orribile") e così "devocka" è la parola russa per "bambina", "drug" vuol dire "amico" e “coshia” e la Durango 95 che filava molto "karaschò", con "piacevoli vibrazioni trasmesse al basso intestino. Ben presto alberi e buio fratelli, vero buio di campagna. Folleggiammo alquanto con altri viaggiatori della notte da autentici sbarazzini della strada, poi decidemmo che era ora di eseguire il numero visita a sorpresa. Un po' di vita, qualche risata e una scorpacciata di ultraviolenza" è il pensiero di Alex.
Anche questi giochi di parole hanno affascinato Kubrick, che aveva giocato con la lingua russa (ignoriamo se la conosceva, ma certo l'amava) nel Dottor Stranamore, dove il premier sovietico si chiamava Kissoff (da "kiss", bacio) e il suo ambasciatore aveva il pazzesco cognome di De Sadesky! Ma, al di là dei calembour, è affascinante rievocare come Kubrick decise di fare in Arancia meccanica, subito dopo il trionfo di “2001". Era la fine del 1969 quando Kubrick chiamò a New York con lo sceneggiatore Terry Southern, con cui aveva già lavorato in "Stranamore", chiedendogli: "Ti ricordi quel libro di Anthony Burgess che mi avevi consigliato? L'ho letto, ed è stupendo!". Era proprio ai tempi della produzione di Stranamore che Terry Southern non era rimasto colpito dal romanzo, ma per l'interesse di Kubrick per Burgess era, ora, una novità, una felice novità per Southern.
I critici? Sempre
alla gola o ai
piedi
Alla fine del '69, Kubrick era uno dei registi più potenti del mondo sul piano contrattuale, poteva dire e chiedere qualsiasi attore che tutti accorrevano per partecipare ad un lungometraggio di Stanley Kubrick, meglio conosciuto come regista innamorato della Perfezione, mentre con "2001" stava realizzando guadagni ingenti, inaspettati per il tema del film. Inoltre, tutti nell'ambiente sapevano che Stanley stava covando un progetto altrettanto ambizioso. Già dal '67 aveva sguinzagliato assistenti in tutta Europa per raccogliere materiali e informazioni di qualunque tipo su Napoleone.
Napoleone |
Era in preparazione, per farla
breve, un kolossal storico sul grande corso dell'Imèperatore francese, con Jack Nicholson già in parola
per il ruolo da protagonista e l'intero esercito rumeno (quello di Ceausescu!)
prenotato per ricostruire le battaglie di Jena, di Austerlitz, di Waterloo
(pare che la Romania
fosse l'unico paese dove 50.000 comparse erano disponibili a prezzi
ragionevoli).
Insomma, il generale Kubrick si accingeva a portare sullo
schermo il generale Bonaparte, ma le dimensioni del progetto divennero ben
presto eccessive persino per lui. “2001”, gli era costato 5 anni di lavoro e
Kubrick non aveva, allora, i ritmi "decennali" di dopo.
Malcolm McDowell |
Abituato a "smentire", con ogni suo film, il film precedente, passò repentinamente dal progetto su Napoleone a un'opera agile, da girare nel raggio di pochi chilometri dalla sua casa di Londra, con una troupe ridotta e con pochi attori, senza scene di massa. Dal punto di vista produttivo, infatti, "Arancia meccanica" fu un "piccolo film", E Malcolm McDowell non era ancora una star: aveva esordito solo due anni prima in un film straordinario di Lindsay Gordon Anderson, imponendosi come una forza della natura nel panorama del cinema britannico dalla presenza e l'esuberanza di un americano.
Capolavori mai nati
Se Napoleone è rimasto, ahinoi quasi sicuramente, il grande "film non fatto" di Kubrick, come la Recherche per Visconti e il Viaggio di Mastorna per Fellini e in letteratura il libro sul “Nulla” di Gustave Flabeurt, il passaggio dall'affresco psichedelico di 2001 alla favola grottesco-satirica di Arancia meccanica appare, a posteriori, del tutto giustificato.
Sul set di "2001: A Space Odyssey"
CONTROLLO UMANO
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In “2001” il futuro dell'uomo era stato affrontato in una chiave a metà fra il mistico e lo scientifico. Ora lo si narrava in chiave sociale, dopo che già “Il dottor Stranamore” apparteneva al genere del fantapolitico. E se “2001” aveva un finale aperto, “Arancia meccanica” chiude l'uomo in una visione deterministica, in cui il controllo politico sulla violenza si traduce in un controllo tout court delle istituzioni sull’uomo.
Infatti, quando si analizza il fascino di Alex e dell'ultraviolenza nella prima parte del film, quella più spettacolare e indimenticabile, non si dovrebbe mai dimenticare la fine che fa Alex nella seconda, quando viene sottoposto al potente condizionamento medico-psicologico per renderlo inoffensivo e ridurlo ad una larva. Se è vero, come ha acutamente osservato Enrico Ghezzi nel "Castoro" dedicato al regista, che tutto il cinema di Kubrick è idealmente compreso nell'inquadratura di “2001” dove l'osso, scagliato in aria dalla scimmia che l'ha appena usato come un'arma mortale, si trasforma in astronave… se è vero questo, e noi pensiamo che lo sia, Alex è il vero erede della scimmia.
"2001: Odissea nello Spazio", l'osso usato come arma |
Così parlò Stanley
È un uomo "libero" che segue le sue pulsioni. Queste pulsioni portano alla violenza e alla ferocia. La società si illude di redimerlo, poi si accontenta di controllarlo e, chissà, di usare quella violenza per i propri scopi. Se ricordate l'inquadratura della scimmia, vista dal basso, mentre maneggia l'osso per uccidere, la ritroverete quasi identica nell'impressionante immagine di Alex - ripreso al rallentatore, proprio come lo scimmione - che sfodera il coltello per ridurre all'obbedienza i drughi ribelli. Similitudini fra un film e l'altro per un "discorso" mai concluso.
Là c'era il “Così parlò Zarathustra di Strauss, qui c'è l'ouverture della Gazza ladra di Rossini. Musiche vitali, esaltanti, appassionate che Kubrick usa con maestria per commentare immagini in cui l'uomo si osserva e scopre la propria natura ferina. Per inciso, “Arancia meccanica” è il film che ha insegnato a usare la musica a tutta una generazione di cineasti. Un film da vedere, da sentire, da studiare, da conservare. Il miglior viatico per entrare, sotto braccio al cinema, per il suo futuro.