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13.1.25

INCHIESTA mafia ed eloico sardo 3 puntata Vento di infiltrazioni, intercettazioni & pizzini Guerra di ‘ndrangheta per la spartizione dei trasporti, coinvolta l’impresa delle notti nel porto di Oristano

  

puntate  precedenti 
 https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2025/01/ndrangheta-storie-pericolose-di.html





CRONACA SARDEGNA  INCHIESTA  3  puntata  

unione    sarda  13 gennaio 2025 alle 14:10

 
                                            Mauro  Pili 

Vento di infiltrazioni, intercettazioni & pizzini Guerra di ‘ndrangheta per la spartizione dei trasporti, coinvolta l’impresa delle notti nel porto di OristanoLe parole sono testuali, strappate ai muri di cemento armato blindato in una cella arsa dal caldo afoso del carcere di Opera, estrema periferia sud di Milano. Lì, in quel camminamento d’aria, non soffia nemmeno un filo di vento. Pareti grigio-topo, destinate a togliere il respiro anche all’ultimo dei boss, quello più cruento della storia di mafia. Le microspie ambientali lo assediano, come se gli avessero conficcato un microchip sottocutaneo. Registrano ogni respiro nel quartier generale dei capimafia confinati nella periferia della Padania. È il 30 agosto del 2013.
Capo dei capi
Chi striscia i piedi in quel quadrante apparentemente d’aria è nientemeno che il Capo dei capi, «la belva», quel Salvatore Totò Riina, capace di schiacciare un pulsante maledetto con l’inpunt di un “pizzino”. Le stragi di Capaci e via D’Amelio, quelle che uccidono Falcone e Borsellino, sono l’epitaffio della sua carriera criminale. In quel “passeggio” lo ascoltano in molti: c’è Alberto Lorusso, compagno di passi nel bunker di Opera e soprattutto loro, le cimici digitali. È il Padrino in persona che racconta del “picciotto” che in molti immaginano come suo erede: Matteo Messina Denaro, il figlio di «Zuù Cicciu». Parla colorito e non usa il bon ton per descrivere il suo allievo-traditore, Messina Denaro, colui che si era ribellato agli ordini del Capo dei capi.
Pali della luce
Nel passeggio-confessionale Riina racconta: «Questo qua, (Matteo Messina Denaro n.d.r.) questo figlio che lo dà a me per farne.., per farne quello che doveva fare, è stato quattro cinque anni con me, andava bene. Minchia… , poi si è messo la pala della luce, la pala della luce in tutti i posti pale ‘e luce. Ed è finita.., ed è finita! Ed è finita! È finita la luce…». È il passaggio più violento del distacco tra il Capo dei Capi e il suo successore mai riconosciuto. Tradimento senza appello, scolpito sull’altare più alto, quello del "disonore” dei Capimafia. Quelle “pale ‘e luce” nient’altro sono che pale eoliche, le stesse che hanno rimpiazzato il business di mafia in ogni nuova “terra promessa”, Sardegna compresa.
La svolta eolica
È duplice il tradimento che la “Belva” rimprovera a Matteo Messina Denaro: essersi messo in contrasto con altri “uomini d’onore” e perseguire affari che esulano totalmente dalla storia criminale della mafia. A “U‘Siccu”, il nome in codice di Denaro, Riina non gli perdona di essersi buttato a capofitto sull’affare eolico trasformando “Cosa Nostra” in una Società per azioni per vento e affari. A verbalizzare e tradurre le parole di Riina è Salvatore Bonferraro, sostituto commissario di polizia: «Riina aveva confidato al suo compagno di detenzione la propria disillusione per il comportamento tenuto dal Matteo Messina Denaro il quale, pur avendo delle ottime “qualità criminali”, essendo stato “istruito” proprio dal Riina non aveva interamente messo a frutto gli insegnamenti ricevuti, preferendo dedicarsi al settore eolico (“pali della luce"), restandosene al sicuro all'estero con la fidanzata».
Vento sul maxi processo
I verbali del maxi processo Stato-Mafia hanno un capitolo tutto dedicato al vento: «Il signor Messina a cui faceva (Riina) riferimento era sicuramente Messina Denaro Matteo. La vicenda a cui si riferiva era legata alle pale eoliche. Lui in quel periodo, sia il Messina Denaro, unitamente a Vito Nicastri, soprannominato il re dell’eolico in Sicilia, si stavano interessando della zona in special modo del trapanese, per mettere dell’eolico. E quindi la vicenda a cui si riferivano era proprio questa delle pale eoliche, e il soggetto appunto era Messina Denaro Matteo».
Elettricista di M. Denaro
L’uomo dell’antimafia circoscrive fatti, uomini e stati d’animo: «In questa circostanza il Riina era molto adirato, anche nei confronti di Messina Denaro Matteo, perché lui in quel momento, ecco, a dire di Riina si stava impegnando principalmente in attività economiche… eolico…». Il pubblico ministero non lascia la presa: «C’era un tale Nicastri in qualità di prestanome nel settore dell’eolico?». L’ispettore è categorico: «Sì, è stato arrestato in qualità di prestanome di Matteo Messina Denaro». È un cambio radicale del paradigma mafioso: l’addio alla stagione stragista di Riina, il tradimento del codice di Cosa Nostra e, soprattutto, la svolta eolica, la nuova frontiera degli affari di U’Siccu. È sul vento, da Trapani a Ploaghe, nel nord dell’Isola di Sardegna, che gli affari di mafia si moltiplicano nel nome di Cosa Nostra. Quello di Matteo Messina Denaro è il primo vero sbarco eolico-criminale nella terra dei Nuraghi, ritenuta erroneamente inespugnabile.
Ciancimino a Is Arenas
Le sequenze di mafia e le infiltrazioni, poi, si moltiplicano da nord a sud dell’Isola: dai denari di Vito Ciancimino, scovati nel 2009 nelle pieghe delle società offshore pronte a gestire lo sbarco eolico, sventato, nel mare della costa oristanese, davanti a S’Archittu sino al rischio di possibili infiltrazioni all’interno della «Eolo Tempio Pausania srl per la ritenuta comunanza di interessi tra questa e Vito Nicastri, contiguo ad ambienti mafiosi». Gli uomini della Dia avevano accertato che in precedenza «il socio unico della Eolo Tempio Pausania di Verona risultava essere un’impresa con sede all’estero».Da Tempio a Barumini
Per i magistrati altro non era che «un complesso intreccio di vicende societarie, facenti capo a Veronagest e riconducibili in ultima analisi alla stessa figura del Nicastri». Un pericolo infiltrazioni inquietante capace di sbarcare sino alla Reggia Nuragica di Barumini. È nei progetti eolici che la vorrebbero circondare, infatti, che compaiono nomi altisonanti legati a questa storia.
Volo pesante
Il tutto riconducibile agli atti della Procura antimafia di Palermo dai quali emerge un volo su un jet privato per Tunisi con a bordo una compagnia “pesante”: Gioacchino Lo Presti di Alcamo (indagato tra le altre cose per aver favorito la latitanza di Alessandro Gambino), dello stesso Vito Nicastri e Filippo Inzerillo. Con loro anche l’uomo che risulta essere coinvolto nei progetti eolici da piazzare davanti alla Reggia nuragica di Barumini.
Allarme rosso
Storie inquietanti che da sole dissolvono l’idea di una terra inespugnabile, capace di respingere ogni incursione criminale. Così non è stato, così non è. Lo raccontano i fatti, le prove, le inchieste delle Procure e i processi. Tutte ragioni che dovrebbero indurre ad alzare, senza tergiversare un solo attimo, il livello di attenzione e di allarme, considerato che l’Isola è letteralmente sotto attacco. Quei progetti per innalzare in Sardegna 3.000 pale eoliche terrestri, trasformando la terra dei Nuraghi in un’immensa zona industriale, dovrebbero già di per sè imporre monitoraggi serrati e senza omissioni.
“Circo” eolico
A partire da quanto avviene da mesi nelle strade sarde, divelte senza regole, chiuse e protette dallo Stato per far passare le colonne marcianti del grande “circo” del vento. Lo abbiamo scritto nelle precedenti puntate: mezzi ciclopi carichi di gigantesche pale eoliche scortati dagli apparati statali, ma dichiaratamente, e scandalosamente, senza autorizzazioni multiple come si evince dai documenti allegati nei provvedimenti di chiusura delle strade. Identificazione senza appello per chiunque tenti di manifestare la propria contrarietà allo sfregio dell’Isola, ma silenzi strabici per chi, venuto da oltre Tirreno, imperversa senza un minimo controllo alla guida di quei bisonti eolici della strada.

Indignazione
E non può non destare quantomeno sorpresa, se non indignazione, il fatto che si stesse facendo passare nel silenzio assoluto la storia recente della ditta venuta da lontano chiamata a svolgere i trasporti delle pale per il parco eolico di Santu Miali alle pendici del Monte Linas, nel territorio di Villacidro, e di Domusnovas, davanti al Marganai.
Carte processuali
In migliaia di pagine processuali, comprese le sentenze della Cassazione di questi ultimi mesi, si possono leggere stralci giudiziari da far rabbrividire: «Per come emerso, all’epoca dei fatti, Di Palma Riccardo, insieme al defunto fratello Antonio, amministrava La Molisana Trasporti S.r.l. (la società che gestisce i trasporti delle pale per Villacidro e Domusnovas n.d.r.), svolgendo un ruolo operativo, che ne implicava la frequente presenza nei cantieri e la pragmatica gestione dell'attività di trasporti. La sua responsabilità, in termini di compartecipazione morale agli atti estorsivi e di illecita concorrenza posti materialmente in essere da Evalto e da Trapasso (Giovanni, capo del clan n.d.r.) nei confronti di Runco Carlo, emerge dalla serrata serie di intercettazioni, di epoca antecedente, contemporanea e successiva a quanto occorso, che lo ha visto co-protagonista, insieme all'Evalto, delle vicende per cui è causa, tanto che egli viene menzionato quale sostanziale "referente" dell'affare anche nelle conversazioni intercorse tra Evalto ed il fratello Antonio».
Accordi con ‘ndrine
I giudici lo scrivono espressamente: «Da quanto si evince, infatti, le strategie illecite di Evalto per dare concreta esecuzione a quanto deciso dagli "ingegneri" (il nomignolo dei boss) e per imporsi quale competitor nell'ambito dei trasporti del Parco Eolico Vestas, aggirando norme, rapporti contrattuali in essere ed in generale qualsivoglia tipo di ostacolo, venivano concordate con Di Palma Riccardo…».
Matrimonio per pochi
La sentenza del Tribunale di Crotone racconta e conferma: «Sulla perfetta conoscenza da parte del Di Palma dell'appartenenza di Evalto alla 'ndrina Mancuso e del rapporto di quest'ultimo con "l'ingegnere di Cutro", Trapasso Giovanni, non vi possono essere dubbi, in quanto in numerose delle conversazioni, sopra citate e riportate, l'Evalto faceva riferimento ad incontri avuti con entrambi gli "ingegneri" ed alle direttive ed indicazioni ricevute da costoro. Non bisogna, altresì, trascurare - ad ulteriore conferma dello stretto legame Evalto-Di Palma-cosche 'ndranghetiste - in primo luogo, che Evalto Giuseppe e Di Palma Riccardo, in data 16.06.2012, si recavano insieme, con l'auto aziendale intestata a La Molisana S.r.l. al matrimonio di Trapasso Leonardo, figlio dell'ingegnere", evento a cui certo non era invitato chiunque, ma solo persone vicine al Trapasso». Ora, con il silenzio di molti, la “Molisana Trasporti srl” trasporta, con la scorta dello Stato, le pale eoliche in terra sarda.

11.1.25

Ndrangheta, storie pericolose di trasporti eolici I rapporti tra la ditta molisana che esegue i viaggi per gli impianti di Villacidro e le cosche calabresi inchiesta di mario pili puntate 1 e 2

Lo si era capito da tempo. Almeno dalla prima notte torrida e umida nell’avamporto dello scalo marittimo di Oristano, una sorta di porto industriale mai decollato, ridotto a terminale eolico per multinazionali pronte alla scalata affaristica dell’Isola di Sardegna. Il piazzale è deserto, ieri come oggi, occupato solo da quei “ventilatori d’alta quota” riversi a terra, in attesa di prosceni da sfregiare in nome

e per conto dei signori del vento. “Grattacieli d’acciaio” da conficcare senza oneri nei promontori più esclusivi per far girare bonifici e conti corrente, affari e denari, una sorta di slot machine del vento, finanziata dallo Stato e dalle bollette dei poveri cittadini, per far guadagnare faccendieri e speculatori, lobby e multinazionali. Licenza di devastare Ciò che si era inizialmente solo percepito ora è tangibile: i signori del vento hanno licenza di fare quello che vogliono, chiudere strade, devastare rotonde, spianare cordoli stradali, sradicare cartelli, spostare di peso auto e persone sul loro tragitto. Per comprendere che le “protezioni” per questa operazione in terra sarda fossero altolocate non bisognava attendere lo schieramento senza precedenti di lampeggianti azzurri nel cielo nero della notte di Tharros. Battaglione di manganelli Alfonso Signorini « Mi Piace Così è caro ? Costa meno di un panino ! »AD Alfonso Signorini « Mi Piace Così è caro ? Costa meno di un panino ! » Mi Piace Così Sai perché le città antiche sono sepolte sotto metri di terra? Più che una pattuglia, un battaglione, schierato per giorni e giorni con tanto di alta uniforme, quella che l’ordinanza impone per fermare black block ed eversivi, delinquenti e criminali incalliti. Tenuta antisommossa, recita il codice d’azione. Da fermare ci sono famiglie e bambini, carrozzelle e indipendentisti non violenti, ragazzi e anziani. Un muro di “manganelli di Stato” pronti ad abbattersi senza contegno su gente inerme, colpevole solo di protestare, senza bombe e violenza, contro la devastazione della propria terra. La mattina prima di quella notte dei manganelli era stato un vertice in Prefettura a sancire a freddo lo schieramento da guerra civile: da proteggere ci sono i trasporti delle pale eoliche da Oristano a Villacidro. Balla di Stato Il verbo di Stato, nella terra di Eleonora, vergato su carta intestata della Prefettura non lascia dubbi: «La situazione è sotto controllo e attentamente monitorata». Come dire, per badare a famiglie e manifestanti siamo pronti ad intervenire senza risparmio di energie. La “balla” di Stato è sancita nello stesso comunicato a firma prefettizia: «Si tratta di manufatti destinati alla manutenzione straordinaria di installazioni autorizzate da tempo e che hanno superato positivamente ogni procedura amministrativa, inclusa la Valutazione di Impatto Ambientale della Regione». Tutto falso, ovviamente. Non si trattava di nessuna «manutenzione straordinaria», ma semmai della costruzione ex novo di uno scempio ambientale, davanti al proscenio del Monte Linas, la terra del “Paese d’Ombre”. Non un dettaglio di poco conto, visto che la Regione aveva approvato una fantomatica legge-moratoria che in linea di principio, e in punta di diritto, avrebbe dovuto bloccare «l'irreversibilità degli impatti sul territorio regionale derivanti dalle attività di realizzazione, installazione o avviamento di impianti di produzione». Il primo a ignorare la legge-moratoria era stato proprio il Prefetto che, anziché “spacciare” quei manufatti come destinati alla «manutenzione straordinaria», avrebbe dovuto semmai sincerarsi che quei trasporti fossero in realtà funzionali a violare una legge regionale. L’appello racchiuso nel comunicato della dependance di Stato suggellava grottescamente il via libera salomonico allo sbarco delle “cesoie” eoliche in terra sarda. Le parole sono da “Angelus" statale: «Invito quindi tutte le parti in gioco a mantenere i toni di una protesta civile, nel pieno rispetto sia del diritto alla libertà di espressione che dei diritti altrui, tra cui la libertà d’iniziativa economica». Già la definizione delle parti come fossero «in gioco» lascia comprendere l’approccio “sbarazzino” su un tema che, invece, stava indignando l’intera comunità sarda presa d’assalto da centinaia di strabordanti progetti di faccendieri e multinazionali piovuti in Sardegna da ogni dove. In quella prima notte di luglio si vide di tutto: un porto di granaglie trasformato in una “sopraffazione” degna del peggior “sobborgo eolico” per multinazionali e autotrasportatori venuti da molto lontano. I mezzi parlano “straniero”, tutti giunti sin dalle pendici estreme dell’Appennino, quello più a sud, con gli autisti infastiditi da questi “sardi” che non si piegano allo strapotere di chi vuole devastare l’Isola a colpi di pale eoliche. I viaggi eolici dell’estate passata hanno lasciato il segno: padri di famiglia denunciati, multati, sanzionati persino per aver lasciato “incustoditi” cesti di alimenti per trascorrere la notte in quel porto. Hanno controllato i documenti di tutti, mettendo in croce anche chi aveva scelto di esserci come testimonianza civile. Hanno sequestrato sdraio e ombrelloni, una sorta di “daspo” a protezione dei giganti del vento. La scena si è ripetuta la notte passata all’incrocio per la terra devastata di Villacidro: Anonymous, con il volto dei quattro mori compare d’improvviso in mezzo alla strada bloccando la marcia dei mezzi pesanti, lunghi quanto la corsa più veloce di Usain Bolt. Ovviamente hanno identificato tutti i “guerrieri” con la bandiera del Popolo Sardo sulle spalle, compresi i giornalisti in servizio all’ora delle rotative in marcia. Bisonti, nessun controllo AD Nuova Ford Puma® Hybrid. Vivi l’energia della città. E lascia il caos fuori. Ford AD Stile e comfort senza compromessi. Scopri le scarpe Velasca: eleganza per ogni passo Gli artigiani e le artigiane dei nostri laboratori hanno imparato il mestiere in famiglia e ne conoscono ogni segreto. Velasca Potevano controllare, per par condicio, anche i documenti di quei mezzi ciclopici. Verificare se fossero in regola, se avessero le autorizzazioni obbligatorie. Non lo hanno fatto, ovviamente. Se l’avessero fatto li avrebbero dovuti fermare e sequestrare per autorizzazioni “scandalosamente” scadute. L’Anas, più solerte a chiudere strade a favore dei signori del vento che rendere fruibili le strade “eterno-cantiere” dell’Isola, gli ha interdetto al traffico l’arteria da Samassi a Villacidro con un’ordinanza vergata alle otto di sera della previgilia di Natale, come se i dipendenti dell’Azienda di Stato fossero abituati a fare straordinario notturno. Per i signori del vento tutto è possibile. Compreso allegare all’ordinanza di chiusura del traffico dal 7 al 15 gennaio, dalle 23.29 alle 4 del mattino, pubblicata in un sito fuori dai radar di chiunque, i documenti di viaggio dei mezzi delle due società “prescelte” per questi trasbordi eolici. Peccato, però, che tutti i documenti dei mezzi allegati nell’atto autorizzativo fossero privi delle obbligatorie autorizzazioni multiple. Inesorabilmente tutte scadute. Vicende oscure Non le autorizzazioni di un’“apixedda”, ma quelle dei mezzi più invasivi mai circolati in Sardegna. Nessuno le ha controllate: scadenza il 12 dicembre 2024 per il primo mezzo, primo giugno 2024 per il secondo. Invocheranno chissà quale scusa, anche se gli atti pubblicati non ammettono repliche. Del resto, ai signori del vento, è tutto consentito, persino arrivare nell’Isola dopo pesantissimi processi con accuse penali da far accapponare la pelle. Vicende di mafia e ’ndrangheta di cui è vietato parlare. Sino alla prossima puntata, quella delle sentenze.





Le intercettazioni telefoniche distorcono il tono pesante dei messaggi in codice. Le trascrizioni in un attimo trasformano mugugni, mezze frasi, sussurri, ammiccamenti, pause e respiri profondi in prove indelebili, scolpite nelle bobine delle Procure antimafia. Nella terra delle ‘ndrine , nella profonda Calabria, le conversazioni “ hard ” tra capi cosca ed emissari si infrangono spesso in quella che il verbalizzante registra come «brevi cadute di segnale».
Frasi criptate
Il resto sono frasi criptate, tradotte in accuse e reati suffragati da riscontri oggettivi, versamenti urgenti, contratti strappati “volontariamente” al malcapitato per far spazio alle aziende “protette” dai vertici criminali. La vicenda è inquietante come poche. Tutto, in questa storia, ruota attorno agli affari del vento. Gli atti sono un’enciclopedia del crimine eolico, con centinaia di conversazioni, parole incomprensibili e intuite, trasposte in capi d’imputazione, dibattimenti e, infine, sentenze. L’inchiesta è colossale, come il nome con la quale i vertici dell’Antimafia l’affidano alla storia della criminalità organizzata più green dei tempi moderni: « Via col vento ».
Dalla Sila ai Nuraghi
Siamo, solo apparentemente, lontani dalla terra dei Nuraghi, nel cuore della Sila, l’infinito altopiano dell'Appennino calabro, tra anfratti criminali e storie da anonima sequestri. Promontori sventrati senza rispetto a colpi di pale eoliche, in un vortice di affari criminali e interessi miliardari, con una mappa del potere ripartito tra cosche e capi clan, una spartizione di “parchi” eolici con il bilancino dell’influenza della ‘ndrina di turno, con tanto di confini e numero di pale da issare nel cielo dello “Stivale” italiano. La storia che stiamo per raccontarvi è cronaca giudiziaria, segnata da sentenze di primo e secondo grado, in alcuni casi con il sigillo della Cassazione. Fatti cristallizzati, prove capaci di inchiodare anche il più scaltro dei malviventi del vento.
Punto di contatto
Nomi e aziende, rapporti e contratti, che riservano inquietanti punti di contatto con l’onda lunga dell’invasione eolica che si sta abbattendo sull’Isola di Sardegna. A segnare un capitolo inedito e sino ad oggi inesplorato è quel che ruota attorno al grande “circo” della realizzazione degli impianti eolici, a partire dai trasporti delle pale. Analogie che diventano cronaca quando i soggetti coinvolti sono gli stessi protagonisti di vicende giudiziarie pesantissime con accuse e condanne da far tremare le vene dei polsi. Abbiamo raccontato in questi mesi lo schieramento dello Stato in difesa di queste ciclopiche carovane di pale eoliche che hanno attraversato, e attraversano, in lungo e in largo mezza Sardegna.
Stato pro-carovana
Viaggi pianificati “sfasciando” ogni ostacolo che si frappone al passaggio dei giganti eolici, tutti mezzi su gomma venuti da molto lontano. Tir potenti in grado di distendersi per centinaia di metri, sino all’ultimo miglio, prima di issare quelle pale nel cielo che domina il Monte Linas di Villacidro.
Il dovere di informare
Non raccontare quel che abbiamo scoperto significherebbe omettere fatti di rilievo, eludendo il sacrosanto dovere di informare per “prevenire”. È tutto scritto negli atti giudiziari, fiscali e amministrativi di questa vicenda: la principale società incaricata di traghettare su gomma le gigantesche pale eoliche da Oristano a Villacidro è «La Molisana Trasporti».
Anagrafe fiscale
All’anagrafe fiscale è un’apparente modesta società a responsabilità limitata con appena diecimila e cinquecento euro versati. Il capannone, sede principale degli affari del vento, è mimetizzato in un sobborgo di Campobasso, nel comune di Guardaregia, Contrada Rio Lecine.
Specchio di pale
Lo specchio che si erge sull’intera facciata del quartier generale rifrange un parcheggio di pale eoliche riverse proprio nel piazzale lì davanti. Come sia stato possibile che “La Molisana” approdasse nella terra di Eleonora, partendo da un paese di 679 anime a sette/ottocento chilometri di distanza, oltre il Tirreno, è sino ad oggi mistero assoluto.
Catena giudiziaria
Quel che, invece, non può essere nascosto è quanto gli atti in nostro possesso attestano: una vera e propria “catena” giudiziaria fatta di “interdittive” antimafia, sequestri giudiziari, arresti, condanne e accuse pesantissime. L’uomo più esposto della società di Guardaregia è cifrato con tre lettere, R.D.P., Riccardo Di Palma nel registro dell’inchiesta “Via col vento”. È lui il “ deus ex machina ” della compagine, costretto a lasciare l’incarico di vertice della società in seguito alle vicende giudiziarie che lo hanno travolto.
Sequestri & antimafia
Nelle carte il primo pesantissimo colpo la società che sta movimentando le pale tra Santa Giusta e Santu Miali, in terra di Villacidro, lo incassa il quattro luglio del 2018: provvedimenti autorità giudiziaria. Ad agire è il Tribunale di Reggio Calabria - sezione dei Giudici per le Indagini Preliminari: « è disposto il sequestro preventivo della società con tutti gli elementi presenti nel patrimonio aziendale (i beni mobili ed immobili, i crediti, gli articoli risultanti dall'inventario, i beni strumentali, la denominazione aziendale, l'avviamento), le quote sociali, i conti correnti, nonché tutte le autorizzazioni all'esercizio ». Un colpo che poteva essere letale, ma non lo sarà. Passano appena due anni ed è la volta del Tribunale di Catanzaro - seconda sezione penale: il nuovo decreto è del 14 settembre 2020.
Controllo giudiziario
Il contenuto del provvedimento giudiziario è un vero e proprio commissariamento: « è disposto il controllo giudiziario della società "La Molisana Trasporti s.r.l.", per il periodo di due anni, ex art. 34 bis, d.lgs. 159/2011 »,ovvero il Codice antimafia. Siamo a novembre 2022 ad agire è ancora il Tribunale di Catanzaro: «è disposto il controllo giudiziario della società "La Molisana Trasporti s.r.l.", per un ulteriore anno», sempre per il «controllo giudiziario delle attività economiche e delle aziende, se sussistono circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionarne l'attività». Alla base di tutto c’è il rapporto tra cosche, quelle che si spartivano i trasporti eolici in terra di Calabria. E le intercettazioni tra i boss devono ancora svelare misteri pericolosi sugli affari del vento. Ora, però, “La Molisana” viaggia carica di pale eoliche sulle strade sarde, sempre scortata e protetta dallo Stato.

19.5.24

Sardegna “batteria”, affari & scatole cinesi nell'eolico e nel fotovoltaico Ecco la mappa: 14 società anonime da diecimila euro di capitale con uno “strano” pegno della multinazionale di Stato

la strofa : <<.... Oggi contessa ha cambiato sistema  \  si muove fra i conti cifrati\Adotta i potenti ed amici importanti  .... >>  di   mia  dolce  rivoluzionaria  (  qui il testo  integrale  ) di Mcr   trova  conferma      sia  nelle  dichiarazioni  , niente  di  nuovo o meglio per  parafrasare la  famosa  canzone  Una storia  sbagliata    De  andrè   << ....  Storia diversa per gente normale \Storia comune per gente speciale .... >>  , di  Carbone (Direttore Dia): « Il modello F24 è il nuovo kalashnikov della criminalità»   ed  in quest  dell'unione sarda d che  propongo sotto  . Esse sono Operazioni ai limiti della legalità (???) che agli occhi di noi comuni cittadini appaiono fumose e incomprensibili. E' comunque evidente che tutti questi giri e raggiri non hanno nulla a che fare con il progresso e la transizione ecologica, ma perseguono ben altri interessi.
È proprio il gioco delle scatole cinesi,ma con Draghi e l'altra alla regione(dove adesso reclama tutti insieme contro), hanno dato campo libero a questo scempio...
Ecco l'articolo di cui parlavo

da  www. unionesarda.it  del  18 maggio 2024 alle 14:41

Sardegna “batteria”, affari & scatole cinesiEcco la mappa: 14 società anonime da diecimila euro di capitale con uno “strano” pegno della multinazionale di Stato    
Le società clonate gravate del pegno Enel e lo schema societario (L'Unione Sarda)



Non guardatelo così, non è un garage, nonostante le sembianze. Non fatevi ingannare nemmeno dal vicolo cieco spacciato per via Simplicio Spano, nello sterrato dove solitamente ci spediscono le giostre. Nelle mappe è periferia di Olbia. Nelle carte dell’assalto energetico, invece, è un crocevia mimetizzato di affari, pegni, scalate memorabili da nord a sud dell’Isola, scatole cinesi e intrecci societari da far impallidire i reticolati finanziari dei “Panama Papers”.


Quel finto “garage”

Quando arrivi nell’agro di Quartucciu e sbatti lo sguardo su quei primi container verdi con l’indelebile marchio «Made in China» capisci che i signori della “EnergyQ1Bess”, quelli dell’apparente garage di Olbia, non stavano scherzando. Nel 2021, quando l’assalto eolico e fotovoltaico all’Isola era ancora agli albori, stavano già pianificando come riempire la Sardegna di “batterie” cinesi per conservare in quella sorta di celle elettrochimiche l’energia prodotta senza motivo da pale e pannelli da spargere impunemente nei promontori più suggestivi della terra dei Nuraghi. Mai, anche chi come il nostro giornale, due anni fa, intercettò quel progetto nascosto nei meandri dei Palazzi di Roma, avrebbe potuto minimamente immaginare quel che si celava dietro quella che appariva una velleità da quattro soldi.

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Da Olbia all’antica Roma

Un’operazione destinata a dissolversi in un attimo, davanti all’incedere di colossi e multinazionali, non foss’altro che quella società del vicolo di Olbia aveva un capitale versato di appena diecimila euro. Una “solidità” aziendale nemmeno sufficiente a coltivare l’illusione di poter costruire una distesa di Litio cinese alle porte di Cagliari. Invece, la storia racconta tutto un altro copione. La società che sta realizzando la più grande batteria elettrochimica d’Italia, da 180 megawatt, è nominalmente la stessa registrata alla periferia di “Terranova”, ma il 18 dicembre del 2023 ha cambiato soci e sede. Dal vicolo cieco della città gallurese al cuore potente dell’antica Roma. Il passo è stato breve, giusto il tempo per i vecchi soci, quelli di Olbia, di farsi approvare dal Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica il progetto della mega batteria.

Cedono passo e azioni



Ford costruirà un impianto di batterie EV con un partner cinese


Da quel momento hanno tolto il disturbo per cedere passo e quote azionarie al colosso energetico di Stato, l’Enel. Un pacchetto “chiavi in mano” che non lascia adito a dubbi: l’operazione è da sballo. Le cifre riportate nel cancello d’ingresso del cantiere sulla nuova Statale 554 non lasciano spazio a sotterfugi: opere previste per 78 milioni di euro. Duecento containers “elettrochimici” di produzione cinese destinati, secondo i piani di Stato, ad una batteria da 180 megawatt di potenza capace di generare una montagna di incentivi di Stato pari a 183 milioni di euro in vent’anni. Un affare con molti zeri, per un gigantesco accumulo energetico destinato, però, a trasformarsi nel breve-medio periodo in una devastante “cattedrale nel deserto”, non solo per l’evoluzione tecnologica sempre più rapida, ma soprattutto per la provenienza cinese di quelle scatole d’acciaio piene di Litio.

Quel “pegno” sconosciuto

Quella consumata nell’agro di “Separassiu” è, però, solo la prima operazione di uno scacchiere ben più ampio capace di coinvolgere decine di società satellite e altrettanti accordi circospetti tutti “nascosti” nei meandri dei Palazzi “elettrici” della Capitale. Una partita tutta giocata sul triangolo Quartucciu-Olbia-Roma, con intermediari, uffici e meccanismi pianificati a tavolino per tenere tutto sottotraccia, a partire dal valore del “pegno”, quello apposto da Enel Green Power sul progetto della batteria cinese a ridosso dell’area metropolitana di Cagliari.

Il contratto segreto

Non un pegno di medioevale memoria, niente a che vedere con il “Monte della Pietà” di francescana ispirazione. Quella che i soci di “EnergyQ1bess”, Stefano Floris e Cinzia Nieddu, iscrivono obbligatoriamente nel “curriculum” societario è molto di più di una “garanzia”. Non un’ipoteca, ma quasi, visto che si tratta di «beni mobili», come le quote azionarie di una società a responsabilità limitata, solo apparentemente insignificante. Quello che “appone” Enel Green Power sulla società gallurese è un “pegno” da Codice Civile, un vero e proprio diritto reale di garanzia su un bene nominalmente altrui, ma che attribuisce al colosso elettrico un potere immediato e diretto, indipendentemente dalla persona che ne ha la disponibilità materiale. Un “pegno” che consente la massima copertura al creditore, in questo caso l’Enel, permettendogli nel contempo di omettere negli atti pubblici il valore dell’operazione.

Il sistema del “garage”

Il meccanismo che adottano si rivela in uno dei “pegni” sottoscritti davanti a Notaio e ceralacca: la società del “finto” garage di Olbia ha «concluso un contratto di sviluppo "progetto BESS di Quartucciu” – per 180 megawatt con la società "Enel Green Power Italia S.r.l.", con socio unico, soggetta a direzione e coordinamento da parte di "Enel S.p.A.", con sede in Roma, capitale sociale 272 milioni di euro».

Formica & elefante



Ford costruirà un impianto di batterie EV con un partner cinese


In pratica un “elefante” finanziario come la multinazionale elettrica di Stato chiede ad una “formica” societaria, costituita da qualche mese, con un capitale di appena diecimila euro, di “sviluppare” nientemeno che un progetto da 78 milioni di euro, esattamente il costo della batteria cinese di Quartucciu. Di cifre, nemmeno nel contratto di pegno parlano mai. Il tutto è rimandato ad un “contratto” che, negli atti ufficiali, viene omesso con la formula del «che qui si intende per riportato», ma di cui non si fa mai cenno. Il meccanismo non lascia margini: «a garanzia delle obbligazioni la concedente si è obbligata a costituire apposito diritto di pegno sulla totalità delle quote della società veicolo, fino all'importo massimo garantito pari al prezzo di acquisto del singolo progetto come calcolato nel contratto». Lo “slang” giuridico-finanziario consente di dire tutto, ma ammette di negare le cifre di quel contratto. La chiosa finale è ancora più esplicita: «Il pegno è concesso fino all'importo massimo garantito pari al prezzo di acquisto del singolo progetto come calcolato nel contratto».

La moltiplicazione dei pegni

L’importo di quel “pegno”, però, non deve essere di poco conto se la società del “finto garage” di Olbia ci prende gusto, sino a trasformare lo studio “Alchemist”, al numero dieci di via Simplicio Spano della città gallurese, in una vera e propria moltiplicatrice di pegni e società, disegnando “militarmente” la scalata energetica all’Isola di Sardegna. La mappa e il grafico che riportiamo in questa inchiesta è la rappresentazione più eloquente di quel che è stato pianificato in ogni minimo dettaglio. Non una “compulsiva” declinazione alla costituzione di società da quattro soldi, ma un vero e proprio piano d’azione con dietro il più imponente dei colossi elettrici di Stato, l’Enel.

La “scalata” sarda

Uno scacchiere da tenere rigorosamente mimetizzato, contemplando un’ulteriore scissione societaria della multinazionale, con la costituzione di punto in bianco della destinataria delle azioni di “EnergyQ1bess”, la neonata “Enel Libra Flexsys s.r.l.”. La strategia, però, a quel punto era già dispiegata: dal 2021 sino a fine 2023 la “Alchemist srl” ha messo in piedi ben 14 società destinate a mettere le mani su incentivi milionari, attraverso “progetti specchio”, in grado di replicare il meccanismo efficacemente collaudato a Quartucciu. Una dietro l’altra nascono le società satellite del “sistema pegno” messo in piedi in gran segreto dalla società gallurese con Enel.

La mappa dello “scacco"

La maggior parte conferma la sede nella periferia di Olbia, qualche altra divaga verso il Poetto di Cagliari, da via Isola di Pantelleria a via Isola di San Pietro. Non sono originali con i nomi, salvo la localizzazione del progetto, cifrata e criptata, da ”Energymac3 srl” dedicata a Macchiareddu a “Energymac4bess srl" destinata alle batterie per la zona a ridosso di Monte Arcosu, da “Energyvallermosa2” con il comune destinatario delle attenzioni riportato per esteso a “Energyut1 Srl”, che sta per Uta. Uno scacchiere che va da nord a sud dell’Isola con almeno tre costanti: tutte società inattive, con capitale da diecimila euro, non sempre interamente versato, tutte “gravate” dal “pegno” di Stato, quello dell’Enel Green Power. Uno “scacco” dell’Isola nato in un garage di periferia, consumato nei piani alti dei palazzi di Roma.


31.12.22

Roma, la contadina che si oppone ai costruttori: “Mi hanno distrutto l’orto con le ruspe senza motivo”

da il FQ e dal quotidiano nazionale
“La scorsa settimana sono arrivati con le ruspe e hanno distrutto l’orto invernale con broccoli e cavoli”, a raccontarlo ai microfoni dell’Ansa è Giulia Marrocchini che con l’Orto di Giulia dal 2018 rifornisce una trentina di famiglie del posto e non solo. Siamo alla Cecchignola in una parte dell’Agro romano dove i palazzi stanno venendo su come funghi grazie ai piani di zona del 1962 e ad una convenzione con il comune di Roma del 2010. Sono i progetti del Consorzio Cecchignola Nord e Consorzio Colle delle Gensole.





 La famiglia di Giulia è riuscita a tenere la casa ma è stata espropriata del campo. “Non capisco perché non mi fanno coltivare fino a che non arrivano i palazzi” dice Giulia. “Dovevamo fare opere di urbanistica”, è la replica di Giancarlo Goretti del Consorzio.

21.4.22

La pubblicità degli hamburger con le foto di Maddie bambina scomparsa nel 2007: "Con panini così buoni, lascerai i tuoi bambini a casa"

Noi  tutti sottoscritto compreso  agiscono d'impulsi \  istinto    e   fanno azioni   di cui poi  si vergognano e porteranno  il rimorso , ma    almeno    si scusano  più  o  meno  sinceramente  privatamente o pubblicamente  quando glielo si  fa  fa  notare  ma   qui non è avvenuto 



La pubblicità degli hamburger con le foto di Maddie: "Con panini così buoni, lascerai i tuoi bambini a casa"
Il proprietario di una ditta di panini da asporto di Leeds ha pubblicato spot usando le foto della bambina scomparsa nel 2007

Affamato di (troppo) denaro. Per vendere i suoi hamburger un uomo Joe Scholey, un 29enne proprietario di una ditta di panini da asporto di Leeds, la Otley Burger Company, ha pubblicato una vergognosa pubblicità senza alcuna autorizzazione (e senza il senso del limite). Ha utilizzato l’immagine della mamma di Maddie MacCann - la bambina rapita in Portogallo nel 2007 - in uno studio televisivo e la foto della figlia con una frase raccapricciante testo: "Con gli hamburger così buoni, lascerai i tuoi bambini a casa. Qual è la cosa peggiore che potrebbe accadere. Buona festa della mamma a tutte le mamme là fuori”.

 

Le prime immagini pubblicitarie sono di marzo: hamburger e bambina rapita, cosa potrebbe mai andare male? Per giorni la questione era rimasta nel silenzio. Poi improvvisamente qualcuno ha capito quanto fosse inquietante l'abbinamento, ignobile lo slogan, insostenibile l'uso della foto della bambina più tristemente famosa d'Inghilterra. Maddie è stata la protagonista di una campagna mediatica senza precedenti in Inghilterra. La vicenda ha riempito tabloid e tv e talk show per anni. La bambina è stata segnalata in decine di posti. Il nome di Maddie si trova in milioni di pagine internet. Per la prima volta, però, abbinata a un pezzo di carne, due fettine di pane e un po' di formaggio fuso. Joe Scholey ha provato a sfruttare un nome e un viso famoso fino a quando l'Asa (l'Advertising Standards Authority) non ha ricevuto migliaia di denunce e reclami e ha quindi intimato alle piattaforme social coinvolte di rimuovere quei contenuti. Il proprietario della ditta aveva già avuto trovate censurabili: aveva pubblicato un'immagine di una mamma che fingeva che sua figlia fosse stata rapita, aveva condiviso post con le immagini di assassini nel giorno della festa del papà. E non ha neanche chiesto scusa o fatto marcia indietro: al Leeds Live ha detto di pensare solo i soldi e che non importa "se le persone si sentono offese". Non era nemmeno sazio.

14.2.16

Luttwak choc: “Regeni? Magari l’ha ucciso un’amante. Se uno fa cose pericolose, se ne assuma i rischi”

  Lo  so che  dovrei  stare  zitto  ,  come lo sono stato  fin ora  , per rispetto   alla  famiglia   , non basta quanto ne   parlano  i  giornali  specie  quelli di una determinata  fazione politica  . Ma  certe    cose   non poso passare  sotto  silenzio  . Strano     che   i familiari    non si siano  incazzati  non abbiano preso posizione  contro simili  affermazioni   di Luttwak

12 febbraio 2016 | di Gisella Ruccia
Luttwak choc: “Regeni? Magari l’ha ucciso un’amante. Se uno fa cose pericolose, se ne assuma i rischi”




“Giulio Regeni ammazzato dai servizi segreti egiziani ? Questa è mera speculazione, non sappiamo assolutamente niente su questi servizi segreti, che sono un’entità su cui non c’è nessuna informazione. Magari Regeni è stato ucciso da un’amante, da un poeta o da chissà chi”. Sono le parole choc pronunciate dal politologo americano Edward Luttwak ai microfoni de La Zanzara (Radio24), sulla tragica morte di Giulio Regeni, il giovane ricercatore universitario ucciso in Egitto. “E’ vietato assolutamente picconare il governo egiziano” – ammonisce Luttwak – “perché è quello che ha salvato l’Egitto e anche l’Europa dal regime dei Fratelli Musulmani, la più grossa minaccia esistente. Il governo egiziano ci sta proteggendo. E’ più che un alleato per l’Italia, una barriera protettiva, una diga. Un disappunto, una critica o qualsiasi dichiarazione italiana che eroda l’Egitto sono irresponsabili. Il governo italiano non deve dire niente”. E aggiunge: “Gli italiani sono liberi di viaggiare dove vogliono, sono liberi di esprimersi come vogliono, sono anche liberi di scrivere per Il Foglio o per Il Manifesto, però quando loro fanno queste cose ci sono conseguenze. Il governo italiano deve solo intervenire solo quando c’è una violazione dei diritti umani dalle autorità e non cominciare ad accusare un regime sulla base di nessun fatto”. Luttwak rincara: “Tutti facciamo cose pericolose e irresponsabili e prendiamo rischi. Quando però io prendo un rischio, ad esempio quando faccio SCUBA (immersione subacquea, ndr), non chiedo certo a un governo di compromettere i suoi interessi per quello che succede a me qualora io muoia. Le indagini sulla morte di Regeni? Il governo italiano può agire in maniera amministrativa, senza nessuna pubblicità o dichiarazioni ufficiali di ministri che possano suonare come critiche al governo egiziano”
 Ora  capisco  che la politica  Usa   è quella  di difendere  i propri interessi    cioè i nemico del mio nemico  è mio amico  e  poi  subito  dopo diventa  mio nemico  .  Ma   voi  direte   un opinionista  non fa  conto   è un vecchio rincoglionito  Obama non è più cosi  , ecc.  .  Invece  io  , datemi pure  dell'anti americano   sai  cosa  me ne  frega  ormai ci sono abituato  ,  ma Edward Nicolae Luttwak  non è  un semplice  opinionista  ma consulente strategico del Governo americano.Quindi uno che  nega  per  giunta  in  malafede le  prove  ormai sempre  più schiaccianti  e  butta  merda   su chi non può più difendersi   perchè morto  è    , per essere gentile   con   rispetto per  i coglioni  un Coglione della peggiore  specie  . Mi fermo qui   onde  evitare   di abbassarmi  al   suo livello  ed  evitare    da parte  di amici e   familiari (  mi  era  successo in passato  con la  famiglia   di  Carlo  Giuliani   ma questa  è un altra storia  )  accuse  di strumentalizzazioni e speculazioni   sul loro figlio .  E  ritorno al mio silenzio  


sulla vicenda   . os a che dopvrebbero fare  anche i media  evitando   di chiamare   ed  intervistare  simili stronzi  cretini   per avere  qualche pagina    e ascolto in più  

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...