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2.10.25

Global Flotilla, silenzi e complicità: appunti da una rotta interrotta






Dopo   il bliz  d'ieri.  la  situazione   è in continua evoluzione, ma ecco il quadro più aggiornato  trovato  i rete  chiedendo a  coplot   cioè  la   IA  di   bing\  msn   :

🚢 Global Sumud Flotilla: chi è arrivato e chi è stato bloccato

La Mikeno è riuscita ad arrivare a Gaza

  • Secondo fonti turche e attivisti, la nave Mikeno ha raggiunto le acque territoriali della Striscia di Gaza, infrangendo simbolicamente il blocco navale israeliano 

  • Tuttavia, i contatti con l’equipaggio sono stati persi poco dopo l’arrivo, e non è chiaro se siano stati intercettati o abbordati 

🚫 La maggior parte delle navi è stata intercettata

  • Le forze israeliane hanno abbordato circa 40 delle 47 imbarcazioni della Flotilla.

  • Alcune barche sono ferme in mare per problemi tecnici, mentre 3 sono ancora in navigazione, ma strettamente monitorate.

  • Gli attivisti arrestati, inclusi circa 40 italiani, saranno espulsi nei prossimi giorni

⚠️ Israele nega che qualcuno sia arrivato

  • Le IDF (Forze di Difesa Israeliane) sostengono che nessuna nave abbia raggiunto Gaza, smentendo le dichiarazioni degli attivisti

---- Questa tensione tra fonti ufficiali e testimonianze dirette è già di per sé un tema potente  , infatti   il confine tra “macerie” e “rovine”  di cui abbiamo  discusso precentemente  sempre su queste pagine si riflette anche nel modo in cui la verità viene raccontata e contestata. Infatti    intreccia questi eventi con una riflessione sulla disobbedienza civile, la narrazione del potere e il diritto alla testimonianza i fatti della Global Flotilla con una riflessione più ampia sul silenzio istituzionale e il diritto alla disobbedienza:  Ecco  come   secondoi  il mio grillo  parlante  , mentre le navi della Global Sumud Flotilla venivano intercettate in acque internazionali, alcuni Stati hanno scelto di richiamare i propri ambasciatori in segno di protesta. Hanno riconosciuto l’illegalità dell’abbordaggio, la violazione del diritto marittimo, l’arroganza di chi confonde sicurezza con impunità.E l’Italia?  33   ,  secondo  alcue  fonti  40 .  cittadini italiani sono stati arrestati. Eppure, il governo tace. O peggio: suggerisce che “se la sono cercata”. Come se la solidarietà fosse una colpa. Come se la disobbedienza civile fosse un capriccio. Come se il Mediterraneo non fosse anche nostro.La Mikeno, forse, è arrivata a Gaza. O forse no. Le versioni si contraddicono, i segnali si perdono. Ma la verità non è solo nei porti raggiunti, è anche nei tentativi, nei corpi che si espongono, nelle rotte che sfidano il blocco.Questo non è solo un fatto di cronaca. È una domanda politica, etica, poetica: Chi decide quali vite meritano soccorso? Chi stabilisce quali voci possono navigare? Chi ha il diritto di dire “non in mio nome”? 

 -- Se vuoi, possiamo aggiungere una citazione apocrifa come incipit, o un’immagine simbolica che evochi la rotta interrotta. Vuoi che lo trasformi in una versione visiva per il tuo blog ? 

... non credo   due  parole sono poche  ed  una  è  troppo

--- ok 


19.6.22

Prato, escluse dal ballo perché gay: dopo il dietrofront del liceo, Adele e Viola partecipano insieme Il regolamento interno era stato cambiato ed esteso alle coppie omosessuali

 molti  mi diranno  è  basta parlare  di gay ed  lgbt . Ma  fin quando  una persona   sarùà  discriminata  , offesa  , e maltrattata     per  il suo orientamento  o identità sessuale  mi  sembra  più che giusto     continuare  a parlarne  . 


https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/

Prato, escluse dal ballo perché gay: dopo il dietrofront del liceo, Adele e Viola partecipano insieme
Il regolamento interno era stato cambiato ed esteso alle coppie omosessuali



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Adele Landolfi e Viola Righini ce l'hanno fatta: sabato 18 giugno, hanno partecipato – insieme – al ballo delle debuttanti.
All'inizio di maggio, le due ragazze erano state escluse dall'evento organizzato per gli studenti dell'ultimo anno dal Convitto Cicognini di Prato
perché lo statuto non prevedeva la partecipazione delle coppie omosessuali. Dopo la denuncia pubblica di Viola e le successive polemiche, il regolamento interno era stato cambiato ed esteso alle coppie gay.
Una vittoria per le giovani, che sono riuscite a far modificare una tradizione centenaria.
La storia - Alla fine di aprile, Viola aveva chiesto di poter partecipare al consueto appuntamento insieme a una compagna. La preside Giovanna Nunziata le aveva però detto che il regolamento vietava l'ingresso alle coppie gay. Aveva spiegato che trattandosi di una tradizione centenaria, per cambiarla bisognava sovvertire tutto.
Viola aveva denunciato pubblicamente l'esclusione, parlando con i media. Dopo una serie di polemiche era arrivato il cambio del regolamento e, successivamente, il lieto fine: la partecipazione delle ragazze al ballo.

6.2.22

Morta Carmen De Min, storica mamma del Leoncavallo che non abbassò mai la testa e il pugno

Aveva 87 anni, era nato nel Bellunese, poi da sindacalista il trasferimento a Milano, al Casoretto. Dopo l'omicidio di Fausto e Iaio formò con altre donne il comitato per avere giustizia

  repubblica  online  

                                                   di Massimo Pisa


Una storia come quella di Carmen De Min, e delle altre "Mamme Antifasciste del Leoncavallo", poteva nascere solo a Milano. E svilupparsi, e avere un ruolo pubblico
che saldava valori familiari, lutto e militanza politica, lì dove le lotte degli anni Settanta mietevano vittime innocenti, generavano misteri irrisolti ancora oggi, ma incrociavano testimonianze civili di insuperata purezza. Come quella di Carmen, bellunese di Chies d'Alpago e morta oggi a 87 anni, la metà dei quali spesi accanto alle lotte di un'altra generazione, quella delle figlie e dei ragazzi extraparlamentari di sinistra che si aggregavano in centri sociali, chiedevano e si prendevano spazi industriali abbandonati e vivevano sulle trincee dove eroina e pistole facevano morti ogni settimana.

L'impronta antifascista, Carmen De Min l'aveva ricevuta da bambina alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando le violenze della Wehrmacht e delle camicie nere avevano insanguinato anche il suo altopiano. Frontaliera in Svizzera negli anni Cinquanta, sindacalista (quando la parola era un'etichetta buona per il casellario) in fabbrica e abitante del Casoretto, De Min aveva continuato a respirare politica. La data che segnò lei, e un'intera generazione, fu il 18 marzo 1978. Due giorni dopo il sequestro di Aldo Moro e lo sterminio della sua scorta, a Roma. A sera, poco prima di arrivare a piedi nell'ex deposito di via Leoncavallo, due attivisti del centro sociale vennero falciati a revolverate in via Mancinelli. Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due ventenni che stavano raccogliendo schede per un dossier di controinformazione sulla diffusione dell'eroina nel quartiere, divennero per sempre Fausto e Iaio.

L'esperienza delle Abuelas de Plaza de Mayo, le nonne dei desaparecidos in Argentina, era appena nata. La vicinanza di donne come Lydia Franceschi, mamma di Roberto abbattuto nel 1973 da un proiettile dei carabinieri sparato durante una manifestazione studentesca, fu immediata e decisiva. E attorno a Danila Angeli - la mamma di Fausto che preparava il risotto nella sua casa di via Monte Nevoso per suo figlio e l'amico che non arrivarono mai - nacque un movimento spontaneo di donne mature che scese subito in piazza con figlie e figli, per chiedere verità e giustizia per quei due ragazzi. E poi per battersi, sempre accanto a quei ragazzi, per la legittimità dei loro spazi, delle iniziative, delle occupazioni.

"Me ciami Carmen, ma me disen Pirelli in lotta", raccontava Carmen De Min, forse la più carismatica di quelle donne, che per decenni divenne presenza fissa in strada, dietro lo striscione "Mamme Antifasciste del Leoncavallo" o sul palco delle varie sedi del centro sociale, in strada durante gli sgomberi del 1989 e del 1994. Ex partigiane o casalinghe, operaie di lungo corso o massaie, testimoni genuine di un vissuto antifascista che sapeva opporre anche la propria condizione tradizionale di "mamme" a certe politiche e certe giunte destrorse, quelle che per un ventennio hanno dominato Milano. La verità sugli assassini di Fausto e Iaio, nonostante le inchieste, non è mai arrivata. Ma Carmen De Min non hanno mai abbassato la testa, o il pugno.



10.5.20

«Lettere dall’Italia», il brano cantato in tutti i dialetti . un nuovo inno nazionale

questo  dovrebbe essere  il  vero   inno nazionale  . Che  descrive  :  tutte le  sofferenze e dolori , le   gioie  ,  le  diversità  etniche ed  linguistiche  che  ancora   resistono  nonostante      sia unita    politicamente   dal  1861   (    secondo altri  dal 1918    con l'acquisizione  del   trentino  e  del friuli )  linguisticamente  dal  1954  (  con la  televisione  )


9.2.20

il femminicidio non è solo omicidio . "Violentata dal mio padre adottivo fin da bambina" La battaglia di una donna di 34 anni per riavere il cognome del padre naturale,

dall'unione  sarda  CRONACA SARDEGNA - SULCIS IGLESIENTE Ieri alle 21:10, aggiornato ieri alle 22:00



testimonianza-choc Iglesias, il calvario di Chiara: "Violentata dal mio padre adottivo fin da bambina" La battaglia di una donna di 34 anni per riavere il cognome del padre naturale, dopo la condanna dell'uomo che le ha rubato la giovinezza


Chiara di Iglesias (il nome è di fantasia) ha subìto per anni le violenze da parte del padre adottivo: quell'uomo, che aveva sposato la madre con l'intento (fasullo) di proteggere la famiglia, le ha rubato l'infanzia e l'adolescenza.


Ora che ha 34 anni - dopo aver faticato a lungo per far credere che i suoi racconti erano veri e arrivare al processo che si è concluso con la condanna dell'uomo a 8 anni di reclusione, poi confermata in Appello - ha deciso di iniziare una nuova battaglia: liberarsi di quel cognome che non ha mai sentito suo e riprendersi quello del padre naturale. Per raccontare la sua storia, Chiara ha scelto un luogo a lei molto caro: il colle del Buon Cammino, dove si trovano l'omonima chiesetta e il monastero delle Clarisse.

 Cinzia Simbula

31.8.12

Sulcis. Il coro dell’Italietta perbene: “Protesta troppo teatrale”






da  http://www.mirorenzaglia.org/

Sulcis. Il coro dell’Italietta perbene:“Protesta troppo teatrale”

Ma guarda un po’ qual è il vero problema: non piace l’estetica della loro protesta. Non piace chi si tagliuzza, irrita chi ricorda la quantità di esplosivo che è là sotto. Le proteste noi le vogliamo tranquille, silenziose, non disturbanti, non innervosenti. Che non attentino alla nostra serenità, non gettino discredito sulle istituzioni, non producano danni, non impediscano il normale svolgimento della vita pubblica e privata di alcuno, non offendano, non facciano nemmeno pensare. Le vogliamo così da un pezzo. Oggi, una novità: devono anche essere molto, molto discrete sotto il profilo “visivo” e “auditivo”. Nulla deve essere detto che possa agitarci. Nulla deve essere fatto (neppure a sé stessi) che possa procurarci il minimo moto di fastidio. Che cadute di stile, questi minatori. Roba da farci andar via l’appetito e farci rinunciare al dessert.
La confusione tra vita reale, sua rappresentazione e comunicazione è diventata massima, pericolosa, malata. La preoccupazione per le “modalità” e per “l’estetica” della rappresentazione serve soltanto a deviare l’attenzione, a non affrontare la realtà. Ci sono là sotto persone in condizioni terrificanti. La loro salute e la loro vita, prima ancora del loro futuro, sono in gioco. Qui e ora. Ma noi ragioniamo su quanto siano o meno capaci di dare alla loro lotta un look mediatico che ci appaia attraente. P.s. Un amico mi ha ricordato Lamberto Sposini che mangiò il pollo in diretta al Tg per dimostrare che non c’era da temere l’aviaria. Fu criticato molto meno dei minatori. Anzi, la sua fu considerata una trovata mediaticamente “vincente”.

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto al  centro    )  considerato il primo tatuat...