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16.6.21

non sapevo che riportare storie di donne o delle loro disparità ed abusi subito come quello a Pisa sia essere effeminato o succube del femminismo o delle nazi femmiste .



N.b

riprendo la risposta già data nei precedenti post . quindi per i nuovi lettori \ lettrici prima di fare commenti astrusi o chiedere informazioni leggete le FAQ del blog oppure i link qui sotto grazie




di cosa  stiamo parlando  


A Pisa( vedere l 'url  sopra  )  quindici poliziotti hanno fatto irruzione in casa di una donna. Una pericolosa spacciatrice? Un'affiliata ad un clan mafioso? Una camorrista?
No.
Una madre a cui il tribunale dei minori ha deciso di portare via il figlio perché aveva denunciato la violenza del compagno, e quindi, da vittima è diventata carnefice, secondo i togati, impedendo al figlio di vedere il padre.
Mica viene considerata la legittima paura di un bambino a stare con un padre abusante, una paura evidenziata anche nell'arco di trenta incontri protetti. No no, è colpa della madre.
E così, con un blitz, quindici agenti delle forze dell'ordine hanno fatto irruzione in casa, hanno divelto la porta del bagno dove si era barricato il ragazzino, l'hanno prelevato, hanno immobilizzato la madre, e lo hanno portato in una casa famiglia dove comincerà il suo percorso forzato "quale ultimo tentativo di ricostruzione della bigenitorialità".
Piccolo particolare: il bambino ha sempre vissuto con la mamma, in Toscana. Ma verrà deportato in Sicilia, dove abita il padre.
Ormai, oltre ai casi infiniti di donne che denunciano la violenza ma vengono ignorate dallo stato, e quindi muoiono ammazzate, c'è quest'altra categoria di donne che sopravvivono alla violenza, denunciano, chiedono aiuto, e invece di metterle sotto protezione, arriva il braccio armato del violento, lo Stato, che appellandosi ad una legge disfunzionale le porta via i figli. Trovando quindi il modo di ammazzarle senza far fare il lavoro sporco direttamente al mostro di casa.
Ho sentito con le mie orecchie dire :"Vabbè ma se picchiava la madre non vuol dire che non sia un bravo padre".
Ecco allora la domanda: un genitore violento, ha il diritto di essere genitore?
Sì, in questo paese sì.
Non solo ne ha il diritto, ma può continuare ad esercitare abusi e violenza in famiglia, all'interno delle relazioni, usando come cavallo di Troia proprio il suo essere biologicamente genitore.
Le donne che non denunciano la violenza sono una marea, e non la denunciano perché tutte sappiamo bene da anni, che non ne usciamo, che è preferibile chiudersi a chiave in una stanza, però insieme piuttosto che rischiare l'abuso dello stato, definitivo, "la soluzione finale". La deportazione.
Quello che non vi è ancora chiaro, mi pare di capire, è che potrebbe capitare ad ognuno di voi, magari sta capitando adesso. Che una donna che vi è cara ci stia passando in mezzo.
E invece ci si ostina a credere che sia roba di pochi casi eclatanti   come    quello  successo  in passato   la mamma picchiata dal marito doveva far vedere il figlio al padre in struttura protetta, con la vigilanza di un'assistente sociale, il bambino aveva paura del padre, ci andava col terrore, fino a quando l'assistente sociale si allontana dalla stanza del colloquio e il padre ammazza il figlioletto, perchè così sua moglie non lo potrà più avere, storia di qualche anno fa alle porte di milano, certi giudici non usano il cervello

6.5.21

ma i media sanno occuparsi solo di quello che dice fedez trascurando che ci sono leggi come quella della bigenitorialità che non tutelano dal femminicidio

 Va bene  che  il decreto Zan ,  è  importante   dipende  da punti di vista  , ma  non capisco  perchè  i media e  i  vari movimenti  (  salvo rari casi  )   che   di  solito   aderiscono  alle giornate del 8 marzo e  del  25  novembre, ignorino che   Il problema reale, l'emergenza prioritaria è questa roba qua  : Donne mezze morte (  quando   non vengono uccise  fisicamente  ) e uomini che dicono che sono cadute dalle scale 

[...]

Non è che potete sfrangiare le gonadi con il bacio di Biancaneve ,Zan, Fedez e tutto il corredo medio di notizie, fingendo indignazione ad intermittenza, ignorando completamente e volutamente che questo è il problema reale.                                                        Donne che non vanno protette in quanto "minoranza", (siamo maggioranza), ma in quanto nascere femmine in un sistema patriarcale è una penalità. Va smantellato il sistema di dominio patriarcale, lo stesso che odia le minoranze o quanto non sia convenzionale e funzionale al sistema. Poi sia chiaro evviva Biancaneve, evviva Zan e Fedez e qualsiasi altra cosa serva a confrontarsi e andare avanti. Ma quando in questo paese si parlerà realmente di violenza, e se ne parlerà come priorità, pretendendo rivoluzioni culturali, legislazione adeguate e la piena attuazione della convenzione di Istanbul ? 


Ma   è  soprattutto    figli\e   "sequestrati " dal padre e dalle Istituzioni che avallano la tutela ad oltranza della patria potestà. Un concetto normato da una legge, quella della bigenitorialità, che nelle mani di un violento diventa diritto di vita o di morte, e esercizio di potere e controllo.

Mio figlio è un bambino sequestrato.
Sequestrato dal padre e dalle Istituzioni che avallano la tutela ad oltranza della patria potestà. Un concetto normato da una legge, quella della bigenitorialità, che nelle mani di un violento diventa diritto di vita o di morte, e esercizio di potere e controllo.
Mio figlio, dicevo, è sequestrato perché non può avere il suo documento d'identità. Quindi non può andare nemmeno alla gita della Parrocchia.
Ora, se non fossimo in Pandemia, se fossimo in tempi normali a mio figlio sarebbero preclusi i concorsi musicali nelle più importanti città italiane, le gite con la scuola, i viaggi nella penisola e all'estero, i normali movimenti di un adolescente, insomma.
E quindi nemmeno io potrei muovermi, perché dove andiamo io e mia figlia, senza mio figlio? Perché così vuole il padre.
Un padre che anche solo per questo, è ovvio sia un violento. Cioè è chiaro anche ad una persona con un quoziente intellettivo minimo, che questa è violenza ed è la conferma di una condotta abusante per la quale io e i bambini dobbiamo passare da mitomani.
Dovrebbe essere chiaro, che il privarci della libertà, la libertà, non è che un work in progress iniziato tantissimo tempo fa e ora rimodulato sulle condizioni attuali. [ ... ]



Ragazzi che non possono avere il suo documento d'identità. Quindi non può andare nemmeno alla gita della Parrocchia o scolastica . Ora, se non fossimo in Pandemia, se fossimo in tempi normali a tali ragazzi sarebbero preclusi i concorsi musicali nelle più importanti città italiane, le gite con la scuola, i viaggi nella penisola e all'estero, i normali movimenti di un adolescente, insomma. E quindi << [...] nemmeno io potrei muovermi, perché dove andiamo io e mia figlia, senza mio figlio? Perché così vuole il padre. [...]  continua  qui in questo  suo  post  >> ( testimonianza di Patrizia Cadau ,  vedere   gli estr di cui  ho già raccontato la sua vicenda  qui  sul  blog  .Vicenda,  per la 💩  che riceve e  che  gli viene  continuamente  gettata  addosso    solo per  aver  avuto il  coraggio  di      dire  basta  ed  ribellarsi  alle  violenze   in continua evoluzione   come  dimostrano  gli estratti    di due  recenti post  , sopra  riportati  e    come dimostra il suo account facebook  https://www.facebook.com/patrizia.cadau  in  continua  evoluzione  ed  aggiornamento  ) .
Un  orco è orco sempre. Misero, banale, stupidissimo e miserabile ma in questo protetto dalle istituzioni, senza tutela alcuna delle vittime.
La tutela della responsabilità genitoriale del padre violento, vale quando c'è da fare un dispetto al figlio\a .  I figli hanno   bisogno di un intervento medico  Serve il consenso del violento. Devono  andare dallo psicologo per elaborare le ferite della violenza  esercitata  su di loro  oltre  che sula madre   dal violento? Serve il consenso del violento.  <<  Che poi, guardate la gravità: una bambina o un bambino hanno necessità dello psicologo per parlare della violenza subita, ma serve l'autorizzazione del mostro, a cui magari non si vuole fare sapere nulla per evitare ulteriori ritorsioni  >>  (   sempre  dalla  testimonianza  di  Patrizia  cadau  )  La madre deve prendere gli assegni familiari che servono al figlio ?  Serve il consenso del violento. Ecco  quindi che  in  questo la legge è precisa: serve il consenso del violento, punto, che è presunto tale fino a quando non ci scappa il morto o s e  tutto  va bene  quindici anni di processo. La responsabilità genitoriale a senso unico  nei casi di violenze  in famiglia  e femminicidio   però, dice che il padre debba contestualmente preoccuparsi della cura della prole. Invece, e qui la legge fa spallucce, il violento non paga un centesimo. Essendo un abusante , quando  va  bene  , ovviamente, poco gli importa di sapere come vivono i suoi figli o peggio di dover contribuire per nutrirli e farli crescere.I soldi, letteralmente rubati alla prole, vengono usati per altri  scopi   tranne che per i figli.Il cui carico grava esclusivamente sulla madre.Insomma, non solo questi violenti sono legittimati ad essere tali come violenti nella loro indole più evidente. Ma la giurisdizione si è organizzata per permettere a queste bestie di continuare ad esercitare abusi che apparentemente sono meno gravi.Come se limitare la libertà di movimento   dei suoi figli e  della moglie     possa sembrare meno grave.   << La libertà, capito? Voi che vi lamentate per il covid e chissà quando torneremo a viaggiare liberamente. Sappiate che io e i miei figli dobbiamo comunque aspettare il compimento del diciottesimo anno di uno dei due. Ce ne mancano 5. E non sapremo  >>  sempre  dalla  testimonianza  di Patrizia    <<  mai cosa vuole dire fare una gita noi tre insieme.  Sono felicissima che si parli di diritti civili, tanto. Però a noi vittime di violenza, a noi madri e figli imprigionati, quando ce li riconoscete ? Quando ci liberate dalla violenza ? >> 

9.2.20

il femminicidio non è solo omicidio . "Violentata dal mio padre adottivo fin da bambina" La battaglia di una donna di 34 anni per riavere il cognome del padre naturale,

dall'unione  sarda  CRONACA SARDEGNA - SULCIS IGLESIENTE Ieri alle 21:10, aggiornato ieri alle 22:00



testimonianza-choc Iglesias, il calvario di Chiara: "Violentata dal mio padre adottivo fin da bambina" La battaglia di una donna di 34 anni per riavere il cognome del padre naturale, dopo la condanna dell'uomo che le ha rubato la giovinezza


Chiara di Iglesias (il nome è di fantasia) ha subìto per anni le violenze da parte del padre adottivo: quell'uomo, che aveva sposato la madre con l'intento (fasullo) di proteggere la famiglia, le ha rubato l'infanzia e l'adolescenza.


Ora che ha 34 anni - dopo aver faticato a lungo per far credere che i suoi racconti erano veri e arrivare al processo che si è concluso con la condanna dell'uomo a 8 anni di reclusione, poi confermata in Appello - ha deciso di iniziare una nuova battaglia: liberarsi di quel cognome che non ha mai sentito suo e riprendersi quello del padre naturale. Per raccontare la sua storia, Chiara ha scelto un luogo a lei molto caro: il colle del Buon Cammino, dove si trovano l'omonima chiesetta e il monastero delle Clarisse.

 Cinzia Simbula

12.3.18

provare a dalogare con un razzista e sfuggits all'orco \ uomo manesco con la denuncia grazie al figlio

  a  chi mi dice    che   con il miei o precedenti post  :

 che  sono buonista , femminista   ed  menate  varie    si legga  queste storie     poi  se   vuole  ne  riparliamo  .






«Caro coetaneo razzista, spiegami perché mi odi»
Scritta inneggiante al duce e a Luca Traini nei bagni della biblioteca alle Zattere. Una ventenne originaria del Burkina Faso gli scrive: «Vienimi a parlare, vorrei solo capire »

 sempre  dallo stesso giornale  leggi  anche  


La condanna di Ca’ Foscari «I nostri valori sono altri»
«L’Ateneo condanna fermamente le scritte razziste comparse nella nostra sede di Ca’ Foscari alle Zattere. Messaggi di questo tipo sono quanto di più distante dai valori di inclusione che Ca’ Foscari...

MESTRE. Leaticia Ouedraogo, 20 anni, è una studentessa del Collegio internazionale di Ca’ Foscari. Nata in Burkina Faso, all’età di 11 si è trasferita a Bergamo con la madre, raggiungendo il padre. E’ studentessa di lingue. Ha scritto questa “lettera ad un mio coetaneo razzista e fascista” dopo aver appreso della scritta trovata nel bagno della biblioteca delle Zattere, dove lavora. Nella lettera, pubblicata su Linea 20 - il blog degli studenti del Collegio Internazionale   [  e  sotto  riportata   ] - usa intenzionalmente
la parola negra. «Un modo per mettermi allo stesso livello di chi usa questo termine», spiega lei, «per provare a de-costruire il senso di una parola, che arriva dal latino, e che poi si è caricata di connotati negativi. Un termine che non mi fa paura

















Leaty, posso farti una domanda?».

Leaticia: «Certo, dimmi tutto».

M.: «Ma cosa vuol dire negher?».

Leaticia: «Perché me lo chiedi?»

M.: «Perché oggi all’intervallo A. e G. mi hanno detto negher».

Leaticia: «E tu cos’hai risposto?».

M.: «Ehhh niente perché non so cosa vuol dire».

Leaticia: «Ok… Allora, negher vuol dire negro».

M.: «Ohhh!!!».

Leaticia: «Eh sì, ti hanno detto che sei negro. Doveva essere un insulto. Magari credono di essere migliori di te perché loro sono bianchi. Ma tu non ci devi credere, perché non è vero. La prossima volta che te lo dicono, tu rispondi che sei fiero di essere negro. Capito?».

M: «Sì».

***

Questa è una conversazione che ho avuto con il mio fratellino di otto anni al ritorno da scuola. Risiediamo a Bergamo con i nostri genitori, ma studio come fuori sede a Venezia e ci sentiamo spesso al telefono. In otto anni della sua vita, non ho mai pensato che avrei dovuto un giorno spiegargli il razzismo. Sono stata molto ingenua perché, dall’alto dei miei vent’anni, di episodi di razzismo ne ho vissuti. I primi si sono verificati quando avevo all’incirca dodici anni. Ma ero già grande e sapevo difendermi con le sole parole.Ma a otto anni, come si rielabora il razzismo? E io, da sorella maggiore, come lo semplifico il razzismo per un bambino ingenuo? Ancora non lo so. Ma devo trovare un modo di rendere mio fratello immune al razzismo. Proprio come sua sorella. Sì, perché io mi ritengo immune al razzismo: non sono razzista e i razzisti non mi fanno paura, non mi fanno arrabbiare, non li detesto. E oltretutto, ho sviluppato una sottile arma per combattere il razzismo a modo mio. Io rispondo con l’ironia, anzi, il sarcasmo. Faccio fiumi di battute auto-razziste alle quali in generale la gente rimane di stucco. Non sa se ridere o meno. Perché verrebbe da ridere, ma ridere sarebbe politicamente scorretto.Quando la gente comincia a conoscermi, si abitua alle mie battute e comincia a ridere. Quando la gente ride e soprattutto quando la gente riesce a fare battute razziste, ritengo che il mio lavoro abbia avuto successo, semplicemente perché portando in superficie l’ignoranza e ridendone, la si demistifica. Io sono immune al razzismo: questo mi sono sempre detta. E sono sempre stata fiera di aver sconfitto il razzismo. Imperdonabile ingenuità! Nei giorni scorsi nei bagni della biblioteca in cui lavoro come collaboratrice sono state trovate delle scritte fasciste e razziste. “W il duce, onore a Luca Traini. Uccidiamoli tutti sti negri”.Wow. Un momento di profondo respiro. Rileggo la frase di nuovo. Per un bianco, o comunque un non negro, credo che questa affermazione possa suscitare ribrezzo, tristezza, rabbia. In verità non so cosa possa provare un bianco, e non so perché debba essere diverso da quello che può provare una negra quale sono io. Da negra, non mi sento offesa. Sono profondamente confusa che queste scritte si ritrovino in un luogo così culturale, e confusa soprattutto perché probabilmente l’autore è un mio coetaneo.La biblioteca delle Zattere è anche chiamata Cultural Flow Zone: un ambiente giovane e vivace, dove, tra una pausa e l’altra dallo studio, si può spostarsi di sala e vedere una mostra, assistere alla presentazione di un libro o partecipare ad un cineforum. Devo dire che è un ambiente lavorativo umanamente parlando molto stimolante e si può proprio sentire la cultura fluire. Incontro persone diverse tra loro: dagli universitari ai liceali, dal personale tecnico ai docenti, dagli attori e cantanti ai corrieri.Questo ambiente non mi sembra un ambiente razzista, anzitutto perché altrimenti non avrei superato un colloquio in cui concorrevo con molti altri ragazzi bianchi. Tuttavia, è stato un colpo per me vedere queste scritte. Ho tentato a più riprese di immaginare la scena di un ragazzo che come molti altri mi chiede di fare una tessera giornaliera, e lo immagino come il probabile autore delle scritte. E voglio parlargli, capire perché mi voglia uccidere, visto che sono negra.

Sono impaurita, non perché io abbia paura di essere uccisa, ma mi spaventano le ragioni per cui verrei uccisa. Come puoi pensare di uccidere qualcuno solo per il colore della sua pelle? Cosa ti può distorcere così tanto da volere uccidere qualcuno perché non è bianco? Ho le vertigini solo a pensarci. Cosa otterresti dalla mia morte? Io vorrei solo capire. Vienimi a parlare. Voglio essere guardata dritto negli occhi e voglio sentire cosa ti affligge. Perché mi odi? Come mi uccideresti? Come ti sentiresti dopo la mia morte? Saresti felice? Voglio capire i tuoi sentimenti. Vienimi a parlare prima di uccidermi, cosicché io ti possa abbracciare e mostrare un po’ di umanità.
Io non ti odio, non perché io sia gentile. È perché sono profondamente triste per te, provo pietà perché non so come tu sia giunto a questo punto. Mi dispiace per i fallimenti che ci sono stati nella tua educazione. Mi dispiace che qualcuno sia riuscito a manipolarti a tal punto e a convincerti di queste cose. Ti hanno avvelenato la mente e il cuore con questo odio insensato e questo suprematismo bianco. Ti hanno rubato la tua libertà intellettuale e questo non è giusto. Mi sono sempre ritenuta immune al razzismo, convinta che fosse una bassa manifestazione di odio dovuto alla mediocrità intellettuale .Ho sempre attribuito il razzismo ai bigotti. Dovrei sentirmi rassicurata e felice che tutti i miei amici e conoscenti non siano bigotti. Ma a me non basta. A me interessi tu, caro fascista, caro razzista. Credo che tu viva in una grande farsa, un equivoco impensabile. Il valore più grande della tua umanità è l’universalità, perché di umanità ve n’è una sola. Non mi puoi uccidere solo perché sono negra. È una argomentazione inconsistente. Tu non sei fatto per l’ignoranza o l’oscurantismo, semplicemente perché sei umano e sarebbe un tradimento alla tua umanità. Un alto tradimento, imperdonabile a te stesso. Non devi uccidere me, devi uccidere quel mostro oscuro che si nutre delle tue paure e della tua ignoranza, ma anche della tua ingenuità. Ti auguro di sconfiggere questi mostri.


                             Leaticia Ouedraogo

 questa  invece viene 

«Sfuggita all’orco per amore di mio figlio»
Padova, moglie picchiata e insultata per anni davanti al bambino: «Ho denunciato e grazie al Centro Progetti Donna sono tornata a vivere»


di Alice Ferretti






















PADOVA
Ci sono voluti due anni di sofferenza, di paura e soprattutto di coraggio, ma alla fine Claudia (nome di fantasia), 56 anni, ce l’ha fatta. È riuscita a uscire da quel vortice di violenza domestica che l’aveva inghiottita e fatta cadere in un baratro che sembrava non lasciarle scampo.

È fuggita da un marito violento che la insultava con parole peggiori dei pugni, la mortificava e la picchiava, anche di fronte al figlioletto. È stato proprio lui ha darle la forza di dire basta. Di denunciare un orco che ogni giorno seminava il terrore tra le mura domestiche.

Claudia, quando è iniziato per lei il dramma della violenza?

« È stata un’escalation durata anni e culminata con la notte di San Valentino di due anni fa, quando il mio ex marito mi ha massacrato di botte di fronte a nostro figlio che aveva solo 7 anni».

Cos’è successo quel giorno?

«Per l’ennesima volta era tornato a casa ubriaco dopo aver sperperato i soldi dell’affitto con il gioco d’azzardo. Gli ho solo detto che quei soldi ci servivano, che non potevamo andare avanti così e lui è impazzito. Ha iniziato a colpirmi sempre più forte, poi mi ha spinto e mi ha dato un pugno fortissimo in faccia. Il bambino era in casa, ha visto tutto. A un certo punto si è messo in mezzo e ha gridato al padre “Non picchiare la mamma”. Piangeva e tremava dalla paura. Quello è stato il momento in cui ho capito che dovevo dire basta».


L’ha denunciato?

«Ho chiamato i carabinieri. Nel frattempo lui gettava piatti e bicchieri a terra. Quando sono arrivati sul pavimento della cucina c’erano cocci dappertutto. Davanti ai carabinieri mi ha detto “Appena vanno via loro ti ammazzo”. Mi hanno portata al pronto soccorso insieme a mio figlio, in ambulanza. Avevo il volto tumefatto, pieno di sangue, ero frastornata. Lì sono entrata in contatto con le operatrici del Centro Veneto Progetti Donna. Sono loro che mi hanno salvato».

Suo marito è stato arrestato per maltrattamenti in famiglia e lesioni, è stato in carcere due settimane, mentre lei ha iniziato a muovere i primi passi verso una nuova vita.

«Mi sono appoggiata al centro. Uscita dall’ospedale mi hanno condotta, insieme a mio figlio, in una struttura protetta dell’associazione di cui non viene reso noto l’indirizzo proprio per garantire la massima sicurezza. Ero seguita ogni settimana da uno psicologo e avevo ricominciato a lavorare come domestica. Ho da poco ottenuto un contratto di lavoro a tempo indeterminato e sono riuscita a prendere in affitto una casa tutta per me e per mio figlio».

Oggi come si sente?

«Ci sono stati tanti momenti in cui ho pensato che non ce l’avrei mai fatta. Ma ho stretto i denti. L’ho fatto per mio figlio. Oggi sono felice perché siamo usciti da quel tunnel, il passato è solo un brutto ricordo».

Che rapporti ha oggi suo figlio con il padre?

« Lo vede ogni due settimane durante gli incontri protetti con gli assistenti sociali. Ama suo padre, come è giusto che sia, ma mi ripete spesso: “mamma non torniamo a vivere con il papà vero? ”. E io lo rassicuro».

L’ex marito di Claudia ha ottenuto una condanna a un anno e sei mesi di reclusione, con la sospensione condizionale. È stato l’avvocato di Claudia a indicare al giudice l’esigenza di non calcare la mano nonostante anni di maltrattamenti e lesioni. In questo modo, infatti, l’ex marito non ha perso il posto di lavoro come muratore e soprattutto ha conservato la fonte di reddito necessaria a garantire gli alimenti all’ex moglie e al figlio di 9 anni.






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