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1.3.25

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n XX COSA FARE SE :TI RAPINANO ,SE SIETE IN LUOGHI A RISCHIO NON DISTRAETEVI COL TELEFONO , SE SIETE IN PERICOLO ? REAGITE E URLATE

PUNTATA PPRECEDENTE

 È importante sottolineare che non esiste una “reazione standard” e che ogni individuo può manifestare comportamenti diversi quando si trovadavanti a un aggressore.Spesso, per strada, si vedono ragazze incollate al cellulare non solo alla fermata dell'autobus,ma anche in movimento.Questo non fa che diminuire le capacità di capirene nell'immediato cosa sta accadendo intorno a noi.Prestate a!enzione a ciò che accade attorno a voi, evitando distrazioni eccessive come l'uso del cellulare, appunto.
Anche e sopratttto in ambienti poco frequentati è di fondamentale importanza evitare le distrazioni per poter familiarizzare con l!area in cui vi trovate, identificando le uscite,le zone ben illuminate,e i luoghi in cui poter cercare aiuto, come negozi, bar o stazioni di polizia.
Se notate comportamenti o situazioni sospette,affidatevi al vostro istinto. Meglio cambiare direzione o allontanarsi se percepite un potenziale pericolo.Organizzate il  percorso prima di uscire, scegliendo itinerari che siano ben frequentati, per lo meno sulla carta, e illuminati.Se possibile, informate una persona fidata dei vostri spostamenti o utilizzate le apposite app che sono state create per la condivisione della posizione.Quando possibile, evitate di camminare da sole, soprattutto in orari o in zone isolate.La presenza di altre persone può rappresentare un deterrente per eventuali aggressori.Prendete in considerazione l'ipotesi di portare con voi un allarme personale o un Fischietto Questi strumenti possono attirare l'attenzione insituazioni di emergenza e scoraggiare un aggressore.Potete valutare anche l'ipotetico uso di strumenti come lo spray al peperoncino, naturalmente dopo averne appreso l'uso corretto. Partecipare a corsi di autodifesa può aiutare a imparare tecniche pratiche per  reagire in situazioni di pericolo,migliorando sia le abilità fisichesia la fiducia in voi stesse.Se vi sentitemi n a c c i a t e ,usate un tono di voce decisoper esprimere il vostro dissenso o per chiedere aiuto.  Infatti  Sembra banale,ma non lo è: se vi trovate in una situazione di emergenza,attirate l’attenzione delle persone intorno a voi, urlando o attivando il vostro allarme personale, e allontanateviil più rapidamente possibile dal pericolo. Non rimanete passivi.

4.6.21

"Finalmente ho una casa con Camilla, la ragazza che amo". Lieto fine nella storia di Malika, la ragazza cacciata dai genitori perché lesbica e Picchia la moglie per una lite sulla spesa: i figli di 4 e 7 anni la convincono a denunciare il “papà cattivo”


 di cosa  stiamo parlando  



Cacciata di casa il 4 gennaio 2021 per aver confidato ai suoi genitori di amare una ragazza, Malika Chalhy si è rivolta a Fanpage.it per denunciare l'ingiustizia subita. Dopo il nostro servizio, in cui abbiamo pubblicato in esclusiva i messaggi audio contenenti insulti e minacce di morte da parte della madre, la 22enne di Castelfiorentino ha ricevuto il supporto di migliaia di persone, con una raccolta fondi che ha superato i 130mila euro. Grazie alla somma ricevuta, Malika ha potuto così affittare una casa a Milano dove attualmente vive con la fidanzata Camilla e con Frenk, un cucciolo di bulldog francese.

  da   https://www.fanpage.it/  3 GIUGNO 2021  10:45 di Maria Elena Gottarelli 


“Per me è come rinascere”: sono le parole di Malika Chalhy, cacciata dai genitori per aver dichiarato la sua omosessualità, a due mesi dall’uscita del nostro servizio. Grazie alla raccolta fondi organizzata in suo sostegno, la 22enne di Castelfiorentino ha potuto affittare un appartamento a Milano, dove ora vive insieme alla fidanzata, Camilla, e al loro cucciolo di bulldog francese, Frenk. Malika e Camilla ci hanno aperto le porte di casa loro e ci hanno parlato della loro nuova vita insieme.    Amo ogni angolo di questa casa, che non è certo un attico o una reggia… Ma per me, è enorme!". Così Malika Chalhy, la ventiduenne di Castelfiorentino cacciata di casa lo scorso gennaio dai genitori per aver dichiarato di essere omosessuale, oggi ai microfoni di Fanpage.

 


                       in foto: Malika Chalhy e la fidanzata Camilla, Milano, giugno 2021

"Amo ogni angolo di questa casa, che non è certo un attico o una reggia… Ma per me, è enorme!". Così Malika Chalhy, la ventiduenne di Castelfiorentino cacciata di casa lo scorso gennaio dai genitori per aver dichiarato di essere omosessuale, oggi ai microfoni di Fanpage. La nuova vita di Malika inizia a Milano, dove si è trasferita da poco insieme alla fidanzata Camilla e al cucciolo di bulldog francese, Frenk. "La famiglia che mi sono scelta", dice Malika senza esitazioni, a tavola.


                       in foto: Frenk, il cane di Malika e Camilla

"Io e Camilla siamo finalmente libere di amarci"

La casa, presa in affitto grazie alla raccolta fondi aperta a gennaio dalla cugina di Malika, è luminosa, con un ampio terrazzo che è già stato abbellito con dei fiori. Mentre parla della sua nuova vita con Camilla, la giovane non riesce a smettere di sorridere: "Qui a Milano io e Camilla possiamo finalmente amarci liberamente". La giovane coppia si è conosciuta nell'estate del 2020. E' stata proprio Camilla a far scoprire a Malika la sua omosessualità: "All'inizio non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo, cosa provavo quando la vedevo. Poi però mi è stato chiaro: mi ero innamorata". "Il 27 agosto ci siamo messe insieme e non ci siamo più staccate un attimo", continua. Mano nella mano, le due raccontano i giorni difficili del coming out di Malika. "In quel periodo non facevo che rassicurare Malika, le dicevo di stare tranquilla, che i genitori l'avrebbero presa bene, probabilmente molto meglio di quanto si aspettasse. Mi sbagliavo", racconta la fidanzata 25enne.E' stata proprio lei, Camilla, ad aver ascoltato per prima i messaggi vocali pieni di odio inviati dalla mamma di Malika dopo il coming out, molti dei quali contenevano insulti e minacce di morte dirette a lei. "All'inizio mi sono sentita male, ovviamente, anche perché quelle parole provenivano da una persona della stessa età di mia madre, che avrebbe potuto essere la mia. Poi però ho capito che quella donna non sapeva niente di me, di chi ero, né di quello che potevo dare a Malika", continua Camilla.

"Le dicevo: ‘Lasciami non posso darti la vita che meriti'. Per fortuna non lo ha fatto"

Durante il racconto di quei giorni, in cui le due non smettono mai di tenersi per mano, Malika si commuove. "Camilla c'è sempre stata, anche quando le dicevo di lasciarmi perché non avrei potuto darle la vita che si meritava. Mi è sempre rimasta vicino, anche la sera in cui avevo deciso di farla finita e venne a prendermi sull'argine di un fiume". Mentre ricorda quella notte, che era la prima, quella del 4 gennaio, quella in cui era stata cacciata di casa senza vestiti e senza soldi, Malika non trattiene le lacrime. "Tornate a casa di Camilla, lei ha avuto un mancamento. Poi ci siamo sdraiate sul letto insieme al cane, Peppi, entrambe con le mani sulla sua zampa, e Cami mi ha detto: ‘Non sei sola, ci siamo io e Peppi, siamo tutto'. E mi sono sentita meglio". "Paradossalmente, quella è stata al tempo stesso la notte più brutta e la più bella, quella in cui ho rischiato la vita ma anche quella in cui sono stata salvata"."Non potevo fare a meno di sentirmi in colpa – confida Camilla – perché mi sembrava in qualche modo di averle rovinato la vita. Che se non fosse stato per me, per il fatto che si era innamorata di me, non sarebbe stata cacciata di casa". Sia Malika che Camilla si sono reciprocamente sentite in colpa, vittime della paura di fare involontariamente del male all'altra. "Ma per fortuna non mi hai ascoltata quando ti ho detto di lasciarmi", dice Malika con gli occhi ancora lucidi, ma sorridente, abbracciando con lo sguardo la loro nuova casa. Intanto, Frenk sonnecchia nella sua cuccia.


Genitori di Malika: aperta un'inchiesta

Per quanto riguardo riguarda la vita di Malika, attualmente si sta impegnando attivamente nella lotta per i diritti delle persone LGBTQ+ e per l'approvazione del ddl Zan. Mentre Camilla termina gli studi in Economia e si prepara ad affrontare il primo stage, Malika riflette sul suo futuro lavorativo: "Voglio iniziare a lavorare, fare qualcosa di attinente a quello che ho studiato. Per adesso, sono felice anche solo di sapere di avere questa possibilità". Quanto ai genitori, Malika dice di non averli più sentiti. Dopo il nostro servizio del 9 aprile, la Procura di Firenze ha aperto un'inchiesta e i genitori di Malika dovranno rispondere di violenza privata.


 

                       Maria Elena Gottarelli



proprio  mentre  finivo di copiare  questa  storia    mi  è arrivata      via messanger  questa  qua    da  https://www.thesocialpost.it/  del   4.6.2021

Picchia la moglie per una lite sulla spesa: i figli di 4 e 7 anni la convincono a denunciare il “papà cattivo”



04 giugno 2021 15:35
Agg: 04 Giugno 2021 16:26
Cristiano Bolla
Cronaca Italia








Un 33enne di Foggia è stato arrestato dopo una denuncia per maltrattamenti in famiglia. Le vessazioni nei confronti della moglie, pare, sarebbero andate avanti per anni, ma sabato scorso è caduta la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso. A risultare decisivi, secondo quanto viene riportato, sarebbero stati i figli della coppia.
Non era la prima volta, ma si spera possa essere l’ultima: dopo 7 anni di presunti maltrattamenti e pestaggi, una giovane donna e madre ha denunciato il marito di 33 anni. Le fonti riportano che tutto è scattato sabato 29 maggio: tra i due sarebbe scattata una lite riguardante la spesa, sembra infatti che la donna avesse annunciato che stava andando a farla assieme alla madre e ai figli.
Questo avrebbe fatto scatenare per qualche motivo l’ira del 33enne, che le avrebbe sferrato un pugno in faccia.
La donna, si apprende, ha riportato una lesione al labbro superiore, forse l’ultima di una serie subita nel corso degli anni di questa relazione descritta come molto violenta. Questa volta, però, ha deciso di dire basta ed ha trovato il coraggio di denunciare il marito, anche grazie al sostegno dei figli.
Foggia, 33enne picchia la moglie: i figli spingono per la denuncia È questo il lato particolarmente emozionante della triste vicenda di Foggia. Le fonti riportano infatti che a infondere coraggio e spingere la madre a denunciare il marito sarebbero stati i figli, di 4 e 7 anni. Il maggiore soprattutto avrebbe provato a difendere la madre dall’ennesima aggressione, per poi incitarla a denunciarla. I due, secondo quanto viene riferito, avrebbero detto una frase come: “Denuncialo, papà fa il cattivo“. A quel punto, la donna si è presentata dai Carabinieri del Comando Stazione di Foggia-Porta San Severo per denunciare il 33enne, poi arrestato su mandato del Gip per maltrattamenti in famiglia.
Ricordiamo che in Italia è attivo il numero 1522, un servizio pubblico promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità. È gratuito, attivo 24 h su 24, accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. La chiamata è gratuita anche da cellulare o si può parlare direttamente con qualcuno tramite il sito.

12.11.20

Ho Perso Le Parole davanti a casi come quello di Genovese

in sottofondo 

pagina facebook  Ihaveavoice ripreso dalla mia

 
 
 
Maria Patanè
3h ·


Drogata, mani e piedi incatenati, tenuta al guinzaglio, violentata con torture sadiche per oltre 20 ore, a ripetizione.
Una guardia del corpo fuori dalla stanza degli orrori per garantire che lo stupratore non venisse disturbato.
Lei una giovane modella 18enne, lui un ricco imprenditore.
È riuscita a scappare seminuda, ricoperta da un lenzuolo insanguinato, con una sola scarpa.
Il corpo martoriato, 25 giorni di prognosi, ma la ferita psicologica ed emotiva sarà devastante per chissà quanto tempo.
Le immagini ritrovate dagli inquirenti nel video delle telecamere di sicurezza sono raccapriccianti. Mai si era vista tanta ferocia e a tanto accanimento, drogata e violentata, più e più volte in una specie di ossessione: il corpo della modella aveva assunto una posizione innaturale per poi irrigidirsi. L'uomo si droga di nuovo e di nuovo droga lei. Poi ricomincia a violentarla. La ragazza per ore non dà quasi alcun segno di vita. Ma lui continua, con disprezzo. Le preme un cuscino sul viso e le stringe il collo per 8 secondi, rischiando di soffocarla, poi la filma mentre nuda, stremata dalle violenza, si lascia andare e la testa cade all’indietro dal bordo del letto.
E lei non è la sola, la lista di donne violentate con questi metodi si allunga di giorno in giorno. Tutte giovani modelle, invitate alle feste lussuose dell'imprenditore, dove scorrevano fiumi di champagne e droga a 4000 euro al grammo, offerta su vassoi d'argento.
Il multimilionario Alberto Genovese, quando sono arrivati gli inquirenti, non voleva nemmeno aprire, rispondendo con un delirio di onnipotenza “Non sapete chi sono io”. Non ha mostrato alcun segno di ravvedimento o alcun senso di pietà verso la vittima. Ha tentato di giustificarsi dicendo: “Non è colpa mia, è la droga, sono vittima” e poi “sono una persona a posto che non farebbe mai nulla di male... Sono una brava persona” e addirittura "Io pensavo di essere innamorato".

Genovese potrebbe essere collegato all'indagine bolognese chiamata 'Villa Inferno' su festini a base cocaina e sesso con minorenni.
Emerge un mondo violento e depravato, fatto di potere e denaro, dove le donne non sono altro che un oggetto da usare con disprezzo, un mezzo per esaltare la propria convinzione di dominio assoluto, di supremazia, persuasi che con la ricchezza si possa comprare tutto, compresa la vita altrui e la legalità.
Un mondo questo che non è un'eccezione, ma si verifica molto più spesso di quanto si voglia credere. Uomini che detengono potere e ricchezza che abusano di donne che non hanno gli stessi mezzi, sicuri del fatto che le donne avranno paura di denunciare e loro la faranno franca.
Le sperequazioni di genere portano anche a questo, sono due lati della stessa medaglia. Ecco perché la lotta contro le violenze va affiancata alla lotta per la parità.
Drogata, mani e piedi incatenati, tenuta al guinzaglio, violentata con torture sadiche per oltre 20 ore, a ripetizione.
Una guardia del corpo fuori dalla stanza degli orrori per garantire che lo stupratore non venisse disturbato.
Lei una giovane modella 18enne, lui un ricco imprenditore.
È riuscita a scappare seminuda, ricoperta da un lenzuolo insanguinato, con una sola scarpa.
Il corpo martoriato, 25 giorni di prognosi, ma la ferita psicologica ed emotiva sarà devastante per chissà quanto tempo.
Le immagini ritrovate dagli inquirenti nel video delle telecamere di sicurezza sono raccapriccianti. Mai si era vista tanta ferocia e a tanto accanimento, drogata e violentata, più e più volte in una specie di ossessione: il corpo della modella aveva assunto una posizione innaturale per poi irrigidirsi. L'uomo si droga di nuovo e di nuovo droga lei. Poi ricomincia a violentarla. La ragazza per ore non dà quasi alcun segno di vita. Ma lui continua, con disprezzo. Le preme un cuscino sul viso e le stringe il collo per 8 secondi, rischiando di soffocarla, poi la filma mentre nuda, stremata dalle violenza, si lascia andare e la testa cade all’indietro dal bordo del letto.
E lei non è la sola, la lista di donne violentate con questi metodi si allunga di giorno in giorno. Tutte giovani modelle, invitate alle feste lussuose dell'imprenditore, dove scorrevano fiumi di champagne e droga a 4000 euro al grammo, offerta su vassoi d'argento.
Il multimilionario Alberto Genovese, quando sono arrivati gli inquirenti, non voleva nemmeno aprire, rispondendo con un delirio di onnipotenza “Non sapete chi sono io”. Non ha mostrato alcun segno di ravvedimento o alcun senso di pietà verso la vittima. Ha tentato di giustificarsi dicendo: “Non è colpa mia, è la droga, sono vittima” e poi “sono una persona a posto che non farebbe mai nulla di male... Sono una brava persona” e addirittura "Io pensavo di essere innamorato".
Genovese potrebbe essere collegato all'indagine bolognese chiamata 'Villa Inferno' su festini a base cocaina e sesso con minorenni.
Emerge un mondo violento e depravato, fatto di potere e denaro, dove le donne non sono altro che un oggetto da usare con disprezzo, un mezzo per esaltare la propria convinzione di dominio assoluto, di supremazia, persuasi che con la ricchezza si possa comprare tutto, compresa la vita altrui e la legalità.
Un mondo questo che non è un'eccezione, ma si verifica molto più spesso di quanto si voglia credere. Uomini che detengono potere e ricchezza che abusano di donne che non hanno gli stessi mezzi, sicuri del fatto che le donne avranno paura di denunciare e loro la faranno franca.
Le sperequazioni di genere portano anche a questo, sono due lati della stessa medaglia. Ecco perché la lotta contro le violenze va affiancata alla lotta per la parità.

Ihaveavoice

9.2.20

il femminicidio non è solo omicidio . "Violentata dal mio padre adottivo fin da bambina" La battaglia di una donna di 34 anni per riavere il cognome del padre naturale,

dall'unione  sarda  CRONACA SARDEGNA - SULCIS IGLESIENTE Ieri alle 21:10, aggiornato ieri alle 22:00



testimonianza-choc Iglesias, il calvario di Chiara: "Violentata dal mio padre adottivo fin da bambina" La battaglia di una donna di 34 anni per riavere il cognome del padre naturale, dopo la condanna dell'uomo che le ha rubato la giovinezza


Chiara di Iglesias (il nome è di fantasia) ha subìto per anni le violenze da parte del padre adottivo: quell'uomo, che aveva sposato la madre con l'intento (fasullo) di proteggere la famiglia, le ha rubato l'infanzia e l'adolescenza.


Ora che ha 34 anni - dopo aver faticato a lungo per far credere che i suoi racconti erano veri e arrivare al processo che si è concluso con la condanna dell'uomo a 8 anni di reclusione, poi confermata in Appello - ha deciso di iniziare una nuova battaglia: liberarsi di quel cognome che non ha mai sentito suo e riprendersi quello del padre naturale. Per raccontare la sua storia, Chiara ha scelto un luogo a lei molto caro: il colle del Buon Cammino, dove si trovano l'omonima chiesetta e il monastero delle Clarisse.

 Cinzia Simbula

16.3.18

prima d'accusare almeno informarsi No . Il caso del film la ciociara di Mario Salieri . A mente fredda posso dire che i suoi detrattori hanno torto


in sottofondo   

Lady Barcollando - Cristiano De André

In questi giorni sono riuscito a vedere il film La Ciociara di Mario Salieri . Di cui    avevo parlato l'anni scorsdo    , vedere  archivio  blog  ,  per  gli attacchi  aprioristici  ed  struimentali \  ideologici  ( anche  personali   )    e le polemiche  ch'esso aveva provocato . 
 





Ora  non capisco tutte le polemiche che provoco l'estate scorsa . Anche se in chiave hard \ eoritica che si sia , da quel poco che ricordo  del romanzo  di Moravia  devo andare a rileggerlo , mantenuta fedeltà al romanzo   a cui liberamente  cisi  è ispirati  . Infatti gli eredi e i   " curatori  "   del fondo  alberto Alberto  Moravia hanno protestato o si son lamentati ) . Io non  ho visto quell'uso strumentale , speculativo, ed  offese  alla menoria  di  chi subito  quelle  vioelnze  che  si trovsano descritte sia nel   romanzo di Alberot Moravia   e dek  film   (  vedi  foto  sotto  )  la  ciociaria    con Sophia Loren . 
E' vero che stupri e violenze sessuali ci sono ne fillm  , anche troppi da rendere pesante ed poco ecittante ed arrappante la visione ad uno  come me   pornodipendente ed fruitore di tali film , ma non sono queli che il tamburellante  tam  tam  mediatico   s'aspettava ovvero  le orribili Marocchinate .  C'è  si  nel  finale  un  piccolo  cenno  m verbale   da parte dei protagonisti   ma  nessuna  scena   nè  hard  nè  normale   ovvero   non come ne parlarono  i suoi detrattori  aprioristici
“Marocchinate”: i bambini violentati, le sorelle crocefisse, il prete seviziato, la nonna stuprata da 300 soldati…
 

Quindi  un



alla  parlamentre  de Pd    Maria  spillabotte che  interviene  qui il suo intervento  senza aver  richiesto al regista  o procuraqasi la scenegiatura del film   ed  a  tutti quelli che   come  la   spilabitte  non hanno nè letto la sceneggiatura  nè  visto il film  ,  alcuni dei  quali     sono arrivati  a   minacciare  il regista  e  le attrici  .  cioè tutte  querlle  persone  che    non collegano il cervello prima  di parlare   po non  cercano  conferme  o smentite   sullla  trama  del film in questione    e   parlano   senza 



 basandosi solo  sul  titolo   o  quanto  gli diconoglia ltri  \e 
   

1.4.17

quando i cazzi degli altri sono cazzi tuoi , Mantova Agguato fuori da scuola: pestato dai bulli a 14 anni



agazzino aggredito nel sottopassaggio: «Dacci i soldi e le sigarette». Poi le botte. Perseguitato da mesi finisce al Poma con la costola rotta. La madre chiede più controllidi Giancarlo Oliani


Bullismo, lettera da Mantova:"Tutti guardavano, nessuno è intervenuto"Giovedì 2 marzo, ore 15, piazza Mantegna. Un quindicenne viene pestato da tre ragazzi. I passanti guardano, rallentano per osservare meglio, ma nessuno si ferma ad aiutare la vittima. Solo una una signora difende lo studente. Questa è la lettera che la donna ha inviato alla Gazzetta di Mantova (a cura di Tecla Biancolatte)Leggi "Parli con la mia ragazza?", pestato dai bulli del bus
MANTOVA. Stava raggiungendo la fermata dell’autobus quando due ragazzi lo hanno bloccato. «Vogliamo soldi e sigarette. Fai alla svelta, non abbiano tempo da perdere...». Lui, quattordici anni, al primo anno dell’Istituto Vinci, ha tentato di ribellarsi a quel sopruso. Ma la reazione dei bulli è stata devastante. Una violenza bruta, che gli ha causato una lesione costale. Il quattordicenne è stato colpito su tutto il corpo. Senza tregua. Colpito da un calcio al torace è riuscito a rimanere in piedi con un dolore lancinante. La mano, con la quale ha cercato di proteggersi, ha subito una lesione.
Lo spot contro il bullismo degli studenti della Scuola di Cinema di Milano divenuto virale in rete7,8 milioni di visualizzazioni, oltre 225mila condivisioni e 47mila like in meno di due giorni. E’ l’incredibile successo ottenuto da un breve spot contro il bullismo girato dagli studenti del terzo (e ultimo) anno della Civica Scuola di cinema Luchino Visconti di Milano
Tornato a casa, non ha avuto il coraggio di raccontare ai genitori l’accaduto. Ai medici del pronto soccorso ha raccontato di essersi fatto male durante una partita di calcetto. Ma poi la verità è venuta a galla. Il ragazzo era già stato ripetutamente vittima di bullismo dall’inizio dell’anno scolastico, anche se in questa occasione ha detto di non aver riconosciuto gli aggressori: non è detto, dunque, che si tratti di compagni di scuola. La mattina del 31 marzo la mamma si è presentata in questura e ha denunciato l’episodio chiedendo un maggiore controllo da parte delle forze di polizia.
"No al bullismo" il video dei bambini delle scuoleUn fenomeno in aumento anche fra i banchi che nel video spot viene raccontato dalle parole semplici dei bambini. E i giovani studenti non si limitano a condannare chi "fa male a chi è più debole" e chi "non fa giocare gli altri". "Bisogna aiutarlo e fargli capire che non si fa". “È stato scelto lo strumento video- dicono i responsabili di Rete Sol.Co - perché possa essere diffuso in Rete, accessibile ai bambini che navigano ma anche alle famiglie e agli educatori, perché si comprenda che il bullismo è dietro l’angolo e può entrare nella vita di tutti”.
È l’ennesimo e inquietante episodio di bullismo che avviene in città. Accade nella giornata di martedì 28 marzo poco dopo le tredici. A quell’ora Paolo - è un nome di fantasia - esce dall’Istituto Vinci per raggiungere la fermata dell’autobus ai Due Pini. Percorre il sottopassaggio ma, una volta fuori dal tunnel, si trova di fronte a due giovani, parzialmente travisati. Gli chiedono soldi e sigarette. Ma lui non fuma e non ha nemmeno soldi perché porta a scuola il minimo indispensabile per non essere derubato. Vigliaccamente il quattordicenne viene aggredito e picchiato con violenza inaudita su tutto il corpo. Un calcio gli provoca una lesione costale. La sofferenza del ragazzino non si ferma qui. Nelle ore successive deve fare i conti con la paura e la vergogna di quello che ha subito.
Bullismo, la campagna con i campioni dello sport. Cucinotta: ''Io vittima, ragazzi denunciate''Parte la campagna nelle scuole organizzata dall'Osservatorio nazionale bullismo e doping. La nuova iniziativa ha come obiettivo quello di portare i campioni dello sport nelle scuole d'Italia per incontrare e parlare con gli studenti. L'evento è stata anche l'occasione per presentare il cortometraggio dal titolo ''Il compleanno di Alice'', che vede alla regia Maria Grazia Cucinotta e che ha come tema centrale proprio quello delle molestie tra i più giovani.Video di Angela Nittoli
«È tornato a casa - racconta la mamma - lamentando un dolore al torace (che nel frattempo si era gonfiato). Siamo andati al pronto soccorso di Mantova e anche lì mio figlio non ha detto la verità. Siamo rimasti fino alle tre di notte e poi tornati con sette giorni di prognosi. Ma quella stessa notte il mio bambino ha ceduto. È venuto nella mia camera e mi ha raccontato com’erano andate le cose. Siamo tornati in pronto soccorso e questa volta non ha nascosto nulla. Lunedì dovrà sottoporsi a nuovi esami perché c’è il sospetto che i calci che gli hanno sferrato possano aver provocato una frattura costale». «Servono azioni concrete - commenta la mamma con la voce rotta dalla commozione - Non posso pensare che ogni giorno mio figlio sia a rischio».

12.2.15

Viene stuprata e dà la bimba in adozione Madre e figlia si incontrano dopo 35 anni

Questa  è l'ultima storia  per  oggi . Lo so che molti  (  soprattutto le  ragazze  ) mi dicono ma non è  che stai diventando    romantico  come noi  ?  . No sto diventando vecchio . E poiessendo cresciuto  con le nonne   e prozie    che  leggevano  e guardavano le telenovele .certe cose   mi appassionano  , se ben raccontante  .

Ma  qui  non si tratta  solo  dis torie  da  romanzo rosa  , ma  storie  di sofferenza  e  magari sìdi sensi di colpa  .




Viene stuprata e dà la bimba in adozione
Madre e figlia si incontrano dopo 35 anni

                              le  due protagoniste  


La storia di Kathy Anderson commuove gli Stati Uniti.
Quando aveva solo 15 anni era stata stuprata da un amico di famiglia. Una violenza in seguito alla quale era rimasta incinta. Non volendo abortire, decise dunque di dare in adozione la bimba che portava in grembo. Dopo 35 anni, ha potuto riabbracciarla. Commuove gli Stati Uniti la storia di Kathy Anderson, che oggi ha 50 anni e si è rifatta una vita in Texas, sposandosi e mettendo al mondo altre due figlie. "Per anni mi sono domandata che fine avesse fatto quella bimba, che avevo deciso di chiamare come me e che avevo dato alla luce in segreto, anche all'insaputa dei miei genitori, cui non ero riuscita a confessare la violenza che avevo subito". E piano piano la curiosità si è trasformata in una sorta di bisogno, di rincontrare quella piccola creatura da cui era stata costretta a separarsi. Finché un giorno, Kathy si è imbattuta in un sito web, specializzato proprio nel riunire amici e congiunti che la vita ha allontanato. E dopo alcune ricerche i "cacciatori di parenti" sono riusciti a risalire a Kathy junior, residente in Arizona e anch'essa desiderosa da sempre di conoscere chi l'avesse messa al mondo. Mamma e figlia hanno così potuto ritrovarsi. "Abbiamo legato immediatamente – hanno raccontato dopo l'incontro - ed è come se non ci fossimo mai separate. Adesso viviamo assieme e vedo le mie sorelle spesso. È bellissimo. Stiamo cercando di costruire ricordi, di recuperare il tempo perduto".

14.6.09

L'ultima campanella


E siamo giunti alla lettera P. Anzi, alla triade. Quest'anno il miracolo è avvenuto, sono riuscita a spiegare P. P. P. ai miei studenti di quinta. "P" come "Programma", l'eterno incubo degli insegnanti. Stavolta concluso, e abbondantemente. Così la voce leggera, bolognese, sfilata e quasi bianca di Pasolini è risuonata nell'aula "Info 3" dell'Istituto tecnico ***, e la sua sagoma al tempo stesso aguzza e gentile, gli occhi protetti da lenti scure, le guance scavate, quasi erose, da chissà quale tormento adolescenziale o profondo, si è materializzata davanti ai miei alunni, soprattutto alle mie alunne. Le quali, alla visione di Comizi d'amore, non hanno potuto trattenere commenti spontanei, ironici, increduli, a volte impazienti. Come volessero parlare direttamente con lui. Termini come "gallismo" sono ormai decaduti nel vocabolario italiano, ma lo spirito no, quello è rimasto, trucemente amorale e già nebbioso, così immobile nell'Italia dove non si ammetteva il divorzio ma la copertura delle corna sì, e piuttosto che sacrificare la santità della famiglia meglio risolvere il tutto con una coltellata. Uomini del Sud, certo, ma pure signore bene preoccupate solo della forma, che sempre, in questi casi, è sostanza. Donne della Bassa emiliana che per le mie allieve "avranno come minimo sessant'anni" e io a spiegare che, al massimo, saranno state quarantenni. Provenienti da un'epoca di infinita pazienza e parti, ma proprio perché ancestrali, più dirette e immediate, ingenue e perciò indulgenti, dei loro uomini. E molti bambini, bambine anche. Si capiva, ha commentato una ragazza, che "Pier Paolo amava le donne". Era così, amava le donne, e si rivolgeva ai giovani da pari a pari. "Ma anche ai cantanti, ai calciatori?" mi ha domandato un'altra, stupita di vedere l'intellettuale in calzoncini corti nel rettangolo di gioco e alle prese con un imbarazzato Peppino di Capri. Signorine al ballo secondo cui gli "invertiti" da curare "se c'è rimedio, sennò pazienza", e le ragazze in sala che protestavano: "Ma non è mica una malattia!". Ignoravano che molti politici attuali, e la Chiesa, e la pubblicistica corrente, la considerano ancora tale. Peggio: secondo i signori appena citati, la "malattia" è tornata a essere un vizio, come si riteneva nei tempi più bui dell'Inquisizione. Lo ignoravano, i ragazzi; ora però lo sanno. Si regolino di conseguenza...


Così abbiamo potuto riflettere anche su quel pensiero di Moravia: "L'uomo religioso non si scandalizza mai". A differenza degli atei cattolici di ieri e di oggi, nel Paese che allegramente sta rinunciando alla libertà, e che alla croce di Cristo preferisce sempre più quella uncinata.
Questo concetto di "homo religiosus" ha lasciato i miei studenti un po' impicciati. Meno male. Affronteranno l'esame e si butteranno nella vita, combattere apertamente il sistema gli riuscirà estremamente arduo, di fatto impossibile, e molti di loro non ci proveranno nemmeno. L'unica speranza, lontana, flebile, fumigante, è aver consegnato almeno l'idea d'una realtà meno prevedibile, se non addirittura parallela, con cui il sistema non può né deve andar d'accordo; e chissà che, dopo la cena assieme, oltre i volti educati, ancora col diritto a un azzurro candore, il ricordo di un anno lontano si riaffacci, di un giorno in cui hanno sentito che "Tonino e Graziella si sposano" , e pensino che l'amore non è crudele sventatezza dei sensi, ma sentimento dolce e rivoluzionario.
In quarta, invece, mi hanno salutato in coro: Nel sole. L'avevamo, o meglio l'avevo, intonata nella gita scolastica a Roma, nel marzo scorso. Sono stata una prof rigorosa, esigente, allegra, canterina e... golosa. Sanno come viziarmi. In fondo, di loro sono anch'io un po' figlia.
Oggi una di loro verrà premiata. Ha vinto un concorso letterario. E' turca. La migliore nella mia materia. Italia multietnica, grazie a Dio.





                                     Daniela Tuscano



11.6.09

Niente crisi per i mercanti di armi

Più 4% nel 2008, più 45% in dieci anni. Un commercio che vede anche l'Italia ai primi posti e a cui ogni cittadino contribuisce con 689 dollari l'anno La crisi economica vi ha colpito pesantemente? Entrate nel business che non conosce stallo: il commercio di armi. Come ogni anno da Stoccolma il Sipri, l'istituto internazionale di ricerca per la pace, la più autorevole fonte internazionale nel campo del monitoraggio sul sistema degli armamenti, ci offre una panoramica su un settore dell'economia internazionale tanto fiorente quanto poco vantato e pubblicizzato, almeno al di fuori delle riviste specializzate. Intanto il dato globale, che è eccellente: nel 2008 le spese militari nel mondo sono cresciute del 4%, raggiungendo 1.464 miliardi di dollari, ovvero oltre 900 miliardi di euro, pari al 2,4% del pil globale e a 217 dollari a persona. E anche se la crisi in realtà, ha un po' inciso anche sui profitti delle aziende che lavorano nel sttore della "difesa", resta la bella sicurezza di operare in un ramo dove nel medio periodo, dieci anni, l'aumento del volume d'affari è stato del 45%. Tanto più che, secondo il Sipri, dal 2002 il valore delle armi è cresciuto del 37%. Come per ogni altro settore industriale ci sono delle eccellenze e delle congiunture particolarmente favorevoli. Ad esempio: «Durante gli otto anni della presidenza di George W. Bush la spesa militare è aumentata a livelli che non si registravano dalla Seconda guerra mondiale: questo periodo ha dato continuità all'industria delle armi, che si era consolidata già nei primi anni Novanta». Gli Usa del resto primeggiano tanto come produttori - il 66% delle industrie di armamenti sono americane - quanto come consumatori, detenendo il primo posto al mondo per le spese militari con 607 miliardi di dollari nel 2008. L'Europa si deve accontentare del 31% della produzione e sente il fiato sul collo di new entry più recenti ma già agguerrite come Russia, Giappone, Israele e India. Fra i mercati emergenti più promettenti spicca la Cina che, sempre nell'anno passato, ha speso 85 miliardi di dollari per la difesa, in un'ascesa apparentemente inarrestabile: più194% nel periodo 1999-2008 . Seguita dalla Francia che, grandeur oblige, ne ha spesi 65 e dalla Russia che ha dedicato al settore 58 miliardi. L'Italia, con i suoi 40 miliardi, che comunque gravano su ogni cittadino italiano nella misura di 689 dollari annui pro capite data la relativa scarsità della popolazione, si colloca solo all'ottavo posto di questa speciale classifica e pesa appena per il 2,8% sulle spese mondiali per la difesa. Però, si sta impegnando per fare di più: il budget militare è aumentato dell’1,8% rispetto al 2007. Un cliente eccezionale - e seguendo le cronache non stupisce più di tanto - è l'Iraq, dove il budget militare è cresciuto del 133% rispetto al 2007. La "guerra al terrore", del resto, è un bel volano. Insieme, le guerre in Afghanistan e in Iraq sono costate agli Stati Uniti 903 miliardi di dollari. Non manca un grido d'allarme. Se, scoraggiate dalla crisi, le nazioni del mondo virassero durante l'anno in corso al pacifismo e riducessero le spese militari per risollevare i bilanci - così pare voglia fare l'Italia, imitata da Lituania, Serbia, Spagna, Svezia e Lettonia - le industrie che producono armi potrebbero affrontare un brusco calo della domanda. Ne resterebbe danneggiato anche il nostro Paese che detiene l'ottavo posto anche come produttore e che ha tra le compagnie di spicco Finmeccanica, al nono posto nella classifica ’Top 100’ dei produttori, con armi vendute per un totale di 9,8 miliardi di dollari e un profitto di 713 milioni di dollari. Ma consola a questo proposito sapere che Cina e Russia hanno triplicato le spese dal 1999 e Corea del Sud, Arabia Saudita e Stati Uniti hanno avuto un aumento del 50%. Segnali incoraggianti anche dall'America Latina dove le spese militari sono aumentate del 50% nell’ultimo decennio, «spinte dalla corsa intrapresa dal Brasile per ottenere lo status di potenza regionale e la scalata delle spese in Colombia legate al suo conflitto». Scriveva Marinetti: Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo.


 

La Stampa.it

8 giugno 2009

6.6.09

Uno spazio per noi donne

Care donne lettrici di Compagni di Viaggio,


se aveste la possibilità di ideare e progettare uno spazio dedicato alla cura, alla tutela, all'assistenza ed all'accoglienza delle donne, nella vostra città, nel quartiere in cui vivete, quali elementi e quali prestazioni giudichereste fondamentali, importanti ed idonei per la realizzazione ed il buon funzionamento di questo servizio? Quali sono i problemi e le difficoltà, anche quelle più piccole, semplici e quotidiane, che oggi affliggono noi donne? Che cosa desideriamo, di cosa abbiamo bisogno, e che cosa le istituzioni ed i servizi pubblici e privati sul territorio non sono ancora in grado di offrirci?


MariLouLou, curiosa, spera di ricevere tante risposte, non solo dalle lettrici, e vi augura una buona giornata.


Se volete leggermi, la mia dimora è sita in  http://trattidanima.splinder.com 


 Salut à tout le monde!

11.2.09

Lettera sulla Carità/Agàpe

Grassetti nostri.
 


 


La sera della morte di Eluana, alle ore 21,30 circa suona il mio telefono. Una voce di donna dice: “Ora sarete contenti. L’avete ammazzata. Siete nazisti”. Ho messo giù il telefono, senza proferire parola. Se l’irrazionalità raggiunge simili livelli abissali, svanisce qualunque parola di confronto.
Mi ha addolorato vedere cattolici, uomini e donne, preti e qualche cardinale parlare con sicurezza di “assassinio” e altre nefandezze. Ho visto la scritta su un muro vicino alla clinica che diceva “Beppino boia”. Credo che un cattolico avrebbe dovuto essere legato come ad una roccia solida alla Parola: Non giudicate e non sarete giudicati; con il giudizio con cui giudicate sarete giudicati; e con la misura con cui misurate vi sarà misurato (cf Mt 7,1-2). Avrei voluto ascoltare parole come: «Tu sei un Dio pronto a perdonare, misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e non li hai abbandonati» (Ne 9,17). Come si concilia l’urlo di «assassino» con il rosario in mano o la croce sbandierata come una spada di morte? Ho visto l’assalto all’ambulanza con la stessa atroce violenza di chi voleva linciare lo stupratore catturato. Ho visto e ho chiesto perdono nel mio cuore perché questa non è la mia chiesa, non è la Chiesa di Gesù. E’ solo un branco di animali che sarebbero capaci di uccidere mentre proclamano la sacralità della vita. Il 3° comandamento «Non pronuncerai invano il nome del Signore tuo Dio» (Es 20,7), Dio lo ha pensato apposta per i cattolici, perché sapeva che avrebbero bestemmiato facendo finta di pregare.



I cattolici hanno il diritto di pensare in modo diverso, ma non hanno il diritto di imporsi agli altri, magari con le ingiurie e gli insulti. Quando un cattolico insulta la coscienza di un padre e di una madre che per diciassette anni hanno salito il calvario insieme alla figlia e non sono ricorsi al metodo dei farisei, ma si sono rivolti allo Stato e alla Magistratura per avere una risposta ad un dramma, non solo sbaglia sempre, ma nega e infanga quel Dio in cui crede di credere. Il peccato di questi lanzichenecchi della religione urlata e violenta non sarà perdonato né in cielo né in terra perché è un peccato contro l’Amore che è lo Spirito Santo. Avrei voluto che i sedicenti cattolici avessero letto le sublimi parole che scrive San Paolo ai cristiani di Corinto:

«1 Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l’Agàpe, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna ... 4 L’Agàpe è paziente, è benigna l’Agàpe; non è invidiosa l’Agàpe, non si vanta, non si gonfia,  8 L’Agàpe non avrà mai fine … 13 Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e l’Agape; ma di tutte più grande è l’Agape!» (1Corinzi 13,1-8).

La stessa lettura attualizzata fino all’estremo teo-cristo-logico, suona così:
1 Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi Cristo, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna ... 4 Cristo è paziente, è benigno Cristo; non è invidioso Cristo, non si vanta, non si gonfia, 5 non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6 non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. 7 Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. 8 Cristo non avrà mai fine…13 Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e Cristo; ma di tutte più grande è Cristo!

Noi sappiamo purtroppo che i cattolici hanno tanto rispetto per la Bibbia che non la leggono nemmeno e le loro sguaiate dimostrazioni violente e le loro grida per strada ne sono la prova. No! Essi non rappresentano Gesù Cristo e tanto meno Dio perché Dio per fortuna nostra non è cattolico, praticante e osservante, ma è il Padre di Gesù Cristo che svela la sua tenerezza perché «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui (Gv 3,17). Avrei voluto che i cattolici fossero andati per strada e avessero gridato a squarciagola: Beppino, Sati ed Eluana Englaro, venite da noi, voi che siete stanchi e oppressi, ed noi vi daremo ristoro (cf Mt 11,28). Hanno invece fatto come i farisei e gli scribi che «legano fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito» (Mt 23,4).


Dov’erano questi cattolici che amano la vita ad ogni costo, in tutti questi 17 anni? Uno di loro è mai andato a fare una notte di assistenza, un’ora di compagnia, mezz’ora di aiuto? Si sono svegliati all’improvviso, al suono delle trombe e dei tromboni con candele, bottiglie e cibo come se andassero ad un pic-nic fuori porta. Dio ci scampi da codesto modo di cattolici. Ancora una volta, molti hanno perso l’occasione propizia per tacere.

Io non so che cosa avrei fatto nelle condizioni date in cui si è trovato papà Beppino, io so che ho invocato la morte per mia mamma e la invocherei anche oggi e forse mi spingerei anche più in là. Non so, ho poche certezze e molti dubbi. So però anche che lo Stato deve tutelare il diritto di ciascuno di agire e scegliere secondo coscienza, senza aggravi particolari. Paolo VI nel 1970 scrisse una lettera al card. Jean Marie Villot in cui afferma: «Pur escludendosi l’eutanasia, ciò non significa obbligare il medico a utilizzare tutte le tecniche di sopravvivenza che gli offre una scienza infaticabilmente creatrice. In tali casi non sarebbe una tortura inutile imporre la rianimazione vegetativa, nell’ ultima fase di una malattia incurabile? Il dovere del medico consiste piuttosto nell’adoperarsi a calmare le sofferenze, invece di prolungare più a lungo possibile, e con qualunque mezzo e a qualunque condizione, una vita che non è più pienamente umana e che va verso la conclusione».
Di fronte a queste parole, che provengono da un papa – e che papa! – vorremo che i nostri parlamentari avessero, tutti, un sussulto di orgoglio nazionale e proclamassero, magari con decreto approvato «ad horas» di essere figli e custodi della laicità dello Stato, la stessa non un’altra che è custodita dalla nostra Costituzione che garantisce a ciascuno la libertà di coscienza, senza imporre etiche proprie, purché non lesive delle libertà degli altri, in una visione unitaria e molteplice della convivenza e della dignità della polis civile. A tutti un grande abbraccio.


 

 

("Repubblica sez. Genova", Paolo Farinella, prete)

7.1.09

Gorla e Gaza, il fattore

"E' come a Gorla, è come a Gorla". Se fosse ancora viva, mia nonna commenterebbe con queste parole il raid di ieri sera, costato la vita a una quarantina di bambini e donne sfollati in una scuola dell'Onu. A Gorla nell'ottobre 1944, vent'anni esatti prima della mia nascita, si consumò una delle pagine più nere della storia di Milano in guerra: un bombardiere statunitense colpì in pieno giorno una scuola, scambiata per uno stabilimento industriale, uccidendo duecento fra alunni e insegnanti [nella foto in basso, il monumento commemorativo]. Ieri a Gaza si è ripetuta Gorla, si è ripresentato il fattore "G": vale a dire "giovani".

Ma "G" è anche l'iniziale di "guerra". Come se la più radicale nemica dei giovani provasse un perverso piacere a passeggiar loro accanto, sfiorandoli con la sua ombra fredda e, ogni tanto (ma sempre troppo spesso), ghermendoli. La guerra nasce vecchia, perché ricorda a tutti noi la remota parentela con la scimmia assassina. E' la bestiale decrepitezza che sfida il germogliare delle generazioni. Giovani, guerra, generazioni, germogli: quante vicinanze e quanti contrasti in questi termini, posati lì, l'uno accanto all'altro, a significare lo sbilanciamento dei nostri cuori su rupi di fiori o d'abissi.

I fascisti specularono sulla strage di Gorla cercando di dimostrare alla popolazione atterrita il vero volto dei "liberatori". Allo stesso modo, i soldati israeliani che hanno raso al suolo la scuola internazionale protestano la loro buona fede accusando i terroristi di Hamas i quali, a loro volta, gettano urla di sdegno, anche se sono i primi a insegnare ai loro figli quanto è bello immolarsi per la patria facendosi saltare col tritolo.

"G" come "grandi". Quando i padri tradiscono i figli, non oso pensare cosa diventeranno quei figli, dovessero scampare alla furia dei vecchi. Niente di peggio dei vecchi folli, la generazione che divora sé stessa.





                                        Daniela Tuscano

 



 

30.12.08

L'ultima dell'anno

 








Gerusalemme: il Monte degli Ulivi e la Valle di Giòsafat.

 

 

Senza il Gruppo Emmanuele non avrei mai visitato la Terra Santa: Israele. Se lo sapesse, papa Benedetto potrebbe accusare un colpo fatale. Lo vedremmo aggirarsi smarrito nei sacri palazzi, con lo sguardo sbilanciato e roteante di chi avverte sgretolarsi il suo mondo cristallino. Degli omosessuali credenti e, per di più, in pellegrinaggio:  il concretarsi, per lui, d'un mondo rovesciato, forse dell'Apocalisse prossima ventura. E io, al loro fianco, ancor più inspiegabile! Ma lo lascerei volentieri ai suoi impolverati fantasmi di eugenica spirituale. Gesù era il rifiutato e tra i suoi avi contava prostitute, trafficoni, in altre parole tipi sghembi. Il mito della "purezza" non è cristiano nella sua origine. Ma l'angolo di Dio è anche l'angolo più pagano.


  Presso il Muro della Spianata del Tempio, conosciuto come Muro del Pianto.


 

Assieme ai miei amici ho ripercorso, durante i mesi estivi, le tappe del cammino terreno di Cristo. I pellegrini sono rispettati dai tempi delle Crociate, ma in ogni sasso intriso, Hanif Kureishi avrebbe scritto sodomizzato" dalla religione, traspira non l'aura mistica del cielo, ma quella più carnale e smodata d'un doloroso e irrefrenabile odio. Per gli israeliani di religione ebraica, non eravamo che dei goìm: invisibili, eppure controllati - e non amati. I palestinesi, nel calore essudato e placato da inebrianti spremute di melograno, riempivano l'aria immota della loro allegra e vitale comunicativa, partenopei sotto un cielo orientale. Ma le loro abitazioni sono inghiottite in un pietrame aguzzo, senza nessuna speranza, dove l'umanità langue e il suicidio per Dio resta l'unica speranza di sentirsi vivi e non granuli d'anonima rena.
E la strana e ridotta schiera dei cristiani d'Israele, taciti, etiopi, biondi e mori, solitari, dove la sobrietà s'inerpicava nella tristezza dell'impotenza senza fine, come mi confidò Robert, orefice a Betlemme: "Qui si respira una tensione inestinguibile, e noi siamo soli e dimenticati. L'Europa non pensa a noi". Stranieri più di altri, nomadi dello spirito. Tutto come oggi, come allora.


       Una miserrima abitazione al confine coi Territori occupati: intorno, il nulla.

Il Muro impropriamente detto del Pianto - dove non si piange, si medita, dove dicono che gli uomini cullino la Bibbia come un fantolino e prorompano di lodi improvvise e sovrane; lo dicono, perché io, donna, ero relegata con le mie congeneri in un altro lato, il più angusto e ristretto, e qualcosa forse ci accomunava, reiette come siamo in ogni contrada - il Muro del Pianto (Muro della Spianata del Tempio) mi attirava inesorabilmente, ha spinto le mie mani dentro quelle rughe a forma di fessura, e non ho potuto che ricordare il salmo... che non nomino, perché non devo, non posso, non voglio. Se si tratta d'un dialogo con Dio, dev'essere unico e indivisibile: come durante l'agonia, quando tutto il resto viene cancellato.



"E' un Dio che è morto", del resto: proprio lì, nella sua culla. Vi muore ogni volta che si uccide e si crea una religione, vi muore quando un bisogno umano si sostituisce a lui, e suscita altre vittime.
Vi muore in questi giorni, e per quella madre che ha perso sei figlie, e che disperata accusa "Morisse un bimbo israeliano il mondo proverebbe un sussulto di sde-gno, ma per noi non accade nulla" nessuna parola potrà mai cancellare la potenza veridica e accusatoria di quelle parole. Non si tratta del bambino di gesso (D. Maria Turoldo) dei nostri statici presepi, decorati con neve di cotone, nemmeno immaginata, se non come impalpabile manna, negli stretti uadi della reale e aspra terra del redentore inosservato. Vi muore attraverso una croce, un cratere di razzi, un filo spinato, accanto agli inestinguibili sensi di colpa degli europei, alle fole sulla democrazia esportabile, ai tatticismi vani e inconsistenti. Vi muore per attestare al mondo che lì, in quel fazzoletto sperduto di polvere, in ogni angolo, è tuttavia presente, ma sta a noi, e solo a noi, farlo risorgere. Perché questo è il compito di Dio, e di qui passa, volente o nolente, la nostra dannata redenzione.






    Dopo i bombardamenti a Gaza: immagini che i mezzi di comunicazione non pubblicano.














 



 








30.11.08

Il cerchio si chiude

L'alfa: quella foto pubblicata su un importante quotidiano, dove un terrorista al massimo sedicenne, dai tratti dolci, bellissimi e sensuali, avvolge una turista bionda con braccia esili e languide, simili a serti floreali. Sembra sul punto di baciarla, china verso di lei la testa in un tenero abbandono. Solo che, nelle mani, stringe un mitra.


L'omega: un altro viso bellissimo, ancor più bello perché del tutto inconsapevole: di quello smarrimento innocente e casuale, di creatura piovuta dal cielo a contemplare l'assurdità del mondo: Clarice Lattanzi in braccio al padre. Forse più vacuo, smarrito, balbettante di lei. Lui uomo grande, elementare, affaticato. Già conscio del male che lo circonda.


Intorno: corpi straziati d'un Paese ricco di storia, umanità, fede, pace e sofferenza. "Agli occhi dei terroristi la mia città deve essere apparsa amante dei piaceri, sensuale, peccaminosa. Per questo l'hanno colpita con tanta rabbia", commenta Suketu Mehta, scrittore di Mumbai. Ha ragione. Il dolore dei parenti, e il sonno eterno delle vittime, pur nell'atrocità conserva sempre un che di temperato, evanescente, carnale. Dolcemente umano, troppo umano.


Quella troppa umanità, dolcezza, piacere, quella loro storia che, d'altronde, li può e li deve salvare. Perché radice della vita e della cultura. La vita vera è lieve, gioiosa, piacente e piacevole, scintillante ed eterna. L'esatto contrario della meccanicità letale dei terroristi. Costoro non amano nulla. E sono figli incancreniti proprio di quel materialismo senza speranza che a parole dicono di combattere. Evocano la morte, ma non credono in alcun aldilà. La morte è il loro unico scopo, come già avevo spiegato in una mia precedente analisi sul fondamentalismo.


I media: hanno strombazzato, con irripetibile impudenza, “finito l’incubo”. Di fronte a 195 persone sterminate! Con gli ostaggi italiani liberati (benissimo!), ma con quelli ebrei che ostaggi non sono stati mai: poiché eliminati subito, al Centro Chabad. Fra loro, il ventinovenne rabbino con la moglie. L'antisemitismo e l'odio contro Israele - annota il sito Amici d'Israele - non prevedono ostaggi. Finito l'incubo?...


Precedentemente: un tracotante messaggio di az-Zawahiri - il n° 2 di al Qaida, che, turbante in capo e mitra di fianco, sfoggia altezzoso il bernoccolo del credente (l'esatto contrario di come dovrebbe comportarsi un autentico fedele) -, con insulti razzisti al neopresidente americano Barack Obama. Gli aveva contrapposto Malcolm X, a suo dire un vero musulmano, non un "rinnegato" come Barack Hussein, che addirittura s'inginocchia davanti al Muro del Pianto assieme agli odiati "sionisti"!


Naturalmente Zawahiri sa bene che la conversione di Malcolm all'Islam aveva motivazioni storico-sociali tutt'affatto diverse, e addirittura opposte, a quelle dei fondamentalisti, che se vivesse oggi X sarebbe fieramente avverso, anzi decisamente nemico, delle teste di legno che giocano al terrore mietendo vittime innocenti, che l'obiettivo del pugnace e controverso attivista era la giustizia universale, non il predominio d'un popolo, d'una razza o d'una fede religiosa su tutti gli altri. Nello storico discorso del 21 maggio 1964 egli aveva proclamato: "I diritti umani sono qualcosa che avete dalla nascita. I diritti umani vi sono dati da Dio. I diritti umani sono quelli che tutte le nazioni della Terra riconoscono. In passato, è vero, ho condannato in modo generale tutti i bianchi. Non sarò mai più colpevole di questo errore; perché adesso so che alcuni bianchi sono davvero sinceri, che alcuni sono davvero capaci di essere fraterni con un nero. Il vero Islam mi ha mostrato che una condanna di tutti i bianchi è tanto sbagliata quanto la condanna di tutti i neri da parte dei bianchi.
Da quando alla Mecca ho trovato la verità, ho accolto fra i miei più cari amici uomini di tutti i tipi - cristiani, ebrei, buddhisti, indù, agnostici, e persino atei! Ho amici che si chiamano capitalisti, socialisti, e comunisti! Alcuni sono moderati, conservatori, estremisti - alcuni sono addirittura degli 'Zio Tom'! Oggi i miei amici sono neri, marroni, rossi, gialli e bianchi!"
.


Non occorre un genio per capire quanto quest'idea d'Islam, ma semplicemente di società, strida coi "valori" propugnati da uomini mendaci e malvagi come Zawahiri e la sua banda. E non è forse ozioso ricordare che Malcolm venne assassinato proprio dagli adepti della "Nazione dell'Islam" in probabile combutta con l'Fbi. Due nemici all'apparenza irriducibili, ma accomunati dalla volontà di distruggere ogni tentativo di riconciliazione e di pace.


Perché questa digressione? Perché ritengo esista un legame fra la strage indiana e il minaccioso proclama di al Qaida. Perché è ora di uscire dal sonno dell'inesistente scontro di civiltà, in cui si culla con sapida voluttà l'onorevole Pera. Perché bisogna rendersi conto che la religione non c'entra un fico secco. Perché, d'altra parte, i terzomondisti salottieri comprendano che in ogni parte del pianeta, e non solo alla Casa Bianca, si trovano delinquenti e impostori. Chi alimenta il terrorismo non è un valido interlocutore. Si nutre di disperazione, ignoranza - soprattutto -, ingiustizia e follia, ma non rappresenta né il popolo, né i suoi ideali.


La strategia è proprio destabilizzare, continuare la guerra. Perché solo la guerra motiva la loro esistenza e impingua le loro già doviziose tasche. Hanno colpito l'India, prima con le ignorate violenze anticristiane, ora col simbolico attacco al Taj Mahal. Cercheranno poi di costringere Obama a reagire, per dimostrare poi che tra lui e Bush non esiste alcuna differenza. Nel frattempo i fagocitatori di folle, i teorizzatori dello scontro etnoreligioso, gl'interventisti della "sola igiene del mondo" faranno la loro parte su giornali e tv. E i farabutti d'ogni bandiera imbandiranno i loro ricchi tavoli coi nostri soldi e col nostro sangue.


Non lasciamoci fregare un'altra volta.


Daniela Tuscano






29.11.08

Né pane, né rose

Me ne dolgo, ma non c'è più gioia, non più trasporto né speranza in me per la Giornata della Colletta Alimentare.

Sfileremo, oggi, per la nostra "buona azione annuale". Molti di noi con la morte nel cuore, in verità, perché prevedono che saranno i prossimi beneficiari di quella colletta. Sfileremo davanti a supermercati che, per gli altri 364 giorni dell'anno, mantengono in vita un sistema che non solo ha prodotto, ma considera strutturale la povertà. Come ha acutamente osservato Giorgio Cremaschi, la povertà è indispensabile per il capitale e, paradossalmente, lo arricchisce e l'ingrassa.
La locandina della colletta. Qui si può scaricare l' elenco dei supermercati che partecipano all'iniziativa.




Non c'è gioia, nella nostra carità dalle spalle curve, che s'appresta a diventare essa stessa scarto. Come afferma non casualmente Brunetta il luminare, citando a sproposito ma con cinica ferocia Manzoni: "La crisi è, come la peste, una scopa". Vale a dire, secondo lui, che spazzerà via molti di noi, lazzaroni, fannulloni, sinistrorsi, disfattisti e chi più ne ha, più ne metta. Abbiamo ancora una colpa: quella di non voler morire, di non toglierci di mezzo. Cosa aspettiamo?

Non c'è gioia. Non c'è gioia nel contemplare con occhi sfatati il collasso d'un mondo che ha prodotto ricchezza effimera ed egoista in una sola parte, e piccola, del pianeta. Non c'è gioia, perché non esiste giustizia. E la carità senza giustizia è paternalismo peloso, che genera soltanto tedio, strazio, raccapriccio.

E non avremo nemmeno più il diritto di lamentarci. Stanno mettendo il bavaglio a tutto, e ci riusciranno. Perdonatemi. Non riesco a proseguire. E non so per quanto tempo ancora potrò scrivere su questo blog.


 


 


 

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...