Lorenzo è triestino e figlio di un esule istriano. Dal ramo materno è di ascendenza slovena. Quindo una testimonianza non tacciabile nè di revisionismo \ negazionismo nè di pseudo memoria condivisa ne pqanzane storiche spacciate per vere e diventate architrave della giornata del 10 febbraio
Infatti in un altro mio post : << red land - rosso d'istria censura \ boicottaggio o pessima distribuzione ? vittimismo o incapacità d'agire ? >>di qualche tempo fa i cui parlavo e mi promettevo per vedere il film in questione per verificare ( in argomenti cosi divisori sono come san tommaso cioè fin che non vedo non credo ) ciò che viene detto da sinistra sul film red Land rosso d'Istria , ha creato un scambio a tratti anche duro sia via email sia in chat e forum tra : 1) i sostenitori della celebrazione vittimistica propagandistica /nazionalistica 2 ) quelli che definiscono le foibe una montatura
ed io che faccio da parafulmine tra le due teorie visto che non non patteggio per nessuna delle due correnti . Infatti vengo accusato da una parte d'essere fascista e revisionista solo perché concordo ( una delle poche cose che ha detto di giusto ) con Bertinotti quando
[---- ]il 13 dicembre 2003, aveva rianalizzato il tema della foibe in un convegno in cui aveva destato scalpore[70] l'intervento di Bertinotti che, dopo aver ribadito i valori dell'antifascismo e della Resistenza, aveva affermato che "Le Foibe sono state un fenomeno drammatico che ha investito la Venezia Giulia nella transizione tra guerra e dopo guerra e che ha una specificità insieme politica e etnica" e per le foibe si sentiva vicino al pensiero di Jean Paul Sartre sulla lotta al colonialismo "secondo cui il colono non può esistere, non può ricostruire la sua identità se non con la uccisione del colonizzatore. E si parla proprio di uccisione, dell'omicidio per costruire su quello l'esistenza dell'oppresso" e Bertinotti aggiungeva "accanto a questo furore popolare non riesco a non vedere anche una volontà politica organizzata, legata ad una storica idea di conquista del potere, di costruzione dello Stato attraverso l'annientamento dei nemici"[71]. Tale discorso venne definito come una "condanna senza appello" delle foibe[72], e causò delle feroci critiche da parte della sinistra radicale, che lo accusò di "sposare le tesi dei fascisti sulle foibe e [di] attaccare la Resistenza e i partigiani"[73]. [----]
Ed perché parlando a 360 gradi della tragedia delle foibe e del confine orientale concordo e non biasimo dico che la storica margherita sulas che << Foibe: i vincitori scrivono la storia, per il sangue dei vinti non c’è spazio >> e dall'altra ( vedi punto 1 ) e d'essere giustificazionista in quanto descrivo ciò che è successo prima ed affermo che l'origine delle prime foibe è dovuta ad una reazione alle violenze e brutalità fasciste e poi naziste e d allo steso tempo fra il 1945\53 furono usate e cavalcate da Tito . In realtà faccio riferimento al fascismo non per giustificare perché certe azioni non si possono giustificare , ma per inquadrarle storicamente ( cosa che nelle celebrazioni raramente viene fatta si predilige parlare delle barbarie e quelle comuniste ) . In realtà le cause degli eccidi sono , molto più complesse rispetto a queste semplificazioni che vengono fatte da entrambe le parti .
Dopo questa introduzione ed invito a leggere o rileggere ai miei post degli anni scorsi in particolare questi
Veniamo al post vero e proprio è smontiamo il mito del silenzio sulle foibe
Come dicono i significati sotto riportati della parola silenzio [si-lèn-zio]
1 Condizione ambientale caratterizzata da una completa assenza di suoni, rumori, voci: in sala ci fu un s. perfetto, assoluto|| estens. Condizione caratterizzata dalla presenza di suoni e rumori sommessi, gradevoli, riposanti: il s. della montagna infonde un senso di pace; mi piace il s. di questi paesini|| Silenzio di tomba, totale2 Lo stare zitti, il sospendere l'azione del parlare: fate s.!; stare, rimanere in s.; chiedere, imporre, ottenere il s.|| Ridurre al silenzio, fare tacere chi parla rispondendo alle sue argomentazioni in modo che non possa più controbattere; fig. ucciderlo; di postazioni militari, distruggerle3 Il non parlare di un determinato argomento: ti raccomando il s. sulla mia partenza|| Il non dare notizie di sé: non capisco il tuo s., scrivimi4 estens. Oblio, dimenticanza, rimozione: un avvenimento caduto nel s.|| Passare qualcosa sotto silenzio, non farla notare, non renderla pubblica|| Vivere nel silenzio, nell'anonimato
non è mai esistito un silenzio completo su tali vicende come testimonia la storia del viaggio dall'Europa alle America del sud di Rodolfo De Gasperi, fra tra l’indifferenza angloamericana e il sarcasmo della radio jugoslava >> ma accolti da Peron da me precedente riportata in queste pagine
Ora Dipende se s'intende silenzio su i libri di scuola si fino agli anni all'istituzione del giorno del ricordo si c'è stato . Se s'intende a discussioni No non ci fu un silenzio vero e proprio in quanto la questione foibe ed esodo fu relegata solo al dibattito ideologico e poi da studi di specialisti .
Infatti nell'immediato dopoguerra le stragi delle foibe hanno avuto un profondo impatto sull'opinione pubblica italiana. Da qui nacque l'esigenza di interpretare l'accaduto, esigenza che fu giocoforza influenzata dal pesante clima politico dell'epoca. Per questo presero piede due versioni, contrastanti e contrapposte, l'una espressione del "sentire" jugoslavo e comunista, l'altra anticomunista, antijugoslava e rappresentante il sentimento italiano relativo a tali vicende. Negli anni cinquanta, a causa delle tensioni dovute alla questione triestina, tali versioni si consolidarono presso le forze politiche e la pubblica opinione, fino a diventare una sorta di "verità acquisita". Sono queste le tesi "militanti", ossia finalizzate a mettere polemicamente in crisi l'avversario politico.
Infatti nell'immediato dopoguerra le stragi delle foibe hanno avuto un profondo impatto sull'opinione pubblica italiana. Da qui nacque l'esigenza di interpretare l'accaduto, esigenza che fu giocoforza influenzata dal pesante clima politico dell'epoca. Per questo presero piede due versioni, contrastanti e contrapposte, l'una espressione del "sentire" jugoslavo e comunista, l'altra anticomunista, antijugoslava e rappresentante il sentimento italiano relativo a tali vicende. Negli anni cinquanta, a causa delle tensioni dovute alla questione triestina, tali versioni si consolidarono presso le forze politiche e la pubblica opinione, fino a diventare una sorta di "verità acquisita". Sono queste le tesi "militanti", ossia finalizzate a mettere polemicamente in crisi l'avversario politico.
Tali tesi hanno conservato ( e continuano a conservare ancora oggi ) a lungo una grande influenza sull'opinione pubblica, dovuta assai più alle loro implicazioni politiche, che non alla loro correttezza storica. Malgrado la loro infondatezza sia ormai stata dimostrata, hanno mantenuto una forte diffusione fino ai giorni nostri, in quanto «si prestano ad un uso politico che non è mai venuto a meno, mentre le semplificazioni, spesso assai grevi, di cui sono intessute, ne favoriscono l'utilizzo da parte dei mezzi di comunicazione »
Le prime tesi sono quelle negazioniste, volte a negare un qualsivoglia eccidio da parte Jugoslava, che la ricerca storica ha più tardi dimostrato essere «del tutto prive di senso». Ipotesi di questo tipo sono state dominanti nella storiografia della Jugoslavia comunista, dove erano divenute una vera e propria "verità di Stato". Erano basate su quanto affermato, fin dall'immediato dopoguerra, dagli jugoslavi: "da parte del governo jugoslavo non furono effettuati né confische di beni, né deportazioni, né arresti, salvo che […] di persone note come esponenti fascisti di primo piano o criminali di guerra" (9 giugno 1945)
Nasceva così il falso mito della "vendetta contro i fascisti", che viene tuttora perpetuato, in alcuni ambiti, anche in senso riduzionista: non si negano dei massacri ma si tende a ridimensionare il fenomeno.
A destra invece ci fu La tesi del genocidio nazionale
Speculare alla tesi precedente, è la tesi del "genocidio nazionale" degli italiani, secondo cui gli italiani furono perseguitati in quanto tali ("colpevoli solo di essere italiani"), nel tentativo di distruggerne la presenza. Tale tesi, sviluppatasi sulla base della percezione dei protagonisti del tempo, si è andata via via cristallizzando, anche a causa dell'assenza di ricerca storica, divenendo così una convinzione difficile da superare. Anche in questo caso la ricerca storica ne ha rilevato l'inconsistenza, non essendosi mai potuto dimostrare che le stragi avessero come obiettivo una "pulizia etnica" degli italiani.
Ora secondo studi storici il numero delle vittime, pur elevato, è infatti lontano dalla dimensioni di un genocidio; Ma secondo me lo è lo stesso perchè ppolazioni italiane e slava che vivevano li da secoli usate e umiliate ed represse dai regimi fascista prima e poi da quello comunista dopo secodo me è genocidio . inoltre la repressione iugoslava del 1945 ebbe sicuramente finalità intimidatorie nei confronti dell'intera comunità italiana, tuttavia queste sono da collegare non tanto a un progetto di espulsione (che prese effettivamente corpo solo negli anni successivi), quanto alla volontà di far comprendere nel modo più drastico agli italiani, che sarebbero potuti sopravvivere nella nuova Jugoslavia, solo se avessero accettato il nuovo regime, assieme a tutti i suoi obiettivi di ordine politico, nazionale e sociale.
Tale tesi è tuttora popolare nell'ambiente degli esuli e, presentandosi a facili strumentalizzazioni politiche, in talune frange della destra ( e non solo ) italiana. Poi inizio dal dopo guerra fino agli anni 60\70 ci fu un periodo d'oblio salvo le voci dei esuli e della destra ed qualche caso a sinisgtra come il caso Di andrea Scano Infatti : «... va ricordato l'imperdonabile orrore contro l'umanità costituito dalle foibe (...) e va ricordata (...) la "congiura del silenzio", "la fase meno drammatica ma ancor più amara e demoralizzante dell'oblio". Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell'aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali.»
(Discorso del Presidente della repubblica Giorgio Napolitano in occasione della celebrazione del "Giorno del ricordo". Roma, 10 febbraio 2007).
Trascorso il dopoguerra, la vicenda è stata a lungo trascurata per i convergenti interessi di governo e opposizione.
La Dc perché palandone avrebbe indispettito molti ex esponenti del regime fascista riciclatesi in essa e molti criminali delle violenze nei balcani fra il 1940-45 e quindi preferì il silenzio . Ma soprattutto ad imporlo fu gli Usa in quanto la jugoslavia era uno stato cuscinetto , soprattutto dopo che tito aveva rotto con Mosca , fra il blocco dell'ovest filo americano e quello delll'est sovietico
Pci perché all'epoca , caratteristica che durò fino a Berlinguer , era filo sovietico e fra Tito e L'URSS c'erano foti dissidi . Infatti Secondo lo storico Gianni Oliva il silenzio fu causato da tre motivi: prima di tutto vi fu un silenzio internazionale, provocato dalla rottura tra Tito e Stalin avvenuta nel 1948, che spinse tutto il blocco occidentale a stabilire rapporti meno tesi con la Jugoslavia, in funzione antisovietica (si era agli inizi della guerra fredda). Vi furono anche cause politiche , dal momento che il PCI non aveva interesse a evidenziare le proprie contraddizioni sulla vicenda e le proprie subordinazioni alla volontà del comunismo internazionale, e volevo a evitare casi come quello del comunista partigiano Andrea Scano Vi fu infine un silenzio da parte dello Stato Italiano, che non voleva più prendere in considerazione le questioni relative alla sconfitta nella seconda guerra mondiale, considerato che a partire dagli anni sessanta i rapporti fra Jugoslavia e Italia si erano normalizzati.
La memoria degli avvenimenti rimase per lo più ristretta nell'ambito degli esuli, di qualche intellettuale anticonformista e di commemorazioni locali. Solo una parte della destra cioè il movimento sociale erede del partito fascista ha sostenuto le ragioni delle vittime, sia pure strumentalizzandole in funzione anticomunista ed esagerando il loro numero.
Il primo tentativo di rompere questo clima avvenne Il 24 aprile 1975, Giovanni Leone, allora presidente delle Repubblica Italiana, partecipò alle celebrazioni per il tentennale della Liberazione di Trieste alla Risiera di San Sabba e il giorno seguente presso la foiba di Basovizza, deponendo una corona di alloro: questo gesto provocò a distanza di poche ore una forte nota di protesta jugoslava tramite l'agenzia di stampa Tanjug e la corona venne rubata e bruciata.Ma fu solo di un debole tentativo perchè si continuo come in precedenza anche se Ciò non toglie che in opere storiche purtroppo ancora per specialsti e d appassionati l'argomento fosse dibattuto: ad esempio nel 1980, Arrigo Petacco, noto giornalista e saggista, illustrò la tragica realtà di questo massacro. Il suo racconto, pur all'interno di un'opera più ampia e con molte incertezze, prudenze e omissioni, offriva un quadro sufficientemente completo, senza sottovalutare entità e ferocia delle stragi.
Ci fu un altro se pur debole Nel 1982 Giovanni Spadolini, allora Presidente del Consiglio dei ministri, dichiarò le foibe di Basovizza e di Monrupino, ossia le uniche due foibe ove avvennero uccisioni esistenti nel territorio della Repubblica Italiana, monumenti di interesse nazionale; nel 2004 entrambi i luoghi divennero monumento nazionale.
Poi pian pian a partire dagli anni '60 si tento d'uscire da studi che vedevano in esse solo reponsabilità comuniste e ad fare 'analisi delle responsabilità fasciste . Infatti da questo periodo e dai primi anni settanta vi furono i primi studi storici sugli eccidi da parte dell'INSMLI, con contributi di Galliano Fogar, Giovanni Miccoli e Teodoro Sala. Le tesi elaborate sono sicuramente più plausibili rispetto alle sopra citate "tesi militanti" e hanno consentito di collocare gli eccidi del 1943 e del 1945 all'interno del periodo iniziato nei primi anni venti con la politica di italianizzazione fascista nei confronti degli allogeni, con le relative oppressioni e violenze, proseguita con l'aggressione italiana contro la Jugoslavia e culminata con la brutale repressione della resistenza jugoslava.
In quest'ottica, apparve logico considerare le stragi come un fenomeno di reazione largamente spontaneo: una sorta di brutale e spesso indiscriminata resa dei conti in reazione alle angherie subite. Tuttavia questa valutazione trascurava un aspetto fondamentale, ossia la premeditazione esistente nella repressione avviata dalle autorità jugoslave e dovuta non tanto a una volontà "barbarica" di sterminio degli italiani, quanto a una ponderata strategia di eliminazione del dissenso, in perfetto stile stalinista. Tali studi hanno comunque avuto il merito di addivenire a una prima storicizzazione del fenomeno, con l'individuazione delle responsabilità del fascismo nello scoppio della crisi che travolse l'italianità della Venezia Giulia e della Dalmazia.Poi A partire dalla fine degli anni ottanta una serie di studi ad opera di Elio Apih, Raoul Pupo e Roberto Spazzali, hanno evidenziato il nesso tra gli eccidi del 1945 e le stragi jugoslave, ossia quell'insieme di eccidi che hanno ovunque marcato la presa del potere in Jugoslavia, da parte di un movimento rivoluzionario a guida comunista, protagonista di una guerra che non era solo di liberazione, ma che era anche una feroce guerra civile, diretta all'eliminazione fisica degli avversari e che si trascinò, in termini di scontri armati e stragi, fino al 1946.
Pertanto l'ipotesi più plausibile per spiegare gli eccidi delle foibe è stata quella dell'"epurazione preventiva". Tale epurazione nella Venezia Giulia combinava, in modo inscindibile, obiettivi di rivalsa nazionale e di affermazione ideologica, nonché di riscatto sociale, e voleva eliminare tutti i potenziali oppositori (reali o meno) del disegno politico di Tito. Il progetto era contemporaneamente nazionale e ideologico, dal momento che mirava sia all'annessione della Venezia Giulia, sia all'instaurazione di un regime stalinista.
Questa interpretazione dei fatti, non sottovaluta il fondamentale ruolo del nazionalismo sloveno e croato e del loro inserimento nell'ambito della politica di potenza della nuova Jugoslavia e pone al centro dell'attenzione il problema dell'affermazione del comunismo mediante la lotta armata, evidenziando inoltre la differenza fra la resistenza nella Venezia Giulia e quella del resto d'Italia.
Le stragi giuliane del 1945, infatti, non ebbero nulla a che vedere con la Resistenza italiana, non solo perché essa non vi partecipò, ma soprattutto perché i contesti in cui agirono i due movimenti di resistenza furono profondamente diversi. In Italia le zone liberate furono spesso teatro di svariate azioni violente, che segnarono la brutale conclusione di conflitti che si erano aperti fin dai primi anni venti. Tali violenze però, si svolsero al di fuori delle strutture di uno Stato che sarebbe stato, da lì a poco, ricostruito secondo principi democratici e liberali e che non era nemmeno collegabile a nessun disegno politico complessivo, poiché l'ipotesi di una presa del potere rivoluzionaria era stata scartata dal PCI.
Nella Venezia Giulia invece, la violenza di massa costituì uno degli elementi portanti di una rivoluzione vittoriosa che si trasformò gradualmente in un regime stalinista, capace di "convertire in violenza di Stato l'aggressività nazionalisica . poi dagli anni Anni novanta: si ha , anche tra un pubblico di non specialisti , l'emergere del ricordo
Con la fine della guerra fredda, nei primi anni novanta, il tema delle foibe tornò a riscuotere anche l'interesse dei mass media. Anche su iniziativa degli ex comunisti[129], si pose l'attenzione su questi episodi, che iniziarono a essere ufficialmente ricordati.
Nel 2001 viene pubblicata la relazione della "Commissione storico-culturale italo-slovena", incaricata dal Governo italiano e dal Governo sloveno di mettere a punto un'interpretazione condivisa dei rapporti italo-sloveni fra il 1880 e il 1956. Di essa facevano parte i massimi studiosi che, sia in Italia sia in Slovenia, si erano occupati del periodo. Nel rapporto si conclude che «tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra e appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui confluivano diverse spinte: l'impegno a eliminare soggetti e strutture ricollegabili (anche al di là delle responsabilità personali) al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo e allo stato italiano, assieme a un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell'avvento del regime comunista, e dell'annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo. L'impulso primo della repressione partì da un movimento rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo quindi in violenza di Stato l'animosità nazionale e ideologica diffusa nei quadri partigiani.».
Dal 2005, s'ariva a compimento d quel processo iniziato Già nel 1997\8 , con dibattiti e conferenze fra cui quella tra violenat e e fini . Va , inoltre , va notato, Forlì e Loano, furono le prime città italiane a farlo, dedicarono una via ai "Martiri delle Foibe"]. Parecchie altre seguirono in seguito l'esempio. con l'istituzione ogni 10 febbraio de il Giorno del ricordo, solennità dedicata alla commemorazione delle stragi e del successivo esodo. La data ricorda il trattato di Parigi siglato nel 1947, che assegnò alla Jugoslavia la grande maggioranza della Venezia Giulia e la città di Zara.
In tale occasione fu trasmessa da RAI 1 la fiction Il cuore nel pozzo, prodotta dalla RAI e liberamente ispirata alle stragi delle foibe. La trasmissione ebbe una vasta audience, ma suscitò numerose polemiche per la grossolana approssimazione con cui veniva trattato il contesto storico della vicenda.
Ed arriviamo all'oggi .La ricerca storica ha ormai concluso molteplici studi sugli avvenimenti, molte opere divulgative sono, inoltre, state pubblicate. Nell'opinione pubblica, tuttavia, persiste una forte enfasi, di origine ideologica, sulle responsabilità che comunismo e fascismo hanno avuto nelle foibe : questo genera una serie di "tesi militanti" (secondo la definizione degli storici Pupo e Spazzali), di tesi cioè originate in ambiti politici e non supportate da un adeguato lavoro di ricerca storica. Ed un uso strumentale di tali vicende . legato a scambiarsi accuse reciproca sula responsabilità
In particolare, in alcuni ambienti della destra si afferma che le foibe sono state semplicemente un crimine del comunismo (spregiativamente denominato "barbarie slavocomunista"), un genocidio di cittadini inermi che avevano la "sola colpa di essere italiani", in preparazione alla successiva pulizia etnica. D'altra parte, in alcuni ambienti della sinistra, è diffuso un atteggiamento "giustificazionista" e si presentano gli eccidi come una "reazione" alla brutalità fascista. È diffuso, inoltre, un atteggiamento "riduzionista" che contesta il numero delle vittime delle foibe correggendolo al ribasso e che sostiene che gli eccidi abbiano coinvolto essenzialmente esponenti fascisti, sia militari sia civili, responsabili di repressioni e di crimini di guerra italiani in Jugoslavia. Si è già visto precedentemente come le cause degli eccidi siano, in realtà, molto più complesse rispetto a queste semplificazioni.
Quindi evitiamo un uso a senso unico di queste dolorose e tristi vicende . Evitiamo di presentare tale ricorrenza come uno scontro ideologico e mettiamola di ingigantire o sminuire le proprie responsabilità sia dall'una che dall'altra arte ed inquadrate bene le foibe spiegandone la differenza tra quelle avvenute fra il 25 luglio e l'8 settembre fino a 1944\5 e quelle esodo compreso fra 1944\5 fino al 1950 .