A Sofia i manifestanti scendono in piazza contro la nomina di un oligarca a capo della sicurezza nazionale. Dai corteo un unico slogan: “Non sono pagato per manifestare, vi odio gratis”. Nel fanalino di coda dell’Europa, da un mese va avanti una mobilitazione quotidiana dei cittadini. Ma i media mainstream non sono interessati.
Bulgaria protesta
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IL NUOVO VOLTO DELLA PROTESTA – In queste settimane gli occhi del mondo intero sono rimasti fermi, impietriti di fronte alle violente manifestazioni di dissenso che hanno incendiato il mondo arabo. Da Instanbul al Cairo il denominatore comune della protesta è stata la rabbia della piazza nei confronti dei governi nazionali, incapaci di rispondere al bisogno di democrazia rivendicato più volte dall’intera collettività. Ma ad oggi l’epicentro delle contestazioni si sposta più ad Est, precisamente nelle piazze di Sofia, antica capitale della Bulgaria. A distanza di 5 mesi dalle contestazioni di febbraio che avevano coinciso con le dimissioni dell’esecutivo Borisov, centinaia di bulgari sono tornati a manifestare. Da circa un mese e precisamente dal 14 giugno, le proteste vanno avanti initerrottamente.
Bulgaria protesta
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Questa volta, il motore della mobilitazione non risiede soltanto nella comune sfiducia dei cittadini nei confronti della classe politica, ma assume tutte le caratteristiche di unacontestazione a sfondo morale volta a depurare la politica dalla latente piaga della corruzione. Infatti, soprattutto degli ultimi anni, la storia bulgara è stata marcata da una fitta catena di scandali concernenti la collusione di importanti esponenti politici con potenti e ricche famiglie di oligarchi. Ne è un esempio il caso Bulgartbac, società pubblica che gestisce la produzione di tabacco, risalente al 2007 . Secondo il quotidianoDnevnik, l’intera vicenda fu incentrata su una battaglia segreta volta ad ottenere il controllo di circa 60 milioni di euro, che ogni anno senza essere registrati sparivano dalle casse dell’industria del tabacco per arrivare a quelle dei partiti. In quest’occasione, molti tra le file del partito socialista bulgaro tremarono.
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L’UOMO NEL MIRINO DELLA PIAZZA -Ma la ragione più profonda del malcontento dei manifestanti è da ricercarsi nella decisione dell’attuale esecutivo di nominare Delyan Peevsky a capo dell’Agenzia per la sicurezza nazionale, giunta proprio lo scorso 14 giugno, quando i cittadini si sono riuniti di fronte al parlamento. Il buon Peevsky è infatti l’emblema forse più significativo del contaminato sistema politico sopra descritto.
32 Anni, deputato dal 2009 con il DPS, Peevsky è anche il figlio di Irena Krasteva, proprietaria della più grande gruppo mediatico bulgaro. Un personaggio influente in diversi settori della vita del Paese, che non si sa come, o forse si sa, a 21 anni diventò membro del consiglio di amministrazione del porto di Varna, in seguito fu costretto ad abbandonare questa posizione per mancanza di titoli di studio richiesti.
Ma fu nel 2005 che fece il salto di qualità. Dopo essere stato per alcuni anni investigatore venne infatti nominato vice-ministro alle Situazioni di emerenza. Perse la poltrona a causa delle accuse di concussione nel contesto dello scandalo Bulgartabac, ma poi venne assolto per assenza di prove e reintegrato. Insomma tutto normale. Se non fosse che la candidatura a deputato di Peevsky fu preceduta dall’approvazione di una legge d’urgenza che ha riformato radicalmente l’agenzia di sicurezza bulgara DANS, al vertice della quale sarebbe stato destinato Peeevsky. Questa da semplice struttura di analisi dei rischi sarebbe stata infatti investita di poteri di polizia e di indagine. Tutti requisiti, secondo i detrattori, pensati e disegnati appositamente per giovane e influente deputato.
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PASSO FALSO PER IL GOVERNO TECNICO - Il movimento di protesta si chiama “Dance with me”, da ciò l’hashtag #ДАНСwithme: ДАНС è infatti l’acronimo bulgaro di Dipartimento di sicurezza nazionale. La decisione di porre quest’uomo al vertice di un organismo così importante, definita dal leader socialista Stanishev come “una scelta fuori dagli schemi” ha rappresentato l’ennesimo passo falso per il governo tecnico, guidatoPlamen Oresharsky. Il neo-premier, presentatosi ai bulgari come un tecnico, capace di risolvere con austerità e moderazione i più urgenti problemi del Paese, era riuscito a riaccendere la speranza di cambiamento nella cittadinanza. Ma a seguito del caso Peevsky, ogni aspettativa positiva nei suoi confronti è stata stroncata.
Oltre a mettere in serio pericolo la maggioranza risicata di cui gode in Parlamento, il Presidente, per cercare di limitare il danno ha dovuto fare pubblica ammenda di fronte alle piazze gremite di manifestanti furiosi, scusandosi, per quello che lui stesso ha definito un “grave errore”. Ma l’elemento forse più grave per il primo ministro è quello di aver dato l’impressione di aver perso il controllo della situazione e di essere in balia di quegli stessi interessi economici e oligarchici che si era riproposto di arginare.
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LA PROTESTA DIMENTICATA - La Bulgaria, forse uno dei Paesi più arretrati del vecchio blocco socialista si aggiunge a una lunga schiera di nazioni che scendono in piazza per manifestare contro il loro governi. Ma ciò che forse colpisce di più della contestazione bulgara, definita da molti “la protesta dimenticata”, per lo scarso riscontro che ha avuto a livello mediatico, è il carattere o meglio la forte personalità della piazza. La“danza” cominciata dai giovani bulgari che non vedono un futuro davanti a sé sta contagiando tutto il popolo bulgaro. E le ragioni non mancano: la Bulgaria è il Paese con il più basso reddito pro capite della Comunità Europea (400 € al mese) e il costo per l’elettricità è raddoppiato, tanto che gran parte dello stipendio di un cittadino medio è utuilizzato per pagare luce e riscaldamento. A far da contraltare alla miseria dei più è l‘ostentata opulenza di oligarchi e mafiosi, che troppo spesso stanno tra le le fila di Stato, servizi segreti o polizia, come Peevski.
Bulgaria protesta
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Malgrado la corruzione rappresenti il tallone d’Achille e si sia dimostrato impermeabile anche all’ingresso del Paese nell’Unione Europea, i bulgari rifiutano questo sistema. Non guardano a questo al clientelismo consolidato come la norma, non guardano passivamente alla corruzione come risultato del “così fan tutti”, non restano imbambolati di fronte agli scandali che umiliano il loro Paese. Ma al contrario reagiscono. Non si fanno fermare dalla frustrazione del fallimento preannunciato di un governo tecnico e scendono per le strade della Capitale rivendicando un ideale di Nazione giusta, capace di costruire la propria democrazia non sullo spettro del compromesso ma sulla forza della buona politica.
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Giulia Molari