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2.2.16

LI DI LA FUMOSA: TIMPIESI MINORI E MANNI a cura di Anna Demuru parte II

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da  LaBeltula gaddurésa  Aut. Tribunale di Tempio  n°  8/06 del13/01/2006 n 11 febbraio  2016

 
Completiamo il giro della Fumosa, con le visite alle serre di Marcello Scano, che prendono il nome della località. Se Monsignor Meloni potesse rivisitarle, ripeterebbe ciò che tanti anni fa, aveva esclamato: Il piccolo borgo antico, tutto ciò è frutto dell’uomo. Marcello, laureato in Agraria, inizia la sua attività quando, ancora giovanissimo, insegnava estimo, economia contabilità all’Istituto tecnico per Geometri.  Ricorda con piacere quegli anni ed è ricordato dagli ex alunni, che hanno fatto
percorsi di prestigio e da quelli che si sono fatti largo nella vita, con contributi lavorativi nella nostra Città di pietra. Una volta libero dagli impegni scolastici, amante della campagna, decide di dedicarvisi a tempo pieno. Il terreno del padre, adibito all’allevamento del bestiame, era diventato un bosco incolto; era venuto meno chi se ne occupava, Ziu Ghjuanni per limiti d’età (ben 85). Pensò quindi di bonificarlo piantando la parte ancora coltivabile, con fiori da recidere, aumentando la superficie dell’altra (con movimenti di terra mediante scavatori), trasformandola in terrazze dove costruire le prime serre. I lavori ebbero inizio, integrando la produzione con piante in vaso, quindi da frutto, offrendo per queste, la messa in dimora e la consulenza, onde assicurarne un ottimo risultato. Alla Fumosa conosciuta non solo nei dintorni, ma anche nella costa, aggiunse un laghetto artificiale, sfruttando le sorgenti esistenti e le acque piovane, per risolvere, in parte, il problema ricorrente della siccità. Il lavoro affrontato, dovuto all’iniziativa personale “et ovviamente a proprie spese,” postilla già conosciuta da insegnante, il passa parola lo hanno portato ad acquisire una vasta clientela. Marcello si è sempre distinto per la serietà d’intenti, portando avanti le proprie idee, anche nei periodi negativi. L’incendio che devastò Tempio nell’ 83, non risparmiò la Fumosa, radendola al suolo, per arrivare al triste epilogo di Curragghja. La neve

caduta abbondante nell’ 85, ancora una volta ne vanificò il lavoro fatto. Senza guardarsi indietro

, rimboccandosi le maniche, e non in senso metaforico, con coraggio e perseveranza, ricominciò da zero. La moglie Maria Franca, apprezzata insegnante di lettere, lo ha sempre sostenuto ed affiancato nei momenti più difficili. Marco il figlio maggiore, laureatosi in Agraria, ha seguito le orme paterne, specializzandosi nella progettazione di giardini con essenze che richiedono poca acqua, divenendone di valido e competente aiuto. Anche Giuseppe, il figlio minore, una volta laureatosi, è stato coinvolto nell’attività familiare. Le serre sono state ampliate con aggiunta di nuove, in vetro e di plastica, della lunghezza di 60 m.  I locali aperti come punto vendita, in centro, si sono rivelati nel tempo, inadeguati. Dopo aver acquistato l’area di un giardino incolto, si affida all’architetto Maurizio Padovani, nome noto nell’ambiente, anche per l’arredamento del negozio, e ad artigiani galluresi, per la realizzazione. Trasforma cosi la struttura iniziale, in un piccolo paradiso terrestre, che, come si dice in Toscana, entrandovi uno si rifà la vista. Alle vendite, due simpatiche ragazze si propongono in maniera diversa, ma efficace in egual misura e vanno acquistando sicurezza capacità, buon gusto nella confezione dei fiori e nel consigliare gli indecisi, come me! A turno vanno a Sassari, da esperti fiorai, per aggiornarsi. Dotate di buona memoria, conoscono nomi e caratteristiche di ogni singola pianta che è loro affidata. Pur essendo consapevoli, che non è la stagione adatta per visitare le serre, con Sandra, la nostra fotografa, siamo andate alla Fumosa. Ancora una volta ribadiamo: sarebbero molto utili, lezioni dal vivo, durante l’anno scolastico, portando gli alunni a conoscere la produzione dei fiori ed il lavoro in serra. Semenzai, fiori da recidere, piante grasse, ciclamini, piante in fiore e da fiorire, sono divise e ospitate tra le sette case. Gli impianti di irrigazione, diversificati a pioggia, a goccia, a flusso e riflusso, cioè l’acqua viene raccolta e ridata alle piante, che posizionate in enormi banconi, ne trattengono la quantità necessaria, permettendo il recupero di quella in eccesso, per un nuovo giro. Da Marcello Scano è realizzata e controllata con l’aiuto di operai locali, che nel tempo hanno imparato a gestire e ripararli. Le piante da frutto collocate in pastéri manni, sono all’aperto, ed alcune mantengono il frutto dello scorso anno. È’ un salire e scendere dalle varie terrazze: tutte ci
riservano gradite sorprese, apprendiamo cose nuove osservando un limone i cui frutti sono allungati, come un grosso baccello; ne spiccano alcuni a forma di manine aperte, altri divisi in due, uscenti da un solo corpo. Ci viene spiegato che in quelli allungati, la crescita è stata compromessa da un acaro, mentre le manine, sono una mutazione genetica e vengono chiamate chimere. La Fumosa, nel marzo dello scorso anno, è stata visitata dalla botanica Mimma Pallavicini di Gardenia, rivista specializzata nel settore, che ha dedicato un interessante articolo sulla attività dell’azienda di Marcello e figli! Anche i fiori subiscono la moda, fatta eccezione per le rose, da sempre richieste. Attualmente, i gladioli sono stati trapiantati da sterlizie, iris, lilium, girasoli e orchidee nei vasi trasparenti, posizionate in posto caldo e luminoso, ma riparate dal sole, sono generose e rifioriscono ogni anno. Resistono i garofani, tulipani, regina dell’inverno è la viola del pensiero, quella conosciuta come pansé. Le ricorrenze dei Santi e dei Morti, Natale, S. Valentino sono rispettate. Quest’anno le serre saranno predisposte per la coltivazione di diversità disparate, da quelle antiche alle più nuove ed in maggio, l’azienda sarà aperta al pubblico, per una profumata mostra. Mentre Marcello accudisce i visitatori e clienti, noi facciamo un giro libero, come d’uso in ogni gita che si rispetti. Non ci resta che ringraziare il nostro ospite per il tempo che ci ha dedicato, augurandogli un buon lavoro e “Ci rivedremo a maggio con tante rose… Con tante rosette.”     (Foto di Sandra Tamponi)

22.1.16

LI DI LA FUMOSA: TIMPIESI MINORI E MANNI a cura di Anna Demuru parte I

Vogliamo iniziare il 2016 parlandovi di una località di cui tutti conoscono la strada, essendo la più breve per arrivare a Sassari, temuta perché ricca di tornanti che mettono a dura prova gli automobilisti che la percorrono. La segnaletica che porta all’annessa località, situata ai confini con Bortigiadas, è poco visibile. Piu conosciuta quella che indirizza verso le serre di Marcello Scano. Per trovare la Fumosa e poterne apprezzare la bellezza, è opportuno farsi accompagnare da persone che la conoscono bene. Ci siamo pertanto rivolti al dott. Angelo Passaghe, medico veterinario, che ha fatto costruire la sua casa, su uno dei colli che dominano tutto il borgo e la campagna circostante. Di forma esagonale, le ampie finestre fanno da cornice allo scenario che si presenta dall’interno ed illuminano il percorso, per chi di notte, fa rientro a Tempio. Almeno una volta nel corso scolastico, sarebbe doveroso portare gli studenti a visitare il piccolo borgo, nato ai primi dell’800 e tenuto in vita dall’amore e dal sostegno dei suoi abitanti, come si suol dire pochi ma boni . Abbiamo sempre
sostenuto che le migliori guide sono i nativi, che amano la loro terra e la fanno amare ai visitatori. Cosi è stato per noi con il dottore: sentirlo decantare le bellezze del luogo, la pace e serenità che trasmette a chi ancora ci vive, fa bene al cuore. La nostra guida conosce ogni zolla che calpestiamo e si ferma di fronte a tutte le piccole case, per descrivercene gli interni, anche quando sono chiuse. La prima in assoluto che incontriamo è di frati Piga e purtroppo non essendo abitata, all’esterno è stata dipinta con colori attuali, per preservarla, con grande dispiacere del dottore. Quinto di 6 figli, il nome di battesimo è Angelo Sesto, in memoria della primogenita, venuta a mancare prematuramente. Sono rimasti 3 maschi e 3 femmine. La Fumosa qualche anno fà era più conosciuta come strada che come sito, coltivato a grano. Il terreno diviso da un grande masso, delimitava il confine da rispettare nell’alternarsi della semina: nella parte superiore e in quella inferiore. Vista la distanza dal centro più vicino e la mancanza di mezzi di trasporto adeguati, si potrebbe pensare che i genitori avrebbero indirizzato i figli ai lavori di campagna. La madre dei ragazzi volle che studiassero, a costo di grandi sacrifici da parte di tutti. 


La scuola elementare veniva frequentata in loco.  La maestra che veniva da Sassari, signora Vannina, abitava nel piano superiore del palazzetto (le case a 2 piani così erano chiamate) dei genitori del dottore che ne occupavano il piano terra. Sempre nel piano superiore era la stanza adibita alla pluriclasse. Nella casa vicina, che è della sorella del dottore e abita a Tempio, d’estate quando arrivano tutti, viene celebrata una Messa. Ricorda il bambino Angelo che durante la ricreazione la signora Vannina sguinzagliava tutta la scolaresca alla ricerca dei ciclamini e per tenerli più impegnati, raccomandava di trovare quelli bianchi. La sera si coricava presto per potersi alzare di buon ora, poiché anche i più grandicelli dovevano portare le mucche al pascolo, la scuola per loro iniziava alle 10,30. Le visite con i vicini venivano scambiate per parlare dell’andamento della giornata, della crescita del grano, poiché nel 1950 tutto il terreno ne era seminato. In seguito avendo lasciate queste coltivazioni, il bosco se ne
è impadronito. Per San Giovanni finiva la stagione detta pasturigghjà quando il mezzadro e il proprietario, fatti i debiti conti, decidevano di continuare o scindere il contratto. Angelo affronta gli esami di ammissione, allora molto difficili, in seguito gli daranno la possibilità di accedere al prestigioso Liceo Classico di Tempio. Studia sui libri dei fratelli maggiori e la carriera gli fa superare gli ostacoli logistici. Arriva così il momento del richiamo militare e viene mandato a Trieste, dove, in brevissimo tempo, si laurea in veterinaria. Torna a Tempio e al suo rientro trova una situazione favorevole per lavorare. Il giorno dopo il congedo ufficiale, viene chiamato in Comune, poiché il veterinario reggente, che doveva spostarsi fra 5 comuni, non riusciva più a controllare il territorio. All’epoca, i pastori preferivano uccidere gli animali malati, perchè il costo delle vaccinazioni era troppo elevato. Il giovane dovette combattere anche contro questa mentalità, con un opera di convincimento, data la grande passione per la professione scelta e per l’amore che lo lega alla terra, che lo aveva visto nascere. Continua gli aggiornamenti degli studi intrapresi e tutti i convegni nelle varie regioni italiane, lo vedono presente. Collabora con la scuola per spiegare alle giovani leve l’importanza dell’alimentazione, non solo degli animali. Si specializza nella cura sia degli animali piccoli che di quelli selvatici, frequentando ancora le zone di Torino, Trieste, Slovenia. Torna sempre alla Fumosa, dove si stabilizza definitivamente con la famiglia. La moglie, di Ivrea, si adegua volentieri al nuovo modo di vivere e si integra nel posto. Insegnante di inglese nelle scuole superiori, è conosciuta e stimata. Ci racconta che le prime case sono dei fratelli Passaghe e la prima in assoluto
è del ‘700 e appartiene alla famiglia Piga. In un punto della strada, lu Rutulzu, c’è lo spazio dove veniva posizionata la trebbiatrice, visibile dalle case poste sui tre colli che si guardano fra di loro. Veniva, quindi, sventolato un lenzuolo come segnale, ed i carri con il grano, si muovevano dalle loro postazioni per raggiungerlo. Per alcuni, il percorso non era facile, nella zona dove dovevano passare, due grandi massi ne impedivano il libero accesso e le corna dei buoi ne subivano le conseguenze (da qui il nome di Baldiscorre). L‘altra parte è chiamata Monti mancanti, poiché ne manca un pezzo e lì trovano rifugio le lepri. Le case sono in tutto 17, disposte fra l’Agliola Ruia, l’Aldióla, Fumósa e Pàmpana. Ispirandosi al luogo, Fabrizio de Andrè, scrisse Una storia sbagliata. Tutti gli abitanti erano imparentati: ricorrono quasi sempre i cognomi di Passaghe, Piga, Figoni e Deiana, perché i matrimoni avvenivano tra di loro. Il borgo ci ricorda la poesia del Carducci La nebbia agli irti colli piovviginando sale ; le persone che escono sulla porta per salutarci, sono vecchie amicizie conosciute a Tempio, che frequentavano per lavoro, e tutti volevano offrirci da bere. Il tempo che passa sembra non avere per loro importanza. All’interno della casa di Pitreddu, è stato valorizzato un antico arco in granito, ma niente è stato ritorto. Troviamo la madre di alcuni alunni, Antonella con studio a Tempio,
che ci porta a vedere i suoi fiori appartenenti ad una generazione antica, vengono scambiati fra le varie case e piantate per talea, da far sembrare così, un unico percorso. Il dottore ha scelto di costruire la sua abitazione nel punto più alto della zona, ma fa presente che il termometro quando a Tempio segna 10 gradi alla Fumosa arriva a 18 e la neve, che per la strada è già alta, arriva alle case, con notevole ritardo. Il clima è favorevole agli agrumi, poiché è sopra i 400 metri. Il piccolo borgo antico è stato visitato anche dal vescovo Mons. Meloni che esclamò “ Questa civiltà e queste case sono il frutto ed il lavoro dell’uomo ”. Scopriamo piccoli alberi, alti circa un metro e mezzo, che portano ancora alcuni frutti; pere e mele spiccano colorate fra il verde del fogliame. Dei Piga ricordiamo, perché escono a salutarci, Martino, Mario e Piero, poi Battista. Un palazzetto attira la nostra attenzione, perche la ringhiera del terrazzo e ogni cosa di ferro battuto è stata tinteggiata in color glicine.  Ci dicono è stata  comprata e rimessa a nuovo, da una signora inglese. Ricordiamo di averla conosciuta, essendo una delle prime insegnanti private di lingua madre, ad aver iniziato una scuola frequentatissima a Tempio, alla fine degli anni  70. Ci accompagnano nella visita uno dei figli del dottore, Alessandro, allegro e ciarliero, amante della musica, l’ascolta e suona a tutto volume, senza disturbare nessuno. È’ felice di abitare nel borgo!!  Gina Figoni, ricorda come da piccola, veniva mandata alla Fumosa dai nonni e zii, dove ritrovava gli amichetti e la zona ricca di frutti, arance, limoni, ciliegie, bacche selvatiche saporitissime e dalle quali venivano fatte marmellate per i dolci con mandorle e anzi, era per lei, un paradiso. Un grande avvenimento era il momento dell’uccisione del maiale, del quale come sappiamo, non si butta  niente: per questo i salvadanai vengono raffigurati, il più delle volte, con le sembianze di questo animale. L’acqua era sorgiva, raccolta e tenuta nella cagghjina e bevuta da l’uppu. Gli amici della cantoniera, arrivavano per la grande festa e per aiutare come pure, tutti i vicini, al momento opportuno, l’aiuto dato, veniva restituito.  Cassandra Tamponi scatta foto a pieno ritmo, cogliendo i particolari più interessanti come è solita fare. È’ tardi per noi, quando lasciamo i nostri gentili ospiti. Le luci delle case iniziano ad accendersi e girandoci indietro possiamo immaginare e sarebbe bello poter allestire un piccolo presepe fra gli alberi secolari, le stradine che portano al grande masso dentro una stalla. Del resto la parola presepe deriva da stalla, lontano rifugio del bestiame.  La nostra gita è finita.  Ringraziamo il dott. Passaghe, Gina ed Alessandro per averla resa piacevole e con la nostra fotografa, torniamo verso Tempio dove il primo semaforo ci riporta allo scandire del tempo ed alla realtà odierna. ( segue )   ( foto di Cassandra Tamponi )

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...