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1.4.13

Amina internata in manicomio



nn capiscdo perchè i media s'ostinino a parlare di primavera araba e quindi di un cambiamento se ancora succedono fatti del genere



da    http://www.articolo21.org/  del 1\4\2013 

Amina internata in manicomio      di Pino Scaccia  



Ricordate la storia di Amina Tyler, la studentessa tunisina vittima di una fatwa per essersi arruolata nel movimento delle “Femen”? I predicatori musulmani avevano invocato la lapidazione per blasfemia dopo che si era mostrata a seno nudo rivendicando la proprietà del proprio corpo. Per giorni di lei non si è saputo nulla. Ora sappiamo dov’è grazie alle informazioni che ci sono giunte confidenzialmente da Tunisi. Questo è il messaggio: “Amina internata nell’ospedale psichiatrico Razi Mannouba della capitale. Non c’è più il pericolo della lapidazione, ma è stata dichiarata pazza per il gesto inconsulto fatto in Paese islamico. Da paura il metodo che ad oggi adottano: elettro shock. Molti entrano per nulla ed escono folli per la vita. Un medico mio amico sta tentando di saperne di più ma è molto difficile. Peccato davvero. Se ci sono novità, ti faccio sapere”.
Sembra che sia stata la stessa famiglia della ragazza, che ha solo diciannove anni, a consegnarla alla polizia. Scongiurato il rischio della morte, l’attende ora un destino forse ancora peggiore: diventare pazza. E’ la legge scellerata di tutti i regimi. Gli oppositori o comunque i nemici si uccidono oppure si dichiarano folli perché secondo la perversa tesi dell’estremismo da sana non avrebbe mai potuto commettere un atto simile. Sicuramente, più che per la foto, la condanna è arrivata per quello che ha postato su Facebook: “Il mio corpo mi appartiene e non è di nessuno” scritto in arabo sul suo corpo nudo.
Del resto gli Imam salafiti al termine di un processo religioso che in un Paese dove vige la sharia ha tutti i connotati anche legali avevano chiesto nell’ordine: la quarantena (trattandosi a loro dire di una malattia che potrebbe divenire epidemia e quindi potenzialmente coinvolgere altre ragazze), la fustigazione (dieci frustate alla schiena, magari in pubblico, per dare l’esempio) e infine la lapidazione: “finchè morte non sopraggiunga”. Già, una malattia. Il morbo della libertà: pericolosissimo.


forse perchè se prima avvenivano da parte di governi fantoccio messi da noi occidentali \ Usa mentre ora invece avvengono da governi slegati da loro ?

11.10.12

Donna d'ogni tempo




Non solo è bella, ma ha lo sguardo fiero, diretto. Questo la rende al tempo stesso adulta e bambina. Solo i bambini, o i poeti, o gli eroi riescono a levare gli occhi, a snudare l'altrui ipocrisia con la schiettezza inconsapevole e audace delle anime primitive. Lo sguardo dei bambini, dei poeti, degli eroi non ha bisogno di veli. Somiglia molto allo sguardo di Dio, dal quale non si può scappare. Ecco perché i malvagi, i falsi, i violenti non lo sopportano. Lo evitano; e, se non riescono a domarlo, non hanno alcuno scrupolo a farlo tacere per sempre.
Malala Yousafzai ha quattordici anni. Sono tanti, sono pochi? La misurazione del tempo è molto relativa, soprattutto se si tratta di adolescenti. Non bambini ma nemmeno propriamente adulti, considerati impropriamente "terra di mezzo" e invece alla disperata ricerca di un posto per sé nel mondo, gli adolescenti incutono paura a un mondo invecchiato e rigido. Malala, di paura ne infonde tanta. E' pachistana e, dall'età di undici anni, quando si è ancora del tutto bambini, tiene un blog, un semplice blog come fanno altri bambini e adolescenti in ogni parte del mondo. Solo che, dal suo blog, Malala non sfogava frustrazioni da figlia insoddisfatta, non lo riempiva di cuoricini né, come accade ad alcune teenager italiane, aspirava a diventare velina. Malala scriveva altro: "Dateci penne per scrivere, prima che qualcuno metta armi nelle nostre mani"; e protestava perché nella sua provincia certi maschi barbuti, che sotto il pretesto della religione mascherano la propria violenza e ignoranza, aggredivano le ragazze, impedendo loro di frequentare la scuola. Secondo costoro, l'unico compito delle donne è quello di servire il loro padrone, con gli occhi bassi e col silenzio.
"Diffonde idee laiche, ci attacca, è una fan di Obama" gridavano i barbuti. L'hanno seguita, scovata su un autobus diretto a scuola, e le hanno sparato, ferendola gravemente alla testa e al collo.
Ma non sono riusciti a fermarla. Quel suo sguardo, per loro così insopportabile e odioso ("osceno", l'hanno definito), continuerà ad accusarli e a perseguitare la loro cattiva coscienza.
"Da anni Malala aspettava quel killer, ma ha continuato a difendere il futuro, il suo e anche il nostro", scrive Corradino Mineo di Rainews.
Perché il "nostro"? In fondo, potrebbe obiettare qualcuno, Malala vive in un Paese lontano, è immersa in una cultura molto arretrata. Qui, da noi, certe cose non accadrebbero mai. Qui, da noi, le donne sono rispettate. Sono pari agli uomini.
Ora, a parte il fatto che non si capisce perché il metro per giudicare "pari" una persona debbano essere gli uomini, informatevi un po' come vivevano le donne del nostro Sud fino a pochi anni fa, e, in qualche caso, ancor oggi. Chiedete da quanto tempo le donne italiane hanno diritto di voto. Non lo sapete? Dal 1946; in Myanmar, tale diritto risale al 1922.
Fate un'inchiesta su quanti lavori erano preclusi alle donne italiane in un recente passato. Domandate a quanto risale il nuovo diritto di famiglia, per cui l'uomo non è più capo della donna e della famiglia. Cercate di sapere quando è stato abolito lo jus corrigendi, che permetteva al marito di picchiare la moglie e i figli "a scopo correttivo". Scoprite come mai l'adulterio di un uomo veniva sanzionato con una multa, e quello della donna con la galera. Sappiate che, per una donna che commetteva un delitto "d'onore", si aprivano le porte dell'ergastolo; un uomo rischiava, al massimo, cinque o sei anni. Questo fino al 1981.
E guardate, soprattutto, i dati: gli stupri nell'ultimo periodo sono aumentati del 60%, quasi tutti commessi in famiglia o da fidanzati abbandonati, che non potevano tollerare l'idea che la "loro proprietà" decidesse da sola, e senza di loro. Del resto, questi delitti restano quasi sempre impuniti, anche perché fino al 1992 la violenza sessuale era un "reato contro la morale" che comportava pochi anni di carcere. Il pregiudizio, però, che tutto sommato la donna "se la sia cercata" è ancora molto diffuso.
Se poi guardiamo gli attuali modelli televisivi, e anche politici, quel che viene proposto come "ideale" alle ragazze è la donna che si concede a tutti, che usa sé stessa solo per il proprio corpo e si vende al miglior offerente per ottenere soldi facili e agevolazioni d'ogni tipo.
Per molto tempo ha furoreggiato una trasmissione dall'eloquente titolo La pupa e il secchione. Vi siete mai domandati perché Il pupo e la secchiona sarebbe stato improponibile?
A Sesto San Giovanni il Comune ha lanciato il progetto Toponomastica femminile, per l'intitolazione di quattro parchi cittadini a donne importanti del passato. E, in effetti, vie, piazze, luoghi pubblici delle città italiane recano spessissimo nomi maschili, come i libri scolastici e le grammatiche; e ciò in barba alla realtà, dove le donne sono state spesso protagoniste in vari campi della cultura, dell'arte, della scienza e della religione, e in un Paese come il nostro, dove il 90% dei laureati sono donne e non uomini. Donne che, peraltro, difficilmente trovano impieghi all'altezza della loro preparazione. In compenso, in caso di crisi, sono le prime a venir licenziate; e fate una ricerca sui "licenziamenti in bianco" che molte donne sono costrette a firmare preventivamente, in spregio a tutte le leggi vigenti.
Quando poi l'insegnante propone questi argomenti a scuola non è raro trovare il furbetto o furbetta di turno, di solito impegnato/a nei fatti suoi, che a un certo punto salta su e chiede, con una punta d'ironia: "Scusi prof, ma lei è femminista?". Ignorando il significato dell'aggettivo, per costoro "femminista" è sinonimo di donna isterica, odiatrice di uomini.
Chiederemmo mai a una persona che sta annegando: "Scusa, ma a te non piace l'acqua?"?
Che le donne abbiano dei diritti non è infatti per nulla assodato, non presso la mentalità maschile ma, talvolta, nemmeno tra le stesse donne.
Ecco perché lo sguardo di Malala oggi interessa tutte. E tutti. Non è "faccenda del suo Paese" né tantomeno della sua religione, l'Islam, che non vieta da nessuna parte l'istruzione alle ragazze. E' faccenda comune. Perché dietro i pretesti dell'onore, della modestia, della politica, della religione si nasconde la pretesa antica, e barbara, degli uomini a dominare altri esseri viventi, la natura, le cose. Ecco perché Malala scrive: "Dateci penne e non armi". Ella sa bene, dal poco/tanto dei suoi quattordici anni, che l'ignoranza è sinonimo di violenza, di sopraffazione, di guerra. E, in un mondo globale come il nostro, non si può più distinguere tra vicini e lontani. Il benessere delle donne comporta, automaticamente, una maggior felicità degli uomini perché significa maggiori diritti per tutti, sempre e comunque.
Malala è un'eroina dei nostri tempi e di ogni tempo. I diritti, infatti, non sono un dato acquisito una volta per sempre. Malala ci ricorda che sono il frutto di sacrifici e di lotte e che, per essi, molte e molti hanno perso la vita a cui pure tenevano tanto.
I ragazzi italiani che si trascinano stancamente a scuola e le ragazze che durante l'ora di grammatica sbuffano sognando bamboleggianti il fidanzatino di turno è bene che si sveglino.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...