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27.5.09

Tecnica Metamorfica - La dolce arte della trasformazione

La Tecnica Metamorfica stimola con dolcezza cambiamenti profondi.

Consiste in uno sfioramento sui punti riflessi della colonna vertebrale, dei piedi, delle mani e della testa. Questi punti, che corrispondono anche a movimento, azione e pensiero, contengono le memorie del periodo della gestazione.

Durante i nove mesi di gestazione infatti si impianta il potenziale della vita umana: da ciò si è sperimentato che, lavorando sui riflessi della colonna vertebrale - situati sui piedi, sulle mani e sulla testa - questo periodo formativo viene riportato in luce e la struttura del tempo viene allentata.

Attraverso questo lavoro, la Forza Vitale essenziale del paziente scatena le energie che erano ostacolate durante il periodo prenatale dando via libera ai processi di guarigione della mente, del corpo e dello spirito.

Attraverso leggeri tocchi o sfioramenti si liberano le energie che sono state bloccate durante la gestazione, sciogliendo gli schemi prenatali e attivando un processo di trasformazione naturale che agisce in tutti gli ambiti dell'esistenza.

La Tecnica Metamorfica propone un modo rivoluzionario di guardare la vita e contemporaneamente un mezzo per trasformarla.

... Siamo in un periodo di profondi cambiamenti e trasformazioni e sempre più abbiamo bisogno di strumenti che ci aiutano a superare queste difficoltà.

La Tecnica Metamorfica è un grandissimo strumento di autoguarigione che tutti possono imparare, per se stessi e per gli altri, per sciogliere blocchi e paure attingendo dalla forza vitale che è insita in ognuno di noi....

Si impara facilmente ed è l’ideale per essere praticata in famiglia, da mamma-papà a figlio/a, tra partner, tra amici, da adulti e da bambini, nei casi di handicap (autismo, sindrome di down…).

La Tecnica Metamorfica non comporta la cura di sintomi particolari, ma genera un movimento di liberazione da patologie di antica data, sia fisiche che psicologiche: è un movimento di evoluzione e crescita.

La Tecnica Metamorfica può essere usata contemporaneamente ad altri metodi di cura ortodossi o alternativi.

Data la sua semplicità ed il fatto che il trattamento è solitamente piacevole e rilassante, essa può essere utilizzata una volta la settimana come strumento di crescita e di realizzazione del proprio potenziale.

La Tecnica Metamorfica si può fare a se stessi e agli altri, per sciogliere blocchi fisici ed emozionali, migliorando la qualità della vita.

16.8.07

Sul valore dell'esperienza (e della vita)

    Il dottor Rogé ha bevuto il suo calvados. Il suo gran corpo s'affloscia, le palpebre gli s'abbassano grevi. È la prima volta che vedo il suo viso senza occhi. Sembra una maschera di cartone, come quelle che si vendono oggi nei negozi. Le sue guance hanno un colore rosa orribile. La verità m'appare d'un tratto: quest'uomo morirà presto. Di sicuro lo sa anche lui; basta che si sia guardato ad uno specchio: di giorno in giorno rassomiglia sempre più al cadavere che sarà. Ecco che cos'è la loro esperienza; ecco perché mi son detto tante volte che odora di morte: è la loro ultima difesa. Il dottore vorrebbe pur credervi, vorrebbe mascherarsi l'insopportabile realtà: ch'egli è solo, che non ha capito nulla, che non ha passato; con un'intelligenza che gli s'intorbida, e un corpo che si sfascia. E allora egli ha apprestato ben bene, ha ben sistemato e imbottito il suo piccolo delirio di compensazione: dice a se stesso che progredisce. Il suo pensiero ha delle falle? Vi sono momenti in cui il cervello gira a vuoto? è perché il suo giudizio non ha più l'impazienza della gioventù. Non capisce più quel che legge nei libri? Ma è perché è così lontano dai libri, ormai. Non può più fare l'amore? Ma l'ha fatto. Aver fatto l'amore è molto meglio che farlo ancora: a distanza, si può giudicare, si può confrontare, si può riflettere. E in quanto a quell'orribile viso di cadavere, per poterne sopportare la vista sullo specchio si froza di credere che vi siano impresse le lezioni dell'esperienza.


tratto da: Jean-Paul Sartre, La nausea, Einaudi, 2007, pagg. 97-98

9.5.07

Primo post

questo è il mio primo post qui, grazie dell'invito!


…And still we sing


 


“Ma come si fa ad essere giovani nel 2007 e leggere Platone?”


 


Davanti all’esaltazione suscitata in me da una particolarmente accurata edizione in greco de La Repubblica platonica, un distinto uomo, sul cui volto capeggiavano i segni di un tempo che nemmeno per metà ho visto scorrere, mi porge questa domanda con sguardo sconcerto e in qualche modo turbato.


Come se ad un tratto il peso immateriale delle pagine che stringevo, si fosse fatto fisico e percepibile dal corpo, ogni sillaba, nata per liberare lo spirito dalle costrizioni, sembrava ora afflitta dal peso di quelle stesse catene ed anche le mie braccia parevano a stento riuscire a reggere saldamente il volume.


Ma le catene di cui parlo, non sono certo strumenti di sofferenza, al contrario, sono la strada più sicura per la felicità, se con felicità indichiamo quel comune tendere ad un senso di benessere e certezza, o meglio, di benessere nella certezza.


Abbandonare il conforto e la sicurezza delle proprie convinzioni, significa cedere al dubbio, all’incertezza della sfumatura, significa spezzare uno per volta, gli anelli della catena che ci tiene relegati nell’oscurità del calore delle sicurezze sin dalla nascita.


Ebbene, leggere Platone è scegliere la luce invece che il buio, ma di certo non so dire se questa sia la scelta migliore.


Auguriamo ai nostri figli la più grande delle felicità, e ci prodighiamo affinché la ottengono, costruendo con zelo attorno al loro un microcosmo dall’aspetto di mondo, conformato solo da specchi, da opposti, da bianchi e da neri.


Platone è la scheggia sottile che riga ogni specchio, provoca un’immagine distorta capace di insinuare nella mente la folle e assurda idea che forse la verità restituita dagli occhi non è la reale verità, se non addirittura insinuare che esista una verità altra, separata e diversa da quella che conosciamo.


Leggere Platone rappresenta un terribile atto di auto-inflizione del dolore: significa andare in contro alla scheggia e lasciarsi rompere volontariamente, pur sapendo che ciò che si sta perdendo non potrà mai essere rimesso assieme, e che a nostra volta diverremo schegge.


Con il nostro inchiostro, con il nostro pensiero, siamo simili ad armi scariche o con la sicura ancora inserita, solo chi volontariamente porge lo sguardo verso di noi e tende l’orecchio ai nostri sussurri, viene ferito.


Per il resto, rimaniamo inermi, nel solo ruolo di testimoni, non certo per nostra volontà, ma come conseguenza del nostro ardire, la separazione, siamo così costretti ad essere solo testimoni, perché chi ancora vive relegato nel buio, non sente le nostre voci, o meglio le percepisce come fossero canti, ché le catene impediscono loro di percepire le urla che dietro di essi si celano, Kierkegaardianamente parlando.


Ed allora qual è il vantaggio che un giovane trae dalla lettura di Platone? E ci può essere un vantaggio nello scegliere la sofferenza, implicata in ogni riga che sfregia lo specchio, invece che il benessere della certezza? Io ho scelto la prima, e dal troppo cantare, quasi ho perso la voce, senza che nessuno abbia mai teso le orecchie oltre quelle semplici note. Ed allora a che scopo continuare a cantare?


 


(“And still we sing” fa riferimento alla canzone Magpie di Marienne Faithfull/Patrick Wolf dall’ultimo album The Magic Position)

31.10.06

Senza titolo 1488

continuando con il post  precedente su hallowen  volevo segnalarvi che ho   ho dimenticato di parlare delle tradizioni   sarde    dei morti   , lo  faccio  qui , giocando d'anticioo   ,  verso tutti  quelli i m'accuseranno    di non essere completo   .

ecco cosa  sta  facendo  l'Isre. ( Istituto Superiore Regionale Etnografico)   locale

'NUORO. Dolcetto, scherzetto! Macché... molto meglio “Su mortu mortu”. Halloween non è roba che può attecchire in terra di Barbagia. E se radici giallo-arancioni ci sono che tentano di insidiarsi in zona Ortobene, bisogna estirparle subito. Perché una cosa deve essere chiara: a Nuoro e dintorni mai si dovranno vedere streghe che volano sulle loro scope magiche.

 L’orizzonte del Redentore non è adatto neppure per i mostri che saltano fuori dalle tombe allo scoccare della mezzanotte, per i lupi mannari che ululano puntando la luna, per gli gnomi che escono come formiche dalle querce. Niente di tutto questo potrà succedere nel cuore della Sardegna, soprattutto adesso che l’Isre ha deciso di dare battaglia alle dilaganti zucche d’importazione, quelle di Halloween appunto. Battaglia: nel senso che l’Istituto superiore regionale etnografico punta tutto sul patrimonio locale, lascia alle spalle ogni forma di globalizzazione di massa e valorizza gli aspetti nostrani della festa di Ognissanti. Il Museo deleddiano apre così a “Su mortu mortu”. «Da domani e fino al 7 novembre - annuncia Paolo Piquereddu, direttore dell’Isre, l’istituto che oltre a quello deleddiano gestisce in città il Museo del costume - tutti i bambini che entreranno nella Casa natale di Grazia Deledda avranno l’occasione di rivivere l’antica tradizione della questua-dono».
 Per una settimana intera, insomma, i piccoli nuoresi potranno bussare al vecchio portone di Cosima, in pieno centro storico, con spirito diverso dal solito. E quando verrà chiesto loro «chi è?», risponderanno: «Su mortu mortu». Nella cambusa che fu della famiglia Deledda, poi, il personale dell’Isre consegnerà ad ogni bambino un sacchetto pieno zeppo di caramelle, cioccolattini, noci, nocciole, castagne e persino un pappassinu. In omaggio, inoltre, anche una “Guida breve” al Museo deleddiano. «L’iniziativa durerà una settimana intera - spiega ancora Piquereddu - per permettere a tutte le scuole cittadine di potersi muovere in comitiva». Uno strappo alla tradizione, dunque, che invece celebrava “Su mortu mortu” nella sola giornata di Ognissanti.
 «Quella che a Nuoro è chiamata “Su mortu mortu”, è una tradizione che nei paesi del circondario assume nomi diversi» racconta il direttore dell’Isre. A Siniscola, per esempio, rito identico è quello di “Su petti coccone”, mentre Orgosolo celebra “Sa candelaria”, seppure alla vigilia del Capodanno.
 Dal 1989 alla guida dell’Istituto etnografico, 57 anni da compiere, Piquereddu sottolinea che comunque sia, al di là delle singole varianti, «in fondo tutte le questue hanno un significato analogo: i bambini in qualche modo rappresentano il mondo dei morti». È ai piccoli, infatti, che spetta il compito di mettere in collegamento la sfera quotidiana con la sfera dell’eternità. «Tutte queste feste vengono celebrate tra l’autunno e l’inverno, ossia in un periodo in cui la terra è morta, in attesa della primavera» continua il direttore dell’Isre. Il che non era certo cosa da niente nella società agropastorale della notte dei tempi. «Per il mondo contadino, era un lungo momento di ansia, pieno di interrogativi sulla nuova annata. Perciò la gente cercava di superare questo periodo propiziando i morti con un buon trattamento ai bambini che chiedevano la questua» parla sempre Piquereddu. I morti che per una notte tornano nel mondo dei vivi, infatti, sono destinati a rientrare presto sotto terra. E sotto terra potranno influire, eccome se potranno influire!, sulla fertilità dei campi coltivati a grano. Questo, in soldoni, il retroscena recondito di “Su mortu mortu”.
 «Ma anticamente anche a Nuoro si celebrava, come a Orgosolo, “Su candelariu” - aggiunge Paolo Piquereddu -. È la stessa Grazia Deledda che ce lo ricorda nei suoi scritti sulle tradizioni popolari». Allora, il 31 dicembre, ai bambini veniva donato un piccolo pane, “Sa candeledda”. E se qualcuno osava andare contro l’antica usanza, i questuanti come rispondevano? Con la minaccia. «Non no dazes sa candeledda? Cras manzanu in terra nighedda». Cioè: non ci date il pane? Domani finirete nella tomba. Che in fondo in fondo, manco a dirlo è la stessa minaccia di «dolcetto, scherzetto» by Halloween. Ora come ora, tuttavia, i due riti sono ben lontani l’uno dall’altro, anche se l’uso della zucca e delle candele accese all’interno non è poi una novità neanche in Sardegna: «Vedi la tradizione di Sant’Andrea a Bono» dice il direttore dell’Isre.
 Ognissanti come pure “Su mortu mortu”, comunque, a differenza della festa celtica, sono appuntamenti religiosi, un modo per celebrare i morti, una ricorrenza che va a beneficio dei defunti. Halloween, invece, è una minaccia incombente sui vivi, chiamati a proteggersi (con una zucca in testa) dalle grinfie del diavolo. Lo stesso diavolo che a Nuoro può soltanto piangere: contro


NUORO. Dolcetto, scherzetto! Macché... molto meglio “Su mortu mortu”. Halloween non è roba che può attecchire in terra di Barbagia. E se radici giallo-arancioni ci sono che tentano di insidiarsi in zona Ortobene, bisogna estirparle subito. Perché una cosa deve essere chiara: a Nuoro e dintorni mai si dovranno vedere streghe che volano sulle loro scope magiche.
 L’orizzonte del Redentore non è adatto neppure per i mostri che saltano fuori dalle tombe allo scoccare della mezzanotte, per i lupi mannari che ululano puntando la luna, per gli gnomi che escono come formiche dalle querce. Niente di tutto questo potrà succedere nel cuore della Sardegna, soprattutto adesso che l’Isre ha deciso di dare battaglia alle dilaganti zucche d’importazione, quelle di Halloween appunto. Battaglia: nel senso che l’Istituto superiore regionale etnografico punta tutto sul patrimonio locale, lascia alle spalle ogni forma di globalizzazione di massa e valorizza gli aspetti nostrani della festa di Ognissanti. Il Museo deleddiano apre così a “Su mortu mortu”. «Da domani e fino al 7 novembre - annuncia Paolo Piquereddu, direttore dell’Isre, l’istituto che oltre a quello deleddiano gestisce in città il Museo del costume - tutti i bambini che entreranno nella Casa natale di Grazia Deledda avranno l’occasione di rivivere l’antica tradizione della questua-dono».
 Per una settimana intera, insomma, i piccoli nuoresi potranno bussare al vecchio portone di Cosima, in pieno centro storico, con spirito diverso dal solito. E quando verrà chiesto loro «chi è?», risponderanno: «Su mortu mortu». Nella cambusa che fu della famiglia Deledda, poi, il personale dell’Isre consegnerà ad ogni bambino un sacchetto pieno zeppo di caramelle, cioccolattini, noci, nocciole, castagne e persino un pappassinu. In omaggio, inoltre, anche una “Guida breve” al Museo deleddiano. «L’iniziativa durerà una settimana intera - spiega ancora Piquereddu - per permettere a tutte le scuole cittadine di potersi muovere in comitiva». Uno strappo alla tradizione, dunque, che invece celebrava “Su mortu mortu” nella sola giornata di Ognissanti.
 «Quella che a Nuoro è chiamata “Su mortu mortu”, è una tradizione che nei paesi del circondario assume nomi diversi» racconta il direttore dell’Isre. A Siniscola, per esempio, rito identico è quello di “Su petti coccone”, mentre Orgosolo celebra “Sa candelaria”, seppure alla vigilia del Capodanno.
 Dal 1989 alla guida dell’Istituto etnografico, 57 anni da compiere, Piquereddu sottolinea che comunque sia, al di là delle singole varianti, «in fondo tutte le questue hanno un significato analogo: i bambini in qualche modo rappresentano il mondo dei morti». È ai piccoli, infatti, che spetta il compito di mettere in collegamento la sfera quotidiana con la sfera dell’eternità. «Tutte queste feste vengono celebrate tra l’autunno e l’inverno, ossia in un periodo in cui la terra è morta, in attesa della primavera» continua il direttore dell’Isre. Il che non era certo cosa da niente nella società agropastorale della notte dei tempi. «Per il mondo contadino, era un lungo momento di ansia, pieno di interrogativi sulla nuova annata. Perciò la gente cercava di superare questo periodo propiziando i morti con un buon trattamento ai bambini che chiedevano la questua» parla sempre Piquereddu. I morti che per una notte tornano nel mondo dei vivi, infatti, sono destinati a rientrare presto sotto terra. E sotto terra potranno influire, eccome se potranno influire!, sulla fertilità dei campi coltivati a grano. Questo, in soldoni, il retroscena recondito di “Su mortu mortu”.
 «Ma anticamente anche a Nuoro si celebrava, come a Orgosolo, “Su candelariu” - aggiunge Paolo Piquereddu -. È la stessa Grazia Deledda che ce lo ricorda nei suoi scritti sulle tradizioni popolari». Allora, il 31 dicembre, ai bambini veniva donato un piccolo pane, “Sa candeledda”. E se qualcuno osava andare contro l’antica usanza, i questuanti come rispondevano? Con la minaccia. «Non no dazes sa candeledda? Cras manzanu in terra nighedda». Cioè: non ci date il pane? Domani finirete nella tomba. Che in fondo in fondo, manco a dirlo è la stessa minaccia di «dolcetto, scherzetto» by Halloween. Ora come ora, tuttavia, i due riti sono ben lontani l’uno dall’altro, anche se l’uso della zucca e delle candele accese all’interno non è poi una novità neanche in Sardegna: «Vedi la tradizione di Sant’Andrea a Bono» dice il direttore dell’Isre.
 Ognissanti come pure “Su mortu mortu”, comunque, a differenza della festa celtica, sono appuntamenti religiosi, un modo per celebrare i morti, una ricorrenza che va a beneficio dei defunti. Halloween, invece, è una minaccia incombente sui vivi, chiamati a proteggersi (con una zucca in testa) dalle grinfie del diavolo. Lo stesso diavolo che a Nuoro può soltanto piangere: contro ormai, ci si mettono pure quelli dell’Isre. Che con questa iniziativa va avanti nel programma legato al Museo deleddiano. Una nuova politica museale («museografia viva» la chiama Piquereddu) che vuole fare della Casa Deledda una casa da frequentare, che oltre all’allestimento stabile propone novità legate a quanto succede fuori dalle mura del cortile. La cucina e la dispensa mostreranno i segni del tempo: ogni stagione avrà i suoi frutti. E anche le tradizioni scandiranno il calendario. Come questa edizione di Ognissanti, un rito che a dire il vero sopravvive ancora nel rione Santu Predu come pure in qualche quartiere periferico. Da domani, invece, “Su mortu mortu” tornerà su tutta Nuoro.



ed  ecco  tutte le tradizioni   che rischiano dio scomparire  a causa   della moda  importata   dall'america  cioè  halloween 

 di Manglio Brigaglia


Arriva la notte di Halloween. I bambini l’aspettano con ansia. Preparano le zucche, svuotate e intagliate per accenderci dentro una candela che evochi uno spaventoso teschio dagli occhi ardenti, preparano le maschere da streghe, fantasmi e maghi cattivi per andare a bussare alle porte imponendo l’aut aut hollywoodiano: dolcetto, scherzetto. Ormai questi preparativi si fanno nelle scuole, le maestre mettono in campo tutta la loro fantasia per preparare la gran mascherata dei bambini. Ai bambini, ma neanche - ahimé - alla maestra, nessuno gli ha detto che questa usanza importata pari pari dall’America esiste già da secoli in tutta Europa. In Sardegna non era neppure un’usanza: era quasi un obbligo, una di quelle tappe legate alle tradizioni popolari attraverso cui i bambini sperimentavano la loro prima socializzazione in contatto con la comunità dei grandi. Il Giorno dei Morti (e in parte anche i giorni vicini, cominciando dalla notte fra l’ultimo di ottobre e la Festa dei Santi) aveva due fondamentali fili di tradizione: da una parte quello più triste e orroroso del ricordo dei morti di famiglia, dall’altro quello lieto e scherzoso dedicato ai bambini. In ogni paese della Sardegna si credeva che, nel giorno dei morti, loro, i defunti, tornassero silenziosi a visitare la casa e quelli che ci abitavano. A sera si mangiavano “sos maccarrones de sos mortos”, e un piatto di maccheroni di preparava per loro, che di notte sarebbero venuti silenziosi a gustarli. Il grande piatto era uno solo, ma per ogni morto bisognava mettere una forchetta, avendo cura di non infilarla nei maccheroni: sennò, diceva la tradizione, la mattina i parenti distratti si sarebbero svegliati con le forchette infilzate nelle cosce (anche se non ha notizia di neppure uno di questi infilzamenti, evidentemente perché la gente faceva molta attenzione a rispettare la regola). A Mores - scriveva G. Calvia Secchi, studioso di queste tradizioni - si credeva che “certe macchie verdastre, che si presentano alle volte sulla pelle di certi individui, fossero morsi dei morti”. C’erano, per quel giorno, un pane e dei dolci speciali. A Ghilarza, per esempio, si faceva un pane morbido, detto “moddizzosu”, che la panificazione sarda conosce anche per altre occasioni. A metà fra il pane e il dolce c’era il “pane e saba”, o il pane di sapa, in cui si metteva a frutto il mosto della vendemmia recente per confezionare un pane dolce, che poteva poi durare sino a Natale. Il dolce dei morti erano i “pabassinos”, che la Deledda, in un suo famoso scritto giovanile sulle tradizioni popolari di Nuoro, descrive così: “Dolci di uva passa, di mandorle, di noci e di nocciole, riunite in una specie di poltiglia impastata con sapa e con acqua inzuccherata. I più aristocratici vengono ricoperti da uno strato, sa gappa, di zucchero e di treggea (microscopici confetti, che da qualche parte chiamavano “diaulinos”, diavolini). “Se ne fanno anche - aggiungeva - di pino e di pasta gramolata con uova e manteca”. Il “pabassino” era il dolce essenziale della cerimonia di “su mortu-mortu”, l’Halloween sardo, di diversi secoli più vecchio di questo che da un decennio in qua stiamo importando via tv. Era al centro della questua che in origine veniva fatta, la sera di Tutti i Santi, dai sacrestani e dai chierichetti: giravano per il paese armati di un campanello. ognuno con la sua bisaccetta, e bussavano a ogni porta chiedendo “su mortu-mortu”. In altri paesi si diceva “sos mortos”, in Gallura “li molt” e molti”. «Il frutto di questa bizzarra raccolta - è sempre la Deledda che ne parla - i sagrestani se lo spartiscono in santo amore, e lo divorano allegramente, durante la notte, mentre suonano i tristi rintocchi mortuari». Ai sagrestani seguivano i bambini, approssimativamente mascherati: bussavano, gli veniva aperto, i regali erano pane, fichi secchi, mandorle e noci. Sciamavano a gruppi per il paese, erano felici e non lo sapevano. I bambini di questo Halloween saranno felici anche loro, ma ai grandi gli si stringe il cuore.

le  fonti dei due  articoli sono dela nuova sardegna  del 31\11\2006

16.6.06

Senza titolo 1339


1 Professor Popper, nei Suoi scritti Lei ha affermato di aver imparato da Einstein non solo che un'ipotesi non può mai essere certa, ma anche che ci sono dei requisiti che rendono l'ipotesi verificabile. Può chiarirci meglio questo aspetto del Suo pensiero?


Si tratta del problema della controllabilità di una teoria. Se una teoria può essere sottoposta a prova, allora essa è certamente una teoria degna di considerazione, e sottoporla a nuovi controlli è sempre interessante, qualunque sia il risultato. Se i controlli portano al crollo della teoria, la cosa è comunque importantissima e di enorme significato, e, in un certo senso, potremo parlare di successo della teoria, anche se non del successo sperato. Insomma, se una teoria può essere confutata, allora è proprio la confutazione la cosa più importante: è senz'altro un fattore positivo l'aver ottenuto una nuova informazione che ci deriva dalla confutazione della teoria.


Einstein affermò che esistevano severi controlli per la sua teoria, e più volte affermò che se tali controlli - che egli si augurava che venissero realizzati - avessero confutato la sua teoria, egli avrebbe accettato la confutazione. E questa è la cosa veramente molto importante. Chiunque propone una nuova teoria, dovrebbe specificare in qualicircostanze egli ammetterebbe di venir sconfitto; o, meglio, dovrebbe specificare in quali circostanze la propria teoria crollerebbe. In tal modo, se la sua teoria resiste, egli ha fatto qualcosa di apprezzabile, proprio in quanto la sua teoria poteva venir  confutata.


2 Qual è il criterio di scientificità di una teoria?


Nelle mie prime pubblicazioni proposi come criterio del carattere empirico di una teoria scientifica o, se preferisce, del carattere scientifico di una teoria - visto che in inglese il termine "scienza" denota la scienza empirica - la falsificabilità o controllabilità, la possibilità, cioè, di sottoporre le teorie a controllo. Cercai di mostrare che la controllabilità è equivalente alla falsificabilità: vale a dire, che una teoria è controllabile se esistono, se si possono concepire dei controlli che possono confutarla. Si tratta di qualcosa di simile all'esame di uno studente. Uno studente è esaminabile se esistono possibili domande che consentono di accertare che egli non sa nulla, o non abbastanza da superare quel dato esame.


Analogamente una teoria è controllabile o, diciamo, sottoponibile ad esame se implica predizioni oppure - in modo del tutto equivalente - retrodizioni che possono risultare sbagliate, che possono non concordare con le nostre scoperte. Se si dà questo, allora vuol dire che la nostra teoria implicava una predizione falsa, ed una teoria che implica una predizione falsa è una teoria falsa. Ma ciò non significa che essa sia da gettare nel cestino solo perché ha condotto ad una predizione falsa. Possiamo, infatti, correggere la nostra teoria, possiamo apportare delle modifiche. Falsificabilità vuol dire che la teoria può essere sottoposta a controllo, e nel caso che fallisca può o essere gettata nel cestino o essere corretta. E talvolta le correzioni, pur essendo limitate, possono fare una tremenda differenza, può accadere che una piccola correzione rafforzi la teoria in modo tale che essa finisca con lo spiegare molto più di quanto originariamente non ci si aspettasse. Queste sono cose che accadono.


Non possiamo perciò concordare con l'affermazione di Kuhn - che chiamava questo procedimento "falsificazionismo stereotipato". Ora, il falsificazionismo non può essere stereotipato perché le teorie non sono stereotipate. Il  falsificazionismo può condurre, in casi estremi, al rigetto totale della teoria, cosa che può essere sbagliata o azzeccata;oppure, in altri casi, può portare ad un meraviglioso miglioramento della teoria.


Secondo questa concezione tutti i controlli scientifici, gli esperimenti, sono dei tentativi di confutazione. E rivestono perciò un grande valore. Non si può avere una confutazione senza imparare qualcosa di nuovo ed importante.


3 Questo è vero, però, per quel che riguarda una confutazione riuscita. Ma nel caso di una confutazione mancata, di una confutazione che non riesce a provare la falsità di una teoria?


Se il controllo non confuta la teoria possiamo dire solo che la teoria ha superato la prova. Non possiamo dire molto di più. Non significa effettivamente molto il fatto che la teoria superi una certa prova, significa solo che non siamo costretti ad abbandonare la teoria, e se fino ad allora non abbiamo preso troppo sul serio quella teoria, vuol dire che faremmo bene a farlo. Ma tutto ciò non porta a molto.


Ovviamente questo dipende, poi, dalla particolare teoria. Se la teoria è così illuminante, se la teoria è capace di spiegare tante cose che prima non eravamo in grado di spiegare, allora si tratta di una buona teoria, una teoria che comincerà a piacerci e che probabilmente ci piacerà di più dopo che l'avremo messa alla prova. Ma questo non significa, sul piano logico, che la teoria sia vera. Questo significa solo che la teoria è stata controllata e niente di più.


Tutto questo è in forte contrasto con coloro che credono nell'induzione, con coloro cioè per i quali il superamento dei controlli è la cosa davvero importante. Costoro possono chiamare "verifica" il superamento di un controllo. Ma, se con "verificazione" si intende che una teoria ha superato un controllo, allora questo non vuol dire molto, proprio per la ragione che non dice molto superare un controllo. Tuttavia, è chiaro che quando si parla di verificazione - verificazione sta per verum facere - noi pensiamo prendiamo alla lettera questa parola, e riteniamo che la verificazione significa "fare vera" una teoria, "veri-ficarla".


In realtà noi non possiamo fare vera nessuna teoria. O anche solo mostrare che sia vera. Se una teoria ha un grande potere esplicativo, noi la ammireremo. E se essa, alla fine, nonostante il suo potere esplicativo, si rivelerà falsa, allora forse concluderemo che c'era comunque qualcosa di interessante in quella teoria e dovremmo ancora riflettervi.


L'unico fine per cui si effettuano i controlli è quello di falsificare la teoria, non di verificarla.


4 Possiamo dire lo stesso delle osservazioni? Tutte le nostre osservazioni sono realizzate allo scopo di confutare le teorie scientifiche, così come avviene con gli esperimenti?


Sì, naturalmente. È ovvio che le osservazioni o gli esperimenti sono entrambi, nella sostanza, nient'altro che controlli di una teoria. Prendiamo ad esempio il caso, molto importante, della scoperta di Nettuno. Certamente si può dire che fu un nuovo controllo a comportare una nuova scoperta, una cosa molto interessante. Si trattò, in quel caso, di un controllo della teoria newtoniana, di un controllo particolarmente severo per la teoria della gravitazione universale. La teoria newtoniana aveva condotto ad una determinata previsione del movimento del pianeta Urano, che si rivelò falsa. Si pose perciò la questione se si dovesse abbandonare la teoria di Newton.


Alcuni sostennero di no, e affermarono che si dovesse ricercare la causa della discrepanza notata non già nella teoria newtoniana, ma nella nostra imperfetta conoscenza, nel nostro modello del sistema solare, il quale poteva essere falso in quanto avrebbe potuto esserci un altro pianeta più esterno rispetto ad Urano: il modello planetario, dunque, poteva non essere completo. Ora, in una situazione come questa le cose non sono tanto semplici. Si poteva tentare di cercare questo pianeta; ma poteva essere una cosa disperata cercare un oggetto tanto minuscolo come un pianeta fra tutte le altre stelle. Poteva trovarsi molto lontano, poteva essere molto piccolo.


In ogni caso, però, si poteva calcolare e questa fu certamente una grande fortuna. Due uomini riuscirono a calcolarla, Adams e Le Verrier. Quest'ultimo informòl'astronomo Galle, a Berlino, dei propri calcoli. Galle puntò il telescopio verso il punto predetto e non esattamente in quel punto, ma in una posizione estremamente prossima, trovò una minuscola stella che gli sembrò che si muovesse. Dopo un'ora di osservazione ebbe l'impressione che si stesse muovendo un po' più rapidamente e dopo qualche ora ancora apparve evidente il suo moto rispetto alle stelle fisse: perciò si trattava di un pianeta.


5 Se le osservazioni sono dei piccoli esperimenti, questo vuol dire allora che la scienza non inizia dalle osservazioni?


Questo è un punto di grande rilevanza, perché è la ragione principale che porta a credere nell'induzione: alla credenza cioè che la conoscenza, e specialmente la conoscenza scientifica, inizi con l'osservazione. E questa è una credenza, che ritengo che sia ancor'oggi diffusa, come sempre. Solo poche persone, in realtà, si rendono conto che non è così e che non può essere così. Qualsiasi osservazione presuppone una previa conoscenza. Non si può osservare nulla senza sapere che esistono certe cose, che le cose dovrebbero andare in un certo modo, perché è la nostra conoscenza che ci dice che esse vanno in un modo o nell'altro.


L'osservazione ci mostra allora che esse sono proprio così come ce le aspettavamo, oppure no. Per essere estremamente chiari, qualsiasi osservazione presuppone una grandequantità di conoscenze: possiamo riferirci, per fare un esempio, l'auscultazione, che è l'indagine del mio interno tramite l'orecchio o mediante uno stetoscopio. È l'indagine che viene fatta dai medici. Se uno, che non è medico, poggiasse l'orecchio sul mio torace, udirà solo rumori che non avranno alcun significato; potrà forse sentire il mio cuore battere, ma anche questa, che è la cosa più semplice, è comunque il frutto di una conoscenza precedente. È la conoscenza pregressa del fatto che ho un cuore e che questo cuore batte, a portare all'identificazione o dell'interpretazione di quello che si è udito. Ma per un dottore l'auscultazione dei miei battiti cardiaci o del rumore all'interno della mia cassa toracica ha un significato molto superiore, perché egli già sa come interpretarli.


La mia tesi, insomma, è che tutte le nostre osservazioni sono di questo tipo. Così, un bambino deve apprendere come guardare, come ascoltare. All'inizio, le percezioni visive, gli occhi gli restituiscono solo informazioni prive di significato, nient'altro che caos. Ed è solo dopo aver imparato molto che il bambino è capace di osservare veramente qualcosa. La conoscenza, quindi, non inizia dalle osservazioni. Dobbiamo apprendere. Ma la capacità di apprendere è basata sulla conoscenza innata. Sappiamo che gli animali hanno certe conoscenze innate. Nascono intelligenti nella stessa esatta misura in cui moriranno. Sanno, sin dagli inizi, tutto quello che sapranno in seguito, grazie all'ereditarietà. Ci sono poi altri animali, che hanno un apparato cognitivo superiore - e noi siamo tra questi - che sono in grado di apprendere. Ma anche questa è conoscenza innata: è conoscenza di come apprendere.


6 Questa conoscenza deve necessariamente essere innata, perché non è possibile apprendere attraverso l'esperienza il modo di apprendere o il modo di osservare.


Logicamente sarebbe un regresso all'infinito. Sul piano logico è impossibile imparare come imparare come imparare come imparare. Ci deve essere della conoscenza innata. Sto parlando della conoscenza, in qualche modo propria del bambino, di come imparare. Naturalmente poi egli imparerà e acquisirà sempre più conoscenze, e fra queste la conoscenza di come osservare e di come apprendere dalle osservazioni. Un altro argomento, che è estremamente importante e che mostra chiaramente quanto sia sbagliata l'idea che la conoscenza o la scienza o un qualunque altro apprendimento muovano dalle osservazioni, è il seguente: che le osservazioni sono basate sui nostri organi sensoriali. Ma gli organi sensoriali hanno chiaramente una funzione iologica ben determinata. E precisamente hanno il ruolo di aiutarci, una volta appreso come osservare, di darci informazioni circa lo stato momentaneo del nostro ambiente, uno stato momentaneo, piccoli ritagli transitori di ciò che l'ambiente è realmente. Ma questo presuppone che noi abbiamo già una certa conoscenza dell'ambiente in senso lato; che sappiamo già che c'è un ambiente; che sappiamo, per fare un esempio, che se siedo qui c'è qualcosa alle mie spalle, anche se non lo sto osservando.


Io posso vedere che cosa c'è dietro di Lei e Lei può osservare quello che c'è dietro di me. Ma entrambi sappiamo che esiste qualcosa alle nostre spalle, anche in questo momento che non lo stiamo osservando. In altre parole, dobbiamo avere una conoscenza dettagliata dell'ambiente, se vogliamo che osservazioni momentanee significhino qualcosa per noi. La vista può, ad esempio, informare un animale dell'arrivo di un nemico, ma l'animale deve già sapere qualcosa circa gli amici ed i nemici. È necessaria pertanto una grande quantità di conoscenze affinchè sensazioni momentanee abbiano per noi un qualche significato. E questo viene facilmente dimenticato dalla gente perché ciò che ci colpisce maggiormente è l'informazione momentanea.


Questo dà origine all'idea che si conosca aprendo gli occhi e le orecchie ed osservando e ascoltando. Ma si tratta di un vero errore. Un errore che è compiuto da tanti filosofi. Rudolf Carnap, per esempio, nel trattare il problema della conoscenza, si chiede come si conosca e dice che questo è equivalente a determinare attraverso quale osservazione sia acquisita tale conoscenza. Quindi egli presuppone l'idea che la conoscenza inizi dalle osservazioni. Come si arrivi a conoscere significa, per lui, come si acquisisca questa o quella conoscenza attraverso le osservazioni. Lo sostiene in molti luoghi ed egli è un filosofo molto considerato ed una figura molto influente per quel che riguarda la teoria della conoscenza. Ma ciò è fondamentalmente errato.


Conduce all'induzione, perché se uno pensa che io ottenga la mia conoscenza mediante le osservazioni, la domanda successiva èinevitabilmente: come si acquisisce la conoscenza delle leggi generali? E la risposta è: attraverso molte osservazioni. Quale altra potrebbe essere la risposta se la conoscenza è ottenuta tramite l'osservazione? E come potrei acquisire la conoscenza di leggi generali se non tramite molte osservazioni ripetute?


Questa è l'induzione. È così che si è sospinti direttamente alla teoria dell'induzione e a credere nell'induzione: a causa del fondamentale pregiudizio che si conosca attraverso le osservazioni. In questo pregiudizio consiste, per così dire, la forza e la debolezza dell'induzione. Forza, perché molti credono in essa e debolezza perché si tratta di una teoria sbagliata.


7 Si può forse riassumere il Suo pensiero, dicendo che, sebbene apprendiamo dall'esperienza e per mezzo dell'esperienza, non conosciamo però nulla attraverso l'esperienza. Ciò che conosciamo è ipotetico e deriva da una precedente conoscenza o è un tentativo di indovinare. Mentre invece apprendere dalle osservazioni significa eliminare delle ipotesi. È esatto?


Sì. Noi impariamo tanto spesso da rapide eliminazioni di ipotesi. E qui il discorso cade sulla percezione. In
realtà, le percezioni sono molto importanti, ma una percezione è sempre un'ipotesi. Anche ciò che è chiamato percezione di una Gestalt è un'ipotesi. Percepisco che questo è un libro, ma anche questa è un'ipotesi. Infatti potrebbe essere un pezzo di legno tagliato a forma di libro allo scopo di ingannare me o qualcun altro. Cose del genere càpitano. Potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa, ma io faccio l'ipotesi che sia un libro.


Un'ipotesi è sempre un'aspettativa. Mi aspetto che quando lo prenderò e lo aprirò, vi troverò delle pagine stampate. Questa è un'aspettativa e tutte le nostre percezioni implicano aspettative. Ed è l'aspettativa che accompagna le percezioni a dare un significato, in senso biologico, ad esse. La funzione delle percezioni è quella di formarsi, in base ad esse, ub'aspettativa, ovvero di ipotizzare ciò che accadrà negli istanti successivi. La conoscenza momentanea, l'informazione momentanea che i nostri sensi ci danno, ha la funzione di farci prefigurare quello che accadrà nei prossimi momenti, nei prossimi minuti e così via, cosa che è biologicamente molto importante. Possiamo pertanto affermare che ipotesi ed aspettazioni sono dal più al meno equivalenti: il termine "aspettazione" è, per così dire, l'equivalente biologico del più sofisticato termine epistemologico "ipotesi" o "congetture".


I due termini sono praticamente equivalenti, e le nostre percezioni sono un modo di formare aspettazioni di ciò che accadrà nei prossimi secondi, o nei prossimi minuti o nelle prossime ore. Quindi, perfino le osservazioni o le percezioni sono vere ipotesi. L'osservazione libera da ipotesi non può esistere. E per questa ragione l'idea che la scienza parta dalle osservazioni per arrivare ad ipotesi o a leggi o a qualsiasi altra cosa del genere, è radicalmente sbagliata, nonostante sia così diffusa e sia di fatto alla base di tutte le teorie della conoscenza. Ad eccezione, però, della teoria che dice che noi nella scienza lavoriamo formulando ipotesi e tentando poi di eliminarle, con ipotesi o, come ho detto nel titolo del mio libro, con congetture, ovvero con il metodo che consiste nell'avanzare ipotesi e nella loro confutazione. In questo, a mio avviso, consiste il processo della conoscenza, in congetture e confutazioni, nel concepire delle ipotesi, naturalmente nel lavorare con le ipotesi e nel continuare a lavorarci finché queste non crollano, finché non sono confutate.


8 Professor Popper, Lei ha indicato nella falsificabilità il criterio di demarcazione delle teorie. Questo significa che una teoria non falsificabile è sempre una cattiva teoria?


Il criterio dice che dobbiamo essere sempre critici. Questo è il nocciolo. Se una teoria non può venir criticata sulla base di osservazioni sperimentali, allora non deve essere considerata una teoria empirica. Ciò non significa, però, che una teoria non sottoponibile a riscontri sperimentali sia una cattiva teoria.


Si prenda il caso della teoria atomistica, che è un buon esempio. La teoria atomistica non è stata falsificabile per tutto il periodo che va dal 500 prima di Cristo, quando fu inizialmente proposta, fino all'anno 1905, l'anno in cui Einstein propose la teoria del moto browniano, che la rese falsificabile trasformandola, in realtà, in una teoria molecolare. Ora, in tutto quel periodo non fu sottoponibile a controlli, ma ciò nonostante offrì agli scienziati suggerimenti eccellenti e rappresentò un'ipotesi che, per così dire, fu da tutti tenuta in mente come una specie di idea di sfondo - potremmo chiamarla una idea metafisica - e fu estremamente utile nel suggerire idee più precise e falsificabili. Ho menzionato questo tipo di teorie già nella mia prima pubblicazione nella rivista "Erkenntnis", dove chiarivo che esistono idee pre-scientifiche - come allora le definii - che, pur non essendo falsificabili, hanno tuttavia un grande valore.


2.6.06

Senza titolo 1314






Solo ora , causa molti impegni leggo le velenose e abberranti dichiarazioni : << Farò saltare la moschea di Colle Val d'Elsa - dichiara Oriana Fallaci al New Yorker - Andrò dai miei amici anarchici, con loro prendo gli esplosivi e la faccio saltare in aria! >> .di quella che prima delle faerneticazioni post 11 settembre consideravo ( anche se non condividevo alcune cose ) uno spirito libero , ma che ora che si è lasciata trasformare in un prodotto, quella personalità viene riplasmata e trasformata in una parte fondamentale del prodotto stesso. Infatti dopo aver appellato gli attuali leader italiani come "fucking idiots" ( comporensibilissimo , soprattutto per berlusconi ) la neocon in trasferta riesce a far parlare di sè scagliandosi ulteriormente contro il mondo musulmano con la consueta patetica virulenza: «I blow it up! With the anarchists of Carrara. I do not want to see this mosque —it’s very near my house in Tuscany. I do not want to see a twenty-four-metre minaret in the landscape of Giotto. When I cannot even wear a cross or carry a Bible in their country! So I BLOW IT UP!». Quale sarà, dopo l'inopinato conferimento dell'Ambrogino d'Oro 2005, il tributo adatto a questa signora ? S'ignora. Ma è possibile degradar sin d'ora a "chiacchiere" l'argomento. (Articoli sul Corriere e sul New Yorker)


Proprio da questo sdegno che nasce il post di oggi e che deciso di farlo sotto forma di lettera aperta .


Cara Signora Fallaci


Mi accingo a scrivere questa lettera aperta, a Lei indirizzata, pur sapendo con certezza che non la leggerà, e non solo perché -come scrive a pag. 41 del suo libro "La rabbia e l’orgoglio"- nel suo tipo di vita "non c’è posto per i messaggeri di pochezza o di frivolezza", o perché coloro che non la pensano come lei "sono persone senza idee e senza qualità, frivole sanguisughe che per esibirsi s’attaccano all’ombra di chi sta al sole" (sic!), ma perché …Lei non c’è su questa terra , come giusta mente dice Rosalba Satta Ceriale ecco la sua homepage www.rosalbasatta.it)Mi pare di vederla…, dopo circa 11 anni di silenzio, ha deciso di scagliare qualcosa di "intelligente",senza nemmeno preoccuparsi di prendere la mira…tanto, laggiù, siamo tutti, come lei ama definirci, dei "minchioni", perciò…a-chi-tocca-tocca, il bersaglio si colpisce in ogni caso!! Insomma, proprio ieri 20 ottobre 2002, mi è caduto addosso, con la pesantezza di un macigno che odora di fiele, il suo ultimo libricino, con dentro non la sua rabbia, e tantomeno il suo orgoglio…ma il suo odio.Un odio feroce che, mi creda, inizialmente mi ha lasciato di stucco, perché non pensavo che una persona - ed in particolare una signora come lei - potesse partorirlo, e poi, con la forza dell’acredine e del livore, buttarlo addosso agli altri. O, meglio: a tutti. Perché i suoi problemi, signora Fallaci, nascono proprio da qui: lei ce l’ha col mondo intero. A parte il sindaco Giuliani – del quale Lei tesse le lodi- e Bobby, il bambino americano che non sa più come tornare a casa perché manca il punto di riferimento delle due torri, e il doganiere americano che la saluta con un "Welcome home" (sic!) che tanto la commuove, e i nostri e i suoi antenati più o meno famosi, da Piero Maroncelli a Garibaldi ad Emilio Lussu, che, come lei, a suo dire, hanno vissuto la stessa condizione di esiliati… lei lancia sterco - e non è una metafora !! - addosso al mondo intero . Le sue accuse contro l'islam sarebbero condivisibili se : 1) non fossero pieni di preconcetti , pregiudizi e gneralizzazioni ; 2 ) errori storici , culturali , politici . In particolare quello quello di negare l'esistenza di un islam moderatio e non fondamentalista . Esso esiste , anxch se è difficile riconoscerlo , in quanto dipende dai governi che usano la religione strumentalizzandola e servendosi ed incitando i fondamentalisti . come dimostra il caso dele vignette satiriche pubblicate in danimarca e in Francia qualche tempo fa la cui protesta pè stata inizialmente pacifica , poi è stata fomentata da fondamentalisti incitati da alcuni esponenti politici del medioriente che hanno ingigantito la cosa riportando anche news non vere . Ora Se vuole approfondire e corrreggere i suoi erorri e mettere indiscussiuone i suoi pregiudizi le consiglio il libro "Ragioni senza forza, forze senza ragione: una risposta a Oriana Fallaci". Stefano Allievi sociologo dell'università di Padova, è il massimo esperto di Islam in Italia. E ci aiuta a ricordare che esiste un mondo cattolico rispettoso e sensibile, spesso invisibile ma assai migliore della schiera dei cristianisti o teocon all'italiana. Quello di Stefano Allievi è un antidoto importante per l'ubriacatura da scontro di civilta e i suoi profeti fra cui Marcello Pera , che ci fannno vedere ovunque il terrorismo islamico o le teorie del capo espriatorio ; gli articoli di Di Sherif El Sebaie. è un egiziano che vive in Italia e che cura un blog interessante ( che le consigliodi vedere o di rivedere se lo conosce già ) blog
la risposta datati da Tiziano Terzani al tuo articolo sul corriere della sera cha ha anticipato il suo libro  la rabbia e l'orgoglio  eccoti l'url
http://snipurl.com/r7h2 e quelle di altri intellettuali trattwe da questo sito culturale http://snipurl.com/r7o4 oppure quest'altre Visto che sei cattolica leggiti ( anche se fa parte di quei cattolici che la tua generazione chiama cattocomunisti o cattolici del dissenso 'intervista che lascio padre Ernesto Balducci a Controradio di Firenze la trova qui in un nostro precedente post
Per finire anche se a tipi come lei è come dare le perle ai porci le segnalo ; 1) bel film Un bacio appassionato di Kean Loach che tratti dei rapporti fra islam e cattolici ; 2) i libri : la santità di boesch gajano in particolare il cap IV “confronti” ; I fondamentalismi di Enzo Pace -Renzo Guolo ; il corano di Massimo camparini .
La saluto con q due ciotazioni i : << Ma quante sono le menti umane capaci di resistere alla lenta, feroce, incessante, impercettibile forza di penetrazione dei luoghi comuni? >> di Primo Levi e con quest'altra frase : << le diverse tradizioni religiose se autentiche sono diffeenti riflessi dela stessa verita e in eugual misura preziosi . Ma di questo non ci si rende conto perchè ciascuno vive una sola di queste tradizioni e percepisce le altrte dall'esterno . >>  di Simone Weil 


Uno che per parafreasare Padre Ernesto Balducci non posso definirmi solo cristiano

21.2.06

Senza titolo 1143



pur  non condividendo  la sua  appartenenza   al  gruppo dei degli ondivaghi   radicali che  vagano da destra  a sinistra  ( nonostante  abbiano  giuste  battaglie  )  compiango la  sua scomparsa  e  il suo spirito libero  che  ha  fatto delal  sua  malattia una  slotta pèer  tutti  .   . Ha detto di lui Umberto veronesi ( uno scienziato per il SI   al treferendum  di  giugno 2005 )  << Ma sta a noi  ad ogni individuo  che cammina verso la vita, non arrendersi e camminare fino all’oasi che ristora il deserto >>   vittima  della famigrerata  e vergognosa di un paese civile  , imposta dal vaticano il quale  ha  fatto fallire il referendum    legge 40 del 2004  qui il testo ( a voi ogno  commento in merito   ) per la  quale  si  è tenuto  un referendum  fallito  sia per le pressioni della  chiesa  e dele  autorità religiose ; sia  del  partito  del non voto che ha  fatto  leva    anche  su quelli che sarebbero andato a votare  NO  , adducendo la scusa   è  un tema  delicato lasciamo che sia il parlamento a decidere   ;  sia  per  l'incapacità  di  coinvolgere  da parte  delal sinistra  (   cattolica poca  , lòaica  molta  gli utenti   nella  campagna   del SI  .




fra le tante parole  ipocrite  che  ci saranno  mi sembra  opportuno  far parlare   Luca  stesso  con   questo articolo  Vivere (e morire) con Dignità riportato dall'unità del 25\9\2005


Non essendo io, né forte, né coraggioso, riconoscendo i miei limiti e la mia finitezza, vorrei guardare il futuro e al futuro con la consapevolezza di riuscire ancora a trasportare altrove i miei sentimenti e le mie azioni. Queste ultime sono doverose quanto mai necessarie. Così come è doveroso, quanto mai necessario, creare, ricreare motivazione e partecipazione per tentare di vincere il tempo delle ipocrisie, della mediocrità e della precarietà del diritto, della democrazia, della legalità. Vorrei davvero che questo primo passo di riflessione e di proposizione di intenti che si è appena compiuto a Fiuggi, orientasse tutti noi a ricercare trame di conoscenza in chiave di ieri, contigue e continue, in chiave di domani. Che possano le identità storiche, politiche, sociali e culturali di ciascuno di noi, confluire in una nuova realtà, in un nuovo imperioso progetto politico.Per me la battaglia di «libertà per liberare la vita» sta divenendo ancor più difficile, al limite del possibile quando il respiro diviene più corto, quando momenti di difficoltà respiratoria o dispnea soprattutto durante la notte, impediscono un adeguato scambio di aria, perché è compromessa la funzione dei muscoli respiratori, perché la malattia fa diminuire, il livello di ossigeno nel sangue e aumentare quello della anidride carbonica. Il mio neurologo mi ha suggerito di pianificare, se decidessi di protrarre la mia esistenza, l’intervento di tracheotomia, l’intervento che consente ad una persona di vivere attaccata ad un ventilatore meccanico. Il discorso mi è sembrato semplice. Non so come sia vivere per mezzo di una macchina. La morte si sa è una realtà che appartiene all’esistenza e al vivere, imprescindibile, in qualche modo rimossa e negata dalla società italiana, dove il morire, l’ars vivendi la morte, è vissuto come fatto emotivo esclusivamente personale ed isolato. È difficile dunque, parlare con libera franchezza, con libertà, della morte, non per esorcizzarla o per svelarne il mistero se un mistero della morte esiste, quanto piuttosto come questione sociale, come problema politico laddove il morire è legato a condizioni estreme di dolore e sofferenze, intollerabili. L’eutanasia deve porsi al centro del dibattito sociale.Ecco dunque il diritto alla dignità del morire, il riconoscimento del diritto di morire dignitosamente, il riconoscimento della volontà del morente, libera, autentica volontà assunta come norma che preveda e garantisca, la manifestazione della coscienza di ciascuno di noi, che non esprima altro significato se non quello intimamente voluto. Per quanto riguarda la semplicità e la logicità del discorso del mio neurologo circa la ventilazione invasiva, non mi fa sentire affatto tranquillo. La scelta, qualunque sia, è una scelta di sofferenza, di dolore e forse per la prima volta di estremo coraggio. Vi parlo dalla mia casa in Orvieto. Da qui voglio annunciare che il Quarto Congresso dell'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica si terrà proprio ad Orvieto dal 2 al 4 dicembre 2005. La scelta della mia città natale, dove vivo non è casuale o semplicemente legata alle mie attuali condizioni di salute sebbene riguardano oggi una capacità respiratoria compromessa e a rischio. Ho scelto la mia città perché la battaglia per la libertà, per liberare la mia vita, per darci e dare una speranza a milioni di malati, per la difesa dei diritti dei deboli e degli oppressi, di chi è senza voce, è iniziata per me qui, quando ancora le mie mani potevano azionare una leva che mi consentiva di “viaggiare” in aperta campagna su di uno scooter elettrico per disabili. Un viaggio dove i sogni di un uomo giovane e libero, ancora vivo, si sono infranti, ma dov’anche ho iniziato a costruire o meglio a ricomporre i pezzi di un io a volte a me sconosciuto, per un nuovo me stesso e ha percorrere la strada che voi tutti conoscete. Questo anno festeggio il mio decimo anno di lotta alla sclerosi laterale amiotrofica e non potevo che ricostruirla e rigenerarla in un luogo che ho visto per un po’ di tempo terra estranea e straniera. Concludo con alcune parole di Jacques de Bourbon Busset: non occorre «divinare l’avvenire probabile, ma preparare l’avvenire auspicabile, e procedere anche più oltre: sforzarsi di rendere probabile l’avvenire auspicabile». Se davvero riuscissimo a rendere possibile, il futuro desiderabile, il progetto politico augurabile, il Paese ne uscirebbe forte in termini di legalità, di democrazia, di rispetto e di riconoscimento di diritti civili, ne uscirebbe rafforzato in termini di uguaglianza nel combattere ogni forma di oppressione e di ingiustizia, di integralismo e di fondamentalismo, per una sorta di morale della responsabilità per laici e credenti. «Libertà per liberare la vita» così si intitola un numero della rivista radicale «Diritto e Libertà». Un titolo che riassume il senso più profondo che ho cercato di attribuire a ciascuno dei desideri che si agitano in me da quando in modo burrascoso, violento e sconvolgente sopravvivo alla sclerosi laterale amiotrofica. Desideri che si dilatano o si restringono, che vanno verso le persone e le cose del mondo o si allontanano da esse.
 concludo   riportanmdo : 1) 
dal libro Il maratoneta di Luca Coscioni  *Noi che non possiamo aspettare*C'era un tempo per i miracoli della fede. C'è un tempo per i miracoli della Scienza. Un giorno, il mio medico potrà, lo spero, dirmi: Prova ad alzarti, perché forse cammini.Ma, non ho molto tempo, non abbiamo molto tempo.E, tra una lacrima ed un sorriso, le nostre dure esistenze non hanno certo bisogno degli anatemi dei fondamentalisti religiosi, ma del silenzio della libertà, che è democrazia. Le nostre esistenze hanno bisogno di una cura, di una cura per corpi e spiriti.Le nostre esistenze hanno bisogno di libertà per la ricerca scientifica. Ma, non possono aspettare.Non possono aspettare le scuse di uno dei prossimi Papi. >> NaifSuper del  blog  Zomberos  fatto da  alcuni fans  delkla trasmissione  Zombi  di diego Cugia ; 2)  e il  necrologio del   suo siito ( www.lucacoscioni.org )  Non fiori ma sostegno all’Associazione Luca Coscioni (chiamando il numero 06-6826 oppure versamenti sul Conto corrente postale n. 41025677 intestato Assoc. Luca Coscioni, Via di Torre Argentina, 76 – 00186 Roma). E  con  una  sega mentale  ( ma stavolta  non  voglio  usare  il  sinonimo  elucubrazione dedicata  a tutti  i nostri  onerevoli ( se  cosi  si posso ancora chiamare   gente che crea tali  obbrobri legislativi  )   in  particolare  a quelli  che hanno spaccato il fronte refendario illudendo la  gente  che tale   bruttura  era un tema  delicato   da mandare al referendum e   si  dove   risolvere  per  via legislativa   : quanti morti per malattier  come  quelle di  Luca  cosacioni   cio devono essere ancora  ?  quante persone  malate o portatrici  di gravi malattie  dovranno andare  all'estero   per  potersi curare  o  per  farsi una semplice analisi pre impianto  ?

14.2.06

Senza titolo 1130

Nel post precedente  avevo detto  che  non ero riuscito a trovare  le  " famigerate  " (  giudicando aprioristicamente  )  vignette   anti islamische  ,  ed  ecco pur  di  soddisfare  il mio metodo  di  non giudicare  apriori  ho scritto al sito  a  sito xenofobo  dei giovani padani entrando in con traddizione   con i miei  principi anti razzisti  e   antifascisti   di cui parlo  nel  nostro blog ,  eccole  qui .Dopo  averle viste  e  tradotte  parzialmente perchè  non conosco  bene l'inglese  , mi  è venuto il disgustato   e  al rabbia che  ha confermato  quanto  ho scritto nel   post precedente  

Cosi come lo  è  anch questa  news   destinata acreare ulteriore caos  in medio oriente  e in europa 

Come era stato preannunciato negli scorsi giorni, oggi in Iran è partito il concorso attraverso il quale verrà scelta la migliore vignetta satirica sulla tragedia dell'olocausto. Una immagine è stata pubblicata dal quotidiano Hamshahri, un'altra da un sito web che ha sposato la stessa iniziativa. Si tratta di una rappresaglia per la recente pubblicazione, su alcuni giornali europei, di vignette satiriche che avevano come protagonista Maometto, vignette che come è noto hanno generato proteste - talvolta molto violente - in tutto il mondo islamico. La decisione di pubblicare immagini di scherno sullo sterminio degli ebrei ad opera dei nazi-fascisti è stata oggi condannata duramente dal cancelliere austriaco Wolfgang Schuesse      



10.2.06

Senza titolo 1125

Cercando  su  google news   notizie  che non  fossero i pastoni o  le  veline  di rai mediaset ( salvo poche eccezioni )  e  dei giornali servi  ( salvo  due  o  tre  )  ho trovato  questa news    riportata   ---- come potete  vedere   da  i  link virtuali  ---- inizialmente   dai giornali stranieri e poi  da  alcuni giornali nostrani  altrimenti   come quasi   sempre  accade nei giornali " ufficiali "  rimasta  sotto  silenzio  o  relegata  in  qualche trafiletto  ( per i  giornali  nazionali )  flash  d'agenzia per  le tv   senza approfondimento e  commenti   .
La  news in questione di cui   parlo  nel  post  d'oggi   è  tratta  daun sito \ portalòe locale  http://redazione.romaone.it/ e  da un quotidiano  nazionale    repubblica online   entrambi del 8.c.m


"Roma attenta, il cimitero inglese cade a pezzi"




L'allarme arriva dal New York Times in un lungo articolo dedicato allo storico luogo di sepoltura per i non cattolici di Monte Testaccio, che ospita le spoglie di poeti come Keats e Shelley: "Questo pezzo di paradiso è in rovina. Si sta deteriorando per colpa dell'inquinamento e dell'incuria"


Roma, 8 febbraio 2006 - Il cimitero degli Inglesi di Roma, quello che ospita le tombe degli stranieri e dei non cattolici, versa in situazione disperate ed ha bisogno di un profondo restauro: se ne preoccupa il New York Times, dedicando oggi un lungo articolo a quello che ufficialmente si chiama il cimitero acattolico del Monte Testaccio ''Oggi - scrive il prestigioso quotidiano della Grande Mela - questo prezioso pezzo di paradiso, in rovina e in crisi finanziaria, e' stato recentemente aggiunto nella lista dei 100 siti maggiormente in pericolo sulla Terra. Molti dei monumenti stanno cadendo a pezzi come le ossa che ospitano, danneggiati dall'inquinamento e da anni di incuria archeologica''.IL cimitero, detto anche dei protestanti, ospita tombe illustri come quelle dei poesi inglesi John Keats e Percy Bysshe Shelley, del rivoluzionario Antonio Gramsci, del poeta Dario Bellezza, dello scrittore Carlo Emilio Gadda.




dal quotidiano  repubblica :
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Al cimitero degli acattolici di Roma, ricorda Rosenthal, sono sepolti, tra i tanti, i poeti Shelley e Keats, la famiglia Bulgari, l'unico figlio di Goethe, il padre fondatore del comunismo europeo Antonio Gramsci, decine di diplomatici. Potrebbe essere il Père Lachaise (il cimitero parigino degli artisti) di Roma, ma soffre per una cronica mancanza dei fondi necessari al suo mantenimento ottimale (vedere , qui  a destra la foto fatta  dal New York Time  al  cimitero  degli acattolici )        "Oggi questa preziosa parte di paradiso - si legge nell'articolo - è in decadenza e in crisi finanziaria, tanto da essere stato recentemente aggiunto alla 'World monument fund's 2006 watch list' che comprende i cento siti più a rischio estinzione della terra. Parte dei problemi del cimitero, fondato nel 1734, derivano dal fatto che è da sempre stato considerato come un qualcosa di estraneo in una città cattolica come Roma, dove il Vaticano per tradizione ha sempre pagato i più costosi lavori pubblici. Oggi però neanche il governo italiano lo ritiene degno di un aiuto finanziario. Per questo il sito è gestito da una commissione volontaria di ambasciatori stranieri a Roma. Ma anche questa struttura creata appositamente non ha le risorse finanaziarie necessarie al suo mantenimento". Tuttavia sul sito del cimitero si mostrano le immagini di un recente restauro, avvenuto nel 2000, e che ha avuto per oggetto sia alcune tombe di particolare importanza che alcuni reperti di epoca romana. " Ci si potrebbe innamorare della morte, pensando di poter essere sepolti in un luogo così dolce", scriveva Shelley. Forse anche adesso che il cimitero sta morendo a poco a poco, con la vegetazione selvatica che cresce indisturbata. "Sembra bello e romantico, ma le lapidi stanno cadendo a pezzi", denuncia Valerie Magar, una specialista nella conservazione dei beni culturali del Centro per lo Studio e la Conservazione e il Restauro dei beni Culturali dell'Onu. Questo è un sito che richiede molte cure - spiega ancora l'esperta - ma il loro costo va oltre il budget del cimitero". Anche perchè, rimprovera l'autrice dell'articolo, non ci sono contributi da parte italiana. I visitatori sono invitati all'ingresso a dare un contributo, ma evidentemente neanche questo è sufficiente. E così quello che lo scrittore Oscar Wilde definì "il luogo più sacro di Roma", rischia di precipitare nel degrado.
>>

Sono queste le cose  che  mi fanno vergognare  d'essere italiano e  odiare  il mio paese   . Meditate  gente  meditate ( come diceva  una  famosa pubblicità deglianni '70\80   interpretata da renzo arbore  )  in cui paese  siamo  che non  ha  rispetto  dele sue  opere  d'arte  e del  suo patrimonio
  artistico  perchè,ebbene si cari cdv ,  anche  i cimiteri posso essere    sono  arte  come dimostra  sia il cimetero  degli artisti  di parigi pere-lachaise.com  ( qui il sito  del cimitero  per chi volesse veederlo   prima   di andare  o  se non  può andarci   )-- in cui  fino a  qualche tempo   fa  era  sepolto  anche jjm morrison  leader dei doors ---   e  come  ha dimostrato  Philippe Daverio ( foto  a destra  ) ----  un  comunista   perchè  fà cultura  ma  che   in realta  è di destra  ) con la trasmissione  "Passepartout" ( trasmissione che si  occupa   ogni volta ad un tema specifico che trae i suoi spunti dal patrimonio culturale, dalla storia, dalle notizie di cronaca e dalle mostre in corso) .di  Rai Tre per  che  và in nonda ogni  domenica  alle  13.20  su rai tre e  che  lòa scorsa settimana  si occupato dei  cimiteri artistici italiani  fra  cui  quello   sopracitato di Roma  concludo  con questa canzone dei dooors  per  il cui testo ringrazio    questo  bellissimo sito http://web.tiscali.it/Until_The_End/   di un\a  fans    dei gruppo   fra  i più  importanti  degli anni  '60\70 i Doors (il sito  ufficiale  http://www.thedoors.com/ )   


THE END



This is the end
Beautiful friend
This is the end
My only friend, the end
Of our elaborate plans, the end
Of everything that stands, the end
No safety or surprise, the end
I'll never look into your eyes...again
Can you picture what will be
So limitless and free
Desperately in need...of some...stranger's hand
In a...desperate land
Lost in a Roman...wilderness of pain
And all the children are insane
All the children are insane
Waiting for the summer rain, yeah
There's danger on the edge of town
Ride the King's highway, baby
Weird scenes inside the gold mine
Ride the highway west, baby
Ride the snake, ride the snake
To the lake, the ancient lake, baby
The snake is long, seven miles
Ride the snake...he's old, and his skin is cold
The west is the best
The west is the best
Get here, and we'll do the rest
The blue bus is callin' us
The blue bus is callin' us
Driver, where you taken' us
The killer awoke before dawn, he put his boots on
He took a face from the ancient gallery
And he walked on down the hall
He went into the room where his sister lived, and...then he
Paid a visit to his brother, and then he
He walked on down the hall, and
And he came to a door...and he looked inside
Father, yes son, I want to kill you
Mother...I want to...fuck you
C'mon baby, take a chance with us
C'mon baby, take a chance with us
C'mon baby, take a chance with us
And meet me at the back of the blue bus
Doin' a blue rock
On a blue bus
Doin' a blue rock
C'mon, yeah
Kill, kill, kill, kill, kill, kill
This is the end
Beautiful friend
This is the end
My only friend, the end
It hurts to set you free
But you'll never follow me
The end of laughter and soft lies
The end of nights we tried to die
This is the end


e  con la  citazione degli ultimi versi  dei sepolcri di  Ugo Foscolo ( opera  considerata stucchevole  quando la studiai alla  superiori  , ma  ora rivalutata  conoscendo  1)  la  storia  "  occulta  "  -- stragi  , misteri   del  nosro amato\ odiato paese  negli ultimi 200 anni  ; 2)  lo scempio che  questo governo sta facendo  , aiutato  dai centro sinistra) e la  loro  parafrasi \ commentio  curato  da   questo sito  letterario

[...]

Proteggete i miei padri. Un dí vedrete

mendico un cieco errar sotto le vostre

antichissime ombre, e brancolando

penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne,

e interrogarle. Gemeranno gli antri

secreti, e tutta narrerà la tomba

Ilio raso due volte e due risorto

splendidamente su le mute vie

per far piú bello l'ultimo trofeo

ai fatati Pelídi. Il sacro vate,

placando quelle afflitte alme col canto,

i prenci argivi eternerà per quante

abbraccia terre il gran padre Oceano.

E tu onore di pianti, Ettore, avrai,

ove fia santo e lagrimato il sangue

per la patria versato, e finché il Sole

risplenderà su le sciagure umane.

[...] 279-fine: Le tombe risponderanno (funzione ispiratrice della poesia, grazie alle tombe dei grandi uomini) e parleranno di Ilio (Troia, Ilio, dal nome del suo fondatore) distrutta due volte (da Ercole e dalle Amazzoni) e due volte risorta in silenzio per rendere più gloriosa la conquista ai greci, portati dal Fato. Il sacro profeta (Omero) calmando gli eroi morti con la poesia, renderà, col suo canto eterni i capi greci per uno spazio quasi infinito per tutto il mondo (ai tempi di Omero il mondo si pensava circondato da un immenso fiume, l'Oceano). E tu, Ettore (figlio di Priamo) sarai onorato in tutti i posti dove è ritenuto sacro il sangue versato per la Patria fino a quando il sole illuminerà le infelicità della vita.


con questo  è tutto  alla prossima


24.11.05

Senza titolo 1000


 
dopo aver  letto , sui  giornali che  il  film  Melissa p di francesca neri   , ha superato  i Pinguini  in marcia  (  un film bellissimo   da  un mio amico che  si scarica i  film dalla rete  ) . rilegendo
il post  di odiomuso  mi chiedo  :  non è che siamo tutti  ( salvo eccezioni o mosche bianche   )  assuefatti  dal sesso \  erotismo ormai divenuto mercificato  basta vedere  la pubblicità di qualunque  oggetto . Cosi pure  nei  programmi tv  in particolare quelli   d'intrattennimento ( reality  e  affini )    o   dal successo   che hanno   le  ex pornostar  ora  per opportunismo o   per  coerenza  convertite alla  religione  o  presentatrici di  programmi  per  bambini  : oppure il successo di trasmissioni in cui compaiono  tette  e culi   oil suiccesso  ( esperienza personale   con  dei miei condomini  quando  vivevo in affitto  a Sassari ) di  trasmissioni   come passaparola  o menate simili :  oppure  sotto  forma  di  pubblicità sui  giornali  femminili e non   .. Ma  allora , mi rivolgo specialmente  ale donne  e alle ragazze   invece di scandalizzarsi  ipocritamente    quando  i loro mariti \  partner  oppure  figli  i e/o amici    guardano  un  film  hard  oppure   leggono  giornali  \  giornalini pornografici, perchè non  s'incazzano  sollevano contro questa   merciificazione del loro corpo   ma  anche  del sesso  e dell'erotismo  cioè  di  una  delle cose  più belle   che adirittura  stanno alla base  della vita  ?  Come dimostra il film citato precedentemente,smettendo di comprare quel giormnale  o  o  quel  prodotto  oppure  non  guaerdando  certi programmi  ?  Ora ritornando  al film   esso  ha  tutto questo successo  sia per questo intrigante sottotitolo "sccopri cosa è vero". C sia  pèerchè  è tratto  da    il film tratto dal best-seller 'Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire' che nel 2003 spopolò nelle librerie di mezzo mondo grazie alle confessioni erotiche della sedicenne siciliana Melissa Panarello , ma  soprattutto per  il  batage  mediatico e  per la trovata     come  ho  già parlato nel     blog in particolare  qui (  non ricordo  gli altri   url   e  non mi và  di ricercarli per evitare di riaprire vecchie ferite ormai   chiuse\cicatrizzate  quasi come quella avvenuta  l'anno  sorso  con la nostra ex   cdv  roseinthewind.splinder.com ) dell'editore : ragazza minorenne+sesso=   molti  € . Inoltre  per quanto riguarda il film in questione    ,  ho letto   diverse   stroncature  a destra  (  in malafede o al limite  )  e  a sinistra  (  in buona fede   o   in alcuni  casi  come  l' www.unita.it  nel mezzo )  e  poi  è stato  rinnegato  dalla stessa  attrice del   libro  ,  non è  un granchè   si  regge  perchè ad  incarnare sullo   schermo le avventure (o fantasie ?) della protagonista è la   giovane rivelazione   spagnola Maria Valverde( vedere  foto al lato  )  contornata - tra gli altri - da   una   grande Geraldine Chaplin nei panni della  nonna e Fabrizia Sacchi in  quelli della   madre e  che  a  giurare il film , sia  stata  una  donna   francesca  neri  . Ha  ragione   l'unità  quando  dice   che per  tale  film ci sarebbe  voluto  tinto   bras   Oppure questa del sito filmup  leonardo da cui prendo molto   spesso foto e recensione  per  il nostro  blog   << [....]   Una sceneggiatura   che  occhieggia a meta-letture intimiste e    sociologhicheggianti, una   realizzazione tecnica riconducibile a nulla più  che  a una modesta fiction   televisiva, fanno il resto, mettendo a nudo un film  che  trova la sua cifra   nell'essere un catalizzatore di introiti pubblicitari e di   botteghino e poco più,  sfruttando beceramente un caso letterario che, nel  suo essere tale, si     connotava già come opera falsa e furba.Una qualsiasi  commedia  all'italiana anni '70 servirà, e meglio, a soddisfare le domande   che  si   pongono rispetto al film [...] .>> qui il testo integrale    Ora   ci  attenderà un   altro battagè  mass mediatico e  pubblicitario  pari  o  superiore  a  quello  avvenuto  con  melissa p che presentava  il suo libro . Speriamo  che  esso non  mi  faccia  lo stesso effetto   che  mi spinse a comprare  e  a buttare  via  12 € circa per il libro  .. E  che non  faccia  prevalere  ulteriormente  la ia tendenza   di voler ascoltare, leggere e guardare  vchiunque   ogni  lamento   per parafrasare una  canzomne  famosa  ( non riporeto il titolo  e testyo  perchè l'jhoriportato  tante di quelle  volte  in questo  blog  ) e  voiler  fare  , molto spesso  a  tutti i  costi  il bastian contrario ed andare  contro corrente   a tutti i costi  , anche  quando  non è neccessario e  si prendono delle  " scoittature  e delle "cadute  " inutili  peer la costruzione della  tua opera  d'arte  ( esperienza   di vita  ) .Concludo  con un consiglio  a coloro che   sono teledipendenti  ( compreso a  volte  anche il sottoscritto ) fate un gersto  rivoluzionario  spegnetela e leggete un libro  o  chiaccherate  andate a parlare con un vicxino   oppure  se non ne  potete fare  ameno   cambate  canale   .  Non so  più  che altro dire  con questo  è tutto alla prossima

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...