Visualizzazione post con etichetta storie di donne. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta storie di donne. Mostra tutti i post

3.9.19

Le ragazze del radio: uno dei segreti più terribili d’America

visto  l'indirizzo del sito  da cui  ho tratto la storia  d'oggi     credevo fosse  uno di  quelli acchiapalike  pieni  pubblicità  o  con news  sensazionalistiche  o inventatre  . invece :  alla  fine dell'articolo  compare questa  scritta


Poi ho  fatto  varie ricerche . ed  ecco  che ho trovato  conferma .
 oltre  all'articolo  di    commentimemorabili    che  trovate sotto  ecco    cosa  dice 

https://www.notizie.it/ragazze-radio-salvarono-lavoratori/




La storia dimenticata delle ragazze del radio, le cui morti salvarono migliaia di lavoratori

radio
Non vengono mai ricordate, ma le ragazze che morirono a causa del radio durante la prima guerra mondiale sono le anticipatrici dei diritti dei lavoratori

Durante la prima guerra mondiale, centinaia di giovani donne andarono a lavorare nelle fabbriche di orologi, dipingendone i quadranti con della vernice luminosa al radio. Ma presto le ragazze, che letteralmente scintillavano nel buio dopo il proprio turno, cominciarono a sperimentare effetti collaterali spaventosi. Per loro ebbe infatti inizio una lotta tremenda contro la giustizia. Una lotta che però cambiò per sempre la legge sul lavoro negli Stati Uniti d’America.
Il 10 aprile 1917, una ragazza di 18 anni, Grace Fryer, iniziò a lavorare come pittrice di quadranti presso la United States Radium Corporation (USRC) di Orange, New Jersey. Ciò avvenne esattamente quattro giorni dopo che gli Stati Uniti erano entrati in guerra. Con due fratelli soldati, Grace voleva fare tutto il possibile per dare una mano agli sforzi bellici. Non aveva idea del fatto che il suo nuovo lavoro le avrebbe cambiato la sua vita per sempre. E con essa anche i diritti dei lavoratori americani.

Le ragazze fantasma

Con la dichiarazione di guerra, centinaia di donne si trovarono a lavorare per dipingere orologi e quadranti con il nuovo elemento del radio, scoperto da Marie Curie poco più di 20 anni prima. La pittura dei quadranti, considerata “il lavoro elitario per le ragazze povere”, veniva pagato il triplo rispetto al lavoro medio in fabbrica. Le donne che erano impiegate in questo tipo di lavorazione potevano quindi considerarsi fortunate. Il lavoro dava infatti alle donne la propria libertà finanziaria, in un momento di grande crescita del lavoro femminile.
Molte di loro erano ancora adolescenti, con le piccole mani perfette per il lavoro artistico. Le ragazze diffondevano il messaggio del loro nuovo lavoro attraverso l’amicizia e le reti familiari. Spesso, in questo modo, molte donne della stessa famiglia si trovavano a lavorare insieme nella medesima fabbrica.
La luminosità del radio faceva parte delle sue caratteristiche. Tanto che le “pittrici di quadranti” presto vennero chiamate le “ragazze fantasma“.
Esse infatti si illuminavano letteralmente al buio dopo la fine di ogni turno. Grace e le sue colleghe seguivano pedissequamente la tecnica che gli era stata insegnata, ovvero la minuziosa mansione di dipingere i minuscoli quadranti degli orologi. Alcuni di questi erano grandi solo 3,5 centimetri. Le ragazze si impegnavano a dipingere i quadranti con solerzia. E ogni volta che alzavano i pennelli usati in vicinanza delle loro bocche, inghiottivano un po’ della vernice verde brillante.

Verità e bugie

La prima cosa che abbiamo chiesto era: fa male questa cosa?“. Mae Cubberley, che insegnò a Grace la tecnica di pittura, raccontò più tardi quanto segue. “Naturalmente non volevamo mettere niente in bocca che ci avrebbe fatto male. Il sig. Savoy [il direttore della fabbrica] ci disse che il radio non era pericoloso. Non dovevamo avere paura“. Ma questo non era vero. Fin dal primo momento in cui l’elemento incandescente era stato scoperto, esso fu noto anche per i suoi potenziali danni. Marie Curie stessa aveva subìto delle ustioni da radiazioni del radio.
Altra gente era morta per avvelenamento del radio prima ancora della vicenda di queste ragazze. Ecco perché gli uomini che maneggiavano il radio indossavano grembiuli di piombo e manipolavano il materiale con delle pinze d’avorio. Tuttavia le pittrici di quadranti non ebbero mai tali protezioni, né nessuno le avvertì che ne avrebbero potuto aver bisogno. A quel tempo si riteneva infatti che una piccola quantità di radio, come quella che le ragazze si trovavano a manipolare, non era ritenuta dannosa, ma anzi quasi salutare. Si beveva acqua al radio come tonico e si compravano anche cosmetici, burro, latte e dentifricio contenenti tale elemento. I giornali riferivano addirittura che il suo utilizzo avrebbe “aggiunto anni alla vita!”.
Ma questa credenza era fondata sulla base di ricerche condotte dalle stesse imprese di radio che avevano costruito l’industria lucrativa attorno all’elemento. Esse ignoravano del tutto i segnali di pericolo che riguardavano tale elemento. Quando gli fu chiesto, i dirigenti di tali fabbriche dissero alle ragazze che la sostanza avrebbe “messo rose nelle loro guance”.

La prima vittima del radio

sub-buzz-22226-1493845486-1
Nel 1922 una delle colleghe di Grace, Mollie Maggia, dovette uscire dalla fabbricaperché si sentiva poco bene. Quello che sarebbe diventato il suo tremendo travaglio iniziò con un dente dolorante. Il dentista glielo tirò via, ma un altro dente cominciò a cariarsi e dovette essere anch’esso estratto. Al posto dei denti mancanti, la povera Mollie fu dilaniata da ulcere agonizzanti con sangue e pus. La ragazza iniziò poi a soffrire di atroci dolori alle gambe, talmente forti da renderla incapace di camminare. Il medico pensava che fossero reumatismi e la mandò a casa prescrivendole della semplice aspirina.
Nel maggio del 1922 Mollie era completamente disperata. A quel punto aveva già perso la maggior parte dei suoi denti e la misteriosa infezione si era diffusa. Tutta la mascella, la bocca e anche alcune delle ossa del cranio erano infette. Ma il peggio doveva ancora venire. Quando il dentista toccò delicatamente la sua mascella, con il suo orrore vide che essa di spezzava sotto le dita. In pochi giorni, Mollie perse l’intera mascella inferiore. La ragazza stava letteralmente scomparendo. E non era nemmeno l’unica. Anche Grace Fryer aveva problemi con la sua mascella e provava dolori sofferenti ai piedi, così come altre ragazze.
Il 12 settembre 1922, la strana infezione che aveva afflitto Mollie Maggia in meno di un anno si diffuse ai tessuti della gola. La malattia attraversò lentamente la sua vena giugulare. Alle 5 del pomeriggio di quello stesso giorno, la bocca della ragazza era inondata di sangue, con una emorragia così forte che non poteva essere fermata. La povera ragazza mori all’età di soli 24 anni. Erroneamente sul certificato di morte fu riportato che era morta di sifilide, in modo che la sua ex azienda avrebbe potuto in seguito utilizzare la cosa contro di lei.

La copertura

Il datore di lavoro delle giovani donne negò ogni responsabilità per tutte le morti avvenute nel corso di quasi due anni. Dopo una crisi economica causata da quello che sembrava un semplice pettegolezzo, nel 1924 egli incaricò un esperto per esaminare la connessione tra la loro mansione in fabbrica e la morte delle giovani donne.
Quando l’esperto confermò il legame tra il radio e le malattie, il presidente dell’azienda venne oltraggiato. Invece di accettare i risultati, pagò nuovi studi che giunsero alla conclusione opposta. Egli mentì anche in merito al verdetto della relazione inviata al Dipartimento del Lavoro, che aveva iniziato a indagare sui fatti. Denunciò pubblicamente le donne additandole come speculatrici che tentavano di affibbiare le loro malattie alla ditta.
Fu Grace a dare inizio alla lotta, decisa a trovare un avvocato anche dopo le numerose infamie che non credevano a quanto raccontato da lei e dalle altre donne. Tutti i legali a cui si erano rivolte scappavano spaventati a causa delle potenti implicazioni che poteva portare il caso. Non volevano infatti prepararsi a combattere una battaglia legale che richiedeva il ribaltamento della legislazione esistente. A quel tempo, l’avvelenamento del radio non era una malattia comprensibile. Non era neppure stata scoperta, fino a quando appunto le ragazze non si ammalarono. Le donne stesse furono bloccate dagli statuti di legge, che stabilivano che le vittime da avvelenamento professionale dovevano presentare i loro casi legali nel giro di due anni a partire dai primi sintomi della malattia.
Intanto l’avvelenamento del radio risultava sempre più insidioso. La maggior parte delle ragazze manifestarono i primi sintomi da avvelenamento anche cinque anni dopo aver iniziato a lavorare nella fabbrica di orologi. Si trovavano quindi intrappolate in un circolo giuridico vizioso. Ma Grace era figlia di un delegato sindacale ed era determinata a tenere teste a una società chiaramente colpevole.

La luce che non mente

La sfida più grande delle donne avvelenate dal radio stava dunque nel dimostrare il legame tra le loro misteriose malattie e l’elemento incriminato. Quello stesso elemento, appunto, che avevano ingerito centinaia di volte al giorno durante le ore di lavoro. Le ragazze si trovarono a combattere anche contro la diffusa convinzione che il radio fosse sicuro. Solo quando il primo impiegato maschio della ditta morì, gli esperti cambiarono finalmente opinione. Nel 1925, un brillante medico di nome Harrison Martland elaborò un test che dimostrò una volta per tutte come il radio avesse effettivamente provocato l’avvelenamento delle donne.
Martland spiegò anche cosa stava accadendo all’interno dei loro corpi. Già nel 1901 era evidente che il radio poteva danneggiare gli esseri umani quando veniva inalato. Pierre Curie stesso aveva dichiarato di non voler restare in una stanza con un chilo di radio puro, perché questo gli avrebbe bruciato tutta la pelle dal corpo, distrutto la vista e “probabilmente ucciso”. Martland scoprì che quando il radio veniva usato internamente, anche in piccole quantità, il danno era migliaia di volte maggiore.
sub-buzz-21528-1493844882-7
Il radio ingerito dalle lavoratrici si era quindi insediato nei loro corpi. Ed emetteva radiazioni costanti e distruttive per le loro ossa. Vi erano letteralmente dei buchi all’interno delle loro ossa mentre erano ancora in vita. Il radio attaccò le donne in tutto il corpo. La colonna vertebrale di Grace Fryer risultava “schiacciata” e la donna dovette indossare una gabbia contenitiva in acciaio. La mascella di un’altra ragazza fu divorata come un pezzo di legno al fuoco. Anche le gambe delle donne si ridussero spontaneamente e si fratturano.

I bagliori al buio

Spesso le donne si rendevano conto di essere state avvelenate dal radio perché vedevano il loro bagliore riflesso in uno specchio al buio. Come delle ragazze fantasma, esse si rifletteva brillando con una luminosità innaturale. Martland aveva capito che l’avvelenamento da radio era fatale. Ora che l’elemento era stato assorbito dal loro organismo, non c’era modo di rimuovere il radio dalle ossa dalle ragazze.
Nel 1938, Catherine Wolfe sviluppò un tumore a una gamba. Come Mollie prima di lei, anche lei perse i denti e pezzi della mascella. Era costretta a tenere un fazzolettino sulla bocca per assorbire il pus che continuava a sgorgare. Aveva anche visto che altre sue colleghe stavano morendo davanti ai suoi occhi e decise di fare qualcosa. Quando Catherine iniziò la sua lotta per la giustizia, si era intorno alla metà degli anni ’30. L’America era alle prese con la Grande Depressione. Catherine e le sue colleghe venivano evitate dalla comunità per aver denunciato una delle poche aziende rimaste ancora in piedi nonostante la crisi.
Sebbene ormai vicina alla fine quando il suo caso entrò in tribunale nel 1938, Catherine ignorò i consigli medici e fece dichiarazioni anche dal suo letto di morte. In tal modo, e con l’aiuto del suo avvocato Leonard Grossman, finalmente la donna ebbe giustizia. Non solo per sé stessa, ma per tutti i lavoratori. Se le altre donne non morirono in modo tremendo come successe a Mollie, esse comunque soffrirono di micidiali sarcomi.

L’eredità del caso

sub-buzz-21486-1493844370-2
Il caso delle ragazze del radio è stato uno dei primi in cui un datore di lavoro fu ritenuto responsabile della salute dei dipendenti della propria società. Il caso ha portato alla costituzione dei regolamenti nei luoghi di lavoro. In ultimo, diede il via anche alla costituzione dell’Amministrazione per la Sicurezza sul Lavoro. La quale ora opera a livello nazionale negli Stati Uniti per proteggere i diritti di tutti i lavoratori.
Prima dell’istituzione dell’OSHA, ogni anno 14.000 persone morirono sul posto di lavoro. Oggi tale numero ammonta a poco più di 4.500 persone all’anno. Le ragazze del radio hanno lasciato un’eredità alla scienza davvero preziosa.Nonostante ciò, non leggerete spesso i loro nomi nei libri di storia. Perché oggi le ragazze del radio sono state dimenticate. Attraverso le parole delle donne ricavate dai loro diari, dalle lettere e dalle loro testimonianze in tribunale, il libro The Radium Girls tenta di rimediare a questo torto. Perché è attraverso la loro forza, la sofferenza e il sacrificio di queste giovani vite che i diritti dei lavoratori sono stati presi in considerazione. Tutti, in fin dei conti, beneficiamo del loro coraggio.
Grace Fryer e Catherine Donohue, per citarne solo due, sono donne che dobbiamo onorare e salutare come eroine senza paura. “Brillano” nella storia per tutto quello che hanno realizzato nella loro vita troppo breve. E brillano anche in altri modi… Perché il radio ha un’età media di 1.600 anni … ed è ancora incorporato nelle loro ossa. Le ragazze fantasma luccicheranno ancora nelle loro tombe per un bel po’ di tempo…


Ed ecco  l'articolo     di  https://www.commentimemorabili.it/ 02/09/2019


Conoscerete di certo la triste vicenda dell’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl.

Che abbiate o non abbiate visto la serie televisiva omonima, saprete tutti di cosa parliamo quando nominiamo la radioattività. Potrebbe non essere qualcosa di preciso, nelle vostre menti. Potrebbe essere un’idea nebulosa, figlia di disinformazione, nozioni espresse in maniera confusa ed una sinistra luminosità scintillante.
È forse per questo che la storia ha cercato di archiviare una delle faccende più oscure che siano mai capitate, oltre i disastri avvenuti in pompa magna. Perché se una centrale nucleare esplode, nonostante i tentativi di sminuire la faccenda, prima o poi si verrà a sapere. E non solamente per la nube tossica che macinerà chilometri tutto intorno.
Ma se il radio piano piano si insinua nella vita delle donne, sponsorizzato come prodotto di bellezza, elemento affatto tossico ed anzi, un toccasana, la situazione può facilmente sfuggire di mano e viaggiare sul confine del detto/non detto per decine di anni. Ovviamente mietendo vittime tutt’intorno.
Le ragazze del radio

È questa la storia delle ragazze del radio, le operaie che durante la prima guerra mondiale gestirono a loro insaputa un materiale altamente radioattivo con davvero non troppe precauzioni. Per moltissime “Radium Girls” non vi fu un domani. Le povere malcapitate iniziarono a morire come mosche prima di rendersi conto del filo del rasoio su cui stavano passeggiando.i abbiamo già raccontato in un paio di articoli (questo uno tra tutti) di come persino la celeberrima Marie Curie fosse inizialmente ignara dell’estrema tossicità dell’elemento chimico da lei stessa scoperto. È noto infatti che la donna usasse girovagare con barre di radio in tasca, non sapendo che proprio tali barrette luminescenti l’avrebbero condotta ad una tragica e prematura dipartita.Per le ragazze del radio la questione non andò tanto diversamente. Dopo la scoperta, da parte dei Curie, nel 1898, il loro apprendista Sabin von Sochocky una quindicina di anni dopo, insieme al medico George Willis, sperimentò il radio creando una sorta di vernice luminescente in grado di far luce nell’oscurità.I due erano probabilmente ignari del fatto che la strabiliante vernice luminosa avrebbe distrutto migliaia di vite negli anni a seguire. All’epoca però la questione era promulgata come innocua ed il radio veniva addirittura inserito all’interno di creme per il viso e prodotti di bellezza.
image: https://www.commentimemorabili.it/wp-content/uploads/2019/08/ragazze-del-radio-segreto-America-05-568x1024.jpg
Le ragazze del radio
Fonte: Notizie
Le operaie di cui andiamo a raccontarvi, però, lavoravano tutti il giorno all’interno di una fabbrica di orologi. Il loro compito era quello di dipingere di vernice luminosa e radioattiva i quadranti, insieme ai loro fidati pennelli a cui aggiustavano la punta con l’uso di mani nude e lingua.
Quello che avvenne tra la comunità scientifica, i media e le persone comuni fu particolarmente confuso e controverso. Sochocky e Willis parevano essere piuttosto consapevoli del fatto che il radio fosse tossico. Il primo dei due pare addirittura si sia tagliato un dito in seguito ad un graffietto intercorso con il materiale radioattivo.
Ma le informazioni a riguardo, tra la gente comune, non trapelarono per anni. I media, poi, elogiarono il radio come quella sostanza miracolosa in grado di curare praticamente ogni malattia. Pilloline contenenti la sostanza mortale venivano distribuite come fossero vitamine e la gente ne buttava giù a manciate, ignara del fatto che, se ingerito, il radio finisce per entrare direttamente nelle ossa.
image: https://www.commentimemorabili.it/wp-content/uploads/2019/08/ragazze-del-radio-segreto-America-01.jpg
Le ragazze del radio

Ma tutto questo i media non lo raccontavano e il veleno mortale era rintracciabile ovunque in commercio. Ma torniamo alle ragazze del radio. Le operaie in questione lavoravano all’interno della fabbrica US Radium Corporation, attiva tra il 1917 ed il 1926. Il posto di lavoro sembrava un vero paradiso per una donna. Lavoro onesto, piuttosto semplice e ben pagato. Ma, come abbiamo detto, per molte fu l’ultima esperienza della propria vita.Perché orologi?, vi starete domandando. La Us Radium Corporation si occupava di diverse cose. Una tra tutte l’estrazione del radio dal minerale di provenienza, la carnotite. La vernice radioluminosa creata da Sochocky e Willis viva commercializzata dalla ditta Undark, appaltatrice del Ministero della Difesa Americana. Praticamente qualsiasi militare possedeva un orologio con quadrante e lancette radioilluminate.Come abbiamo detto, alcuni conoscevano i rischi per la salute, ma la questione non venne a galla prima di un certo periodo. D’altro canto, i chimici che maneggiavano il radio, ad esempio per estrarlo dalla carnotite, erano pesantemente equipaggiati. Schermi in piombo, maschere e tenaglie, oggetti salvavita che gli ignari operai addetti alla verniciatura degli orologi neppure si sognavano.
Le ragazze del radio

Anzi, centinaia di lavoratori furono incoraggiati ad affusolare i pennellino con le labbra, cosa che a moltissimi costò la vita. Alcune donne, poi, per divertimento ed ignoranza, finivano per dipingersi unghie, denti e vestiti di quella vernice luminosa. Un’aura di sfavillante gioia mortale che però servì a qualcosa di molto più grande.Mentre i fondatori dell’azienda si riempivano di piombo per aggirare il problema, nessuno si preoccupò mai di informare le ragazze sui rischi della sostanza maneggiata quotidianamente. Tagliare i costi era diventato più importante di espandere radioattività a macchia d’olio. Come vi abbiamo accennato, le donne erano felici del proprio mestiere. I residui splendenti si attaccavano ai loro vestiti, marchiandole indelebilmente.Cosa dici però loro facevano un vanto. Le “dee luminose”, felici e soddisfatte, invitarono famiglie ed amici negli stabilimenti, andando ad aumentare ancor di può il giro di infetti al momento presenti solo in Illinois. Fino al 1922 tutto scorse tranquillo, fino a quando morì Mollie Maggia. La donna semplicemente visitò il dentista per un mal di denti. Il medico le rimosse ascessi dolorosi, ulcere pulsanti che le avevano compromesso le gengive.In poco tempo le infezioni si diffusero agli arti, rendendola incapace di camminare. Nei mesi seguenti la donna venne invasa da ulcere purulente, le furono rimosse mandibola e mascella e la poverina, appena ventiquattrenne, ad un certo punto si spense. I medici, però, insabbiarono la faccenda attribuendo la morte della povera Mollie alla sifilide. Nell’arco di due anni dozzine di giovani avevano subito lo stesso destino.

8.3.18

speciale storie di donne : Giulia Nizzola e i pacchi di Pasta Magna applica la suia laurea ad “Packaging: scegliere con gli occhi” ., L’operaia e storica Rsu Fiom Angela De Marc Si laurea in filosofia con 110 alla Ca’ Foscari di Venezia e, con indosso il camice blu da lavoro della Zanussi, che era stato prima di sua zia e poi di sua mamma, dedica il traguardo a tutte le donne e gli uomini che hanno contribuito a rendere grande quell’azienda che oggi è l’Electrolux di Porcia. ed altre storie

oggi 8 marzo raccolgo un post con storie di donne  La prima è tratta , come le altre due le ho prese dalla la pagina fb di geolocal,da http://gazzettadimantova.gelocal.it/mantova/cronaca/2018/03/07 , mentre l'ultima  ma nnon per  questo meno importante  e bella   tratta  da  la  nuyova  sardegna  


Giulia Nizzola e i pacchi di Pasta Magna

MOGLIA-SUZZARA. Un prodotto lo si sceglie con gli occhi? Il bello, la forma pagano più del contenuto? Sono le domande che Giulia Nizzola, 22 anni di Moglia, domiciliata a Suzzara dopo il terremoto, si è posta nella propria tesi di laurea, incentrata su una ricerca sperimentale di neuromarketing e decisioni d’acquisto, per il corso triennale di Grafica all’Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia. Per arrivare alle risposte, Giulia ha elaborato un test, che è il titolo della sua tesi, “Packaging: scegliere con gli occhi” e i risultati che ha ottenuto hanno sorpreso anche lei.
Giulia ha inventato un prodotto, una pasta, ha creato un logo, un marchio, una confezione (tutto finto naturalmente), poi con la collaborazione del personale del Conad Superstore di Suzzara, ha esposto il prodotto tra gli scaffali del supermercato. Una pasta gourmet, di quelle che si trovano nei ripiani dedicati ai prodotti artigianali o regionali ricercati; una pasta più costosa delle altre, però, avvolta in un bel sacchetto di carta grezza, come quella del pane, con tanto di logo scritto a mano, il nome dell’azienda (pure quella falsa) che ricorda la nostra terra Magna (è in dialetto), grano aureo prodotto a Mantova. «Volevo concretamente vedere - racconta Giulia - come le persone potessero reagire di fronte a un nuovo prodotto di cui non conoscevano né il brand produttore né la confezione: ho creato quindi un mio packaging. Ho dovuto aggiungere alcuni plus rispetto alle marche competitors perché il mio prodotto potesse farsi vedere ed essere diverso: il sacchetto di carta da pane, la scritta con stampi a mano, ho aggiunto anche un elastico alla confezione, da utilizzare per richiudere il sacchetto una volta aperto. Per poter realizzare il test, però, è stata di fondamentale importanza la disponibilità del direttore del punto vendita Conad Superstore di Suzzara, Roberto Lugli».
Giulia racconta di aver preparato 45 sacchetti di pennette, farfalle, fusilli («ho preso i pacchi da 5 chili del Tosano, e il mio relatore ha stampato i sacchetti nella sua piccola tipografia»); la Conad le ha concesso per una settimana per esporli su tre ripiani dello scaffale della sezione gourmet e le ha permesso anche di restare di fianco agli scaffali per osservare i movimenti dei clienti. «Sabato 10 e domenica 11 febbraio, con la mia supervisione, solo cinque persone hanno guardato il prodotto, nessuna ha deciso di comprarlo; da lunedì 12 a venerdì 16 febbraio i sacchetti sono stati sullo scaffale senza la mia supervisione e 47 persone sono andate in cassa col prodotto. Poi le commesse hanno riferito loro che si trattava di una ricerca e quella pasta non era in vendita. Però siamo rimasti tutti sorpresi di quanto fosse piaciuto, tenendo conto anche del prezzo, 1,49 euro, il doppio delle paste comuni. Un risultato insperato. Quindi sì, ho avuto la risposta formulata nel mio test: la forma paga, l’abito fa davvero il monaco».
La discussione della laurea è andata benissimo. «Eh già, 110 e lode finale che voglio proprio dedicare al direttore del Conad Lugli. Lo ringrazio di cuore per quello che ha fatto». Ora per Giulia cominciano gli stage in aziende e poi chissà, magari arriverà una carriera pubblicitaria.







OPERAIA SI LAUREA IN FILOSOFIA:...
Operaia si laurea in filosofia: camice blu e dedica ai lavoratori Zanussi
Angela De Marco è una ex dipendente e storica Rsu della Lavinox. Ha saputo gestire tutti gli impegni meritandosi un 110
                                        di Giulia Sacchi





PORDENONE. Si laurea in filosofia con 110 alla Ca’ Foscari di Venezia e, con indosso il camice blu da lavoro della Zanussi, che era stato prima di sua zia e poi di sua mamma, dedica il traguardo a tutte le donne e gli uomini che hanno contribuito a rendere grande quell’azienda che oggi è l’Electrolux di Porcia.L’operaia e storica Rsu Fiom Angela De Marco da ieri è dottoressa. Ha discusso la tesi di laurea magistrale sulle trasformazioni del lavoro nell’era neoliberista. Una tesi nella quale è racchiusa anche la storia di lavoro e di attività sindacale dell’ex operaia della Lavinox di Villotta di Chions.Un pezzo importante della sua vita, insomma. Un percorso non semplice, ma ricco di soddisfazioni, quello universitario, per Angela che è mamma di due bambini, ai quali ha dedicato la tesi. Contando solamente sulle proprie forze, è riuscita a gestire lavoro e famiglia e a coronare un sogno: chiudere il percorso di laurea triennale nel 2012 e poi quello magistrale ieri.Donna tenace e che non si ferma davanti a nulla, Angela ha studiato nei pochi momenti liberi: di notte e nei fine settimana. Sulla sua pelle ha provato quanto sia difficile per una donna gestire i tempi di conciliazione di lavoro e famiglia, e nel suo caso pure di università e sindacato.«Ho toccato con mano l’assenza di strumenti adeguati per sostenere le donne che lavorano, hanno figli e studiano – ha raccontato –. Ho avuto la prova di come tanti, dai politici al mondo delle istituzioni, si riempiano la bocca di tutele nei confronti delle donne che nella realtà si rivelano inesistenti. Nonostante il mio percorso sia stato pieno di ostacoli, non ho mollato: la laurea era una sfida che ho vinto».In questi anni di studio, Angela ha lavorato sodo non soltanto per non fare mancare nulla ai suoi bambini, ma anche per essere sempre al fianco dei suoi colleghi di Lavinox in momenti non semplici. Mentre preparava gli esami, l’azienda di Villotta di Chions è fallita: per l’operaia un colpo al cuore, che ha avuto ripercussioni pure sullo studio.«Sono stati mesi difficili e il percorso universitario ne ha risentito, subendo un rallentamento», ha raccontato. Ma nemmeno questo ha fermato Angela, che ha trovato il tempo per studiare tra una manifestazione sindacale e un tavolo di confronto a Unindustria. Episodi che rivivono nelle pagine di quella tesi in cui si parla di com’è cambiato il lavoro, soprattutto in fabbrica, e dei mutamenti che ha subito il mondo sindacale. Ambiti che sono entrambi in crisi.Un’analisi che non si limita a ripercorre il pensiero di filosofi e studiosi, tra cui Karl Marx, ma che indaga a fondo le dinamiche del cambiamento, mettendone in evidenza in primis le conseguenze negative e dando voce anche ad alcuni protagonisti, tra l’altro del Pordenonese.Angela ha intervistato il segretario generale della Fiom Maurizio Marcon, che ha un’esperienza da operaio alla Cimolai di Pordenone, ed Efrem Basaglia, operaio metalmeccanico della Savio macchine tessili e storica Rsu Fiom, oggi in pensione. «Interviste fondamentali per entrare nel vivo dell’argomento della tesi – ha spiegato De Marco –. Chi meglio di persone che hanno seguito da vicino il cambiamento del mondo del lavoro, tra aumento della precarizzazione e della disoccupazione, poteva proporre una riflessione su questa tematica?».La discussione della tesi per Angela è stata un momento di forte emozione: mentre illustrava il lavoro di ricerca, scorreva davanti agli occhi la sua vita.«Ho faticato a trattenere le lacrime – ha raccontato –. Dedico questo percorso a quanti hanno contribuito a rendere grande la Zanussi, con impegno e tra tante difficoltà, a chi lotta per avere un’occupazione e per i suoi diritti e a quanti hanno perso la vita per difendereil proprio lavoro. Da oggi sono sì una dottoressa, ma che non dimentica le sue origini. Rimarrò sempre un’operaia e sono fiera di avere indossato il camice simbolo delle tute blu in uno dei momenti più importanti della mia vita».


Crisi e secondo figlio: resta disoccupata e fonda un'azienda
Storie di donne: Stefania adesso vende decorazioni in tutto il mondo. Il suo racconto

di Alice Ferretti




PADOVA. Si è rimboccata le maniche ed è ripartita da zero, supportata da una grande forza d’animo, dalle sue passioni e da una bellissima famiglia. Così Stefania Taddeucci, 47 anni, mamma e imprenditrice, dopo un periodo di forte crisi è riuscita a fare del suo sogno il suo lavoro.
Oggi è titolare dell’azienda “La banda del riccio”, dal nome della passione del figlio maggiore per questo animaletto. Stefania disegna e produce adesivi decorativi per le camerette dei bambini e la sua attività in soli tre anni si sta espandendo in modo significativo. «Sono presente in sette portali di e-commerce e vendo le mie decorazioni in tutto il mondo», spiega entusiasta l’imprenditrice.
Non è stato semplice. Stefania, originaria di Firenze, ma che per amore diciannove anni fa si è trasferita a Noventa Padovana, fino al 2010 ha lavorato nell’ambito della moda. «Per vent’anni ho fatto la stilista per bambini, collaboravo con tutte le più grandi aziende, poi con la crisi le cose hanno iniziato ad andare male». Molte aziende d’abbigliamento per cui lavorava chiudono i battenti e le poche rimaste tardavano a effettuare i pagamenti. «In quel periodo sono anche rimasta incinta del mio secondo figlio, cosa che mi ha ancor più danneggiata. Quando mi presentavo nelle aziende con il pancione mi guardavano come un’appestata».



Da qui per Stefania si è aperto un periodo difficile. «Ho smesso di lavorare e ho vissuto un anno di lutto. Ero in forte crisi e alternavo momenti di gioia per la bambina che stava arrivando a momenti di grande sconforto». I lunghi mesi di stop però non sono riusciti a fermare lo spirito creativo e ambizioso della mamma, che ne ha approfittato per reinventarsi. «Ho pensato di decorare la cameretta della mia bambina con degli adesivi. Ho realizzato i disegni e li ho fatti trasformare in adesivi da una ditta specializzata».
E il risultato è arrivato da subito. Non appena la foto della cameretta decorata ha preso a girare in rete, e in particolare sui social network, hanno iniziato a piovere apprezzamenti. «L’idea piaceva. Inoltre il mio sogno è sempre stato quello di fare l’illustratrice per bambini. Ho pensato che quella poteva essere la mia strada», dice la mamma imprenditrice, che con le sue creazioni e un gazebo ha iniziato a girare i mercati di Padova e provincia raccogliendo curiosità e consensi. Così nel 2015, grazie anche ai consigli di Confartigianato, Stefania ha registrato il suo marchio e da quel momento è nata quella che è una vera e propria azienda. «Ho comprato un plotter e adesso faccio tutto a casa», spiega. «In un mese riesco a spedire in tutto il mondo circa 170 adesivi decorativi. Per ora sono da sola ma se l’azienda continuerà a crescere il prossimo obiettivo è aprire un laboratorio». Nell’ultimo anno l’azienda ha realizzato un fatturato di 100mila euro.
«Ho tutto quello che si può desiderare. Un lavoro meraviglioso, che è anche la mia passione, e la possibilità di lavorare a casa, a contatto con mio marito e miei due figli».



L'INTERVISTA - Guida il Comune da 9 anni, ma non chiamatemi sindaca
Il primo cittadino di Onanì: «La parità di genere non c’entra con il linguaggio»
di Silvia Sanna

SASSARI. Sindaca o sindaco? Meglio sindaco, risponde subito Clara Michelangeli. Che, confessa, alla lunga discussione sulla parità di genere nel linguaggio non si è molto appassionata. Dal 2009 primo cittadino di Onanì, comune della Baronia di 390 abitanti, il sindaco Michelangeli, di professione agronomo e mamma di un bimbo, indossa la fascia da quando aveva 28 anni. Il secondo mandato si chiuderà l’anno prossimo e sull’eventuale tripletta ancora non ha deciso. Tutti in paese la chiamano sindaco perché lei preferisce così. «La verità? Non credo che l’utilizzo del genere maschile sia una forma di discriminazione nei confronti delle donne. La parità è altro».


E' giusto festeggiare l'8 marzo?

«Certo, la festa della donna è importantissima per ricordare le discriminazioni subite in passato, per manifestare solidarietà a chi vive in Paesi dove la donna subisce emarginazione, violenze e abusi. E soprattutto per ricordare chi per colpa di uomini violenti soffre e spesso perde la vita».

La violenza di genere è un fenomeno in crescita, come combatterlo?

«Io credo che prima di tutto debbano essere educati gli uomini. Il rispetto deve essere insegnato a chi non lo manifesta in maniera naturale. E gli uomini in gamba devono essere d’esempio per gli altri. Per questo oggi nelle piazze colorate di rosa e negli appuntamenti dedicati all’8 marzo, sarebbe bello vedere non solo donne ma anche mariti, fidanzati, fratelli».

Flash mob, corse rosa, spettacoli teatrali e convegni: sono utili per contrastare la violenza sulle donne?

«Sono importanti per almeno due aspetti: per sensibilizzare il numero più alto di persone sul fenomeno e per fare sentire le vittime meno sole. In una situazione di abusi la solitudine spinge a chiudersi in se stesse e fa crescere la paura».

È questa paura che spinge tante vittime a non denunciare?

«Credo che diversi sentimenti si mescolino. La paura, la vergogna, spesso la volontà di non turbare i figli, magari bambini. Ma incide moltissimo anche l’incertezza del dopo, di quello che accadrà se si decide di dire basta. Per questo serve una rete, la società deve essere in grado di accogliere e tutelare queste donne. E le manifestazioni dell’8 marzo, la condivisione di situazioni simili, il confronto delle esperienze, aiutano a capire che è possibile uscirne»

Lei è mai stata discriminata in quanto donna da quando fa politica?

«Non nel ruolo di sindaco. Ma in politica i pregiudizi resistono ed è difficile scardinarli. Soprattutto se decidi di fare il salto, mi è successo quando decisi di candidarmi alle Regionali».

Qualcuno la criticò?

«Mi dissero cose che a un uomo non avrebbero detto. “Sei sicura di volerti impegnare così tanto in politica? Hai riflettuto sul fatto che trascurerai la famiglia, il tuo bambino?”. Ci rimasi male, ebbi la conferma che la parità di genere è un sogno lontano».

Il consiglio regionale ha approvato la legge sulla doppia preferenza. Sarà utile?

«Una premessa: per fare politica bisogna avere una forte passione, e la passione non ha sesso. Per questo ritengo che la legge sarà utile per garantire una maggiore presenza di donne in consiglio regionale, che sono certamente poche. Ma neanche questa è la soluzione».

Si spieghi meglio.


«Le capacità, come la passione, non dipendono dal sesso. Sarebbe sbagliato votare una donna (o un uomo) solo per garantire parità numerica. Le forzature possono rivelarsi controproducenti. La vera parità arriverà quando le donne saranno premiate per il loro valore»

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...