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30.7.08

censura mediatica perchè gay Alan Rogers il 4000 soldato morto in Iraq

Che strano paese gli Usa  patria   dei diritti civili   e  dele  battaglie pert i diritti umani   , oltre che  della    contro  cultura   per i diritti  dei Gay  e  non solo ,   pattia  di bigotti e conservatori   come testimonia questa news 







Bufera mediatica negli Usa sull'eredità morale del maggiore Alan Rogers, (  foto in basso  a  destra  ) il militare di carriera morto il 27 gennaio in Iraq dopo essere saltato in aria su una mina mentre era in servizio di pattuglia a Baghdad. Per il Pentagono è un eroe, un patriota modello, per gli attivisti omosessuali è invece il primo soldato gay a morire in guerra, un simbolo contro l'omofobia nell'esercito.Del caso in America se ne sono occupati tutte le testate più importanti. Secondo il prestigioso settimanale "New Yorker", la vicenda potrebbe cancellare definitivamente la politica di "non chiedere per non dire" varata dall'amministrazione Clinton negli anni '90 per i militari gay in divisa. Ma non tutti la pensano a questo modo. Sull'apertura ufficiale delle porte dell'esercito ai gay, osteggiata dal Pentagono e da McCain e fortemente voluta da Obama, l'opinione pubblica è divisa e negli Usa la questione tiene banco.Dopo la morte in Iraq, il maggiore Alan Rogers fu sepolto con tutti gli onori del caso e definito come "un ufficiale di grandissimo talento". In quell'occasione nessuno menzionò invece il suo orientamento sessuale, che il soldato, in osservanza delle regole non scritte della caserma, non confidò mai ai suoi commilitoni. Nel dare la notizia della tragica scomparsa in Iraq, anche il Washington Post e la National Public Radio sorvolarono sull'omosessualità del militare, concentrando la loro attenzione sul suo eroismo e sulla sua carriera esemplare. Un silenzio che non è piaciuto agli attivisti gay, che del maggiore hanno fatto subito un'icona della battaglia omosessuale contro la politica del "Don't ask don't tell"."Quando Rogers morì il Pentagono si è accollato l'eredità morale da chi sta cercando di strumentalizzarla politicamente", scrive il settimanale New Yorker. Gli fa eco il colonnello Mike Hardy, l'ufficiale incaricato di seguire il dossier Rogers dopo la morte. "Non aveva preso nessuna iniziativa per essere ricordato come soldato gay", ha spiegato il militare. La realtà invece è assai più complicata e il caso si è trasformato in un tormentone.Poco prima di morire il maggiore aveva deciso di lasciare le forze armate per poter vivere da gay alla luce del sole. "Era un omosessuale che aveva sottoscritto in pieno i valori dell'esercito ma che aveva scoperto che alla resa dei conti questi valori non funzionavano per lui come persona'', ha dichiarato un amico al settimanale, alimentando le polemiche attorno alla vicenda. La rivista The Washington Blade ha accusato il Pentagono di "voler tenere un soldato gay nell'armadio mentre lui voleva che la sua storia fosse raccontata".

9.6.08

Il baciamano

Care Amiche e Amici

come sarebbe bello se tutti i cattolici "dissidenti" prendessero carta e penna e scrivessero personalmente al proprio vescovo pregandolo di inoltrare la papa il proprio dissenso dall'orrenda visita di Berlusconi al papa con "baciamo-le-mani" incorporato. L'effetto sarebbe più grande che non una raccolta di firme perché sarebbe personale e spedita vi posta, segno che si è pensato, scritto, andato alla posta e imbucato. Non importa se nno risponderà nessuno. Ciò che importa è il gesto profetico in se stesso.

A tutti con amicizia e stima.


Paolo Farinella, prete


PS. "Il Giornale" di Berlusconi questa volta con un titolo virgolettato "Farinella: Arsenico per il Papa", chiede alla gerarchia la mia sospensione a divinis. Non sapevo che il mio vescovo fosse Paolo Berlusconi, ma tutto è possibile, anche l'impossibile, se è possibile che Berlusconi Silvio sia ricevuto dal papa.





Finestrella politico-religiosa



di Paolo Farinella, prete


Genova, 09 giugno 2008

 L’immagine di Silvio Berlusconi che prende tra le sue la destra anulata del papa e, «inclinato capite», compunto, ne bacia l’anello, consapevole della dissacrazione che compie, ha fatto il giro del mondo e si è depositata nell’immaginario collettivo dei più come atto di devozione verso l’autorità, riconosciuta, del papa. Il contrasto con le dichiarazioni di Romano Prodi, dopo il «fattaccio» della Sapienza di Roma è abissale e incolmabile. Il cattolico praticante appare il nemico e censore del papa, mentre l’inquisito per frode ed evasione, il condannato, il corruttore, il compratore di senatori a suon di attricette da strapazzo, il puttaniere, il Piduista, l’ateo divorziato difensore della famiglia, appare, di colpo, quasi per magia, l’umile figlio della Chiesa, «prostrato al bacio della sacra pantofola». Il gesto del bacia-anello è stato ripetuto ancora alla fine dell’udienza. «Repetita iuvant».


Dicono i bene informati che il rito del «baciamo-le-mani, Santità!» non è stato spontaneo e istintivo, suggerito dall’emotività del momento che sarebbe stato comprensibile. E’ stato studiato a freddo da esperti psicologi e creatori di consenso d’immagine. Ciò aggrava il fatto e costituisce un doppio «vulnus» che difficilmente sarà riparabile. Peccato, che il papa sia stato al gioco e non abbia rotto il giocattolo fin dall’inizio. A meno che tutto non fosse concordato, come fa supporre il fatto che il Vaticano abbia preteso, fatto unico nella storia della diplomazia vaticana, la presenza del «Gentiluomo di sua Santità, Gianni Letta, come «garante» e testimone dell’incontro. Segno che Berlusconi è tenuto al guinzaglio corto dal sistema clericale imperante.

Come cittadino italiano, sono indignato che il presidente del consiglio dei ministri, che rappresenta la mia nazione, abdichi alla sovranità e alla dignità del mio paese, prostrandosi in baciamano che somiglia più a rappresentazione di stampo mafioso che non a un atto di devozione sincera. Mi ripugna essere rappresentato da un uomo che pur di ingrassare il suo «super-ego», dimentica ogni parvenza di dignità e usa e strumentalizza qualsiasi cosa gli sia utile per i suoi perversi scopi. Egli «fa finta» perché è un finto uomo che ha sempre vissuto di finzione, costruendo sull’apparenza e sull’effimero un potente potentato economico e ora anche politico, «clero iuvante». A questo «homo parvus» dell’opportunismo e della strumentalizzazione si oppone la chiarezza fiera di un grande statista, integerrimo cattolico e anch’egli presidente del consiglio dei ministri, Alcide De Gasperi, che il papa Pio XII nel giugno del 1952, volle umiliare, annullando l’udienza privata con la famiglia, già programmata da mesi, perché si oppose all’ordine del papa di fare il governo con i fascisti. De Gasperi convocò ufficialmente l’ambasciatore della Santa Sede presso l’Italia, e, stando in piedi, dietro la sua scrivania di capo del governo dell’Italia, disse: Signor Ambasciatore, riferisca al papa che come cristiano accetto l’umiliazione, come presidente del consiglio dei ministri della repubblica italiana, protesto energicamente e chiedo spiegazioni.

Come cattolico praticante, sono indignato e scandalizzato che il papa si presti al gioco mediatico di accreditare come modello di figlio devoto e pio della Chiesa un individuo come Silvio Berlusconi senza chiedergli previamente un atto di conversione e/o di penitenza. Egli è adoratore di «mammona iniquitatis» perché ha fatto l’ingiusta ricchezza con l’inganno, il furto, la corruzione, l’evasione fiscale. Egli è divorziato, abortista e i suoi figli convivono more uxorio, fatti che sarebbero questioni private, se il presidente del consiglio non si dichiarasse cattolico e non andasse dal papa «coram populo et mundo» a parlare in difesa della famiglia secondo la visione della Chiesa: allora anche le sue scelte private diventano fatti pubblici e criteri ermeneutici. Egli è implicato con la mafia (ne ha ospitato uno a casa sua ed è fratello germano di un altro, condanno in secondo grado per mafia). Egli sta perseguitando gli immigrati, tra i quali vi sono migliaia e migliaia di uomini e donne di religione cattolica, di cui il papa dovrebbe essere padre, difensore e vindice, in forza della sua paternità universale. Ho visto latinoamericani, africani e orientali, cattolici, piangere di fronte allo scandalo del papa che accettava l’omaggio di un persecutore ateo e amorale.

Il pastore riceve il lupo travestito da agnello, e abbandona gli agnelli al loro destino: anzi a molti, a tanti, pare che il pastore così sembra autorizzare il lupo a devastare il gregge. E’ ancora fresca nella memoria, la scelta del papa che, per opportunità di equilibri politici internazionali, non volle ricevere il Dalai Lama, premio Nobel per la pace, mentre a meno di tre mesi delle elezioni, riceve il predatore d’Italia, colui che con le sue tv ha degradato l’Italia in forza del principio, pubblicato sul giornale del papa, l’Osservatore Romano (6 giungo 2008), che «la televisione privata dovrebbe avere tra le sue funzioni quella di divertire, come seconda funzione quella di informare e soltanto successivamente, quella di formare». Egli ha detto queste cose alla radio e sul giornale del Vaticano e nessuno gli ha tolto la sedia di sotto e lo ha rimandato a casa. Di fronte all’opinione pubblica, il papa approva.

Santità, mi sento parte integrante della Chiesa-Sacramento e riconosco la sua autorità di papa in quanto vescovo di Roma, ma non mi sento parte di un sistema che pure lei rappresenta: un sistema di connivenza con i potenti che prosperano sui poveri, che affamano i poveri, che manipolano i poveri che nessuno difende. Nemmeno il papa.



Note a làtere:
1. Silvio Berlusconi ha regalato al papa una croce tempestata di pietre preziose fatta fare apposta: un pezzo unico e solitario. Nello stesso momento a due passi di distanza, la Fao ammetteva il suo fallimento sul dramma della fame del mondo: la croce tempestata di diamanti e il Crocifisso affamato. Mai stridìo di simboli fu più drastico. Il 6 giugno 2008 «fu vera gloria ? Ai posteri l’ardua sentenza». Per me, resta un giorno di lutto per la Chiesa cattolica, un fallimento del papato, una vergogna per l’Italia ferita nella sua dignità di Nazione laica.


22.11.07

Intervista fai da te

Vi invito cortesemente a visitare il Blog agimurad.splinder.com  ove è pubblicata una Video intervista   fatta  sul portale  di YouTube ecco qui l'url  http://www.youtube.com/watch?v=K0IG4I3YAT0  che riguarda la mia vicenda di mobbing e oltre.




Grazie infinite. Giovanna Nigris

8.5.07

Senza titolo 1811

 Nel sito  I - www.mobbing-sisu.com -  della  nostra  utente  Giovanna  Nigris e  in questa intervista   da me rilasciatail 30 maggio 2006  potete leggere tutta la storia e il calvario di Giovanna Nigris,vittima del mobbing,del silenzio, e del menefreghismo delle nostre istituzioni.

Diamo voce a Giovanna Nigris

Cos’è il mobbing? Etimologicamente il termine fu inventato agli inizi degli anni settanta dallo studioso Konrad Lorenz, che analizzava il comportamento degli animali; l’etologo Konrad, coniò questo vocabolo per descrivere una particolare condotta di alcuni tipi animali; nei sui studi notò che alcune specie circondavano un proprio simile assalendolo in gruppo al fine di allontanarlo dal branco. Finché si parla di animali, alcuni comportamenti sono plausibili. La cosa cambia quan-do questo modo di agire bestiale è prerogativa dell’uomo cosiddetto “sapiens” ma che di sapiente a poco e niente. Di casi come quello che analizziamo oggi chissà quan-te decine di migliaia ne esistono in Italia. Cerchiamo di dare voce a chi voce non ha. Il mobbing sa bene cos’è Giovanna Nigris, nata ad Auronzo di Cadore (BL) il 16/07/1950, residente a Milano.
La Nigris quotidianamente combatte con il suo male, esattamente dal lontano 1994. “Tutto è iniziato tantissimi anni fa – racconta Giovanna – e oggi sono ridotta in condizioni gravissime a causa di una malattia che ho contratto in servizio: la tubercolosi. Sono stata vittima di lesioni colpose gravissime, omissione di atti d’ufficio, falso ideologico, violenza privata da mobbing, però non ho mai avuto giustizia in tribunale”. La bestialità dell’uomo si evidenzia già in queste poche parole. La storia della Nigris inizia agli albori di tangentopoli. “Il mio calvario è iniziato con il periodo di Mani Pulite. Lavoravo come assistente amministrativo presso il reparto oftalmico del Fatebenefratelli di Milano; un giorno, il mio capo ufficio, fu arrestato ed io trasferita senza preavviso. Da allora ho lavorato alla accettazione dei referti clinici, a contatto con campioni da analizzare, presso lo stesso ospedale. E’ una mia supposizione, ma credo fortemente che l’azione di mobbing nei miei confronti iniziò proprio con l’arresto del mio capo; pensavano sapessi qualcosa di importante e compromettente o che avessi assistito a dei fatti a cui non avrei dovuto assistere”. Trasferita per punizione in un reparto ad alto rischio, ma soprattutto senza alcun dispositivo di protezione individuale - previsto invece ai sensi del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 TITOLO IV - chiesti più volte dalla Nigris, ma mai consegnati; anzi, derisa e insultata perché, a loro dire, polemica e paranoica. Costretta in un ufficio stretto davanti allo sportello per l’accettazione senza alcun vetro di protezione. La discriminazione inizia così: la lenta e inesorabile bestialità umana parte da quell’ospedale, che in quanto tale dovrebbe garantire la salute pubblica e dei propri dipendenti. Ma il calvario della Nigris è soltanto all’inizio: si ammala di tubercolosi, il progredire della malattia complica sempre più la sua condizione fisica: “Le mie difese immunitarie sono scarse a causa del-le cure antitubercolari – dichiara Giovanna - effettuo una ossigenoterapia quotidiana e ho problemi neurologici alle gambe che, unitamente alla frattura dei menischi non operabili a causa della pregressa Tbc, mi hanno creato difficoltà di deambulazione. Spesso mi ritrovo degli stati febbrili che devo curare con antibiotici che debilitano ancora di più il mio già cagionevole stato di salute”. E lo Stato che fa? E’ latitante come sempre in questi casi. Varie denunce alla Magistratura tutte cadute nel vuoto... Ma non fanno certo di meglio i media: Rai e Mediaset, con i loro cavalli di battaglia, “Maurizio Costanzo Show”, “Le Iene”, “[i]Mi manda Rai 3[/]”, quei programmi che si occupano di dare spazio a casi come questo, da costoro, nemmeno una risposta; e non va meglio con la carta stampata.

4.1.07

Senza titolo 1558



due storie diverse ma unite dallo steso destino

La prima  è  La storia di Giampiero, ucciso dall'indifferenza



Giampiero Mariossi aveva 56 anni era nato in Sardegna ma da anni viveva a Roma. In carcere, come ha  denuciato poi Angiolo Marroni, garante regionale (del Lazio) dei diritti dei detenuti, non ci doveva stare. E non ci voleva stare. Per questo motivo, alla fine si è ucciso usando il lenzuolo del letto dell´infermeria in cui era ricoverato.
Giampiero da anni doveva fare i conti con una serie di malattie gravi che gli rendevano la vita impossibile. A minare il fisico la cardiopatia dilatativa, il morbo di Parkinson, gastrite cronica e inoltre quel tragico passato di ex alcolista e tossicodipendente. A Rebibbia stava scontando pene per reati collegati alla droga e sarebbe uscito dal carcere nel 2010. I suoi legali avevano pure chiesto l´applicazione delle pene alternative proprio per fronteggiare le cattive condizioni di salute. L´uomo, che non aveva neppure una famiglia e una casa dove andare, è rimasto in carcere. Ai primi di dicembre si è impiccato con un lenzuolo alle grate dell´infermeria. A lanciare l´allarme un altro detenuti ricoverato in infermeria. Quando sono arrivate le guardie non hanno potuto fare altro che constatarne la morte. Una tragedia che, come ha scritto subito dopo il garante regionale per i detenuti Angiolo Marroni, si sarebbe potuta evitare. «Da tempo Giampiero, doveva essere da tutt´altra parte - ha scritto in un comunicato -. Avrebbe potuto godere di misure alternative alla detenzione, ma non aveva un posto dove andare. Abbiamo segnalato più volte il suo caso, ricevendo solo risposte burocratiche, silenzio e indifferenza». Richieste cadute nel vuoto, che alla fine avrebbero spinto il detenuto ad uscire di scena nel modo più tragico. «Quel detenuto non doveva stare in carcere - è stata la presa di posizione della Cgil - una persona con quelle patologie deve avere la possibilità di essere curata anche perché in carcere non ci sono gli strumenti per poter intervenire concretamente».


 

l'altra  sono Storie dalla ricca America dove ammalarsi è un lusso







 new york, povero (ansa)In Italia si parla di malasanità. In America soffrono tutti, ricchi e poveri. Maria Santiago, una madre nubile di New York, nel 1998 è andata in ospedale per mettere al mondo il suo bambino e ha dovuto impegnarsi a pagare a rate tremila dollari: meno di un terzo di quello che costerebbe oggi un parto. «Sono una donna delle pulizie - racconta - e guadagno dieci dollari l´ora. Da otto anni tiro la cinghia ma sono ancora indebitata».
Maria è poverissima e forse il suo permesso di soggiorno non è in regola. Nel suo caso i meccanismi dell´assistenza sociale non sono entrati in azione. Prendiamo allora in esame una personalità ricca e famosa: il professor De Bakey, forse il più celebre cardiochirurgo del mondo. Si è fatto operare dagli allievi nella sua lussuosa clinica a Houston. Il conto per la degenza supera il milione di dollari e l´assicurazione rifiuta di rimborsarlo.
Gli Stati Uniti sono il solo Paese ricco che non riconosce il diritto alla salute. Per chi può pagare sono disponibili le strutture sanitarie più avanzate del mondo. Per gli altri niente. Invece di costruire nuovi ospedali, il governo federale e i 50 Stati forzano alla chiusura quelli che esistono, e in gran parte rimangono vuoti perché il prezzo dei ricoveri è dissuasivo.
Sulla lista nera è finito l´unico ospedale italiano di New York, dedicato a madre Cabrini e gestito dalle suore cattoliche da 114 anni. L´amministrazione del governatore Pataki ha deciso che nello Stato ci sono troppi posti letto e ha ordinato la chiusura di 16 ospedali, tra cui il Cabrini che ha 450 posti.
BERLUSCONI E GLI ALTRI - Non per nulla Silvio Berlusconi ha deciso di farsi operare da uno specialista italiano a Cleveland nell´Ohio. Se lo poteva permettere. Nelle cliniche degli Stati Uniti affluiscono pazienti danarosi da ogni parte del mondo, ma per gli americani non è garantita l´assistenza di base. Dal censimento del 2005 risulta che 47 milioni di cittadini, poco meno di un quinto della popolazione, sono privi di assicurazione sanitaria. In questa condizione si trovano 7 milioni di persone in più rispetto all´anno duemila.
BEATI I POVERI - Il governo federale americano spende per la sanità una percentuale del prodotto interno lordo superiore a quella di paesi come Francia e Germania, che forniscono ai cittadini servizi molto superiori. Non può contare sul calmiere del settore pubblico e deve pagare esorbitanti prezzi di mercato per le categorie a cui provvede: i poveri e gli anziani. Infatti chi ha compiuto 65 anni e ha versato almeno dieci anni di contributi ha diritto a Medicare, l´assistenza sanitaria per gli anziani, che rimborsa gli onorari dei medici ma non le medicine. Medicaid, la mutua degli indigenti, è riservata alle famiglie con un reddito inferiore a 15 mila dollari l´anno, il livello ufficiale della povertà. Sta peggio di tutti chi guadagna poco più di così e deve pagare medico e medicine.
LARGO AI PRIVATI - L´organizzazione mondiale della sanità, in una classifica dei sistemi sanitari, pone gli Stati Uniti al trentaquattresimo posto, dopo tutti i paesi europei compresi quelli dell´Est. Visti i prezzi proibitivi, si rivolge al medico soltanto chi è in condizioni di emergenza e il numero degli ospedali è in continua diminuzione. Nel 1980 in America c´erano circa quattromila cliniche private, che per effetto delle continue fusioni sono diventate 3750. Gli ospedali pubblici erano 1800 e oggi sono poco più di mille.
IL CASO DI WASHINGTON - Uno degli ultimi a chiudere è stato il «District of Columbia General Hospital», unico ospedale pubblico di Washington, che da due secoli curava tutti, ma in particolare i poveri e i neri. Il comune non poteva più sostenere le spese e lo ha dato in gestione a un consorzio privato, che ha immediatamente eliminato i reparti da cui non si poteva aspettare profitti. Washington è una delle città più povere e peggio amministrate del mondo. Nei quartieri del sud est, dove nessun bianco mette piede dopo il tramonto, ci sono condizioni di vita da terzo mondo. La mortalità infantile è del 12,5 per mille, il doppio rispetto alla media nazionale, l´aspettativa di vita è inferiore ai 60 anni. Negli ultimi tempi l´ospedale pubblico era diventato una corte dei miracoli, con una pittoresca clientela di senza tetto, di madri nubili indigenti, di disoccupati in cerca di un pasto caldo e pregiudicati in libertà provvisoria. Cinquanta anni fa i ricoverati erano in media 1600, al momento della chiusura erano 119.
HILLARYCARE - Nel 1991 Bill Clinton fu eletto presidente grazie alla promessa di una riforma sanitaria, e per la prima volta dagli anni 60 il suo partito ottenne la maggioranza assoluta alla Camera e al Senato. Il progetto si scontrò immediatamente con una ovvia difficoltà: la sanità non è mai gratis, quello che non si paga subito si pagherà con le tasse. Il nuovo presidente affidò la riforma all´ambiziosa moglie Hillary, che riunì un gruppo di intellettuali scelti per l´impostazione ideologica più che per l´esperienza nel settore. Dopo un anno di riunioni a porte chiuse, il 22 settembre 1993 Hillary presentò al Congresso un disegno di legge di mille pagine, che avrebbe obbligato i datori di lavoro a pagare l´assicurazione per tutti i dipendenti. La sanità restava in mani private ma sottoposta a regole e controlli minuziosi. Il piano, ribattezzato con derisione «Hillarycare», suscitò una levata di scudi. Al Congresso la maggioranza democratica si unì all´opposizione. Il 26 settembre 1994 George Mitchell, capogruppo democratico al Senato, annunciò che il piano di Hillary non sarebbe stato preso in considerazione.
UN MEDICO ITALIANO - Mentre a Washington i politici evitano il problema come un campo minato, a Chicago un medico italiano si è dato da fare. Serafino Garella, nato a Biella in Piemonte e laureato a Pisa, è primario nel General Hospital della città ma dedica il tempo libero al Community Health Center, dove viene curato gratis chi ha un reddito inferiore a 30 mila dollari l´anno. «L´America - spiega- è stata generosa con me e io cerco di sdebitarmi. Ho capito che potevo dare un contributo quando è venuto da me un uomo con la tiroide mostruosamente ingrossata. La malattia, trascurata, si era aggravata fino a fargli perdere il lavoro. Quando non ha avuto più soldi per l´affitto, l´uomo è stato buttato fuori di casa. È venuto da me coperto di stracci. Ho accettato di curarlo gratis. In tre mesi è guarito e con il lavoro ha ritrovato la dignità».
IL PREZZO DI UNA VITA - Gli esempi citati dal dottor Garella stupiscono chi non vive in America: una paziente con un nodulo al seno, che aveva soltanto 3 dollari e cercava di procurarsene 28 per una mammografia; una bambina di 4 anni uscita dal delirio dopo una semplice terapia di antibiotici che i genitori non si sarebbero potuti permettere. Il Community Health Center assicura 15mila visite l´anno. Tutti i medici lavorano gratis, per il resto del personale e le spese di gestione servono 600mila dollari l´anno, raccolti da benefattori privati. «Finalmente - annuncia Garella - abbiamo trovato i soldi per un laboratorio dentistico. Diventare più grandi non ci dà gioia. Il giorno più bello per me sarà quello in cui potremo chiudere, perché anche in America ci sarà una copertura sanitaria per tutti».


queste due  storie mi riportano alla mente una canzone dela mia infanzia \ adoleascenza  .
 Essa   racconta : << la storia 
connessa con la sua presunta amicizia con un noto bandito italiano del tempo: Sante Pollastri, il quale, novese, era anche un grande tifoso del campione. Ricercato dalla polizia, Pollastri era sempre riuscito a farla franca ed era infine espatriato rifugiandosi a Parigi, dove incontrò Girardengo in occasione di una sei giorni. Il colloquio tra Pollastri e Girardengo fu anche oggetto di una testimonianza che il Campionissimo rilasciò al processo al bandito dopo la sua cattura ed estradizione. L'episodio ispirò  la canzoine   "Il bandito e il campione ", testo e musica di Luigi Grechi (nome d'arte di Luigi De Gregori, fratello di Francesco), portata al successo da Francesco De Gregori (1992/1993). >> news tratta dala voce sante pollastri  in wikipedia italia    Ecco testo

Due ragazzi del borgo cresciuti troppo in fretta
Un'unica passione per la bicicletta
Un incrocio di destini in una strana storia
Di cui nei giorni nostri si è persa la memoria
Una storia d'altri tempi, di prima del motore
Quando si correva per rabbia o per amore
Ma fra rabbia ed amore il distacco già cresce
E chi sarà il campione già si capisce.
Vai Girardengo, vai grande campione !
Nessuno ti segue su quello stradone.
Vai Girardengo ! Non si vede più Sante
È dietro a quella curva, è sempre più distante
E dietro alla curva del tempo che vola
C'è Sante in bicicletta e in mano ha una pistola
Se di notte è inseguito spara
E centra ogni fanale
Sante il bandito ha una mira eccezionale
E lo sanno le banche e lo sa la Questura
Sante il bandito mette proprio paura
E non servono le taglie e non basta il coraggio
Sante il bandito ha troppo vantaggio
Fun antica miseria od un torto subito
A fare del ragazzo un feroce bandito
Ma al proprio destino nessuno gli sfugge
Cercavi giustizia ma trovasti la Legge
Ma un bravo poliziotto
Che conosce il suo mestiere
Sa che ogni uomo ha un vizio
Che lo farà cadere
E ti fece cadere la tua grande passione
Di aspettare l'arrivo dell'amico campione
Quel traguardo volante ti vide in manette
Brillavano al sole come due biciclette
Sante Pollastri il tuo Giro è finito
E già si racconta che qualcuno ha tradito
Vai Girardengo, vai grande campione !
Nessuno ti segue su quello stradone
Vai Girardengo ! Non si vede più Sante
È sempre più lontano, sempre più distante
Sempre più lontano, sempre più distante...



1.8.06

Italiano a Londra, è ricco e non lo sa


Una  storia  che solo  ora ,  ma  qui  sui giornali locali se ne parla da seettimane , orarriva  sui  media  nazionali  . Essa  è la storia  di  Angelo Giuseppe Piroddi il quale  è  milionario ma non lo sa. Anzi, potrebbe non saperlo mai e continuare a vivere la sua vita che forse lo soddisfa pure ma è pur sempre la vita di uno che tanti anni fa se n'è andato in Inghilterra a cercar fortuna e l'ha trovata indossando la giacca bianca da cameriere in un ristorante italiano a Londra. Ebbene, se qualcuno lo conosce, Angelo Giuseppe Piroddi, gli dica - ma prima lo faccia sedere - che ha ereditato 2 milioni e mezzo di euro. Ma glielo dica in fretta, perché se non si fa vivo presto per ritirarla, rischia di perdere tutto. E' singolare la storia di Angelo Giuseppe Piroddi, 46 anni, partito nel 1985 da Barisardo, in provincia di Nuoro, pare dopo un litigio con la zie materne, con le quali viveva. Ma è anche la storia di sua madre, Anselma Chiai, che non si rassegna alla scomparsa del figlio, e in punto di morte lo nomina erede unico di una fortuna costruita negli anni di vita in Francia, dove la famiglia era andata a cercare lavoro.


 fonte   repubblica

15.6.06

Senza titolo 1336


L'ISOLA CHE NON C'E
(E. Bennato)



Seconda stella a destra
questo è il cammino,
e poi dritto fino al mattino
poi la strada la trovi da te,
porta all'isola che non c'è.

Forse questo ti sembrerà un strano,
ma la ragione ti ha un po' preso la mano.
Ed ora sei quasi convinto che
non può esistere un'isola che non c'è.

E a pensarci, che pazzia,
è una favola, è solo fantasia
e chi è saggio, chi è maturo lo sa:
non può esistere nella realtà!

Son d'accordo con voi
non esiste una terra
dove non ci son santi né eroi
e se non ci son ladri,
e se non c'è mai la guerra,
forse è proprio l'isola che non c'è
... che non c'è.

E non è un'invenzione
e neanche un gioco di parole
se ci credi ti basta perché
poi la strada la trovi da te.

Son d'accordo con vo
iente ladri e gendarmi,
ma che razza di isola è ?
Niente odio e violenza,
né soldati, né armi
forse è proprio l'isola che non c'è
... che non c'è.

Seconda stella a destra
questo è il cammino,
e poi dritto fino al mattino
non ti puoi sbagliare perché
quella è l'isola che non c'è!

E ti prendono in giro
se continui a cercarla,
ma non darti per vinto perché
chi ci ha già rinunciato
e ti ride alle spalle
forse è ancora più pazzo di te!


Ho ricevuto una email che mi diceva  commentando il post  sul referendum del  25-26\06\2006   che   mi batto per le cause perse  e  contro i mulini   a vento  .
 Poichè non è la prima  email   del genere  ( oltre a  quello che mi dicono i miei vecchi e  alcuni  amici  \  conoscenti  )  non riuscendo a trovare  qualcosa di  originale  e  non ripetitivo    rispondo  con questa storia di  una coppia della mia regione .  A voi decidere  se  etichettarmi come un matto o come un donchisciotte 



 dalla   nuova sardegna  del  15\6\2006

«Avremo un figlio da embrioni selezionati»
La scelta di una coppia dopo aver scoperto che la primogenita è talassemica Il padre è un giovane sardo portatore della malattia che nell’isola è endemica



REGGIO EMILIA. Gioca felice con la sorellina e mostra alla mamma il segno dell’ennesima puntura che le è stata fatta poco prima. Chiara, 6 anni, non sa di essere malata e quando, ogni sera, si sottopone alla terapia, pensa che sia tutto normale e si chiede quando toccherà anche alla sorella, che di anni ne ha tre. La diagnosi è arrivata quando Chiara aveva tre mesi: talassemia, una malattia ereditaria causata da un difetto genetico. Ora, per cercare di curarla con un trapianto, la madre e il padre hanno deciso di far nascere un terzo figlio. Per non correre il rischio che sia malato, si affideranno alla procreazione medicalmente assistita. Lo faranno a Londra, però, dove è possibile selezionare gli embrioni sani. In Italia la legge lo vieta.
 Proprio martedì il comitato ministeriale per la bioetica, presieduto da Giuliano Amato, ha ribadito la necessità che la legge 40 - quella sulla procreazione assistita, che nemmeno il referendum del giugno 2005 riuscì ad abrogare almeno in parte - venga applicata nella sua interezza. Ma il tempo, per Chiara, è prezioso e i suoi genitori hanno deciso di non perderne altro aspettando, invano, che la legge cambi. Così andranno all’estero, in una clinica privata di Londra, per concepire un figlio sano che, se tutto andrà come sperano, possa essere compatibile con la bambina e aiutarla a guarire.
 Raica Zanellato, 29 anni, originaria di Rovigo, delle zone del Delta del Po, e il marito Fabrizio Pilurzi, 27 anni, arrivato nella Bassa reggiana con la famiglia, originaria di Siniscola (Nuoro), sono entrambi portatori sani della malattia e la probabilità di far nascere un bimbo talassemico, per loro, è del 25%. Per questo, ora, hanno deciso di affidarsi alla procreazione assistita.
 I rischi li conoscevano bene anche quando hanno concepito Chiara, ma lo specialista che seguiva la gravidanza della donna aveva detto ai coniugi che non ci sarebbero stati problemi e non sono stati sottoposti ai test necessari.
 E invece, purtroppo, i problemi sono emersi, in tutta la loro gravità, quando Chiara aveva tre mesi di vita: la piccola non mangiava più, non dormiva più, era molto pallida, aveva l’emoglobina molto bassa e il cuore che batteva fortissimo. Stava per morire e venne ricoverata d’urgenza all’ospedale Maggiore di Parma dove, tuttora, è seguita costantemente dagli specialisti del reparto di oncoematologia pediatrica, dove - insieme a lei - vengono curati tanti bambini che soffrono di leucemia e talassemia.
 Spietata la diagnosi. Da allora è iniziato un lungo calvario che, finora, non ha comunque impedito a Chiara di avere una vita normale, di frequentare la scuola materna del paese e di avere tanti amichetti. Ma, una volta ogni 20-25 giorni, la bambina deve sottoporsi a una trasfusione di sangue in ospedale e, tutte le notti, attraverso una pompa di infusione, i genitori la sottopongono a una terapia che dura 12 ore.
 La speranza di guarire, per chi soffre di talassemia, è legata a un trapianto di midollo osseo. Ma nessuna tra le persone consanguinee è compatibile con Chiara, a partire dai genitori per arrivare alla sorellina Lisa, nata tre anni dopo di lei.
 Ma, assicurano i genitori, quando hanno concepito la seconda figlia non avevano ancora pensato all’idea del trapianto. Raica e Fabrizio non nascondono però che, quando è nata Lisa, la loro speranza era che potesse essere compatibile con Chiara ma così, purtroppo, non è stato. Il cordone ombelicale della piccola, però, è stato conservato: anche quello, comunque, potrà essere utile a Chiara.
 Grande speranza i coniugi Pilurzi l’hanno poi riposta nel referendum di un anno fa ma il mancato raggiungimento del quorum l’ha subito spenta. Speravano di poter concepire il terzo figlio in Italia, evitando così onerose spese per le casse della famiglia (entrambi lavorano come operai in due ditte di Castelnovo Sotto), ma la legge lo vieta.
 Escluso a priori il trapianto di midollo osseo con una persona non consanguinea (Chiara non è nemmeno stata inserita nelle liste d’attesa), giudicato dai familiari troppo rischioso per la piccola - che rischierebbe la vita in caso di rigetto - e non volendo rinunciare a regalare alla figlia un futuro lontano dagli ospedali, a Raica e Fabrizio Pilurzi è rimasta la carta del terzo figlio, da concepire per forza all’estero. Il 2 giugno la coppia è andata alla clinica E-gea di Londra per una consulenza e per i prelievi del sangue. La prossima volta porteranno anche Chiara, che verrà sottoposta all’esame Hla. La madre verrà poi sottoposta a una stimolazione ormonale, in modo che produca un buon numero di ovociti, che verrà inseminato in vitro con gli spermatozoi del marito. Una volta ottenuti gli embrioni in provetta, gli stessi verranno selezionati: tre, fra quelli sani, verranno impiantati. Il rischio è che tutta questa operazione non porti alla nascita di nessun figlio o che questi non siano compatibili con Chiara. In caso contrario, il cordone ombelicale del neonato potrà essere utilizzato per tentare di guarire la bambina con il trapianto.

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«Andremo a Londra perché in Italia queste pratiche sono vietate Dopo l’inseminazione torneremo a casa»
La mamma: «Il cordone ombelicale seconda chance per la piccola Chiara»

Raica, la motivazione che l’ha spinta a concepire un terzo figlio in provetta è per aiutare Chiara?
 «Non è una medicina ma un figlio che voglio, so che è un essere umano. Non lo faccio solo per Chiara».
 Eppure avete già una seconda figlia, Lisa.
 «L’ho cercata. E’ nata sana ma non è compatibile con Chiara».
 Poteva scegliere la strada della donazione.
 «E’ pericoloso. Il trapianto lo fai una volta ma se non va bene non c’è più speranza».
 Cosa la spinge a questo passo, la fede in Dio?
 «Se Dio c’è, non può permettere di far soffrire queste creature. Tante volte ho pianto in ospedale per il bambino vicino di letto di mia figlia. Penso a Chiara da adulta come una persona indipendente, non legata a una macchina per le trasfusioni».
 In lei c’è coraggio o incoscienza?
 «Tanta paura. So a cosa posso andare incontro. Spero che vada tutto bene ma potrei ritrovarmi da capo. Con un terzo figlio sano ma non compatibile con Chiara. Ma ciò non mi impedisce di compiere questo passo. Ogni madre lo farebbe per salvare la propria figlia. Oggi non esiste un sessantenne talassemico, hanno solo 30, 35 anni».
 Perché non getta la spugna e accetta la realtà?
 «Quando Chiara mi guarda negli occhi voglio poterle dire: almeno ci ho provato. Non mi va che lei pensi che non ho voluto aiutarla. E’ un peso insopportabile sentirmi dire: quando iniziano a farle il buco a mia sorella? Sì, perché per lei le trasfusioni ogni venti giorni e l’applicazione della pompa di infusione appartengono alla normalità. Quando capirà, temo che avrà il rigetto per questa sua vita».
 E adesso come vive questa sua “normalità”?
 «Da quando aveva tre mesi la sua vita è scandita dagli appuntamenti in ospedale. E’ una bambina e quando arriva il momento brontola ma è una consuetudine che vorrei cancellare, toglierle questa dipendenza. Per noi lei non è diversa rispetto alle altre bambine della sua età».
 Quando ha capito che Chiara era malata?
 «A tre mesi le hanno diagnosticato la talassemia. Ce ne siamo accorti perché stava per morire. Non c’erano problemi evidenti ma a un certo punto non mangiava, non dormiva, era sempre più pallida. Aveva un soffio al cuore dovuto all’emoglobina molto bassa. La sera stessa l’abbiamo ricoverata a Parma. Era iniziato il suo calvario».
 Voi sapevate di essere, entrambi, portatori dell’anemia mediterranea ma allora perché avete concepito un figlio?
 «Ci avevano assicurato che era possibile. Ogni volta che raccontiamo la nostra storia mi sento accusata di essere stata incosciente, perché abbiamo voluto Chiara».
 Cosa dirà al terzo figlio?
 «Che lo amo come Chiara e Lisa».
 Perché Londra?
 «Perché questa clinica privata è specializzata in inseminazioni artificiali e selezione pre-impianto. Dopo la bocciatura del referendum, in Italia, non si può».
 Come ha vissuto quel referendum?
 «Sentivo la gente che diceva “non vado a votare perché amo la vita” e io gli rispondevo “ma che vita è quella di Chiara?”. Non mi sono collegata a movimenti ma a tutti quelli che conoscevo ho scongiurato di andare a votare».
 Le vostre famiglie sono al vostro fianco?
 «Coinvolge la vita delle nostre famiglie».
 Perché ha deciso di raccontare la sua storia?
 «Abbiamo sempre tenuto conto solo delle nostre forze. Pensavamo anche questa volta di farcela ma l’incidenza di questo percorso è elevato».
 Vi serviranno almeno ventimila euro?
 «Solo per l’inseminazione servono 11mila euro, poi c’è il soggiorno a Londra. Confidavo di fare questa inseminazione in Italia ma la legge 40 ce lo impedisce».
 Non vi siete rivolti al Comune o a centri sociali?
 «In noi c’è sempre stato un certo pudore e anche reticenza ad accettare soldi da estranei. Provavo un po’ di vergogna a dire “sì, ne abbiamo bisogno”. Non abbiamo mai chiesto niente a nessuno anche se alla Tecnogas di Gualtieri, dove lavora la madre di mio marito Fabrizio e alla Smeg, dove è impiegato suo fratello, c’è stata una mobilitazione spontanea. Vorrei ringraziarli di cuore, perché è stato un gesto che ci ha fatto sentire la loro vicinanza».
 Non si è mai sentita sola?
 «Tutti quelli che conoscono la mia storia mi sono stati vicini e mi hanno appoggiata».
 Ha già iniziato l’iter per l’inseminazione?
 «Il 2 giugno siamo andati a Londra per una prima consulenza e per i prelievi del sangue, per vedere se siamo sani. A giorni avremo un prossimo appuntamento e dovremo andare con Chiara, per un esame specifico che non è possibile svolgere in Italia, perché non ci sono gli strumenti idonei. Per fortuna a Londra abbiamo un medico italiano, Lisa Vampa, che ci fa da referente. Lei lavora per la ricerca in un’altra clinica».
 Cosa succederà dopo?
 «Il giorno dopo l’inseminazione, torno a casa. Poi andrò dalla mia ginecologa Orietta Bolondi, a Poviglio, per vedere se ha attecchito. Se tutto va bene a settembre dovrei essere incinta».
 E quando nascerà il terzo figlio cosa accadrà?
 «Il cordone ombelicale sarà messo in una sacca e congelato in attesa del trapianto. Sarà il sangue del cordone ombelicale a ridare la vita a Chiara».
 Avverrà subito?
 «Voglio prima crescere il mio terzo bimbo, non voglio che resti solo, perché quando Chiara farà il trapianto dovrà stare sei mesi in clinica e io sarò accanto a lei. Sarà come vederla rinascere».

  meditate  gente  meditate  . 

19.3.06

Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano

 


In questi giorni di scontri di piazza, di noiosi duelli televisivi, di giornalismo da quattro soldi e di tante altre questioni che si aprono senza essere richiuse, io ho un moto inquieto. O meglio, sono proprio incazzata con gli eventi, con i soggetti di questa storia a passo di gambero, sempre per citare Umberto Eco. Mi chiedo come si fa a proporre ancora una volta in Europa, questa grande multinazionale della finanza e della banche, questa bandiera stellata che ancora non ci illumina, ma al massimo ci oscura ponendo l’Europa un passo indietro, verso lo stato liberale ottocentesco, questa politica neoliberista della flessibilità, che dal mio punto di vista ha solo un nome: precariato. Già il solito precariato ottocentesco alla base del rapporto servo-padrone che fa del lavoro un ricatto. Questo secondo il neoliberismo è il futuro ed invece è il passato più nero della nostra storia. Io non posso non indignarmi di fronte alla distruzione dello Stato Sociale, che avrà tanti difetti per carità, ma rappresenta nella spirale della Storia un punto d’arrivo, una concezione dello Stato che può essere migliorata, ma non abbattuta a colpi di antiche, obsolete randellate liberali. La verità è rivoluzionaria diceva Gramsci: sì, e allora vi sbatto in faccia la mia verità! La flessibilità va bene, ma solo per noi formiche, parenti ed amici si sistemano nel più sicuro angolo dell’amministrazione pubblica, dando sfogo ai clientelismi più nauseabondi della nostra classe politica. Ci chiedono di diventare imprenditori di noi stessi, ma infine il lavoro non è che quello che avremmo trovato addirittura prima della rivoluzione industriale ed oltre, quello a cottimo, quello senza sicurezze, per cui ho sentito dire ad un imprenditore noto che ci vogliono meno sicurezze e più flessibilità. Ma che mondo stiamo costruendo? Il movimento operaio lottò con tutta la veemenza della disperazione per costruire questo Stato Sociale di sanità pubblica, di istruzione di pubblica, di sicurezza sul lavoro e di un futuro pensionistico che garantisse ai suoi figli di non finire in mezzo ad una strada e di avere anche da anziani, una vita dignitosa. Dignità, ecco la parola chiave. E la nostra classe politica in piena crisi postfordista, chiuse le fabbriche, si beava delle piccole aziende del nord est, la più grande idiozia di questo secolo ormai alle spalle: oggi schiacciate dalla globalizzazione vanno nei paesi in via di sviluppo dove la manodopera è talmente a basso costo che non facciamo che creare nuove sacche di povertà e di sfruttamento, dove per anni nella civile, si fa per dire, Italia, i lavoratori erano lasciati alla mercè dei loro datori di lavoro perché trattasi di piccole imprese di massimo quindici operai dove le garanzie sindacali e legislative sono assenti. E tutti a brindare alla piccola impresa padana, ed io mi mangio le mani davanti a questo proletariato senza coscienza, a questo sindacato venduto agli interessi del partito. La contrattazione nazionale da fastidio, da fastidio cioè il potere, l’unico rimasto, della classe operaia e che se ne dica questa esiste ancora ed anzi, proprio in questo periodo di crisi quest’ultima s’allarga con la proletarizzazione dei ceti medi che deve contrastare un sottoproletariato allo sbando sempre più crescente che si butta sul primo partito che promette; spazi lasciati al notabilato, alla mafia, al clientelismo o direttamente non vota. Ritengo sia allucinante quello che oggi sta accadendo: paradossalmente sono le forze di sinistra, gli operai e tutti i lavoratori dipendenti a scendere in piazza per salvare le aziende dei propri datori di lavoro. La borghesia italiana ha dimostrato di non essere in grado nemmeno di creare ricchezza e lavoro, di fare gli investimenti che gli spetterebbero, secondo una visione liberale e capitalistica, altro che comunismo. E i comunisti? I comunisti vanno a fare i disegnini nelle tavole di contrattazione per spiegare come si gioca al “piccolo capitalista”: e dall’altra la sciagura del mondo imprenditoriale italiano, fermo agli anni ottanta, che perde denaro in borsa come al casinò. Qualcuno dovrà spiegare a questa gente che non è il monopoli. Io m’incazzo, perché anche noi formiche avremmo tanto da dire, noi che riusciamo a vedere solo l’angoscia del futuro. Il paradosso regna incontrastato: gli operai difendono il padronato dal processo di smantellamento dell’industria, per salvare posti di lavoro non certo per un atto di carità cristiana, la borghesia sperpera in borsa non investendo e non creando ricchezza se non quella delle loro ville multimiliardarie, i comunisti salvano il capitale perché la rendita è pure peggio. E gli studenti scendono in piazza per ricordare al mondo che loro sono il futuro e che questo futuro che si sta creando è precariato, povertà, un ritorno al passato spaventoso per cui, per me che mi sento europea perché vengo dalla questa storia di lotte per la dignità e per la vita davvero, non posso che schierarmi con i ragazzi francesi e dire al mondo intero “anche le formiche, nel loro piccolo, s’incazzano!”.


 


Stefania Calledda

22.10.05

Senza titolo 913

incredibile   ma  vero   ho  letto  in internet questa  notizia incredibile  che qui  vi ripropongo  . Essa  è   comica se cosi  fose  mi chiedo  : ma  allora    tutti  i grandi media dovrebbero  invitare  gli utenti ad accedere poco  nei loro   siti o portali  . l’editoria italiana di questi ultimi anni può succedere di tutto, anche che un giornale sia costretto a chiudere perché ha troppi lettori. La  cosa  è  proprio   E’paradossale, ma purtroppo è quanto succede a La Gazzetta Web (http://www.lagazzettaweb.it) che chiude con il numero di oggi, e dalla fine di questa settimana non sarà più visitabile perché l’alto numero di contatti ha fatto scattare un aumento delle tariffe insostenibile per il giornale. E così il mondo dell’informazione perderà una voce importante e storica dell’editoria on line. Dalla sede della redazione torinese, Rita Rutigliano, fondatrice e direttore del settimanale dice: «Non so se e quando riusciremo a riprendere le pubblicazioni. A spingerci in una strada, per il momento senza uscita è stata, prima ancora del perdurare di una situazione che continua a vederci lavorare strenuamente in pura perdita economica, una notizia piovutaci addosso poche settimane fa: per rinnovare il contratto annuale, il server in cui è allocato il sito della GW esigerebbe una cifra molto, ma molto, più alta di prima». L’impossibilità di sostenere i costi di gestione ha portato quindi alla chiusura della testata giornalistica che da sempre fornisce un servizio informativo totalmente gratuito che comprende la rivista pubblicata in rete, la raccolta completa degli articoli in archivi liberamente consultabili così come il centro di documentazione costruito in sei anni di attività. «“la Gazzetta Web” – dice Rita Rutigliano- non ha mai avuto alcuna forma di sostegno né pubblico né privato. Contando soltanto sulle proprie energie e sull’autofinanziamento, ha tuttavia prodotto una considerevole mole di lavoro e migliaia di documenti relativi ai settori su cui maggiormente punta i suoi riflettori». Il successo di un giornale completamente autogestito sta nei numeri: più di 50.000 lettori, decine di Paesi d’accesso, oltre 3.700 iscritti alla newsletter settimanale, un archivio con oltre 3.300 documenti in rete. Ma questi numeri evidentemente sono una delle cause dello stop, dovuto anche al fatto che il sito non ha sponsor. Nel 2004 la Gazzetta Web ha vinto, per la categoria Internet, il primo “Premio Internazionale Turismo Torino” e quest’anno, come nel precedente, si e’ classificato fra i “Siti eccellenti” per la categoria “Informazione”, nel concorso nazionale “Donna” e’ Web/Premio Web Italia 2005. «Il responsabile dei servizi Internet – prosegue Rutigliano - mi ha fatto sapere che l’aumento sarebbe dovuto al fatto che il nostro sito “è ormai arrivato alla dimensione di un portale in tutti i sensi, soprattutto se analizzato dal punto di vista del numero dei visitatori e delle richieste”. Alle brutte notizie – si sfoga il Direttore de La Gazzetta Web - il nostro interlocutore ha poi aggiunto alcune considerazioni personali, sull’appetibilità di un sito come il nostro per inserzionisti che pagherebbero una cifra per pubblicizzare le loro attività». Sembra però che di inserzionisti il settimanale finora non ne abbia trovati malgrado la continua ricerca «si è rivelata perfettamente inutile la pubblicazione di annunci a proposito della disponibilità di spazi e strumenti promozionali – dice ancora Rutigliano- non vi hanno dato alcun peso neppure le molte realtà, grandi e piccole, delle cui iniziative abbiamo ripetutamente scritto sulle pagine della GW. Inoltre, impiegando anche per questo tempo e risorse finanziarie, abbiamo vanamente interpellato centinaia e centinaia di possibili inserzionisti. Ma tutto è risultato inutile». Nel momento difficile della chiusura del settimanale, Rita Rutigliano non vuole però darsi per vinta «perché – dice- il numero degli accessi al sito web e il plauso dei lettori ci incoraggiano e vogliamo continuare a realizzare la rivista come un servizio aperto a tutti. Ci piacerebbe, anzi, riuscire ad aumentarne le pagine incrementando la pubblicazione di articoli, sviluppando nuovi progetti, allargando il ventaglio delle rubriche per coprire altri ambiti tematici segnalatici attraverso i molti messaggi che quotidianamente giungono in redazione».

21.10.05

crocifissione obbligata


 


leggo sul manifesto di oggi 21 ottobre 2005 pag.2 che il pio ministro dell'ambiente, Matteoli, evidentemente preoccupato della brutta piega che il sistema ecologico sta prendendo, tra pandemie, tifoni e terremoti, certo frutto dell'ira di ser Domineddio e non dei danni che noi tutti gli arrechiamo, e che ci arrecano a chi comodità e a chi grandi ricchezze (specialmente alcune multinazionali), ha deciso di fornire ad ognuna delle 1039 stanze del suo dicastero un bel crocifisso nuovo di zecca. il piissimo ministro, i suoi direttori generali ed il capo di gabinetto si tasseranno ciascuno del proprio per dare una tale ricchezza ai propri cari dipendenti. più caritatevoli dei vescovi!
sdegno comprensibile dei compagni del manifesto che si pongono, qualora non lo siano già, nei panni di atei comunisti, ebrei e musulmani e compagnia bella e dicono che questo crocifisso imposto non s'ha da fare. da parte mia suggerirei ai dipendenti non cattolici del ministero di non agitarsi più di tanto. innanzitutto il Cristo di per se è un bel simbolo, il simbolo in effetti più comunista che ci sia tra quelli religiosi. poi, povero Cristo, sarà lui a soffrire negli ambienti di lavoro, tra bestemmie, parolacce, turpiloqui litigate, polvere, cartacce, intrallazzi e chissà cos'altro. se uno lo amasse veramente non dovrebbe certo metterlo lì per bellezza! infine a quanti ancora non convinti della sua poca pericolosità direi che nulla ci vieta di affiancarlo ai simboli del nostro credo, qualunque esso sia o non sia: ad immagini di giordano bruno, buddha, o john lennon. qualche perfido satanista sicuramente, per farlo più soffrire gli metterà di fronte una mariliyn monroe seminuda o una impudica manuela arcuri. ma temo che lui che ha amato la maddalena preferirebbe di gran lunga quelle icone al ritratto del piissimo ministro che gli sorrida mentre è crocifisso, sedendo nel suo lussuoso studio ministeriale.

6.10.05

Senza titolo 854

probabilmente il prossimo anno i servizi che il comune vi offre saranno ben più magri e risicati mentre l'ICI, la tassa che pagate per l'abitazione di proprietà e che serve a coprire questi costi aumenterà.


sia che siate cattolici o protestanti, atei o buddisti, ebrei o musulmani, pagherete molto di più questi servizi della vostra comunità perchè contemporaneamente grazie a una norma passata ieri in Senato, la chiesa cattolica romana non pagherà più alcun ICI non solo per gli edifici di culto (il che è già a spese degli atei, o di chi segue un culto non ufficializzato dallo stato italiano), ma anche per quelli adibiti ad altri usi, persino commerciali.


e non si tratta di bruscolini, ma di oltre 200 milioni di euro che graveranno ulteriormente sulle nostre spalle.


mi chiedo se tale norma, oltre che incostituzionale perchè viola l'uguaglianza dei cittadini di fronte alle norme e anche alle norme fiscali, mi pare violare i principi legati alla concorrenza e agli aiuti di stato, ed in questo senso saranno possibili ricorsi alla corte di giustizia di bruxelles.


pensate a due istituti di insegnamento, per esempio, uno religioso cattolico e uno laico o ebraico. gli ultimi due pagheranno regolarmente oltre a tutte le spese correnti, un Ici che graverà sul loro bilancio diciamo per il 10%.


l'altro grazie a questo potrà proporre rette ai propri studenti inferiori diciamo del 5% e intascare il resto.


l'italia come titola il manifesto è diventata un vero Paradiso Fiscale, ma solo per Loro. per noi è l'inferno.


28.9.05

Senza titolo 828


Quando  un mio amico mi ha segnalato l'attività di Duechiacchieregratis, mi è venuto da sorridere. O meglio mi è parsa strana ed irreale. Forse perchè mi sono venute in mente le vignette dei Peanuts, con Lucy Van Pelt e Charlie Brown.


O semplicemente perchè vissuto in un ambiente che ritiene lo spettegolare, il narrare storie, lo scambiarsi confidenze, l'aprir bocca per darci fiato, attività primarie dell'Uomo, pari al mangiare, al bere e al dormire.


Poi ci ho riflettuto un attimo. Il mio blog è un contenitore di chiacchiere svagate. Anch'io non faccio che cercare persone con cui parlare, utilizzando la rete, piuttosto che la strada.


E Splinder mi ha ospitato. Perciò, se potete e volete, aderite all'associazione. Oppure se vedete i suoi banchetti, fermatevi a ciacolare

2.9.05

Senza titolo 756


Oggi è la giornata delle gaffe dei giornali. Trascurando quella che coinvolge me e Repubblica, di cui è poco elegante parlare, un caso clamoroso è accaduto su Focus Storia. Nel numero di questo mese, vi è un articolo dedicato a Claudio Nebridio, esploratore dell'antichità, che racconta i suoi avvincenti viaggi, che paiono anticipare quelli di Marco Polo, di Erik il Rosso e quelli di Speke e Burton.


Peccato che tale esploratore non sia mai esistito nella realtà, ma sia frutto della fantasia dello scrittore Franco Maria Boschetto, autore di Ucronie.


Si può e si deve ridere della vicenda, ma come è possibile che un giornalista di una rivista storica abbia idee così vaghe sulle vicende dell'Impero Romano, da poter confondere realtà e fantasia ?

23.8.05

due film d'ammore non melensi : Bacio appasionato e; e Million dollar baby

Visto che  in questi  giorni   , almeno nella mia isola , ci sono stati  continui nubifragi ,  ho vistoin dvd il  discreto film bacio Appassionato(  anzi  rivisto in quanto l'avevo già visto  al cinema   nella rassegna da genanio a  maggio  noi organizzata  da  noi   della bottega del commercio equo e  solidale  della mia cittadina )   .  Ho fatto buuon viso a  cattivo  gioco  n quanto  la  scelta del film è toccata   a mia cugina  a  cui piacciono le storie  d' amore  tipo quelle di sveva  modigliani  e degli sceneggiati \  fiction tv   ( orgoglio , vivere , cento vetrine , ecc )  qelli  che  io  chiamo  polpettoni  televisivi . Esso rende nonostante le sue carenze  rende bene il  tema del difficile dialogo tra culture, soprattutto se all’interno di un medesimo contesto, è sempre  più attuale  vedere i  miei precednti post  / ( sul legge bossi fini e  sul fondamentalismo ) e  le ultime dichiarazioni  dell'onorevole Pera  . Inoltre  esso  è  da sempre uno spunto privilegiato per il cinema, che ne ha ricavato molte storie, dalle commedie ai drammi, con alterni risultati. Questo tema sempreverde ha da poco riguadagnato un certo interesse, soprattutto nel cinema inglese. Ne  un esempio un film uscito da poco  « Un bacio appassionato >> è la tenue storia sentimentale tra Roisin (Eva Birthistle), insegnante di musica irlandese e cattolica, e Casim (Shamshad Akhtar), un giovane dj, pakistano di seconda generazione, e fratello di Thara, una delle alunne di Roisin.. IL  film, ambientato nella fredda Glasgow, svela delicatamente il nascere, naturale e spontaneo, di una storia appassionata e pulita, e delle difficoltà che progressivamente si fanno avanti con il consolidarsi del sentimento, con il suo farsi più serio e profondo. Casim è infatti musulmano, ed i genitori hanno già concordato il suo matrimonio con una cugina, mai vista, il cui arrivo dal Pakistan è ormai imminente. Delusa e incapace di comprendere le esitazioni del ragazzo, perché li considera retaggi di una consuetudine apparentemente non più accettabile, Roisin scopre però sulla sua pelle come anche il mondo occidentale non sia privo di chiusure e di tradizioni sorprendentemente ostinate nell’autoperpetuarsi (come quando il suo parroco le ordina di mettere ordine nella sua vita sentimentale se intende mantenere il suo impiego nella scuola cattolica). La sottile regia di Ken Loach si regala una storia d’amore concedendosi , a differenza di : pane e rose(Bread and roses) e terra  e libertà anche un lieto fine: in questo non si può non registrare una pregevole accortezza nell’esporre certe problematiche , non nuove ( ma sempre più attuali   visti certio discorsi  di politici e  certe legi sull'immigtrazione   e  cacia  all'immigrato  )  con una corretta semplicità che riesce a mantenersi a distanza di sicurezza da qualunque afflato retorico, e non è poco  per  chi usa  una tematica   usata e  stra' usata  . Infine, c’è la possibilità di parlare della grande tragedia del popolo indiano musulmano in fuga verso il Pakistan, e il dramma (impersonato soprattutto dal personaggio forte di Thara, la più piccola e coraggiosa) della generazione dei giovani figli di quegli esuli, ostinatamente cresciuti nel rispetto delle tradizioni all’interno delle comunità d’origine, con la vana pretesa di non mescolarsi con il chiassoso mondo occidentale che pure li contiene, li affascina e li stordisce.Visti , almeno nella mia isola , i continui nubifragi ,  ho rivisto in quanto lì'avevo già visto  al cinema   nella rassegna da noi organizzata   (l'ho scelto io ma  mia cugina  a cui piacciono le storie  d'amopre  )  in dvd , il  discreto film bacio Apapssionato  .Esso rende nonostante lwe sue carenze  rende bene il  tema del difficile dialogo tra culture, soprattutto se all’interno di un medesimo contesto, è sempre  più attuale  vedere i  miei precednti post  / ( sul legge bossi fini e  sul fondamentalismo ) e  le ultime dichiarazioni  dell'onorevole Pera  . Inoltre  esso  è  da sempre uno spunto privilegiato per il cinema, che ne ha ricavato molte storie, dalle commedie ai drammi, con alterni risultati. Questo tema sempreverde ha da poco riguadagnato un certo interesse, soprattutto nel cinema inglese. Ne  un esempio un film uscito da poco  « Un bacio appassionato >> è la tenue storia sentimentale tra Roisin (Eva Birthistle), insegnante di musica irlandese e cattolica, e Casim (Shamshad Akhtar), un giovane dj, pakistano di seconda generazione, e fratello di Thara, una delle alunne di Roisin. Il film, ambientato nella fredda Glasgow, svela delicatamente il nascere, naturale e spontaneo, di una storia appassionata e pulita, e delle difficoltà che progressivamente si fanno avanti con il consolidarsi del sentimento, con il suo farsi più serio e profondo. Casim è infatti musulmano, ed i genitori hanno già concordato il suo matrimonio con una cugina, mai vista, il cui arrivo dal Pakistan è ormai imminente. Delusa e incapace di comprendere le esitazioni del ragazzo, perché li considera retaggi di una consuetudine apparentemente non più accettabile, Roisin scopre però sulla sua pelle come anche il mondo occidentale non sia privo di chiusure e di tradizioni sorprendentemente ostinate nell’autoperpetuarsi (come quando il suo parroco le ordina di mettere ordine nella sua vita sentimentale se intende mantenere il suo impiego nella scuola cattolica). La sottile regia di Ken Loach si regala una storia d’amore concedendosi , a differenza di  pane  e rose   e terra  e libertà anche un lieto fine: in questo non si può non registrare una pregevole accortezza nell’esporre certe problematiche , non nuove ( ma sempre più attuali   visti certio discorsi  di politici e  certe legi sull'immigtrazione   e  cacia  all'immigrato  )  con una corretta semplicità che riesce a mantenersi a distanza di sicurezza da qualunque afflato retorico, e non è poco  per  chi usa  una tematica   usata e  stra' usata  . Infine, c’è la possibilità di parlare della grande tragedia del popolo indiano musulmano in fuga verso il Pakistan, e il dramma (impersonato soprattutto dal personaggio forte di Thara, la più piccola e coraggiosa) della generazione dei giovani figli di quegli esuli, ostinatamente cresciuti nel rispetto delle tradizioni all’interno delle comunità d’origine, con la vana pretesa di non mescolarsi con il chiassoso mondo occidentale che pure li contiene, li affascina e li stordisce   creandogli molto spesso una crisi d'identità  . Per coloro che  volessero   conoscere i retroscena del del film , il contesto culturale  del paese  d'origine del protagonista,leggersi le interviste  ai   protagonisti e al regiasta , l'eleco  degli attori secondari  ,vedere i promo\ trailler del film, ecc consiglio alcuni siti  ; la sezione speciale  del film di  quello  da cui prendo sempre  le trame   e le foto ( come  questa  e quella della succesiva recensione )  per  il blog  e  non    e  i due ufficiali quello inglese  e quello  italiano    


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Un  altro film  stavolta   visto in famiglia  , scegliendo un film,  e  riuscendo  a trovare  un compromesso  fra  i vari gusti  familiari  in particolare  quelli   di  mia  madre  ( che ama  i film  romantici  )    ho scelto visto  il passa parola  di amici \ che , il film   Million Dollar Baby  . In questo   film  Clint Eastwood  ( nonostante  non mi piaccia  per  come  sin stà comportando   verso l'ambiente  ,  infatti  è  a capo di  una speculazione in  un  una  zona naturalistica  e  di  grandissimo inteesse naturalistico per  crearne  un paradiso  per  vip  spocchiosi  )  è il caso più singolare dell’intera storia del cinema. Un westerner segaligno e laconico, un prodotto della televisione di mezzo secolo fa è oggi il regista americano più ammirevole."Million Dollar Baby”,un titolo che poteva suscitare qualche timore, è una delle prove più convincenti di questo californiano pacato e lungimirante.Ispirato ai racconti dello scomparso F.X.Toole,“Million Dollar Baby”, un titolo che poteva suscitare qualche timore, è invece una delle prove più convincenti  del  Clint Eastwood regista  . IL il film mostra la trentenne Maggie Fitzgerald (Hilary Swank) irrompere nella vita dell’anziano manager di pugilato Frankie Dunn (Clint Eastwood),un uomo senza illusioni,ma privo di rancori. L’energia vitale della donna riesce a contagiare il riluttante Frankie,che non ne  vuole sapere di allenare  una  donna , visto che la giovane vuole ad ogni costo diventare campionessa di pugilato. Non più tanto giovane per quello sport violento, Maggie ha una spinta interiore capace di travolgere ogni resistenza. Frankie vede in lei, pur senza ammetterlo, la figlia che non vede ormai da troppi anni. Inizia così il loro sodalizio, che comprende la totale dedizione della donna per quell’uomo che sembra essere l’ultimo legame tra lei ed il resto dell’umanità. Anche il vecchio ex-pugile Scrap (Morgan Freeman), che è diviso tra amicizia e risentimento per Frankie, si unisce al progetto di trasformare la ragazza in un pugile di qualità, in un lasso di tempo proibitivo. L’alchimia che unisce i tre darà risultati insperati. Maggie combatterà con onore, fino alla svolta tragica che consente a ciascuno di dare il meglio di se.Tutto apparentemente molto semplice. Ma il regista Eastwood ci parla di sentimenti, di coraggio e di paura con un pudore, una grazia e quella pacatezza registica che è di fatto uno stile consolidato. La spietatezza di William Munny, il malinconico cow boy de “Gli spietati”, è stata rimossa, Frankie Dunn riflette sul suo passato con amarezza, con ironia, con l’amore paterno per questa giovane creatura. Ed a questi temi si aggiunge quello forse più inquietante, che riguarda l’eutanasia e che Eastwood affronta con consapevole fermezza. L’ortodossia della religione viene sfidata senza spocchia, mostrando quanto siano differenti in ogni essere umano i temi della vita e le scelta che da esse derivano. Ed il pugilato, con sequenze magistrali, non è il tema centrale, quanto lo sono quelli riguardanti la crudelta dell’esistenza, la generosità e l’amore ritrovato. E non solo. Clint Eastwood attore, Hilary Swank e Morgan Freeman, fondono mirabilmente i loro stili di recitazione commuovendoci senza colpire basso, con quella partecipazione che ogni attore e regista italiano dovrebbe iniziare a considerare indispensabile per chi fa quel mestiere. Maggie Fitzgerald fa la cameriera, ha passato i trent'anni ma ancora sogna di affermarsi come boxeuse, e ha anche incontrato l'allenatore che fa al caso suo. Peccato che Frankie Dunn non voglia saperne di allenare una donna...Inoltre la storia   di Million Dollar Baby ed il modo in cui è raccontata  fa  sì che questo sia un grandissimo film; una storia forte della sua classicità (e quindi della sua universalità), ma proprio tanto classica poteva correre il rischio di risultare scontata se non raccontata nella giusta maniera .  Per chi vuole saperne di più  sul  film,  vedere il  trailler , la colonna sonora , ecc  consiglio oltre al sito  ufficiale sia in inglese  sia in italiano    il  solito  sito   da  cui   prendo letrame e foto rieccovi  l'url  




 

Approfondimenti




  •  Bacio appassionato 



Articoli:
Il bacio appassionato di Ken Loach



Link:
La recensione su Repubblica.it


 
Cast

Gary Lewis


David McKay


Tahara Khan  Shabana Bakhsh


Roisin Murphy Eva Birthistle


Ghizala Avan Ghizala Avan


Casim Khan Atta Yaqub


 
 

Crediti

Anno: 2004


Nazione: Gran Bretagna


Distribuzione: BIM


Durata: 103'


Data uscita in Italia: 07 gennaio 2005


Genere: drammatico


 

Regia: Ken Loach


Sceneggiatura: Paul Laverty


Fotografia: Barry Ackroyd


Musiche: George Fenton


Montaggio: Jonathan Morris



Multimedia

Trailer:
Un bacio appassionato


 

FotoGallery:
Un bacio appassionato







  • Million dollar  baby



Interviste:
Hilary Swank: ''Clint, un po' padre, un po' trainer''
Clint Eastwood: 'Faccio film perché ho ancora voglia di imparare'



Articoli:
Golden Globes - Eastwood, Scorsese e Payne: è lotta a tre
Golden Globes 2005: tutte le nomination
Million Dollar Baby, l'ultima sfida di Clint
Oscar, vola 'The aviator' con 11 nomination
David, il trionfo di Paolo Sorrentino - Tutti i vincitori
Oscar 2005 - Tutti i vincitori



 

Cast

Frankie DunnClint Eastwood


Maggie FitzgeraldHilary Swank


Eddie Scrap-Iron DuprisMorgan Freeman


Danger BarchJay Baruchel


 

Multimedia

Trailer:
Million dollar baby


 FotoGallery:
Million dollar baby

Crediti

Anno: 2004

Nazione: Stati Uniti


Distribuzione: 01 Distribution


Durata: 137'


Data uscita in Italia: 18 febbraio 2005


Genere: drammatico


 

Regia: Clint Eastwood


Sceneggiatura: Paul Haggis


Fotografia: Tom Stern (II)


Musiche: Clint Eastwood


Montaggio: Joel Cox



Link:
La recensione su Repubblica.it

18.8.05

abusi del potere ; e e storei di povertà

Tornando  dal ponte  di ferragosto e  d'essendo stanco per  uscire  dopo cena   mi  dedico alla lettura  dei giornali ( quello nazionale  e quello  regionale  )  ed ecco che   trovo  queste  due  news    che  " mi hannmo lasiato estereffatto "  tanto da  lasciarmi  sgomentato  e  senza  parole . KLascio a voi ognio giudizioo in merito  . 
 
la prima     presa  nuova sardegna del 15\8\2005 


"Zio Silvio  " è un vicino troppo ingombrante»  
Il servizio d’ordine di Berlusconi sconfina e armato entra in casa di Gesuino Deiana    
 
 
di  MARCO BITTAU 
 


 PORTO ROTONDO
Lui lo chiama familiarmente «Zio Silvio», perché suo padre e suo nonno gli hanno insegnato che il vicino di casa è come un parente. E poco importa se il Silvio in questione è Berlusconi, cioè il presidente del Consiglio dei ministri. Gesuino Deiana non ha nulla contro quel vicino così ingombrante, ma gli agenti e i militari del servizio d’ordine proprio non li sopporta più. Da anni gli rendono la vita impossibile a Bena Longa, la tenuta affacciata sul golfo di Marinella, di fianco a Villa Certosa.
 Suo malgrado, Deiana quasi ogni giorno (soprattutto in queste settimane d’estate) deve fare i conti con «visite non autorizzate», mitra in pugno, nella sua abitazione, ogni volta che si affaccia alla finestra, ogni volta che decide di far due passi tra i ginepri della sua casa, quando inevitabilmente si ritrova gomito a gomito con gli illustri ospiti (capi di Stato e ministri) della blindatissima residenza estiva di Silvio Berlusconi, presidiata come fosse Palazzo Chigi.
 Alla fine l’ultima goccia, quella che ha fatto traboccare il vaso del malessere: il pacifico Gesuino - musicista dei Cordas e Cannas, patron di Etnos e amico personale di Peter Gabriel, conosciuto in tutto il mondo per la sua intensa attività culturale - dopo aver subìto l’ultimo altolà nel vialetto di casa («Chi è lei? Cosa fa qui? Favorisca i documenti...») ieri ha deciso di raccontare la sua estate impossibile con Silvio Berlusconi e il suo inflessibile servizio d’ordine dall’altra parte del cortile di casa.
 «Niente di personale contro di lui, ci mancherebbe - dice mostrando il suo vecchio stazzo gallurese e quel fazzoletto di terra preziosa che si affaccia direttamente sulle lussuose piscine di Villa Certosa - il problema è che il suo servizio d’ordine ormai impedisce a me e alla mia famiglia di vivere serenamente nella nostra casa. Le intrusioni, spesso con le armi in pugno, ormai non si contano più, l’ultima appena sabato mentre facevo jogging in un vialetto, tra i miei ginepri».
 «Ogni volta si ripete la stessa scena - racconta ancora Deiana - appena gli agenti del servizio di sicurezza mi vedono si sentono in dovere di chiedermi chi sono e cosa faccio lì. Poco importa se quella è casa mia, di mio padre. Poco importa se la nostra famiglia è sempre stata lì, ben prima che arrivasse Berlusconi. Adesso queste ripetute violazioni ci stanno togliendo la serenità e la gioia di vivere nella nostra casa che con tanta cura abbiamo conservato nella struttura originaria dello stazzo, preservando lo stato dei luoghi dalla tentazione del cemento così diffusa da queste parti. Per non parlare della sicurezza: anche noi ne abbiamo bisogno e diritto, e certamente la presenza invadente di questi uomini armati costituisce un pericolo ancora prima che un fastidio».
 Per Gesuino Deiana non ci sono ragioni di sicurezza che tengano. «Vogliamo vivere la nostra vita in pace, a casa nostra, senza l’incubo di un soldato in armi che da un momento all’altro può affacciarsi nel nostro stazzo per chiedere chi siamo, oppure per controllare i numeri di targa delle auto dei nostri amici ospiti».
 «Ci deve essere un modo per garantire la sicurezza e allo stesso tempo anche la normale e tranquilla vita dei cittadini - propone il musicista - penso, ad esempio, a un progetto mirato, un piano di sicurezza condiviso dalla popolazione, dalle istituzioni e dalle forze dell’ordine. Che sia però rispettoso della vita altrui, della cultura locale, dell’habitat, della architettura del posto, della sua storia».
 Storia e cultura, appunto, perché Bena Longa non è soltanto la «casa» di Gesuino Deiana, violata dalle ferree regole della sicurezza da garantire a Berlusconi e agli ospiti illustri che ogni estate ospita a Villa Certosa. È anche un piccolo tempio sacro della musica internazionale, uno studio di registrazione frequentato dal circuito della Real World di Peter Gabriel. Lo stesso musicista inglese più volte è stato ospite nello stazzo.
 Un laboratorio di arte e creatività rimasto intatto nel tempo, così come era stato costruito. Un pezzo di Sardegna antica e moderna che ha resistito all’incedere del tempo e all’insidia del cemento, ma che oggi deve fare i conti con le regole spietate della sicurezza. Un pezzo di Sardegna che Gesuino Deiana vuole difendere a ogni costo.


la  seconda  è questa
di n cui nessun giornale  nazionale ( salvo l'unità e  il  giornali locali  , in primis  l'unione sarda , ormai  come tutti   a pagmento  se si vuole leggerlie  usarli online  ) e nesssun  tg   (  salvo un semplice  flash  dell'ansa  sardegna  )    e  nessun  blog (tranne,almeno dalle mie richerche fatte in merito, poi posso anche sbagliarmi  questo blolg http://battelloebbro.splinder.com/  )


(ANSA  web)
Lavora gratis per il Comune, per pagare funerale della madre  A Sardara, disoccupato non aveva denaro per seppellimento


CAGLIARI, 13 AGO
Un disoccupato sardo di Sardara (Medio Campidano), Giuseppe Serra, lavorera' gratis per 4 mesi alle dipendenze dell'amministrazione comunale del suo paese per rimborsare il denaro anticipato dal Comune per il seppellimento della madre Sarina Careddu, morta a 91 anni. La singolare soluzione ha permesso la celebrazione dei funerali dell'anziana donna nonostante il figlio possedesse al momento del decesso solo 100 euro. La vicenda e' stata resa nota dal quotidiano di Cagliari L'Unione Sarda. Serra, che aveva dovuto lasciare il lavoro di bracciante agricolo a causa di problemi di salute e per assistere la madre diabetica, cieca e semiparalizzata, non avrebbe potuto far fronte alle spese necessarie per il seppellimento della madre nonostante i 500 euro messi a disposizione, come previsto dalla legge in casi di indigenza, dall'amministrazione comunale. La bara piu' economica costava, infatti, 1.500 euro. L'uomo ha proposto allora la soluzione, accettata dagli amministratori: altri 800 euro saranno rimborsati da Serra lavorando gratis per il Comune. Gli ultimi 200 euro sono stati offerti dai vicini di casa.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...