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23.10.24

«L’uomo che ho amato mi ha portato via tutto. Ora aiuto altre donne a combattere la violenza economica»

 Ci avviciniamo al  25  novembre    e   si  parla   di femminicidio  e    violenza  sulle  donne  .  Il  problema    è   che  tale  giornata  viene  affrontata      parlano   solo di

violenza  fisica  ,  dimenticando o   facendo  passare  in secondo  piano   e  senza   l'autrocritica  delle istituzioni   politico  ecconomiche  che   con  l'ottusa     burocazia      , quando   ne  parlano , la  violenza   psicologica  e   ed economica       che  una donna  subisce . Ed  apunto il caso della storia   che  riporto   nel post   d'oggi 

corriere della sera   tramite  msn.it  del 7\10\2024 

«Si parla tanto di violenza di genere, quella fisica. Ma io sono l’esempio vivente di come si possa essere annientati anche da un altro tipo di violenza di cui si parla molto meno: quella economica. L’uomo con il quale ho avuto una relazione per quasi trent’anni e che ho avuto la sventura di amare mi ha portato via tutto. Avevo uno studio odontoiatrico ben avviato, avevo attrezzature costosissime, avevo pazienti che stravedevano per me. Non ho più nulla e soltanto la mia tenacia mi ha consentito di ricominciare daccapo, anche se lavoro per pagare i debiti. Ma la cosa che mi fa più male è che in mezzo a tutto questo, adesso, mi ritrovo ad avere come nemico anche lo Stato, o meglio: le sue rigidità, la sua burocrazia. Ma come? Il tribunale stabilisce con decreto ingiuntivo che lui mi deve 90 mila euro (una miseria rispetto a quel che mi dovrebbe) e non soltanto lui non me li da ma l’Agenzia delle entrate viene a bussare alla mia porta con una cartella esattoriale da 53 mila euro. Dicono che devo pagare per l’evasione commessa in cinque anni dallo studio che condividevo con lui. Peccato che io non ero lì in quei cinque anni! Posso provarlo, ma a quanto pare nessuno vuole ascoltarmi. Io questa la chiamo ingiustizia».
Maria Rosaria Mattia ha 64 anni e una vita vissuta in Irpinia, in un paesino della provincia di Avellino. Se la senti raccontare la sua storia capisci che, malgrado tutto, ha scartato dalla sua vita l’ipotesi della resa. È medico e odontoiatra, appunto, ma la sua professione vera, oggi, è quella di combattente per la causa delle donne che subiscono violenza economica come lei. «Io non ho ricevuto mai un ceffone, mai mi è stato torto un capello», assicura, «ma la manipolazione, il comportamento subdolo, quelli sì che li ho conosciuti. Parole che ti fanno a pezzi psicologicamente: insulti, oltraggi, offese profonde. Sono arrivata a un passo dal suicidio, e lui: perché non ti uccidi? chi ti piange? sei una squilibrata, fallita. Una cattiveria che non potrò mai dimenticare».
La storia vissuta con quell’uomo è finita nel 2018, e quando lei ha preteso che lui uscisse di casa la promessa è stata chiara: «Ti farò impazzire». La cartella esattoriale da 53 mila euro è parte di quel piano. Quando la guardia di finanza ha fatto accertamenti sull’attività di lui nello studio, ha scoperto un’evasione fiscale «importante», come la definisce lei. Sulle prime lui ha dichiarato ai finanzieri che «no, lei non c’entra niente. Ho fatto tutto io», salvo cambiare poi versione con l’Agenzia delle entrate tirando in ballo la doppia intestazione dell’attività. «Non sono tanto i 53 mila euro, che pure mi farebbero molto comodo», giura lei. «È sentirsi ancora una volta sbagliata per non essermi ribellata prima a quell’uomo. Lo studio era una mia creatura, funzionava benissimo. Per molti anni, dato che lui era sgarbato con me davanti ai pazienti, mi sono fatta da parte; ho lasciato che lo conducesse lui e non ho mai visto un soldo. E quando alla fine si è laureato sono stata pure così sprovveduta da farlo diventare studio associato fra noi due. Sono i danni della manipolazione, ma me ne sono resa conto soltanto dopo»
Comunque la domanda di Maria Rosaria Mattia, adesso, è : «Possibile che non si possa trovare una strada per non fare un altro torto a me o a chi come me si ritrova in mezzo a guai economici per colpa di relazioni intime disgraziate?» Mentre lei cerca una risposta, la sua non-resa è diventata attivismo su più fronti. La dottoressa è riuscita con le sue sole forze e indebitandosi fino al collo, ad aprire in provincia di Salerno una casa rifugio per donne maltrattate che ha chiamato Le Ninfee. Non solo: ha aperto un Centro di diagnostica per immagini e una cooperativa (Namasté) per la gestione di una casa di riposo per anziani, sempre in provincia di Salerno.
E c’è dell’altro. È lei stessa che annuncia: «Finalmente dopo 6 anni da quando sono stata cacciata fuori da quello che era uno studio associato, io sono riuscita finalmente a riaprire il mio nuovo studio odontoiatrico. Alla fine di ottobre, spero, dovrei inaugurarlo. Prerogativa di questo studio saranno le prestazioni odontoiatriche assolutamente gratuite alle donne vittime di violenza. Anche questo mi rende fiera di me dopo essermi sentita meno di niente».

15.11.21

14enne picchiata e minacciata perché si rifiuta di indossare il velo: denuncia madre e fratello maggiore


CRONACA ITALIA 15 NOVEMBRE 2021, 14:43
14enne picchiata e minacciata perché si rifiuta di indossare il velo: denuncia madre e fratello maggiore


                    BARBARA BUFFA 

Un'adolescente ha denunciato madre e fratello che per mesi l'hanno picchiata e minacciata per via della sua scelta di non indossare il velo islamico. Aperte le indagini sul suo caso.



Una 14enne è stata maltrattata per mesi dai familiari nella sua casa di Ostia.
Un’adolescente di religione islamica è stata maltratta e picchiata per mesi dalla madre e dal fratello, per via della sua scelta di non indossare il velo. La giovane ha sofferto a lungo in silenzio prima di decidere di rivolgersi ai carabinieri della stazione di Ostia, denunciando quanto vissuto fra le mura domestiche. Sul suo corpo sono state individuate ferite dovute alle aggressioni. Picchiata e minacciata da madre e fratello perché non vuole indossare il velo islamico


La madre 39enne e il fratello di 17 anni, spiega Il Corriere, l’avrebbero picchiata perché non seguiva gli obblighi della religione islamica e si rifiutava di indossare il velo per strada. I due l’avrebbero anche minacciata di portarla in Bangladesh, loro Paese d’origine, se non avesse accettato di obbedire agli ordini imposti.
14enne denuncia madre e fratello per maltrattamenti
Secondo quanto riferito da OstiaTv.it, la giovane avrebbe deciso di parlare con una sua insegnante delle continue aggressioni subite.
Quest’ultima avrebbe ascoltato il suo racconto, accompagnandola poi presso la stazione dei Carabinieri di via dei Fabbri Navali di Ostia. Qui ha potuto rendere noto alle autorità il resoconto dei maltrattamenti subiti, denunciando madre e fratello. Dopo averla ascoltata, i carabinieri l’hanno accompagnata all’ospedale Grassi per farla medicare. In seguito a un’aggressione subita da parte del fratello infatti, la giovane riportava graffi e ferite alla testa e alle braccia. I medici hanno decretato per lei alcuni giorni di prognosi. Ora la 14enne si trova in una struttura protetta ed è stata affidata ai servizi sociali.
Attualmente è inoltre seguita da alcuni psicologi.
L’ultimo maltrattamento subito dall’adolescente risalirebbe alla fine della scorsa settimana. Le forze dell’ordine hanno aperto le indagini sul suo caso. Gli investigatori hanno intenzione di comprendere se vi siano altri familiari coinvolti nella vicenda.
1522: il numero per denunciare la violenza
Il caso della giovane aggredita dai familiari a Ostia contribuisce a tracciare il triste disegno delle molte facce della violenza sulle donne. Solo nel secondo trimestre del 2021 il numero di richieste d’aiuto con chiamate al numero di pubblica utilità contro la violenza sulle donne è aumentato del 6,7%.
Dati Istat mostrano chiaramente che i mesi caratterizzati dal periodo di lockdown sono corrisposti con un netto aumento della violenza fra le mura domestiche.
Il numero 1522 nasce per prestare soccorso e supporto a tutte le donne che scelgono di chiamare e denunciare le violenze subite. Si tratta di un numero gratuito e disponibile 24 ore su 24, gestito da operatrici disponibili ad ascoltare le segnalazioni di chi chiama. L’accoglienza è disponibile in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo.
La maggior parte delle donne che si mettono in contatto con il 1522 denuncia la violenza fisica come violenza principale.
Di tutte le forme di violenza subite però, quella psicologica risulta essere la più frequente.

30.7.08

censura mediatica perchè gay Alan Rogers il 4000 soldato morto in Iraq

Che strano paese gli Usa  patria   dei diritti civili   e  dele  battaglie pert i diritti umani   , oltre che  della    contro  cultura   per i diritti  dei Gay  e  non solo ,   pattia  di bigotti e conservatori   come testimonia questa news 







Bufera mediatica negli Usa sull'eredità morale del maggiore Alan Rogers, (  foto in basso  a  destra  ) il militare di carriera morto il 27 gennaio in Iraq dopo essere saltato in aria su una mina mentre era in servizio di pattuglia a Baghdad. Per il Pentagono è un eroe, un patriota modello, per gli attivisti omosessuali è invece il primo soldato gay a morire in guerra, un simbolo contro l'omofobia nell'esercito.Del caso in America se ne sono occupati tutte le testate più importanti. Secondo il prestigioso settimanale "New Yorker", la vicenda potrebbe cancellare definitivamente la politica di "non chiedere per non dire" varata dall'amministrazione Clinton negli anni '90 per i militari gay in divisa. Ma non tutti la pensano a questo modo. Sull'apertura ufficiale delle porte dell'esercito ai gay, osteggiata dal Pentagono e da McCain e fortemente voluta da Obama, l'opinione pubblica è divisa e negli Usa la questione tiene banco.Dopo la morte in Iraq, il maggiore Alan Rogers fu sepolto con tutti gli onori del caso e definito come "un ufficiale di grandissimo talento". In quell'occasione nessuno menzionò invece il suo orientamento sessuale, che il soldato, in osservanza delle regole non scritte della caserma, non confidò mai ai suoi commilitoni. Nel dare la notizia della tragica scomparsa in Iraq, anche il Washington Post e la National Public Radio sorvolarono sull'omosessualità del militare, concentrando la loro attenzione sul suo eroismo e sulla sua carriera esemplare. Un silenzio che non è piaciuto agli attivisti gay, che del maggiore hanno fatto subito un'icona della battaglia omosessuale contro la politica del "Don't ask don't tell"."Quando Rogers morì il Pentagono si è accollato l'eredità morale da chi sta cercando di strumentalizzarla politicamente", scrive il settimanale New Yorker. Gli fa eco il colonnello Mike Hardy, l'ufficiale incaricato di seguire il dossier Rogers dopo la morte. "Non aveva preso nessuna iniziativa per essere ricordato come soldato gay", ha spiegato il militare. La realtà invece è assai più complicata e il caso si è trasformato in un tormentone.Poco prima di morire il maggiore aveva deciso di lasciare le forze armate per poter vivere da gay alla luce del sole. "Era un omosessuale che aveva sottoscritto in pieno i valori dell'esercito ma che aveva scoperto che alla resa dei conti questi valori non funzionavano per lui come persona'', ha dichiarato un amico al settimanale, alimentando le polemiche attorno alla vicenda. La rivista The Washington Blade ha accusato il Pentagono di "voler tenere un soldato gay nell'armadio mentre lui voleva che la sua storia fosse raccontata".

Fu uccisa, uomo condannato ma per lo Stato è ancora viva. L'assurdo caso del giallo di Guerrina

è vero ed comprensibile che se un corpodi una persona , uccisa inquesto caso , non viene trovato , bisogna aspettare un tot di tempo per sb...