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29.8.22

‹‹Frigoriferi staccati a turno per non aumentare i prezzi » Il Bar da Stella a Nuoro: « Dopo il Covid, un altro disastro »

  la  nuova  sardegna  del  29\8\2022
 ‹‹Frigoriferi staccati a turno per non aumentare i prezzi » Il Bar da Stella a Nuoro: « Dopo il Covid, un altro disastro »

                               Kety  Sanna 

Nuoro
 «Pensavamo che superato il Covid nulla si sarebbe potuto più mettere di traverso». Il Bar da Stella, in via Dessanay, locale aperto da tempo ma gestito da tre anni da Antonelo Carbone e Stella Carta, ora rischia la chiusura. A determinarla la stangata avuta con il caro energia. L’ultima bolletta, relativa ai mesi di giugno e luglio, ha superato i 4700 euro. «Un disastro. Impossibile sostenere queste spese» dicono marito e moglie, lui 55enne, lei più giovane di un anno, che quotidianamente viaggiano da 

 i titolari del bar da Stella,
 in via Dessanay a Nuoro
Ottana per mandare avanti l’attività. «Siamo partiti pagando bollette che non superavano i 900 euro e ora i costi si sono quadruplicati. Le prime avvisaglie del rincaro energetico le abbiamo avute qualche mese fa, quando siamo passati a 2mila e 200 euro. Ora, però, ci siamo trovati a pagarne 2.800 in più». Quattro volte tanto i costi per Stella Carta e Antonello Carbone che per limitarli hanno iniziato a staccare due frigoriferi. «Il fatto – dice la barista – è che per questo bimestre avevo una promozione che ci permetteva di pagare 27 centesimi a chilowatt. Dal prossimo, pagheremo 40 centesimi, dunque per noi sarà sempre peggio». E pensare di aumentare i prezzi per i due titolari sarebbe fallimentare. «In un locale, se si dovesse sollevare il costo  del caffè o della birra dall’oggi al domani, i clienti vanno via – sottolineano –. Certo è che se dovesse arrivare un’altra bolletta come l’ultima, saremo costretti a licenziare una dipendente, che lavora con noi a tempo indeterminato, da due anni. In un bar come questo, dove al mese solo per le spese fisse, senza contare il costo della merce, partono 7mila euro, non è possibile affrontare stangate come queste – aggiungono i due baristi –. Motivo che ci ha portato rateizzare la bolletta paghiamo mille e 400 euro in quattro mesi, sapendo che nel frattempo arriveranno le altre, e chissà se saremo in grado di farvi fronte». Stella e Antonello hanno iniziato a lavorare nel bar il 1 settembre 2019, quando hanno deciso di acquistare la licenza dal precedente titolare, che stanno ancora pagando. «Per noi è stato come reinventarci. Io – dice la donna – lavoravo in un market, mentre mio marito era un vigilante. Dopo 6 mesi che abbiamo aperto, siamo stati costretti a chiudere per il Covid. Ci ha beccato in pieno. Per noi non era previsto alcun tipo di aiuto, proprio perché avevamo appena iniziato e non avevamo “uno storico”. Inoltre eravamo un’azienda a conduzione familiare. Siamo riusciti a “strappare” 600 euro per due mesi, e mille euro per il mese di dicembre. Nonostante tutto abbiamo continuato a pagare l’affitto del locale: 1500 euro, e le bollette che sono continuate ad arrivare. È andata male – continuano – ma abbiamo resistito, anche se ci abbiamo rimesso tutti i risparmi. Ora queste bollette sono state davvero il colpo di grazia. Se si continua di questo passo saremo costretti a chiudere». Il Bar da Sella si trova in un punto strategico della città, a pochi passi dall’area commerciale di via Don Bosco e a quella di via Dessanay. È un locale che lavora bene, e tanto, in tutto l’arco della giornata. «Dalle 5 del mattino siamo già dietro il banco, per poi chiudere alle 22. È un lavoro stressante che in condizioni normali dà tante soddisfazioni. Il fatturato è buono anche perché garantiamo pasti caldi ai clienti. Ma, il Covid prima, e la crisi poi, ci hanno spezzato le gambe. E proprio ora che ci stavamo rialzando – concludono marito e moglie – è arrivata la stangata delle bollette. Se nessuno interviene per noi è la fine

10.5.17

Di Gucci ce n'è uno solo: ristorante costretto a cambiare nome Prato, la multinazionale della moda e dell'abbigliamento ha inviato una diffida al ristorante "Gucci doc" di via dell'Accademia dove tutti si chiamano Gucci

leggi anche 
http://iltirreno.gelocal.it/prato/cronaca/2016/06/05/news/il-gucci-doc-in-via-dell-accademia-1.13609221


dopo  Armani    adesso anche Gucci si mette  a fare il preopotente  verso un debole reo  di essere  omonimo  dello stilista  .  Nonfaccio ulteriori  n  commenti onde  evitare   qualunquismi  , populismi , ed ovvietà  . lasdcio parlare  larticolo ed  eventualmente  i vostri commenti

da http://iltirreno.gelocal.it/prato/cronaca/2017/05/10/

Di Gucci ce n'è uno solo: ristorante costretto a cambiare nome

Prato, la multinazionale della moda e dell'abbigliamento ha inviato una diffida al ristorante "Gucci doc" di via dell'Accademia dove tutti si chiamano Gucci di Vittorio Vannucci



PRATO. Prendersela con i più piccoli sembra andare di moda. E' proprio il caso di dire. Incredibile ma vero: un ristorante del centro di Prato, aperto da appena un anno, è stato costretto a cambiare denominazione niente meno che da Gucci, multinazionale della moda e dell'abbigliamento.E' la vicenda paradossale capitata al ristorante "Gucci doc" di via dell'Accademia 49 di Prato, aperto nel 2016 dalla famiglia Gucci, il babbo Fabio, la mamma Barbara, le figlie Laura e Martina Gucci. Il lavoro è filato via liscio per più di dodici mesi con le soddisfazioni e le fatiche di ogni giorno, quando una bella mattina i titolari si sono visti recapitare una lettera di diffida da Gucci direttamente nella casella della posta: "Vi diffidiamo dall'utilizzo della denominazione Gucci doc o adiremo le vie legali"

Gucci vs i Gucci: la maison contro una famiglia di Prato: "Cambiate nome al vostro ristorante"questo il tono della missiva che non lasciava molto spazio all'immaginazione.Fulmine a ciel sereno per la famiglia di ristoratori pratesi. La strada che si poneva davanti era quella di un bivio, o rischiare di andare per vie legali con Gucci cercando di mantenere il nome con cui il ristorante si era già fatto conoscere e apprezzare, oppure cambiare denominazione ed evitare di ingaggiare la battaglia legale col colosso della moda: "Alla fine abbiamo optato per cambiare nome al ristorante - commenta Barbara madre di Laura e Martina e moglie di Fabio - purtroppo non abbiamo avuto scelta. Peccato, ci siamo rimasti molto male. Pare quasi che portare il cognome Gucci sia una colpa agli occhi di questi signori. Mio marito e le mie figlie si chiamano Gucci, essere penalizzati per questo è veramente assurdo".
E anche le figlie Martina e Laura Gucci che gestiscono il ristorante assieme ai genitori, sobbarcandosi l'impegno e la fatica di tutti i giorni, hanno voluto commentare su facebook l'accaduto: "Ci scusiamo con la gentile clientela per la modifica del nome del nostro locale. Purtroppo, in questi mesi -spiegano le due sorelle- oltre all'attenzione dei clienti e appassionati di vino e buon cibo toscano, abbiamo attirato anche le 'attenzioni' sbagliate di chi porta il nostro stesso cognome, ma che è, ahinoi, più potente e ricco. Nonostante abbiamo cercato di farci valere - continuano Laura e Martina - abbiamo dovuto provvedere a modificare il nome al nostro ristorante, che però rimane intatto nella sua idea di buona cucina con quel mix di tradizione e innovazione che ci contraddistingue! Speriamo di vedervi presto da noi!". Il ristorante si chiama adesso Gi doc ristobistrò, una piccola modifica imposta per forza, che però non ha abbattuto il morale, l'inventiva e la voglia di fare della famiglia di ristoratori: "Il nuovo logo sarà caratterizzato da una G con tre puntolini e poi una I a forma di calice con il doc a chiusura di denominazione -aggiunge Barbara - per ribadire il concetto che porteremo avanti come prima e più di prima la nostra cucina con la solita ospitalità e semplicità".

Tutti i Gucci nel locale di via...
Tutti i Gucci nel locale di via dell'Accademia


L'insegna Gucci Doc che dovrà essere...
L'insegna Gucci Doc che dovrà essere cambiata





26.3.14

Abbandonata al Burger King, ritrova mamma dopo 27 anni Giovane americana aveva scritto su Fb, 'Non sono arrabbiata'

Ecco che c'è chi non prova odio e rancore



Baby Burger King

Redazione ANSA WASHINGTON
26 marzo 201420:08 NEWS



'Burger King Baby' ritrova sua madre grazie a Facebook. Quella di Katheryn Deprill, una giovane di 27 anni di Alentown, in Pennsylvania sembra una storia da film a lieto fine. La madre l'abbandono' quando aveva poche ore di vita, nel bagno di un fast food, un ristorante della catena Burger King, facendo perdere ogni traccia per tutto questo tempo.

Poi, ai primi di marzo, Katheryn, posto' su Facebook un post dal contenuto drammatico: "Voglio che lei sappia che non sono arrabbiata con lei per quello che ha fatto, però ho tante domande da farle, pur di iniziare una nuova relazione con mia madre biologica. Vi prego - e' l'implorazione della giovane donna - aiutatemi a trovarla condividendo questo mio post''. E poche settimane dopo e' successo il miracolo: due donne l'hanno contattata e c'e' stato l'incredibile incontro. "Si sono abbracciate immediatamente. E' stato tutto molto emozionante e drammatico", ha raccontato Jim Waldron, un avvocato che ha organizzato la riunione su richiesta della madre la cui identita' rimane ignota.
Cosi', quella che per anni e' stata ribattezzata dai media 'Burger King Baby' ha potuto riabbracciare la madre biologica e conoscere la sua tragica storia: aveva appena 16 anni quando venne stuprata durante un viaggio all'estero. Tornata negli States, era riuscita a tenere nascosta la gravidanza ai genitori, ma sapeva che non sarebbe mai riuscita ad avere cura del bambino. Quindi, come racconta l'avvocato, ha deciso di lasciare il neonato in un luogo dove sarebbe stato trovato facilmente da chi sarebbe stato in grado di metterla al riparo. Una versione che ha convinto anche Katheryn: '"Deve essere stato tremendo dovermi lasciare, sono certa che non era quello che voleva, m si rendeva conto che non aveva altra strada davanti. Aveva solo 17 anni. Mi ha lasciato in un posto dove sapeva che sarei stata trovata, non voleva buttarmi via". Al momento dell'incontro erano presenti anche i genitori adottivi della ragazza. 
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emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...