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3.11.25

chi lo ha detto che il fumetto non possa porti domande e spronarti facendoti coraggio il caso di “Paperino e il flagello degli otto mari” n 3649 di Soggetto e sceneggiatura di Marco Nucci Disegni di Fabrizio Bennossi

A casa di amici mi sono messo a leggere sottraendolo al loro figlio l'ultimo n di topolino è ho letto tutto d'un fiato la bellissima storia Paperino e il flagello degli otto mari . E proprio questa storia in particolare una delle ultime tavole ( vedere sotto a destra ) mi ha fato venirein mente una riflessione che riporto sotto .
Sbarazzarmi delle mie paure oppure come dice la tavola : « ... sono delle alleate ! una fidata flotta che aiuta a mantenere la rotta » . ?
Analizzando semanticamente la frase sbarazzarsi delle paure sembra che essa non ha senso compiuto, ma sembra unire concetti legati al disturbo da accumulo (disposofobia) e alla difficoltà di separarsi dai propri oggetti. In particolare, la difficoltà di "sbarazzarsi" ( ma anche dell'opposto, ovvero Non sbarazzarsi: cioè l'incapacità o la difficoltà a buttare via gli oggetti ) degli oggetti di cui il soggetto prova angoscia nel separarsene è il sintomo principale di questo disturbo, che si contrappone al "proprio" che potrebbe indicare l'ossessione per il possesso . Ma poi m'accorgo ripensado alla storia in questione che essa ha il significato di liberarsi di qualcosa in questo caso delle paure . Ritornando alla domanda in cui parlavo nelle righe precedenti .
Devo riconoscere che ha ragione Cormorano Teach quando suggerisce a Paperino quela frase ( vedere foto a sinistra )
Infatti Non esistono persone completamente prive di paura: la paura è un'emozione naturale e necessaria, ma il coraggio consiste nel saperla riconoscere e nel poter agire nonostante essa.
Essa è una risposta innata che serve a proteggerci di fronte a pericoli reali o immaginari, e si manifesta sia fisicamente che psicologicamente . Anche senza minacce apparenti, l'essere umano può provare paura anticipando eventi futuri o immaginando scenari negativi .
Persone diverse reagiscono con intensità differenti in base a diverse esperienze passate, cultura, educazione e fiducia in sé stesse. Inoltre dobbiamo distinguere fra paure che sono razionali e ci possono anche salvare la vita, altre sono irrazionali e ci limitano, impedendoci di vivere pienamente . 
Non provare paura non significa essere coraggiosi: la vera forza dell'essere umano risiede nel saper riconoscere la paura e nel superarla, affrontando sfide e incertezze nonostante il timore Figure notevoli come Giovanna d'Arco o Nelson Mandela hanno dimostrato che il coraggio nasce dalla capacità di agire anche in presenza di paura, trasformandola in determinazione e
azione cosciente Anche nella vita quotidiana, ogni piccolo gesto che compiamo nonostante il timore – parlare in pubblico, affrontare un cambiamento, avvicinarsi a sfide nuove, ecc può rappresentare un esempio di coraggio rispetto alla paura .
Vedere quindi La paura come opportunità di crescita personale ovvero accoglierla \e senza esserne paralizzati permette di sviluppare consapevolezza di sé e forza interiore.
Tecniche come la meditazione, la consapevolezza e, in alcuni casi, ipnosi o terapia cognitivo-comportamentale aiutano a riconoscere le paure e a reagire in modo costruttivo . La paura può diventare così uno strumento che segnala opportunità di crescita piuttosto che un ostacolo insormontabile.
In sintesi ecco che nessuno\a di noi, sottoscritto compreso è completamente senza paura,perché la paura è parte della natura umana. Ciò che distingue le persone coraggiose è la capacità di convivere con la paura, trasformandola in energia per agire e crescere. Vivere senza paura totale non è possibile né necessariamente desiderabile, ma vivere coraggiosamente nonostante la paura è il vero segreto del successo e del benessere personale .
Ecco che l'altro mio Io mi sta per chiedere ma come farlo ?
Per farlo è fondamentale affronterle progressivamente invece di evitarle, accettando di non poterle controllare completamente e lavorando sull'autostima attraverso sfide graduali e l'apprendimento dagli errori. Tecniche come la respirazione profonda, la meditazione e l'immaginazione controllata possono aiutare a gestire l'ansia correlata, mentre l'obiettivo non è eliminare la paura, ma imparare a conviverci ed affrontare le paure s piccoli passi: Inizia da sfide piccole e gestibili per guadagnare coraggio e fiducia, abituandoti gradualmente alle sensazioni che la paura provoca. Ecco come consigliano gli esperti
Accettarla e riconoscerla invece di combatterla solo . Questo passaggio ti libera dal blocco e ti permette di trasformarla in una risorsa.
Impara a conviverci: L'obiettivo non è eliminare la paura del tutto, ma imparare a gestirla e a conviverci in modo più sano, focalizzandoti sul vivere bene nonostante le difficoltà.
Gestire i pensieri correlati cioè accetta i pensieri soprattutto quelli ossessivi senza cercare di allontanarli subito, osservandoli in modo distaccato.
Rimanda i pensieri soprattutto quelli negativi dicendo a te stesso "ci penso dopo", così da togliere loro forza e intensità e magari dimenticarti quali fossero
Limita i pensieri ossessivi: Se necessario, usa affermazioni decise come "Basta!" per bloccare il pensiero.
Programma momenti per pensare Dedica degli orari specifici della giornata ai pensieri negativi o meno , anziché lasciare che ti assillino continuamente.Tecniche di rilassamento e gestione dell'ansia
Respira profondamente cioè Pratica la respirazione profonda o tecniche di respirazione guidata per ridurre l'ansia.
Meditazione e mindfulness cioè Dedicati a pratiche come la meditazione o la mindfulness per spostare l'attenzione dai pensieri al corpo e favorire il rilassamento.
Sii attivo in quanto l'attività fisica, lo yoga o altre attività sportive sono ottimi modi per ridurre l'ansia generale.
con questo è tutto . Ma prima di lasciarvi ecco i siti da me consultati
















5.12.24

La predica-camomilla allontana i fedeli

Spett Redbeppe
  cosa pensa dell'invito di papa Francesco, rivolto ai preti, a tenere prediche più brevi? Confesso che, quando mi reco a messa, mi annoio a morte quando il sermone si fa lungo e sarei tentato di alzarmi e andare via, se solo non avvertissi questa mia eventuale scelta come una grave mancanza di rispetto sia nei confronti del sacerdote, sia nei confronti del Signore. Lei cosa ne pensa?



Caro ****
finalmente qualcosa di sensato: le prediche devono essere concise, stringate ed efficaci, poiché il loro scopo non è  oalmeno non dovrebbe  essere né punitivo né espiatorio, bensì esse devono indurre il fedele a compiere delle riflessioni, devono offrire quindi uno spunto e non costituire una sorta di lavata di capo fatta al buon cristiano che ancora si reca a messa, in questa società dove le chiese sono sempre più vuote, probabilmente pure a causa di certi predicozzi insostenibili. Di certo il pippone propostoci dai sacerdoti non ci incoraggia a mettere piede all'interno della casa del Signore.
Siamo onesti. Forse risulterò blasfemo  e  miscredente  nel pronunciare questo pensiero, ma sarebbe opportuno essere sinceri ed ammettere che le prediche sono spesso più soporifere di una camomilla con melatonina e valeriana, anzi ancora più di un sonnifero potente. E ne siamo terrorizzati. Papa Francesco, uomo saggio e al passo con i tempi, talvolta fin troppo secondo alcuni  , propone di ridurne la durata: dai canonici trenta minuti a dieci minuti, condensando in questo breve lasso di tempo il messaggio che il sacerdote ha da offrire a chi ascolta. Sia chiaro: fosse per me, basterebbe un tweet e poi tutti a casa, ma vada per i dieci minuti, tanto non corro il rischio di subire prediche, dal momento che non entro in chiesa  se  non di rado  . In fondo, a cosa servono i giri di parole? Basta andare dritti dritti al punto, altrimenti si scade nel vizio e nel peccato da parte del sacerdote, come ha sottolineato il pontefice, di predicare non il verbo di Dio ma se stesso, usando l'altare alla stregua di un palcoscenico.

22.10.23

Luce ed ombra

da www.luca-b.it #lucab    tramite  https://www.pinterest.it/

Luce e ombra sono due lati della stessa medaglia... Una non può fare a meno dell'altra... Sono indissolubili.Non bisogna mai abbandonarsi alla disperazione anche se a volte essa può essere preziosa e ci può dare energie e speranza per riscattarci ! Ogni sforzo prevede una ricompensa....  .  Infatti  << Luce e  ombra, non esiste l'una senza l'altra, ma sta a noi comprendere che le ombre esistono proprio per insegnarci a vivere nella luce... (Luca B    da  cui  ho preso anche   la  foto  del  post ) >>

9.4.20

riflessioni in quarantena da codiv19



Leggi anche





Cercando sui canali di telegram questo numero ( esattamente il n. 18 del 18.04 )





e sul sito della rivista www.donnamoderna.com l'articolo in cui si racconta la storia ( qui la sua pagina qui il suo account, Facebook ) di Marilena Abbatepaolo ne ho parlato in un post precedente trovate sopra l'url ho trovato sul sito della rivista questo articolo che parla della nostra ( non per piangermi addosso ma perché lo sono anch'io anche se fortunatamente 😢 solo a destra ) disabilità è invisibile, per questo, ovviamente senza generalizzare, gli " udenti " tendono a sottovalutare e non capire, come si racconta oltre che nell'articolo prima citato in questo video [ spero d'essere riuscito ad incorporarlo , se mon ci riuscite andate al link dell'articolo citato ] .






Spesso le difficoltà delle persone sorde non vengono capite e l'inclusione risulta difficile, a partire dalla scuola. Lo racconta in modo coraggioso La forma della Voce, lungometraggio basato sull'acclamato manga A silent voice, nelle sale il 24 e 25 ottobre: protagonista Shoko Nishimiya, una ragazzina non udente, vittima del bullismo. Ecco il trailer.
Spesso le difficoltà delle persone sorde non vengono capite ed vengono accettate per pietà ed ipocrisia e l'inclusione risulta difficile, a partire dalla scuola. Lo racconta in modo coraggioso La forma della Voce, lungometraggio basato sull'acclamato manga A silent voice, nelle sale il 24 e 25 ottobre: protagonista Shoko Nishimiya, una ragazzina non udente, vittima del bullismo. Ecco il trailer.




Ora visto che lei ha una tempra più dura della mia nell'affrontare la disabilità gli ho scritto



Ciao
ed Auguri di buona pasqua innanzitutto

ho letto che : << Da tempo in Italia il movimento dei sordi è spaccato tra l’approccio strettamente oralista e logopedista (che prevede impianti cocleari e riabilitazione per portare a parlare le persone sorde) e l’utilizzo esclusivo della Lis (Lingua italiana dei segni), che anche in Italia è stata riconosciuta ufficialmente: il 3 ottobre 2017, dopo 20 anni e sei legislature, il Senato ha concluso l’esame del disegno di legge, licenziando un provvedimento che riconosce e garantisce i diritti delle persone sorde e che ora passerà alla Camera, per l'approvazione in via definitiva.>>. in quale delle due scuole segui ? te lo chiedo non per curiosità morbosa ma per confrontarci ed sentire un opinione in quanto vorrei sentire un parere prima di fare l’impianto cocleare di cui ho paura , non tanto per l’intervento in se ( ne ho fatto diversi in 35 anni per evitare che la malattia , otite da colesteatoma che ha determinato la mia sordità , portasse a conseguenza peggiori sul mio corpo ) ma per il dopo


ecco la sua risposta

Io credo che non dovrebbero esserci divisioni Finché ci saranno divisioni nessuno di noi sarà integrato pienamente





Infatti La sordità è un limite, e come tale deve poter essere superabile. Nessuno può essere lasciato indietro, quindi qualsiasi scelta, dalla Lis all’oralismo a entrambi e ai sottotitoli, va considerata giusta perché all'interno di una vera battaglia culturale come quella che ( ne avevo parlato anch'io ) Sara Giada Gerini, giovane donna sorda oralista, si batte per l’introduzione dei sottotitoli per tutti.

27.12.18

che ne dite d'estendere "il buonismo " del natale e delle sue feste anche oltre

  Cercherò di far e mia  la proposta    dell'editoriale di     Angela  Lantosca     per il  numero di dicembre  2018  la  rivista  gratuita  di   https://www.ioacquaesapone.it 




C’è chi si lamenta, chi lo attende con ansia, chi vorrebbe addormentarsi fino al termine delle feste e chi vive per quel giorno. C’è chi lo aspetta per ricevere soldi da spendere in modi poco leciti, chi ha dimenticato perché lo aspetta, chi non vede l’ora dei regali, chi del pranzo, chi di quella quiete di quando vanno via tutti. Poi c’è chi vorrebbe, ma non può. Chi ricorda come era e come non sarà più. Per me il Natale ha acquisito negli anni tanti significati diversi. C’è stato quello dell’infanzia, quello ‘casalingo’. E poi quello passato alla mensa dei poveri o quello in una comunità di recupero per tossicodipendenti. Natali forti, pieni di amore, pieni di senso. Natali lontano dalla famiglia, sia per me che per loro, ma così intensi da farmi sentire più che mai amata e innamorata. Natali che mi hanno fatto comprendere quanto queste feste siano ancora più importanti per chi non ha una famiglia, per chi ha perso tutto, per chi ha in strada la sua casa, per chi sta provando a crederci di nuovo. Sono giorni difficili per chi ha già una vita difficile. Giorni che fanno sentire più forte a volte quel dolore, quella spina che fa fatica ad andare via. Giorni in cui noi, i più fortunati, possiamo rinunciare ad una tradizionale assemblea familiare, che spesso neanche ci fa felici, per donarci a chi ha bisogno di un abbraccio in più. Ma soprattutto per donare a noi stessi ciò che per noi ha più senso (qualunque scelta facciate, importante che sia vera). Ma il Natale non basta. Ho sempre sentito un certo fastidio nel registrare il buonismo tipico di questo periodo dell’anno. O meglio: pur accogliendo sempre con gioia la bontà, seppur indotta, dalle feste, mi sono sempre interrogata su quanto fosse vera e sentita... E soprattutto quanto fosse utile limitarla ad alcuni giorni. è un po’ come quando - giusto per fare un parallelismo - noi giornalisti ci occupiamo di una questione solo perché tutti ne parlano e ci dimentichiamo di trattarla nel resto dell’anno... Allora perché non proviamo a trattenere anche in altri giorni dell’anno quell’atmosfera di accoglienza, di sospensione di ogni belligeranza, di tregua? Perché non proviamo ad arrivare almeno alla Befana!?

23.6.17

L'elzeviro del filosofo impertinente

Recentemente mi sono imbattuto in alcune pubblicità alquanto inquietanti. In certi noti settimanali si sponsorizza la vendita di una bambola che riproduce realisticamente le fattezze di un neonato. Per ovvi motivi non posso citare l’azienda né riprodurre l'immagine dell’oggetto in questione, ma sono lontani parenti di Cicciobello e probabilmente più eleganti. Forse questi macabri bambolotti alti circa 50 cm riusciranno a placare il desiderio di maternità e paternità insito negli umani? Cullando fra le mie braccia un pupazzo senz'anima mi potrò definire padre? Qual è allora il senso di questa stramba operazione di marketing? A quanto pare l'artista che ha realizzato tale 'creatura' intende donare ai genitori mancati la gioia di tenere fra le braccia un piccolo corpicino con lo sguardo imbambolato. Ovviamente la pubblicità ci tiene a sottolineare che il prodotto non è un giocattolo, bensì un oggetto da collezione unico, quasi raro. Non è un prodotto per bambini, ma per adulti desiderosi di figliolanza. Per carità, il bambolotto è un prodotto raffinato e ben fatto ma rimane pur sempre un oggetto inanimato. Esistono anche bambole "speciali" che ti stringono il dito. Queste sensazioni però mi inquietano. L'essere umano solletica la propria immaginazione con prodotti di qualità che riproducono qualcosa o qualcuno che esiste già in realtà. In altre parole si concedono istanti di felicità con surrogati di realtà. Diceva David Hull: "L'ipocrisia è il lubrificante della società". Questi pupazzi bambini, questi feticci del desiderio umano non potranno mai supplire quel vuoto che si crea in noi. Ben scriveva Pier Paolo Pasolini nel libro Lettere Luterane: "Il fondo del mio insegnamento consisterà nel convincerti a non temere la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in bruti e stupidi automi adoratori di feticci". Noi umani temiamo i sentimenti ma siamo preda del sentimentalismo. Non siamo buoni, ma buonisti. Adoriamo gli oggetti che riproducono qualcosa, vedi alcune pratiche cattoliche dove si venerano statue raffiguranti santi e madonne. I feticci sono utili per comunità umane non evolute, quasi primitive ma non certamente per persone dotate di raziocinio. Se la vita non vi ha resi genitori non lo diventerete di certo acquistando dei bambolotti!
In Jane Eyre Charlotte Brontë scrive: "Mi portavo sempre nel letto la bambola; gli esseri umani hanno bisogno di amare qualcosa e, in mancanza di un oggetto più degno di tenerezza, mi studiavo di provare piacere amando e vezzeggiando un piccolo idolo sbiadito, malridotto come uno spaventapasseri". Dunque smettiamola di confondere l'apparenza con la realtà, e dedichiamo il nostro tempo ad emozioni e sentimenti reali. Nel mondo esistono tanti bambini in carne e ossa che aspettano un nostro abbraccio vero e sincero. Per una volta smettiamo di vivere sentimenti posticci, e ripiombiamo nella monotona ma concreta quotidianità.


Cristian Porcino


® Riproduzione riservata

21.2.17

L'elzeviro del filosofo impertinente /4

Lo ammetto, detesto il periodo di carnevale e non ne capisco il senso. Non mi riferisco certamente ai motivi storici, bensì alla ragione di fondo che spinge i contemporanei a festeggiarlo. I bambini e le bambine hanno tutte le ragioni di questo mondo per giocare ad indossare i panni dei propri eroi ed eroine, ma qual è invece la causa nascosta che muove gli adulti a camuffarsi?
Forse un'infantilità latente o un profondo senso di inadeguatezza? L'etimologia della parola persona deriva dal latino, e significa proprio maschera. La stessa maschera indossata dall'attore per impersonare un ruolo. Nella vita di tutti giorni ci mettiamo addosso i panni di personaggi che non ci rassomigliano. Utilizziamo i social network per rappresentarci nel modo in cui vorremmo essere. Costruiamo, quindi, la nostra immagine sull'opinione degli altri, e non su quello che sentiamo o avvertiamo di essere veramente. Seguiamo la massa amorfa senza porci alcuna domanda. Vedere tutti questi adulti mascherati girare per le vie della città mi inquieta e non poco. Non sono minimamente sfiorati dal senso del ridicolo. Ovviamente si rasenta il grottesco quando vogliamo sollazzarci a tutti i costi come giovani adolescenti, e non accettare mai di responsabilizzarci; per quello, forse, c'è tempo. Ad esempio come razionalizzare ed assimilare la fastidiosa presenza di quei martelletti di gomma dati in testa, o quei coriandoli che ti entrano in bocca, oppure quelle insulse trombette suonate a più non posso? Di questa carnevalata salvo solo i carri allegorici con la loro proverbiale satira sui potenti che si rifà proprio alla ragione storica di questa ricorrenza. Ironia della sorte il mercoledì successivo al martedì grasso la Chiesa ci ricorda che siamo polvere, e polvere ritorneremo. In altre parole: 'Cari mortali, divertitevi pure tanto vi attende la tomba"! 
Ma perché pensiamo all'allegria e al divertimento come a un sinonimo di cialtroneria e di ritorno all'infanzia? Occorre, in tal senso, operare un ripensamento sul significato del riso. Io propongo un'alternativa: carnevale per noi umani dura tutto l'anno, dunque perché non provare, per un solo periodo, a buttare giù la maschera, e mostrare le nostre vere (varie) meschinità al mondo? Ci pavoneggiamo tanto su Facebook o Twitter del nostro grande altruismo (finto), ma in verità siamo meschini, misogini, razzisti, maschilisti, ignoranti, omofobi, pettegoli, saccenti, cattivi, egoisti ed opportunisti, sempre pronti a sparare a zero sulla vita dei nostri simili. Abili a lisciare il pelo a chi può assicurarci qualcosa, e altrettanto veloci nell'infangare chi, secondo il nostro metro di giudizio, ci ha usati per i suoi turpi scopi. Embè, non abbiamo fatto forse lo stesso anche noi? Impegniamoci, dunque, per essere più che apparire, e sono sicuro che un solo singolo momento di verità sarà molto più entusiasmante di un'intera vita costellata d'inganni. A voi la scelta.

Criap

                                                    ® Riproduzione riservata



23.12.09

Senza titolo 1720

In un Paese civile e democratico non si può prendere “a pugni in faccia” il presidente del consiglio. E’ anche vero però, che in un Paese civile e democratico, il presidente del consigilio non sarebbe Silvio Berlusconi. (Matteo Gracis)

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...