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19.9.25

NESSUN DATO DISPONIBILE Pensieri che nessuno ha chiesto ma forse qualcuno capirà. blog di Elisa Lapenna

 navigando    in  internet   ho  trovato   questo blog  Nessun Dato Disponibile – Pensieri che nessuno ha chiesto, ma forse qualcuno capirà. Ed  gli  ho  chiesto di  fare  scambio  di   url  cioè     condivisione  \ recensione  reciproca  degli url   .  Ho iniziato   io   . 

Ecco la  ma recensione   E   subito  ho  individuato   un potenziale   compagno   di  strada  . lieto    di  condividere   post     da un blog   in  cui nel caos  si nasconde un fascino inaspettato, un ordine non convenzionale che vale la pena scoprire.>> un   blog   appena  aperto è già promettente  dove  si  non si cercaerità assolute, ma dubbi sapientemente narrati. dove discute con piglio anticonvenzionale, si filosofeggia senza pretese accademiche e si gioca con l’intelligenza con passione, incoscienza e quel pizzico di rischio che rende tutto più autentico.Se sei  ma  anche   no un’anima inquieta, un curioso irriducibile, un ironico instancabile o semplicemente un esploratore annoiato della realtà, sei nel posto giusto.


Ed    uno  degli articoli  che  più mi hanno colpito per  obbiettività  nel presentare   un  tema     cosi  delicato 

Articoli, Attualità e Società
Madrid marcia contro la gestazione per altri: riflessioni e domande aperte
9 settembre 2025Ely









Il 6 settembre 2025, le strade di Madrid si sono riempite di donne vestite di rosso, con cuffie bianche che ricordano quelle del Racconto dell’ancella. Nessun slogan urlato, nessuna bandiera sventolata: solo silenzio, rigore e un messaggio chiaro scritto su volantini distribuiti lungo il percorso: “Le donne non si usano, no ai ventri in affitto”.
L’evento, organizzato da oltre 30 associazioni femministe, tra cui la Federazione Donne, l’Associazione Donne Giuriste Themis e Apramp, ha visto centinaia di partecipanti attraversare il cuore della città, da Plaza del Callao, lungo Gran Vía e Paseo del Prado, fino al Congresso dei Deputati, concludendo alla Puerta del Sol. La manifestazione voleva denunciare la gestazione per altri come forma di sfruttamento e mercificazione del corpo femminile, richiamando l’attenzione sulla necessità di leggi e protezioni adeguate.
La gestazione per altri è una pratica complessa: una donna porta avanti una gravidanza per conto di altri, rinunciando ai diritti sul bambino. Può essere altruistica o commerciale e la sua regolamentazione varia molto da paese a paese. Ma il dibattito non riguarda solo la legalità: tocca etica, libertà, diritti e il concetto stesso di cosa sia naturale o giusto.
Chi vede la GPA come opportunità sottolinea vantaggi concreti. Permette a persone e coppie impossibilitate a concepire o portare avanti una gravidanza di avere un figlio biologico, favorendo inclusione e nuove forme di famiglia, comprese le coppie LGBT+ e le donne single. In contesti regolamentati, può rappresentare anche un beneficio economico per la gestante. In un futuro ideale, con supporto psicologico e leggi chiare, la pratica potrebbe diventare sicura e consensuale, senza vittime di sfruttamento.
Dall’altra parte, le criticità sono altrettanto evidenti. Il rischio di sfruttamento economico o psicologico non è teorico: molte donne in situazioni vulnerabili potrebbero sentirsi costrette o spinte da necessità economiche a vendere una parte di sé. Ci sono questioni legali complesse sui diritti della madre e del bambino, e i legami naturali creati dalla gravidanza non si annullano facilmente con un contratto. Dal punto di vista etico, la GPA solleva interrogativi scomodi: il corpo della donna può essere ridotto a uno strumento per altri? La libertà di scelta è mai davvero libera quando esistono disparità economiche così evidenti?
I punti di vista sul tema sono variegati. Molte femministe denunciano il rischio di trasformare i corpi femminili in merce e la violenza che questo porta con sé. Chi difende una visione più liberale mette al centro la libertà di scelta personale. Chi guarda con approccio bioetico prova a bilanciare i diritti della donna con quelli del bambino. E forse, in futuro, società più attente e regole più chiare potrebbero ridurre rischi e conflitti, con l’aiuto della psicologia e della tecnologia.
Oggi la GPA è regolamentata in alcuni paesi: negli Stati Uniti, ad esempio, diversi stati permettono la pratica con contratti legali e tutele per gestante e genitori committenti;
in Canada e in alcune nazioni europee è consentita in forma altruistica, mentre in altri contesti, come l’Ucraina prima del conflitto, era legale con alcune restrizioni.
Al contrario, in Italia e in molti paesi europei la gestazione per altri è vietata, considerata una pratica non legittima e sanzionata penalmente. In alcuni paesi, invece, il dibattito è aperto: legislatori e bioeticisti stanno valutando normative che permettano la GPA in forma sicura, regolamentata e consensuale, soprattutto per garantire diritti, protezione e trasparenza, in vista di scenari futuri in cui tecnologia e medicina potrebbero rendere più gestibile questa scelta.
Il futuro della GPA resta pieno di domande aperte. Potrà diventare un reale vantaggio senza sfruttamento? Come evolveranno le leggi internazionali per proteggere tutti i soggetti coinvolti? È possibile separare completamente l’aspetto biologico da quello affettivo nella gravidanza? E quando la tecnologia permetterà uteri artificiali, quale sarà il ruolo del corpo femminile?
La manifestazione di Madrid non è solo un corteo, ma uno specchio del nostro tempo. Ci invita a guardare, riflettere e interrogarsi sul valore dei corpi, dei diritti e delle scelte. La gestazione per altri non è un dibattito astratto: è un nodo intricato di etica, biologia, desiderio e società. E forse le risposte arriveranno solo quando saremo pronti a riconoscere la complessità di ciò che consideriamo naturale, giusto o libero.

" Ma osservare i fatti non basta: resta il pesto delle domande che ci portiamo dentro. "

Dopo aver osservato la manifestazione di Madrid, mi rimane in testa una domanda che non trova risposta facile: perché alcune pratiche, come la gestazione per altri, ci disturbano così profondamente? Forse perché toccano il cuore di ciò che la cultura, la religione e l’evoluzione hanno sempre cercato di proteggerci dal modificare: il legame tra corpo, vita e nascita. In ogni religione, in ogni mito, c’è un’idea di sacralità della maternità. Ma cosa succede quando il progresso scientifico ci permette di separare il “come” dal “perché”, di trasformare la gravidanza in un contratto o in un progetto?
C’è una parte di me che teme la mercificazione del corpo, l’idea che qualcosa di così biologicamente e psicologicamente intenso possa diventare un servizio. Eppure, c’è anche un’altra parte che vede possibilità: nuove famiglie, inclusione, libertà di scelta. È una contraddizione che pesa come una pietra, perché il cuore non è mai razionale: oscilla tra paura e desiderio, tra rabbia e meraviglia.
Mi chiedo se le nostre paure siano radicate nella religione, nelle tradizioni, o semplicemente nell’istinto. L’evoluzione ci ha plasmati con schemi antichi, ma la tecnologia li mette alla prova. Forse stiamo entrando in un’era in cui il corpo e la mente possono scegliere in modi che mai avremmo immaginato, e forse non siamo ancora pronti a gestire il peso di questa libertà.
E il futuro? Lo immagino sospeso tra uteri artificiali, intelligenza artificiale che monitora gravidanza e desideri sempre più personalizzabili. Un mondo in cui i confini tra naturale e artificiale si sfumano, e dove la maternità potrebbe diventare scelta etica, economica o tecnologica, più che biologica. Resta da vedere se riusciremo a mantenere un equilibrio tra libertà, amore, responsabilità e dignità.
In fondo, guardando le donne di Madrid marciare silenziose, ho capito che il vero nodo non è solo legale o scientifico. È dentro di noi, nelle paure, nei desideri e nelle nostre convinzioni più profonde. E forse l’unico modo per capire davvero la GPA, e ciò che porta con sé, è accettare il dubbio, il disordine e il caos che genera.


E tu cosa ne pensi?

Come ti senti riguardo alla GPA, considerando che in Italia è vietata ma in altri paesi è regolamentata o in discussione?
Credi che il punto di vista maschile e femminile sulla gestazione per altri possa differire? Se sì, in che modo?
Se la scienza e la tecnologia permettessero una GPA sicura, trasparente e consensuale, cambieresti la tua opinione su questa pratica?
Quanto pensi che la cultura, la religione o le tradizioni influenzino il nostro giudizio su ciò che è naturale o giusto?
Se dovessi dare un consiglio ai legislatori di un paese che sta considerando di legalizzare la GPA, quale sarebbe e perché?

12.5.25

post it di gliulia Acerba

Andiamo in giro con dei post-it che ci attacchiamo addosso da soli o che ci facciamo attaccare dagli altri. Alcuni dei miei post-it stavano su con il Super Attak e c’erano scritte cose del tipo: sei incostante, in piscina durerai poco sei in carne, non dimagrirai scrivi cose autobiografiche, non hai tanta fantasia, ti vergogni a leggere in pubblico e la letteratura fantastica non ti piace. Un martedì mattina Michela, la mia osteopata, mi ha detto “devi passare in acqua più tempo possibile”. Un giovedì un angiologo mi ha detto “nuotare le fa bene” e io mi sono detta: beh allora mi iscrivo in piscina! Costume, occhialini,accappatoio, cuffia, bagnoschiuma, shampoo e infradito. Ho trovato la piscina giusta per i miei orari e dentro quella piscina Vittorio, un istruttore paziente e preso bene che, vasca dopo vasca, mi ha fatto capire cosa fossero le endorfine. E poi Irene, un’istruttrice discreta e appassionata. Mi ha insegnato come mettere la testa a dorso e come respirare a stile. In acqua, insieme a me, persone di tutte le età, tutte molto accoglienti. IL PRIMO POST-IT È CADUTO. Un lunedì mi sono svegliata e mi son detta “smettila di lamentarti della pancia” e ho cercato una nutrizionista. L’ho trovata, sono andata da Marta in un giorno di pioggia di gennaio. Ho scoperto una ragazza gentile e preparata che ha capito che senza pizza e Nutella non potevo vivere e, con molta professionalità, passo dopo passo, mi ha insegnato a nutrirmi senza sfondarmi. Ho dovuto inserire parole nuove nella lista della spesa: farina di avena, yogurt greco, cous cous, burro d’arachidi, feta, pollo, piadine. In un anno sono dimagrita 10 chili. IL SECONDO POST-IT È CADUTO. Un giorno Facebook mi ha proposto la pubblicità di un corso di scrittura lungo, da ottobre a maggio. L’ho letto, l’ho riletto, lo sapevo quasi a memoria. Sentivo che dovevo darmi una possibilità con la scrittura. Si poteva scegliere fra 4 insegnanti. Per me scegliere è molto molto difficile. Allora ho chiesto consiglio a Giulia, una mezza parente, e lei me lo ha dato. Ho scelto di fare OVER30 con Loredana, Silvia e Marta. Di loro non sapevo nulla. Loredana nella presentazione del suo corso avevo scritto di vampiri, draghi e fantasmi. Oddio, non è che sto facendo una cazzata? Silvia aveva scritto che ci avrebbe fatto disimparare con autori che io non avevo imparato quindi ho pensato che avrei potuto farcela. Marta aveva scritto che avrebbe messo in mezzo il corpo e infatti all’inizio non l’avevo scelta perchè un post-it mi diceva “corpo no! Corpo no!”, ma poi mi sono lanciata. A ottobre 2024 sono andata per la prima volta a Torino, alla Scuola Holden con un quaderno carino e la mia penna preferita. Ci sono tornata a novembre, dicembre, gennaio, febbraio, marzo, aprile e infine maggio. 8 fine settimana in mezzo a persone che non sapevano nulla dei miei post-it, del disordine del mio armadio o di che faccia abbia mio fratello. Persone sconosciute che piano piano si sono svelate, e io con loro. Ho avuto due grandi privilegi: essere guardata, letta, ascoltata da corpi nuovi. Guardare, leggere e ascoltare corpi nuovi. In un anno ho scoperto che ho fantasia, che mi piace anche la letteratura fantastica, e leggere a voce alta davanti agli altri, anche col microfono. IL TERZO POST-IT È CADUTO. Ho scoperto anche che negli occhi delle persone, se guardi bene, puoi trovare: l’intelligenza artificiale, la nonna morta, la rabbia, il passato fricchettone, la poesia di una sirena, il dispiacere di una sorella, un disturbo alimentare o un delitto da risolvere, l’attesa per un’adozione, lo sconforto per l’oppressione in Palestina, le scuse o le lame per un amore passato, un padre in fin di vita, la Resistenza, ma anche Anna Magnani incazzata con Ingrid Bergman, lo yoga che ti appisola, una mamma che ami e odi, Agnelli che piange il figlio suicida, un narcisista distruttivo, Maria Montessori mamma, un mondo senza arte e una città che dopo 7 anni non si fa ancora chiamare casa. NON SO QUANTI POST-IT SIANO CADUTI A QUESTO GIRO. Nel mondo è pieno di gente che ci attacca i post-it addosso, siamo noi i primi. Pare, però, che ci siano anche persone che ti si palesano davanti per staccarteli, quei post-it, e tu gli puoi anche dire “Hey, come ti permetti? Ci ho messo una vita per attaccarli così bene, ci sono affezionata! Lasciameli!”, ma loro niente. Sono come dei super-eroi in borghese. All’inizio sembrano invisibili, ma poi, se alleni l’occhio, impari a riconoscerle. E una volta che le riconosci e le fai entrare nella tua vita, speri che ti si appiccichino addosso come i Post-it Super Sticky, i migliori sul mercato.

Giulia Acerba

8.10.24

CUORE DI GRAFITE di angela melis .

 


Condivido con voi un piccolo esercizio di scrittura della mia amica angela melis https://www.facebook.com/angelamelis87/ Buona lettura e trattate bene le vostre matite
😁✍🏻✏️❤️

Sono caduta per terra a causa di un suo momento di distrazione. L'impatto col pavimento è stato così violento che il mio cuore di grafite si è spezzato in due. Ha dovuto temperarmi fino al punto della rottura: con la testa appuntita sono pronta, qualora ne sentisse la necessità, di essere sfregata nuovamente sul foglio.Solcherò nuovamente il foglio bianco per tracciare le onde dei suoi pensieri, ma da oggi non sarò più la stessa: adesso sono più corta e fragile e il mio cambiamento provocherà un mutamento anche in lei. Se prima stringeva il mio corpo legnoso con i polpastrelli del pollice e dell'indice, adesso le sue dita, più tese e nervose, cingeranno la mia testa con più forza. Sentirò il calore del suo palmo, sta arrivando la fine della mia esistenza.Quando la mia testa è a lavoro, non sono in grado di leggere le parole che intreccia nel foglio, ma riesco a captarne il senso dalla pressione che lei esercita sul mio corpo legnoso quando scrive sul suo diario. Quando la pressione è leggera, so che lei è felice; se è nervosa, calca la mano e la mia testa affonda sul foglio; quando invece è particolarmente ispirata, la mia grafite si consuma piuttosto velocemente. Quando realizza le lettere rotonde, io mi sento così felice che, se potessi, colorerei tutte quelle rotondità per farle sembrare le caramelle che è solita mangiare.Non sono in grado di agire autonomamente, vivo in funzione dei suoi pensieri e delle sue azioni. Il mio destino è breve, ma la mia grafite sarà eterna tra le pagine del suo diario.
Angela

28.9.23

FACEBOOK... di margherita todesco



Mi piace.
Non mi piace.
Pollice su.
Pollice giù. Anzi, nessun pollice, nemmeno una faccina.
Erano giorni che continuavo a sfogliare il maledetto "Faccialibro" senza trovare la versione di te che mi andava a genio.
Una ricerca estenuante che mi aveva spossato anima e corpo.
Ero esausto.
Tu mi tenevi la mano, e io sentivo il pulsare del tuo cuore fluire lungo il mio corpo come un piccolo martello pneumatico.
La tua pazienza mi stupiva.
Distesa sul divano da giorni senza dire una parola, senza mai lamentarti, una santa.
Lo facevi perché mi amavi, e volevi che io trovassi la versione migliore di te, quella da amare... per sempre.
Ma io non ero convinto.
Ogni volta che giravo una pagina del "Faccialibro" trovavo qualcosa di nuovo in te, qualcosa che non avevo mai notato prima, e che mandava a rotoli tutto quanto avevo costruito sfogliando quel maledetto libro.
Cosa volevo, in realtà?
Non lo sapevo.
E tu, cosa volevi?
Me, l'unico uomo della tua vita.
Lo avevi ripetuto migliaia di volte.
E allora di cosa stavamo parlando?
Perché non la facevo finita?
Tu mi amavi, io invece... non lo so... forse ti amavo, forse ti volevo bene come si vuole bene a una sorella.
Poi era arrivato "Faccialibro", e la possibilità di cambiare, anche se di poco, era diventata realtà.
E io mi ero detto che forse quel "quid" che mancava potevo trovarlo lì, tra le sue pagine piene di facce felici.
Te ne avevo parlato e tu avevi accettato senza nemmeno chiedere il perché di questo strano esperimento.
Ancora una volta lo avevi fatto (e lo stavi facendo) per me.
Girai l'ultima pagina del libro e mi ritrovai davanti un foglio bianco, anzi, bianchissimo, di un candore che non avevo mai visto prima.
- Che c'è - dicesti. - Perché ti sei fermato?
Non risposi.
- Amore?
Sospirai. - E' finito.
Mi stringesti ancora di più la mano. - Intendi il libro?
Annuii.
- E adesso?
Evitai di nuovo di rispondere e richiusi "Faccialibro".
Lo appoggiai sul divano.
- Devo andare - dissi.
- Dove?
- Via.
- Via, dove?
Ti presi la testa tra le mani e mi allontanai da te, la riappoggiai sul divano con delicatezza.
- Dove vai? - ripetesti, mettendoti a sedere a fatica dopo le ore passate distesa.
- E' finita - sussurrai, cercando di convincere me stesso che le cose stavano davvero così.
- Perché?
- Avevamo fatto un patto: se non avessimo trovato la soluzione lì dentro - indicai il libro abbandonato sul bracciolo del divano, - avremmo fatto calare il sipario sulla nostra storia.
Ti vidi sospirare, mentre le prime lacrime presero a solcarti il viso.
- Sì, lo avevamo detto - dicesti, dopodiché ti tirasti su e ti dirigesti a grandi passi verso la cassettiera.
La apristi e, quando ti girasti di nuovo verso di me, in mano tenevi un libro, un "Faccialibro".
- Che diavolo... - borbottai.
Ti vidi sorridere, aprire il libro e fissare la prima pagina dove, in bianco e nero, una faccia simile alla mia ricambiava il tuo sorriso.
- Peccato - sussurrasti.
Strap!
La pagina cadde a terra, e un dolore terribile alla testa mi trafisse da parte a parte.
Poi fu la volta della seconda pagina, e poi della terza, della quarta e così via.
Morii poco dopo, dalle parti di pagina trentatré, avvolto da dolori lancinanti.
- Ti amo - sussurrò la donna rivolgendosi al silenzio della stanza.
Poi recuperò il libro dal bracciolo del divano pieno di sue facce, anche se leggermente diverse, e riprese a strappare.

1.9.18

dalla reazione alla Reazione

   Colonna  sonora  

Mantenere lo spirito del passato e dei bei tempi significa capire che ad ogni azione corrisponde una reazione,in natura come nella società . E che quella reazione diventa una Reazione se non si é capaci di evolvere ed adattatare all'oggi tali schemi. Quindi er  parafrasare   questo  slogan \manifesto delle poste italiane 



occhio     ai passi indietro  ed  a  non guardare  troppo al passato  

7.7.17

L'elzeviro del filosofo impertinente

In vista di un imminente trasloco ho riportato alla luce frammenti di un passato distante anni luce dalla mia memoria e personalità. Rovistando fra scatole e scatoloni ho fatto un viaggio nei ricordi. Sicuramente alcuni vissuti con coscienza e altri un po' meno. Che strana sensazione rivedere i quaderni delle elementari, i primi sussidiari, i ritagli di giornale,  le riviste, i giocattoli dell'infanzia  etc. Più cestinavo e più mi accorgevo che in quei contenitori non c'era più il mio presente e nemmeno il mio futuro. Io come essere umano sono cristallizzato in una dimensione temporale che possiamo chiamare adesso, ma in verità abito un nonluogo! Io sono un progetto in fieri. Una idea partorita da qualche mente sognante che non ha fatto ancora pace con la realtà. Sono stato una determinata persona, e il tempo mi ha portato inevitabilmente altrove. Rivedere quegli appunti e andare immediatamente con la memoria a quell'istante in cui scrissi tutto mi ha riportato a vedere le cose con un certo distacco. In quelle scatole ho rivisto le mille prospettive che potevo attuare. Ho provato un certo sollievo nel buttare diverse porzioni della mia vita. Ho percepito le aspettative e i sogni infranti appuntati con uno spillo sul bavero dell'anima. Crescere significa anche fare i conti con una verità tangibile. Ora comprendo la sensazione di liberarsi di quella zavorra che ti tiene ancorato al passato, e ti fa pensare a tutto ciò che poteva essere e non è mai stato. Ho vissuto forse mille vite senza essermene accorto. Chi era quel bambino che annotava le sue impressioni in quel diario? E quel ragazzo che scriveva con convinzione i propri pensieri? Chi lo sa! Di certo non io, o almeno non più.
«Scrivevo silenzi, notti, notavo l’inesprimibile, fissavo vertigini» (Arthur Rimbaud).
In un vecchio giornale ho trovato una riflessione della scrittrice Susanna Tamaro che fa al caso nostro: «Il grande dono che ci è stato dato è il libero arbitrio, cioè il poter scegliere. Scegliere vuol dire semplicemente avere due strade davanti e decidere di imboccarne una anziché l'altra. Scegliere non vuol dire anche rinunciare. Non so cosa c'era nell'altra strada, né mai lo saprò perché l'ho lasciate alle spalle e non posso più tornare indietro». È vero, non possiamo più tornare indietro, ma non possiamo nemmeno affermare che avevamo ampia facoltà di scegliere. La scelta è una iattura non un dono. Non esistono mai scelte giuste o sbagliate. Quando le hai compiute rifletti a posteriori sui benefici ricevuti o meno. Siamo liberi di scegliere tra due alternative ma nessuna di queste è realmente scevra da inganni. Ci illudiamo di scegliere, ma se a tavola hai pasta o pesce dovrai inevitabilmente optare per una delle due senza troppi ma e senza se. Io devo essere in grado di fare una vera scelta e non essere obbligato ad un bivio bloccato. Io non ho mai avuto facoltà di scegliere perché mi sono ritrovato a barcamenarmi fra l'apparire e scalfire la mia essenza, oppure autoingannarmi pensando di essere davvero libero. Come sosteneva John Stuart Mill: «La libertà di ogni individuo deve avere questo preciso limite: egli non deve essere di disturbo agli altri». Io, infatti, non ho mai disturbato gli altri ma tale principio non è stato certamente ricambiato, anzi. Ho sperimentato sulla mia pelle quanto diceva Sartre: «L’enfer, c’est les autres». All'esistenza dell'inferno post mortem non credo, ma alla gente che ti rende infernale la vita purtroppo sì! Chissà perché queste nullità che abbiamo avuto il dispiacere di conoscere emanano ancora un lezzo nauseabondo, proprio come le fogne di Calcutta, ed è proprio per questo che dobbiamo allontanarle. Questi umanotteri depensanti impestano l'aria con la loro malvagità morale e la loro puzza contagiosa, ma non dobbiamo farci contaminare da questa decomposizione interiore. Pertanto ritorno alle mie scatole, e nel frattempo solletico la mia riflessione con una canzone di Brunori Sas.
«La verità è che ti fa paura/ L'idea di scomparire/ L'idea che tutto quello a cui ti aggrappi
Prima o poi dovrà finire/ La verità è che non vuoi cambiare/ Che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose a cui non credi neanche più».

Cristian Porcino


® Riproduzione riservata

28.5.16

come viaggiare senza abusare del cellulare , tablet ,ecc



In un  mondo  sempre  più  dipendente  , da  cui nessun    sottoscritto compreso  ed  immune ,    dalle tecnologie   in particolare  Tablet  e cellulari    ecco come  sono riuscito a non usare  in internet  ed  il cellulare  ed  a farmi spennare  visto che  sulle navi   sia  la connessione  con wifi  che senza  era  a pagamento .
Oltre  a farmi  i  conti  su  quanto avrei speso oltre la  mia  offerta   internet   ho usato   i vecchi metodi pre  rivoluzione digitale    che  valgono oltre   che    durante  un  viaggio in nave  ( mio  caso )  anche  con altri mezzi pubblici  .
Se il viaggio è di notte consiglio di dormire, se hai la cabina è meglio ! se la  nave  parte   prima delle  22   si può prima di prendere  sonno  1) leggere , se  qualcuno\a   di voi  legge  ancora, in ebook  oin cartaceo   un  buon ( ovviamente il concetto di  buono  come di  brutto  è  soggettivo  ) magari un libro  sulla  cultura   e  i luoghi itinerari della  sardegna  se   vieni  dalla pensisola  o    o su   quella  zona    se fai il per corso inverso  .    2)   sdraiarsi in cabina  o  in poltrona  ed  iniziare  a fantasticare   e a pensare  sul futuro  o  cosa  avreste fatto  in un altra  vita  ,  insomma  le  seghe mentali a volte  aiutano  . 3)  nelle sere  di  primavera  \estate  vai un pò fuori a guardare il mare che rimane sempre lo spettacolo più bello ! e  facilità  la  fantasia  ed  i viaggi mentali  .4) oppure   per  chi vuole esercitare la mente  , ottimo per prevenire  l'Alzheimer ed  invecchiamento precoce   del cervello   cruciverba, gioca a carte ( possibilmente  quelle vere   non  quelle  su pc   )  anche facendo  solitari  .  5)   guardare  si  è, amanti  del  trash  e  cronaca nera  in quanto i  canali della  nave  sono generalmente posizionati   su tali  trasmissioni  o meno che tu  in abbia le palle il coraggio   di  alzarti  e cambiare  canale   attirandoti l'ira  delle vecchiette   e  degli habitué di  sifatti programmi  puoi  guardare la  tv  .
C'è da aggiungere che la noia durante il viaggio è una cosa che accomuna tutti i passeggeri, quindi troverai tutti ben propensi a scambiare quattro chiacchierare!!!


7.10.13

All'inseguimento di un sogno: la chitarra è meglio di una laurea .o un cantante conta più d' un laureato ? la storia di roberto Palamas


le  coincidenze  della  vita  .  Avevo appena  finito  di  copiare  l'articolo che  trovate  sotto     , che nel  in canna  nello stereo  , inizia   l'avvelenata  di  Guccini  .  E  proprio  ascoltando   e  canticchiando questi  versi  :

(....)  Mio padre in fondo aveva anche ragione a dir che la pensione è davvero importante, 
mia madre non aveva poi sbagliato a dir che un laureato conta più d' un cantante: (...) 

continua  su angolotesti.it :

mi  è venuta  la  domanda  elucubratoria  :  visto   che  secondo  Palmas   la chitarra è meglio di una laurea non  è  che  rispetto  a Guccini  un laureato conta più d' un cantante, i tempi stando  cambiando  adesso sono  gli artisti  più importanti dei laureati  ?   a  voi  la  risposta  

l'unione  sarda  Edizione di domenica 06 ottobre 2013 - Cronaca Regionale (Pagina 11)


All'inseguimento di un sogno: la chitarra è meglio di una laurea

di GIORGIO PISANO
Da  http://robertopalmas.bandcamp.com/
I have a dream. Ora, non è che Roberto Palmas l'abbia pensata proprio così, proprio proprio con queste parole. Ma un sogno, grande e irraggiungibile, l'aveva pure lui. Credeva, o forse sperava, che con l'andare degli anni lo avrebbe lasciato in pace, che insomma sarebbe finito in un cassetto dove - come tutti sanno - dorme sotto un filo di polvere l'archivio dei sogni perduti.Il guaio è che non ce l'ha fatta. Ed è felice di poterlo raccontare. A un certo punto della vita (moglie e figlio inclusi), mentre era ormai sulla rotta di un futuro programmato e programmabile, ha buttato alle ortiche la laurea e il lavoro. Addio stipendio, e ancora di più, addio dottore. S'è liberato del macchinone che uno come lui doveva necessariamente avere e ha fatto un salto lungo, lunghissimo, infinito.È diventato chitarrista. A tempo pieno. «Era quello che volevo». Cinquantasei anni, cagliaritano, figlio di un medico condotto che per hobby pizzicava il mandolino, ha iniziato da ragazzino o quasi. A essere precisi, bisogna dire che giocava in casa: familiari a parte, suonavano molti suoi parenti, quindi è cresciuto in un'atmosfera dove il virus della musica era endemico. Ammalarsi è stato un attimo.Ha fatto parte di gruppi storici della scena musicale alla fine degli anni Settanta per proseguire poi la carriera da solista e affinare qualità che aspettavano soltanto di venire allo scoperto. Tour nei circuiti importanti e, a seguire, la decisione di non fare più anticamera, come tanti suoi colleghi. «Non riesco a stare dentro certi meccanismi di potere». Sta cercando di dire che gli artigli della politica sono calati da tempo sul mondo musicale e tutto questo, se stai cercando invece «rispetto, dignità, condivisione» fa venire l'orticaria. Con le conseguenze del caso.Ha un senso lanciarsi nel buio per inseguire un sogno? Roberto Palmas lo ha fatto in scienza e coscienza (come pontificherebbe un avvocato), immaginando a cosa sarebbe andato incontro, considerando probabili difficoltà e imprevisti. A distanza di tempo può affermare con orgoglio d'aver vinto la sua battaglia, quella che gli fa dire durante l'intervista che non voleva morire pedagogo. Non riusciva a vestire i panni di uno dei tanti operatori socio-assistenziali, vivere un lavoro che non sentiva suo, governare un'esistenza che gli sembrava quella di un altro.Oggi è pronto a certificare che i sogni «possono anche non avverarsi, l'importante è non imprigionarli. Anche perché, se sono sogni veri, non ti danno tregua». E alla fine scoppiano, ti esplodono dentro come una bomba. Un attimo prima che la miccia a lenta combustione finisse, lui è riuscito a gridare basta.

Primo approccio con la chitarra.
«Autodidatta. Avevo sedici anni. Mio cugino, che aveva una certa esperienza, mi ha insegnato a scoprirla sugli accordi di Fabrizio De André e Bob Dylan, che per lui era una fede più che un poeta in carne e ossa».
L'esordio di fronte al pubblico?
«Sempre da giovanissimo. Sono tra i fondatori di un gruppo che si chiamava Suonofficina. Con loro ho fatto cose importanti, per esempio un disco alla Fonit-Cetra. Era il 1976. L'esordio vero e proprio è legato all'Arci, braccio culturale del Partito comunista, che mi ha invitato a prendere parte ad un concerto. Tengo molto a dire che, nonostante le richieste, non ho mai voluto aderire a niente: io ho un nome, cognome e codice fiscale. E qui mi fermo».
Sta parlando delle Feste dell'Unità?
«Esatto. Non avevo neppure vent'anni. Mi manca un ricordo nitido. Di sicuro non ero emozionato».
E neppure autoreferenziale.
«Non mi piace parlarmi addosso. Il mio album della memoria è simile a tanti altri fino a quando non ci si è messo di mezzo il lavoro, cioè una di quelle sterzate che - piaccia o no - ti fanno cambiare vita».
Cosa significa suonare?
«Per me è un ansiolitico. Mi basta sfiorare la chitarra, qui in casa mia, per sentirmi più sereno. Sarà anche banale, ma per me suonare significa trasmettere agli altri qualcosa che ho dentro. Non potrei fare a meno della chitarra».
Che lavori ha fatto prima dello strappo?
«Ho insegnato per un po': tutti promossi... poi ho iniziato con la Pedagogia e quindi ho attraversato, una dopo l'altra, le strutture socio-sanitarie della Sardegna. Fino all'Aias, che credo sia piuttosto nota. Per ragioni rimaste misteriose fino a quando lavoravo sottopagato ero semplicemente signor Palmas. Dottori erano i miei colleghi, pedagoghi come me ma stabilizzati. Per gli altri sono diventato dottore anch'io soltanto più tardi. Dottore, s'intende poi, per modo di dire».
Perché per modo di dire?
«Perché non eravamo medici, che sono considerati dottori veri. Diciamo che noi eravamo la serie B. In compenso mi affidavano corsi di chitarra acustica che gestivo molto volentieri».
Tra queste esperienze qual è stata la più frustrante?
«Quella da pedagogo. Avevo chiesto di poter lavorare con la musica. Non quella che viene oggi chiamata musicoterapia, mi riferivo alla musica in generale. Mi è stato risposto no, senza uno straccio di spiegazione. Ne ho sofferto, soprattutto per questo: ero e resto convinto che avrei potuto recuperare qualche paziente. I Down in particolare, che spesso sono estremamente sensibili nei confronti della musica».
Così matura l'idea della fuga. Quanto ci ha pensato?
«Prima di mollare tutto credo d'aver valutato pro e contro. Ancora oggi però, quando mi capita di parlarne con gli amici, resto appeso a due aggettivi: incosciente e coraggioso. Sul serio, non ho ancora deciso se sono stato l'uno o l'altro o tutt'e due contemporaneamente».
D'accordo ma quanto ci ha pensato prima di rompere?
«Non moltissimo. A spingermi era qualcosa che non riuscivo ad accantonare: una passione segreta a fronte di un lavoro che non mi trascinava, non mi dava neppure tanti soldi e che, in ogni caso, consapevolmente o inconsapevolmente, desideravo rimuovere. Di una cosa ero sicuro: non volevo morire pedagogo. Devo dire anzi che all'Aias mi sono trattenuto molto, molto più del necessario».
Come mai?
«Ci promettevano, non soltanto a me ovviamente, soldi in più. Ci parlavano di stipendi futuribili, prodigiosi o quasi. E questo, ognuno ha le sue debolezze, mi ha fermato ogni volta che volevo spiccare il volo verso altri lidi».
Prima di dire basta, ha sondato gli umori in famiglia e tra gli amici?
«Naturalmente. Mio figlio era troppo piccolo per poter partecipare al dibattito. Gli altri, a cominciare da mia moglie, finivano per darmi ragione. Un secondo prima della fuga, ho lavorato anche al centro-giovani di Elmas da dove mi sono licenziato per incompatibilità col pedagogo-capo: avevamo visioni diametralmente opposte sul significato di assistenza».
Nessuno le ha detto che era matto?
«Che ero matto me lo dicevano più o meno tutti. Magari non in modo esplicito, però certi sguardi spiegano meglio delle parole. Ma poi devo confessare che i miei erano sondaggi un po' ipocriti: mentre chiedevo consigli agli amici, stavo già registrando il mio primo cd da solista. Questo vuol dire che, opinioni degli altri a parte, avevo preso da tempo la decisione finale».
Esiste una depressione da musica?
«Senz'altro. Mi imbarazza definirmi compositore, compositore per me è Mozart, tuttavia debbo dire che ci sono fasi in cui manca l'ispirazione. Non parlerei comunque di depressione vera e propria, anche perché è in quei momenti che qualche volta nasce un disco eccezionale. Da un po' preferisco in ogni caso suonare in pubblico e basta. Ho scelto di stare in un circuito molto speciale».
Ovvero?
«L'ambiente musicale è fatto di niente e di moltissimo. Io ho deciso di stare in una sorta di sottobosco, di piazza parallela a quella dei grandi circuiti. Ne sono felice perché mi ha permesso di conoscere un mondo pieno di dignità, rispetto e condivisione».
Per chi e come?
«Difficile da dire. Giorgio Gaber, riferendosi a certe idee, cantava che le aveva in testa ma non ancora nella pelle. Per dire che tutto questo fa parte del cammino iniziato molto tempo fa. Ho scelto un altro modo di vivere, tutto qui. E in quel solco mi muovo».
Com'è cambiata la sua vita?
«Mi sento più normale rispetto a me stesso. E non è poco. Prima dovevo stare a certe regole, ora non più. Per un certo periodo ho fatto anche il mercenario. Che, nel mondo musicale, significa saltare da una band all'altra: libero professionista, pagamento in contanti».
Poco dignitoso?
«No, però non facevo parte di nessun gruppo. È stato durante quella stagione che ho prodotto tre dischi. Uno è arrivato alla terza ristampa, ne sono molto soddisfatto. Nel 2010 dal Piemonte mi hanno invitato ad un festival internazionale per chitarra acustica. M'hanno scritto loro, non mi sono proposto».
Cambia qualcosa?
«Sì, molto. Vuol dire che non stai sgomitando, non stai cercando santi in paradiso per fare il prezzemolo più o meno dappertutto. Di quella splendida occasione ricordo uno strano particolare, qualcosa che nella mia Sardegna non sarebbe mai potuto accadere».
Che è successo?
«Tanto per cominciare mi hanno offerto aereo, albergo e altre spese. Dopodiché mi hanno pagato in anticipo pure il concerto. Ma a colpirmi è stato il fatto che nessuno mi ha chiesto cd in omaggio. Li hanno venduti tutti. E pure quelli m'hanno pagato».
Dove sta l'eccezionalità?
«In Sardegna è un atto dovuto regalare i tuoi cd agli assessori che hanno organizzato il concerto. Manco te lo chiedono, devi essere tu a fargliene dono subito dopo le presentazioni e dire pure che ti senti onorato».
Vendere a casa propria è facile?
«Per niente se non sei legato a un carro. Ma sono contento così. D'altra parte ho potuto togliermi grandi soddisfazioni: per esempio, fare l'artista di strada. Mi incuriosiva. L'ho fatto a Parigi (e ne ho ricavato un bel po' di quattrini), l'ho fatto a Pula (e stavo a testa bassa per timore che qualcuno potesse riconoscermi)».
Non è capitato?
«Sì, proprio a Pula. Un amico. Ma anziché regalarmi un po' di pietà a buon mercato, ha preferito farmi i complimenti. E quando gli ho detto che sotto sotto mi vergognavo... e di cosa?, mi ha chiesto: stai spiegando ai sardi che anche questa è cultura».
Di musica si vive?
«Direi di sì. Certo, ci sono alti e bassi, momenti più o meno felici. Ma questo è un problema secondario, comunque ci sto provando. Resistere non è poi una gran fatica: ho un'auto di seconda mano che tento di tenere in vita, abolita la tivù e altre cosucce assolutamente inutili. Nel frattempo tiro avanti come voglio io: sono il cittadino Roberto Palmas e nient'altro, appartengo solo a me. Felice d'una malattia adolescenziale che mi perseguita ancora adesso: sono e resto un fan. Sindrome di Peter Pan, si dice?»
Dica la verità, tornerebbe all'Aias.
«Neppure per un minuto. Vivere con la musica e per la musica mi rende felice. Sa cos'è la felicità? Io l'ho incrociata tante volte. Dura un istante ma è indimenticabile. Ricordo un concerto magico, una serata che - vai a scoprire perché - tutto ha girato a meraviglia. Alla fine, siamo scesi dal palco ad abbracciare il pubblico. Meraviglioso».
Ha ragione Edoardo Bennato a dire che senza padrini non si suona?
«Purtroppo sì. È il senso della politica per la musica».
pisano@unionesarda.it

10.9.13

Notte di fine estate

a volte sono più romantici più emozionanti l'ambiente  che ci  circonda     che  la letteratura  da  http://topolino.it/archivi/topolinia/


 
Un paio di sere fa non riuscivo proprio a dormire e anche il romanzo che sto leggendo non mi è stato di aiuto. Sarà che è abbastanza noiosino, sapete, la solita storia di un lui e una lei che si rincorrono per pagine e pagine e alla fine non succede assolutamente nulla. Ma lasciamo perdere. Così mi sono preparata un bella tisana di tiglio, perfetto per conciliare il sonno, e me la sono portata in giardino, dove mi sono accomodata sulla mia chaise-long sotto gli alberi. E lì… ho visto lo spettacolo più emozionante del mondo: in un cielo che più terso di così non avevo mai visto, una stellata incredibilmente luminosa, luccicante di miriadi di stelle che sembravano sul punto di precipitarmi tutte insieme sulla testa. Una cosa grandiosa! Ecco la Via Lattea, a solcare il cielo come un enorme arcobaleno di luci; ecco l’Orsa Maggiore e l’Orsa minore con la Stella Polare, ecco Cassiopea, la costellazione dei Gemelli e quella dei Pesci, ecco le Pleiadi, il Delfino, il Cigno… La meraviglia del cielo di notte in estate in tutto il suo fulgore era davanti ai miei occhi. L’intero universo solo per me.Per un po’ ho osservato il cielo in silenzio, lasciandomi trasportare dai pensieri che via via mi si affacciavano alla mente davanti a quella incommensurabile bellezza. Poi ho preso il mio smartphone e ho scaricato l’app che consente, puntandolo e muovendolo in giro per il cielo, di vedere in sovrapposizione una vera e propria mappa con le costellazioni e i nomi di stelle e pianeti dimensioni, insomma una lezione di astronomia in piena regola. E io non smetterei mai di osservare l’universo. Proprio quando stavo inquadrando la Cintura di Orione, ecco che il mio smartphone inizia a squillare. Indovinate chi era? Ma il mio tesorone, naturalmente, appena rientrato in casa dopo aver spento l’inaffiatore automatico. ‘Hai visto quante stelle?’ mi chiede Orazio. "Le sto studiando una per una, ed è bellissimo" rispondo. "Perché non le guardiamo insieme? Così intanto te le spiego…" propongo. "La solita romantica, eh?" mi dice ridendo il mio tenerone. Ma si capisce che l’idea di restare al telefono con me a contemplare le stelle in questa notte di fine estate non gli dispiace neanche un po’.

23.12.09

Senza titolo 1720

In un Paese civile e democratico non si può prendere “a pugni in faccia” il presidente del consiglio. E’ anche vero però, che in un Paese civile e democratico, il presidente del consigilio non sarebbe Silvio Berlusconi. (Matteo Gracis)

28.9.09

CONTINUA...

Finita l'estate e le sue promozioni telefoniche , fiammetta ha deciso con chi trombare del gruppo hanno il loro pezzo e che pezzo... la tim ha deciso che bisogna cambiare volto roba più seria, rispolverato de sica e chi mettono come bellona tipica dei cinepanettoni?? Belen che ci ha frantumato le palle (almeno a me) con i suoi "amori" sarà gnocca e chi non vorrebbe un'insegnante così... ma a mala pena parla italiano anche il latino , certo avessero scelto la marini per quel ruolo era la stessa la preparazione culturale , potevano studiarsi un'ambientazione diversa vista la crisi in cui versa la scuola ormai fatta di ragazzine che si vendono per qualche ricarica e belen in quanto a spogliarsi non è seconda a nessuno un bell'esempio come a dire fatelo che volete che sia... anzi farete carriera!!
aiutatemi...

3.9.09

RABBIA GIOVANE

sabato, 29 agosto 2009


RABBIA GIOVANE     da blog http://www.diteloame.splinder.com di rossella drudi.







Volutamente provocatorio, per tutte e tutti gli aspiranti protagonisti che sgomitano per apparire, per tutti quelli che rinunciano all'amore per paura di dover soffrire poi, per tutti quelli che non credono più a nulla e si fanno scivolare addosso qualsiasi cosa, per tutti quelli che hanno rinunciato a credere nella possibilità di costruirsi un domani e l'elenco è lunghissimo ... ragazzi non mollate, abbiamo bisogno di voi ... dov'è finita la rabbia giovane quella che una volta radunava masse per un unico intento comune, l'isolamento porta solo distruzione e l'individualismo alla catastrofe di una società già tanto vacillante...













Cervelli addomesticati al tutto,







muovono come fronde al vento, nei fragili germogli sterili allo sbocciar d'idee ...



narcolessi di coscienze sotto spirito...



Sentimenti in scatola, emozioni da discount ...



Palpiti di cuore, battiti di ciglia stipate al buio delle cantine murate,



vuote, e replicanti ... Chiusi nell'io imperativo, ingannati



dal nuovo riflettente illusioni, nuotano nel sè dell'egoismo narciso, affogando l'un l'altro ... piccoli tenui vagiti del noi ...



Ancora una volta sordi alle risa cristalline dell'insieme, ciechi ai bagliori del futuro, muti nell'oceano del confrontarsi, sempre più nero e in secca, vinti nei deserti di rabbia, ove l'eco dell'incertezza, alimenta panico nella paura del dover soffrire poi, nel dolore dell'abbandono, fine di un amore o sconfitta ... Chiudono la vita fuori dai recenti sicuri, rinunciando ad essere per non darsi... Sperando in un domani che non è in vendita, nè plasmabile, nei ricordi appena passati e mai defunti, di una spenzieratezza eterna, mai reale,



meglio non darsi, continuando a fingere di esistere, facendosi schiacciare da chi ha interesse che sia così ...







Rossella Drudi.







postato da: rosdrudidurella alle ore 16:17 | link | commenti (8) | commenti (8)

7.3.09

Luca aveva 33 anni... ed era gay è non è stato cantato a San remo


Ora che le polemiche   suscitate   dalla  canzone  ( musicalmente  è buona  , soprattutto perchè ha   avuto  buon gioco  di farsi accompagnare  da  una   ,  da  quell poco  che  da  profano  ne  capisco  ,  bellissima   voce  femminile  )   di  povia Luca  era  gay  il cui testo :  secondo  l'autrice  di eka.iobloggo.com/ : << (...)  Secondo me c'è poco da dire/da lamentare: fa cagare, e non solo per il tema decisamente opinabile, poco e mal argomentato ( che si studi Freud, prima di citarlo in maniera errata) ed alquanto idiota (tizio era gay, adesso sta con lei...), sapientemente studiato per provocare tutto il marasma che si è portato dietro -per non parlare di Luxuria sempre in televisione, (....)  Fa cagare, punto. >> qui il   resto dell'articolo  in questione  )  , sono mature   per  parlare  " pacamente   "  (  per parafrasare  un  noto politiko italiano   che    ha  capito  dopo varie  batoste    di farsi da parte  )   di   tali argomenti   e  proporre  , vedi titolo , la storia    di un 'altro Luca  .
L'occasione  viene  da un post  riportato  Dall'altro nostro (   per   chi ha  anche  blogger  come   blog  principale  e solo  l'account  in splinder    ) blog  riporto  qui l'url  per chi non lo ricordasse o non  lo conoscesse  ancora  www.ulisse-compagnidistrada.blogspot.com pubblico questa  toccante  storia  riportata  dalla  cdv  (   sia   in  splinder  sia  in blogger  )  daniela  tuscano  .

<<


Riceviamo e volentieri pubblichiamo.



Cara Daniela,
Povia afferma che il "suo" Luca ex gay in realtà porta un altro nome, ora ha 58 anni, è sposato, ha una figlia e ha finalmente raggiunto felicità e benessere interiore.
Io invece voglio raccontarti d'un altro Luca. Che si chiamava proprio così, e la cui storia è un po' diversa da quella cantata a Sanremo.
Luca aveva 33 anni quando ci ha lasciati! Ma la sua energia è ancora dentro tutti coloro che l'hanno conosciuto. Come a me e a Matteo.

Io e Matteo siamo due volontari di una pubblica assistenza di Firenze, e ci venne chiesto se volevamo fare un servizio di assistenza domiciliare in una casa vicino a dove abitavamo noi. L'impegno era soltanto per due volte alla settimana e si trattava di preparare la cena, se lo sapevamo fare, oppure andare a fare la spesa, perché questa una viveva sola e non poteva uscire perché malata. Negli altri giorni altri volontari a svolgevano questo servizio, ma eravamo liberi di andare a trovarla ogni volta che volevamo.


Così io e Matteo accettammo; in fondo bastava organizzarci per chi dei due andava a comprare le cose mentre l'altro preparava la cena. Sarà la solita vecchina o vecchino solo senza famiglia, o con la famiglia che se ne fregava, pensammo. Dissi a Matteo: "Perché non facciamo un salto domenica sera a vedere un po' com'è la situazione? Così ci organizziamo di conseguenza". E così, la domenica, andammo all'indirizzo che ci avevano dato. Aprimmo con le chiavi forniteci dall'organizzazione in quanto il padrone di casa non sempre era in grado di alzarsi dal letto.
Ci trovammo in un piccolo salotto molto accogliente, con un gran divano che prendeva tutta la parete e dava di fronte alle finestre spalancate su un piccolo giardino molto ben curato. In un angolo, su una sedia a dondolo c'era un ragazzo molto giovane, con una sigaretta tra le dita, molto magro e pallido. Ci disse buonasera e io e Matteo ci guardammo un po' stupiti. Si presentò dicendo di chiamarsi Luca e che era lui il bisognoso di assistenza perché malato di Aids; se questo ci avesse creato problema, lui avrebbe capito e richiesto altre persone. Io, superato il primo momento d'imbarazzo, mi avvicinai e mi presentai e gli dissi che per quanto mi riguardavanon ci sarebbero stati problemi. Non ci furono neanche per Matteo. Così cominciò la nostra avventura con Luca. Cominciammo ad andare due volte, che poi diventarono tre, poi quattro, e tutte le domeniche sere restavamo a cena con lui. Divenne la nostra vita. E noi la sua. Non passava momento libero che non fossimo con Luca. Aveva lasciato i genitori a 20 anni per andarea vivere da solo con il suo compagno, ma tutto in gran segreto, perché i genitori rifiutavano totalmente l'idea di avere un figlio gay. Quando andavano a trovarlo, doveva cacciare di casa il compagno perché, se lo avessero visto in compagnia di un uomo, da solo in casa, sarebbe successo il finimondo.

Questo è durato per 10 anni, fino a quando il suo compagno è morto per Aids. Luca aveva contratto la malattia due anni prima che morisse il suo compagno, e per i tre anni che sono seguiti prima della sua morte, aveva tagliato i ponti con tutti. I genitori sono venuti a sapere che il loro figlio era gay e pure malato soltanto dopo la morte del partner, perché glielo aveva rivelato lui stesso. Da quel momento i genitori non erano più esistiti per Luca, e lui, di conseguenza, aveva cambiato serratura alla porta e annullato il contratto telefonico. Comunicava solo con il cellulare.
Quando ha cominciato a stare molto male si è rivolto alla nostra associazione per chiedere se poteva avere assistenza domiciliare. Così siamo entrati in gioco noi. Tra noi era nato un legame fortissimo, un'amicizia senza limiti. Matteo aveva due videoregistratori e ne portò uno a casa di Luca. Io ho circa 500 film, ogni volta gli facevamo scegliere tra generi diversi. Nei periodi in cui stava meglio e aveva voglia di uscire, lo portavamo al cinema, sua grande passione, in giro per la Toscana. Poi cucinavamo di tutto facendo un gran casino, e lui rideva come un matto.
Per l'unico Natale passato insieme, gli comprammo l'albero e anche il regalo. L'albero non lo aveva più fatto da quando era mancato il suo compagno. Trascorremmo insieme anche l'ultimo dell'anno. Anche di sesso parlavamo. Tra noi erano caduti tutti i muri. Eravamo diventati una famiglia. Ma cosa importante, eravamo riusciti a farlo sorridere di nuovo.


Diventammo anche la voce dello scandalo per gli inquilini. Quel via vai di uomini in quella casa. Se incrociavamo qualcuno, non ci salutavano o ci guardavano di traverso.
Poi venne aprile. Quella sera, quando arrivammo noi, lo trovammo a letto. Non riusciva neanche a parlare. Trovai il numero di telefono del medico e lo chiamai subito. Mi disse che si trattava d'una nuova crisi, di dargli quelle medicine di sempre e che, se Dio avesse voluto, si sarebberipreso. Non si riprese più. Quella notte noi rimanemmo lì. Io nel letto con lui, Matteo sul divano. Nella notte ci lasciò. Svegliai Matteo per avvisarlo. Lui chiamò il medico, che accorse subito. Poi di nuovo facemmo il nostro lavoro. Lavammo Luca, lo vestimmo e aspettammo che l'ambulanza lo portasse via. Solo quando si udì la sirena, quelli del primo piano chiesero cosa fosse successo. Per mia fortuna non avevo voglia di parlare, se no non so se sarei riuscito a controllarmi. Neanche Matteo rispose.
Dopo che l'ambulanza si fu allontanata, io e Matteo ci guardammo negli occhi gonfi per il pianto e per la notte insonne. E in quella, Matteo fece un gesto che, lì per lì, mi sorprese: in quel momento, nel giardino, davanti a quegli occhi curiosi e indifferenti, mi baciò. Matteo è eterosessuale e solo più tardi capii che quel bacio era per Luca, per provocazione a quella gente che per quei 7 mesi che noi eravamo stati lì, non si era mai presentata a chiedere se avesse bisogno di qualcosa.
Questa storia ci ha lasciato una grande ferita, che ha portato me e Matteo a non vederci quasi più. Io non faccio volontariato da quasi due anni. Matteo lo sento ogni tanto per telefono. Ci incontriamo il giorno del compleanno di Luca per andare insieme a messa. Non essendo parenti, non abbiamo saputo neanche dov'è sepolto, anche se forse dentro di noi, in realtà non lo vogliamo sapere.Preferiamo ricordarlo nella nostra intimità. Per Matteo è stata la prima esperienza con una persona sofferente che poi è morta. Per me, invece, la seconda. Il 2 gennaio del 1991 ho perso mia madre per leucemia.

                                                              Daniele Bausi
>>
Dovrei concludere  qui  ., ma datro che ci sono  ne  approfitto    per  rispondere   alla  grilo  a chi   mi scrive  (  nell'email  riportasta  sotto  i post  , o a quella di splinder  )  o  mi  sms    chiedendomi  e  scrivendomi :
1)   visto  che  parlate   di gay  , lesbiche  , siete per  caso gay  o lesbiche  ?
2) il  vostro sito  è  una  comunità   omosessuale  ?
3)   se  sei  etero  perchè  .......  ti schieri con quella  feccia  e  malati  ed  esibizionisti  bvedi le  loor  pagliacciate  di  gay  pride   e adesso lesbo pride  ? che voglionoisposarsi  ed  adottare bambini  non c'è più   religione  , roivinano la  famigflia  , ecc 
4)  e  altri commenti  neofascisti  e razzistici   che  mi viene  il disgusto   solo  a  ripeterlli e  a riportarli  .

Lo sò che  dovrei fare  come dante  non curarti di loro  , ma  certe cose  mi fanno vergognare   oltre che  (  come  mi  è sucesso   quando  ho visto  il film Philadelphia  del 1993, diretto da Jonathan Demme con Tom Hanks) piangere  nel vedere  che un uomo o  una donna  nel 21  secolo  sia  discriminagto per  le  sue scelte sessuali  .

Ecco le  mie risposte  .
1)    qui parlo per  me  ,  gli altri  non sò  se  vogliono possono replicare nei  commenti  , non lo sono  . E  se poi lo fossi  vi cambierebbe  qualcosa  ? 
2  )  ma  prima  d'aprire  quella  cloaca di boccca  ti sei accorto    d'aver   collegato bocca  con il  cervello  ?  l E’ stato anche dimostrato che una quota significativa di individui eterosessuali può manifestare dei comportamenti omosessuali in circostanze in cui l’accesso all’altro sesso è impedito o reso impossibile per le più varie ragioni (scuole, servizio militare, carceri, etc.).
E’ anche importante fare una istinzione tra l’orientamento sessuale omosessuale (il fatto cioè di avere preferenza esclusiva per una sessualità di tipo omosessuale) ed il comportamento omosessuale. Il comportamento omosessuale è infatti piuttosto comune nell’adolescenza, mentre la prevalenza dell’orientamento sessuale omosessuale nell’adulto è di circa il 7% nei maschi e di circa il 4% nelle femmine (anche se si ritiene che questi dati siano stimati per difetto).
In tutti i paesi europei l’omosessualità è considerata un comportamento assolutamente legale purché venga messa in atto da individui considerati in grado di intendere e di volere e consenzienti.
E per finire l’omosessualità è scomparsa da diversi anni anche dai manuali psichiatrici non essendo più considerata una malattia psichiatrica.Infatti    già  da  (  trovate la  copertina sotto  di un suo libro  )  Alfred Adler(1870 –1937) psichiatra e psicoanalista austriaco .
L’omosessualità non è una malattia".  Infatti  egli  : <<   (...)  . Nella fase dello sviluppo, il bambino affronta problemi e situazioni creando stratagemmi che ricava dalla propria esperienza e dal confronto con quelle degli altri, soluzioni che adotta come schemi del suo comportamento, ai quali si conformeranno da allora le sue risposte. Le ricerche della psicologia individuale hanno inoltre dimostrato che un bambino sarà tanto più perverso quanto più sarà accresciuto in lui il senso di inferiorità. Naturalmente sotto questa chiave anche l'educazione assume un senso di primaria importanza: un padre-tiranno, che offusca la personalità espressiva del figlio, può essere causa dell'insicurezza dello stesso, creando un grave senso di inferiorità, ed egli si oppone all'autorità del padre in modo nascosto, acquisendo le doti tipiche del perverso. Stessa cosa accade se la madre é forte e possessiva: il bambino avrà, un domani, un forte senso di scoraggiamento e quindi di repulsione verso la donna. La fuoriuscita dallo schema tradizionale fa sì che l'omosessuale sia scarsamente adattabile alla vita sociale, dove infatti egli è condannato ad essere considerato immorale. E' molto complicato curare l'individuo omosessuale perché si tratta di una nevrosi individuale costituita in età giovanile: é necessario estirparne l'omosessualità acquisita nell'infanzia, quindi rilevare in modo preciso la distanza dal partner sessuale, evidenziare l'aspetto dell'antisocialità ed infine sciogliere il senso di superiorità adottato per compensazione. L'omosessualità, come si diceva, é un fattore di educazione dell'infanzia. La vasta diffusione di questo fenomeno, normale nei tempi antichi come tutt'oggi in ogni classe sociale, fa ad Adler dedurre che l'omosessualità sia una perversione non curabile.>> (  tratto dalla sua biografia su   filosofico.net  )  Può sembrare assurdo doverlo ripetere nel 2006 ma l’Associazione Americana di Psicologia è stata costretta, nel corso di una settimana di convegni appositamente organizzati a New Orléans, a ribadire le posizioni stabilite ufficialmente nel lontano 1975.“L’omosessualità non è una scelta ma una condizione naturale, dunque non vi si può guarire” ha affermato l’Associazione degli Psicologi di fronte alle pressioni dei movimenti cosiddetti “ex-gay” come Exodus, secondo cui sarebbe possibile guarire dall’omosessualità abbracciando la fede religiosa. “Chi afferma il contrario - puntualizzano gli organizzatori - fa riferimento a pratiche religiose e non scientifiche, sul cui reale funzionamento non esistono prove scientifiche e che anzi possono essere fonte di discriminazione sociale.”Al convegno scientifico hanno trovato spazio anche associazioni come “Truth Wins Out”, che è da tempo impegnata nel portare alla luce le truffe e i raggiri che spesso stanno dietro ai presunti guaritori dal 'male' dell’omosessualita'.
3)  solo perchè  ......   con l'ano  e con la  bocca    non sono diversi da noi   .  Non sono malati   e tutti esisbizionisti , esperienza  personale  ( ne  ho conosciuto    e   alcuni li  frequento tutt'ora    ed altri non faccio nomi  per  privacy   e perchè  essere homosex  oggi     viene considerato oggi un tabù  e non mi và   ed0'essere  coresponsabile  d'averlo messo   alla  pubblica  gogna  , scrivono quoi  da  noi  ) .
Io  ho forti dubbi  sull'adozione   dei bambini a  coppie  gay e  Lesbiche    e non mi piace il matrimonio  omosessuiale   meglio  un pacs  o il solo matrimonio   laico in comune  )  .   i gay  pride  sarebbero delle    carnevalate   ( pagliacciate  non mi piace   come termine  )   se  non ci fosse  una cultura  (    sia  a destra , sopratu tto per  esperienza personaloe  e per  qule che vedo e sento  ,  sia   a sinistra  e ila  storia  di P.P.Pasolini lo dimostra  )  Poi  condivido  in parte   (  pnon  mi dilungo  , poer  non annoiarci   , ma sopratutto     perchè  chi mi legge   sa  cosa  condivido  d''esspo  ,  cmq    se  volete   sui  può approfondire  nei commenti   o  in  privato  )  quello che ha detto  nel discorso  di parlamentare   di cui riporto sotto la  prima parte Carmen Montón,  ministro del governo zapatero (  ha lo stesso ruolo di mara  Carfagna  )  che ha collaborato alla stesura della legge per il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso. É corrispondente alla "nostra" Mara Carfagna. durante  l'iter legisloativo   della  legge di Zapatero  suoi matrimoni omosex 




trovate buzzintercultura.blogspot.com/ più  precisamente  qui se   non avete  voglia  di   cercare  nel suo archivio  .

  con questo è tutto alla prossima 

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...