17.2.09

Senza titolo 1277

Queste storie non sono vere, giornali e tv non ne parlano
e  anche su internet non si trova quasi niente.
Il grande fratello- quello vero -decide che è solo una favola
bella o brutta non importa  che illude e c'illude
che questi bambini sono solo comparse di un film senza distribuzione



Ero il re del mondo 
e tu la mia regina 
non ero entrato in niente
e niente era entrato in me
sognavo io e te nel mondo bianco splendente


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poi sei arrivata tu 
vita
madre natura



 
hai fatto del tuo meglio per farmi nel sole  andare
nel mondo bianco e rosso -hai detto -
non ci potevo stare
un sole cosi' forte senza protezione
che neri, neri ci ha fatto diventare


 




Cos' è  questo mondo selvaggio
non è cosi' che l'avevo sognato


 

sì, in qualche modo me ne andrò in giro
quaranta kilometri al giorno per prendere l'acqua
e  a questo che serve la mia vita?

solo bambini come carne da macello?
organi da trapiantare?
un Kalaskinov in mano a quattro anni
è per questo che mi hanno messo al mondo?
un Africano sono io
uno nato nero per tua fortuna non sarai mai

ma mentre vivevo e respiravo

mi hai sussurato non c'è più niente da mangiare
mi sono perso e questa terra non ha più un nome
 con dittatori che ci fanno morire di fame

sei morta mamma che  mi tenevi vivo
chi sono io che sono arrivato fino a qui?

in questo accampamento trattato come un animale

mentre io sognavo di vivere e girare il mondo
 
in silenzio tu con tanti nomi mi hai ucciso
 
ma non ti perdono anche se non serve a niente
 
cuori freddi vedono e ascoltano il nostro calvario
-qualcuno dei potenti ci deve pensare-
sei bimbi come me ogni quattro secondi muoiono di fame
e non ha senso ripetere  ancora una volta questa storia
non è colpa vostra se noi crepiamo,


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Nel silenzio mediatico per interessi commerciali e industriali,
nel continente Africano è in corso la prima guerra mondiale Africana,
guerra paragonabile alla seconda guerra mondiale con stermini di intere popolazioni, colpevoli solo di appartenere all'etnia più sfortunata.
Bambini di 10 anni vengono rapiti e con un Kalaskinov in mano vengono messi a guardia degli accampamenti , dalla paura si abituano a non dormire piu'


Bambine di 12 anni rapite e stuprate per non restare in cinta vengono date in pasto alle truppe e mandate a rifornire le truppe attraversando campi minati.




 LETTURE










 

VIAGGIO ALLE RADICI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE AFRICANA 17/11/04



Jean Léonard Touadi (giornalista congolese )

CONGO
Ruanda Burundi
Le parole per conoscere

Editori Riuniti pp. 135, euro 9,00




Mercoledi' 17 Novembre 2004
“Da otto anni(ora 12 anni) (1996-2004), nella Repubblica democratica del Congo (RdC) si sta consumando la prima guerra mondiale africana nel silenzio dei grandi mezzi di comunicazione e nella cinica indifferenza della comunità internazionale”. Queste parole, che vanno dritte al cuore del problema, aprono un libro snello ma accurato e intelligente che, come indica il sottotitolo, punta a spiegare la complessa crisi della regione africana dei Grandi Laghi e i legami di causa-effetto che uniscono i destini di Congo, Ruanda e Burundi. . Touadi  permetteì anche al lettore più estraneo di avvicinarsi e approfondire le ragioni di una guerra che non ha mai “bucato lo schermo”. E così, oltre a fare conoscenza con i protagonisti della crisi, dal presidente post-genocidio del Ruanda, Paul Kagame, al successore di Mobutu alla guida dell’ex Zaire, Laurent-Désiré Kabila, e di suo figlio Joseph, l’attuale presidente della RdC, è possibile riportare alla luce le cause della crisi. Che da un lato rimandano indietro al momento dell’indipendenza e alla pessima gestione degli affari congolesi nei successivi trent’anni da parte di Mobutu, mentre dall’altro si legano a nodo doppio al genocidio del Ruanda del 1994. A fare da background e da terreno di cultura delle pretese dei contendenti, la corsa allo sfruttamento delle ricchezze del Congo e i contrapposti interessi di protettori d’eccezione, Francia e Stati Uniti, come spiegano bene le voci “materie prime” e “competizione franco-americana”.
Il quadro che emerge non sembra rassicurante. I paesi della regione si trovano in una fase molto critica e le sfide per il futuro sono tantissime. Il Burundi sta affrontando una difficile transizione. In Ruanda, il tutsi Kagame ha creato un regime autoritario sfruttando a proprio favore la difficile eredità del genocidio. Le regioni orientali del Congo, il Kivu e l’Ituri, sono ancora altamente instabili. C’è da affrontare il problema dei profughi, come anche quello della circolazione di un ingente numero di armi. “Purtroppo – sostiene Touadi – molto dipenderà da come si comporterà la comunità internazionale. Innanzitutto l’Onu, su cui pesano le responsabilità degli errori degli anni Sessanta e che ha preso impegni concreti sia in Burundi che in Congo. Bisognerà vedere se saprà mantenerli in modo coerente. L’altra grande incognita è costituita dal braccio di ferro tra gli interessi anglo-americani e quelli francesi. Non solo nella regione dei Grandi Laghi, ma anche in Angola e altrove. C’è poi la prospettiva interna: Kagame continua a pensare che il Kivu sia lo sbocco naturale del Ruanda, dove la questione demografica è un problema reale. Per risolvere tutti le questioni sul tappeto, a partire dalla sovrappopolazione di Ruanda e Burundi e passando per la gestione dei flussi di profughi, si potrebbe riattivare la comunità economica dei Grandi Laghi. Serve una soluzione globale ai problemi della regione, non è pensabile che ognuno faccia per sé, pestando i piedi al vicino. Questo può scatenare solo altre tensioni.”Il Congo presenta un punto di forza. È la sua società civile, una delle più vitali del continente, che ha un ruolo importante nella pacificazione del paese. “Durante gli ultimi anni di Mobutu lo stato era praticamente inesistente – ricorda Touadi. Questo ha scatenato la spontanea reazione della popolazione, che doveva trovare degli strumenti per la sopravvivenza, soprattutto economica. . Una società che si potrebbe definire “dell’indisciplina”, che si sta sviluppando anche in altri paesi martoriati, come Liberia e Sierra Leone: nel caos politico ed economico si assume l’indisciplina come struttura alla vita civile, ottimizzando l’anarchia. Può sembrare un paradosso, ma è un paradigma che può funzionare. “E aiuta a riscoprire i saperi basici dell’Africa – aggiunge Touadi. 

Recensione di Irene Panozzo


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