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8.2.25

la maestra Tomasa e Pedrito di Tina Spagnolo dal gruppo facebook quando sbagli gruppo

 "Il primo giorno di scuola, la maestra signora Tomasa ha detto ai suoi alunni di quinta elementare che lei trattava sempre tutti allo stesso modo, che non aveva preferenze né maltrattava né disprezzava nessuno. Ben presto si rese conto di quanto sarebbe stato difficile rispettare le sue parole. Avevo avuto studenti difficili, ma nessuno come Pedrito. Arrivavo a scuola sporca, non facevo i compiti, passavo tutto il tempo a disturbare o dormire, era un vero mal di testa. Un giorno non ce l'ha fatta più e si è diretto verso la direzione.Non sono un'insegnante per sopportare l'impertinenza di un bambino viziato. Mi rifiuto di accettarlo più a lungo nella mia classe. Sono quasi le vacanze di Natale, spero di non vederlo quando torneremo a gennaio.La direttrice l'ha
ascoltata attentamente, senza dirle nulla, ha esaminato gli archivi e ha messo nelle mani di Donna Tomasa il libro della vita di Pedrito. L'insegnante ha iniziato a leggerlo per dovere, senza convinzione. Tuttavia, la lettura ha raggrinzito il suo cuore:
La maestra di prima elementare aveva scritto: "Pedrito è un bambino molto brillante e amichevole. Ha sempre un sorriso sulle labbra e tutti gli vogliono molto bene. Consegna i suoi lavori in tempo, è molto intelligente e applicato. È un piacere averlo nella mia classe”.La maestra di seconda elementare: "Pedrito è un alunno esemplare con i suoi compagni. Ma ultimamente è triste perché sua madre soffre di una malattia incurabile”L'insegnante di terza elementare: "La morte di sua madre è stata un colpo insopportabile. Ha perso interesse in tutto e passa il tempo a piangere. Suo padre non si sforza di aiutarlo e sembra molto violento. Penso che lo stia colpendo. ”L'insegnante di quarta: "Pedrito non mostra alcun interesse in classe. Vive a disagio e quando cerco di aiutarlo e chiedergli cosa gli succede, si chiude in un mutismo disperato. Non ha amici ed è sempre più isolato e triste"Poiché era l'ultimo giorno di scuola prima di Natale, tutti gli alunni hanno portato a Doña Tomasa dei bellissimi regali avvolti in fogli raffinati e colorati. Anche Pedrito gli ha portato il suo avvolto in un sacchetto di carta. Donna Tomasa sta aprendo i regali dei suoi studenti e quando ha mostrato quello di Pedrito, tutti i compagni si sono messi a ridere vedendo il suo contenuto: un vecchio braccialetto a cui mancavano alcune pietre e un vasetto di profumo quasi vuoto. Per tagliare al meglio con la risata degli alunni, Donna Tomasa si è messa con piacere il braccialetto e si è versata qualche goccia di profumo su ogni bambola. Quel giorno Pedrito è rimasto l'ultimo dopo la lezione e ha detto alla sua insegnante: "Dona Tomasa, oggi lei profuma come mia madre"Quella sera, da sola a casa sua, Donna Tomasa pianse a lungo. E decise che d'ora in poi, non solo avrebbe insegnato ai suoi studenti lettura, scrittura, matematica... ma soprattutto che li avrei amati e li avrei educati il cuore. Quando tornarono a scuola a gennaio, la signora Tomasa arrivò con il braccialetto della mamma di Pedrito e con qualche goccia di profumo. Il sorriso di Pedrito è stata una dichiarazione di affetto. La semina di attenzione e affetto di Doña Tomasa ha fruttificato in un crescente raccolto di applicazione e cambiamento di comportamento di Pedrito. A poco a poco, tornò ad essere quel bambino applicato e lavoratore dei suoi primi anni di scuola. Alla fine del corso, Doña Tomasa ha avuto difficoltà a rispettare le sue parole secondo cui tutti gli alunni erano uguali per lei, poiché provava una evidente predilezione per Pedrito.Passarono gli anni, Pedrito andò a continuare i suoi studi all'università e la signora Tomasa perse i contatti con lui. Un giorno ricevette una lettera dal dottor Pedro Altamira, nella quale gli comunicava che aveva terminato con successo gli studi di medicina e che stava per sposare una ragazza che aveva conosciuto all'università. Nella lettera lo invitavo al matrimonio e lo supplicavo di essere la sua madrina di nozze.Il giorno del matrimonio, Donna Tomasa ha rimesso il braccialetto senza pietre e il profumo della mamma di Pedrito. Quando si sono incontrati, si sono abbracciati molto forte e il dottor Altamira gli ha detto all'orecchio: "Devo tutto a lei, Donna Tomasa". Lei, con le lacrime agli occhi, gli rispose: "No, Pedrito, la cosa è successa al contrario, sei stato tu a salvare me e mi hai insegnato la lezione più importante della vita, che nessun professore era mai stato capace di insegnarmi all'università: mi hai insegnato a fare l'insegnante".

28.9.23

FACEBOOK... di margherita todesco



Mi piace.
Non mi piace.
Pollice su.
Pollice giù. Anzi, nessun pollice, nemmeno una faccina.
Erano giorni che continuavo a sfogliare il maledetto "Faccialibro" senza trovare la versione di te che mi andava a genio.
Una ricerca estenuante che mi aveva spossato anima e corpo.
Ero esausto.
Tu mi tenevi la mano, e io sentivo il pulsare del tuo cuore fluire lungo il mio corpo come un piccolo martello pneumatico.
La tua pazienza mi stupiva.
Distesa sul divano da giorni senza dire una parola, senza mai lamentarti, una santa.
Lo facevi perché mi amavi, e volevi che io trovassi la versione migliore di te, quella da amare... per sempre.
Ma io non ero convinto.
Ogni volta che giravo una pagina del "Faccialibro" trovavo qualcosa di nuovo in te, qualcosa che non avevo mai notato prima, e che mandava a rotoli tutto quanto avevo costruito sfogliando quel maledetto libro.
Cosa volevo, in realtà?
Non lo sapevo.
E tu, cosa volevi?
Me, l'unico uomo della tua vita.
Lo avevi ripetuto migliaia di volte.
E allora di cosa stavamo parlando?
Perché non la facevo finita?
Tu mi amavi, io invece... non lo so... forse ti amavo, forse ti volevo bene come si vuole bene a una sorella.
Poi era arrivato "Faccialibro", e la possibilità di cambiare, anche se di poco, era diventata realtà.
E io mi ero detto che forse quel "quid" che mancava potevo trovarlo lì, tra le sue pagine piene di facce felici.
Te ne avevo parlato e tu avevi accettato senza nemmeno chiedere il perché di questo strano esperimento.
Ancora una volta lo avevi fatto (e lo stavi facendo) per me.
Girai l'ultima pagina del libro e mi ritrovai davanti un foglio bianco, anzi, bianchissimo, di un candore che non avevo mai visto prima.
- Che c'è - dicesti. - Perché ti sei fermato?
Non risposi.
- Amore?
Sospirai. - E' finito.
Mi stringesti ancora di più la mano. - Intendi il libro?
Annuii.
- E adesso?
Evitai di nuovo di rispondere e richiusi "Faccialibro".
Lo appoggiai sul divano.
- Devo andare - dissi.
- Dove?
- Via.
- Via, dove?
Ti presi la testa tra le mani e mi allontanai da te, la riappoggiai sul divano con delicatezza.
- Dove vai? - ripetesti, mettendoti a sedere a fatica dopo le ore passate distesa.
- E' finita - sussurrai, cercando di convincere me stesso che le cose stavano davvero così.
- Perché?
- Avevamo fatto un patto: se non avessimo trovato la soluzione lì dentro - indicai il libro abbandonato sul bracciolo del divano, - avremmo fatto calare il sipario sulla nostra storia.
Ti vidi sospirare, mentre le prime lacrime presero a solcarti il viso.
- Sì, lo avevamo detto - dicesti, dopodiché ti tirasti su e ti dirigesti a grandi passi verso la cassettiera.
La apristi e, quando ti girasti di nuovo verso di me, in mano tenevi un libro, un "Faccialibro".
- Che diavolo... - borbottai.
Ti vidi sorridere, aprire il libro e fissare la prima pagina dove, in bianco e nero, una faccia simile alla mia ricambiava il tuo sorriso.
- Peccato - sussurrasti.
Strap!
La pagina cadde a terra, e un dolore terribile alla testa mi trafisse da parte a parte.
Poi fu la volta della seconda pagina, e poi della terza, della quarta e così via.
Morii poco dopo, dalle parti di pagina trentatré, avvolto da dolori lancinanti.
- Ti amo - sussurrò la donna rivolgendosi al silenzio della stanza.
Poi recuperò il libro dal bracciolo del divano pieno di sue facce, anche se leggermente diverse, e riprese a strappare.

14.7.21

ORGIANAS di Daniela Bionda

 ORGIANAS  di Daniela Bionda ISBN 88 87393 23 -0 edito dalla P:T:M Editrice aprile 2006

il libro da me scritto dal titolo "Orgianas" è composto da tre novelle,  ambientate in Sardegna , la prima, ambientata  nella Sardegna  nuragica degli Shardana,  parla della ribellione di Ampsicora e di suo figlio Iosto, all'invasione romana   ed è intitolata "Orgians"

la seconda novella è ambientata durante l'invasione della Sardegna da parte del Vandali, ed è intitolata "Selene e l'ultimo rifugio "

la terza novella è sugli Shardana in Egitto  ed è intitolata  "Il viaggio di Kia"Questo libro scritto nel 2006, è nato dalla mia passione per gli Shardana, popolo del mare, e dall'influenza che provavo in quel momento per le teorie di Leonardo Melis, sebbene le sue teorie non siano state confutate dall'archeologia tradizionale, o comunque solo parzialmente,  hanno esercitato in me il desiderio di scrivere tre racconti stile "Fantasy "basati su fatti e personaggi realmente esistiti ed altri nati dalla mia immaginazione. Per la prima novella dal titolo Orgianas, tutti i personaggi romani e punici,  e naturalmente Ampsicora e suo figlio Iosto sono realmente esistiti.Ho quindi deciso di fare un breve sunto di tutte le tre novelle , troppo lunghe per essere riportate integralmente la prima è tratta dalla novella Selene, e l'Ultimo Rifugio

Selene, e l'Ultimo Rifugio- racconto di Daniela Bionda tratto dal libro Orgianas tre novelle" P.T.M. Editrice
La novella non ha alcuna attinenza con la storia della Sardegna ma è semplicemente un parto della mia fantasia, essendo troppo lunga qui vi è solo un sunto in cui i puntini servono per separare periodi diversi nel racconto.
La deina Selene pallida come la luna di cui portava il nome, sfilò la tunica ed i morbidi sandali che portava, che poggio' sopra una roccia, per poi immergersi nell'acqua di un ruscello seminascosto che conduceva al villaggio di Tiscali, sul monte Lanaittu, ultimo rifugio contro le legioni romane prima, poi saraceni, vandali e Bizantini. Immersa nella fonte sacra , Selene, isolo' la sua mente da tutto ciò che la circondava, separando pian piano i colori, i rumori ed infine gli odori circostanti, lasciando che l' acqua limpida e fresca l'avvolgesse cullandola. Salita su di una roccia, rimase pigramente esposta ai tiepidi raggi del sole, nell' attesa di asciugarsi, dividendo nel frattempo una mela dalla buccia ruvida ed asprigna, così come era ruvida ed asprigna la sua amata terra, con un pettirosso. Deina dei territori limitrofi, con le sue danze ipnotiche riusciva a rubare il miele dai favi, di cui erano ricchi i dolci fatti dalle donne del villaggio.La ragazza viveva da sola, in perfetta armonia con la natura, cibandosi di frutta e miele e della carne che i cacciatori le portavano dopo aver scelto per lei i pezzi più pregiati.Le pelli di questi animali portati in dono venivano scuoiate e trattate per farne morbidi mantelli atti a tenere calda la grotta in cui la loro deina viveva. Le donne del villaggio provvedevano invece, a fornirla di tutti quegli utensili di uso quotidiano, vasetti, ciotole e piccole statue raffiguranti la dea madre, che barattavano in cambio di medicamenti, consigli e filtri d'amore. Una delle mansioni più importanti di Selene era quella di giudichessa, a lei si rivolgevano gli uomini di tutti i villaggi vicini per derimere le contese........... .
Quando voleva stare sola con se stessa, accompagnata dal suo fido falco URO, faceva delle passeggiate sulla spiaggia, in silenzio, a guardare il mare e a farsi cullare dalle onde che raggiungevano la riva. La sua grotta era piena di strani oggetti, provenienti da ogni parte del mondo sconosciuto e che il mare restituiva. La deina felice come non mai si precipitava a raccogliere ogni oggetto, dalle varie forme e colori, trovava tutto prezioso, e battendo le mani come una bambina ad ogni nuova scoperta, li stringeva al petto danzando con loro. L' isola dei venti, così battuta dal maestrale che piegava gli alberi come fuscelli, era spesso infida con i suoi occasionali visitatori, e tracce di vita passata venivano trovate lungo le coste dai pescatori, riemergendo dai flutti per poi depositarsi sulla spiaggia............
Selene da qualche giorno soffriva di una strana inquietudine a cui non sapeva dare ancora un nome. Preso un cavallo, si diresse con URO sulla spalla, e giunta su un promontorio Uni la sua mente a quella del falco, lanciandolo in volo. Le due menti presero a volare in quel cielo limpido e privo di nuvole.
In precedenza Selene non aveva avuto conoscenza delle correnti seguite da URO, e dalle quali si faceva solo trasportare, ora, invece, le sembrava di conoscerle, vederle, così si rilasso' e cominciò a guardare il panorama sottostante, mentre delle nuvole apparirono all' orizzonte. Selene udì l' odore della pioggia prima ancora di udire il tuono. Man mano vide un esercito di Vandali che avanzavano sulla spiaggia ......................
Selene trascino' il giovane vandalo svenuto sino alla grotta. Sebbene gli eventi lo avessero segnato non doveva avere più di venti anni. Il volto era circondato da lunghi capelli tra il biondo ed il rossastro, legati tra loro da un laccio. Piccole rughe di espressione circondavano gli occhi e la bocca come se fosse facile al riso, la sua pelle sana ed abbronzata rivelava una vita all'aria aperta. Comincio' con il lavare le ferite, la spalla ed il braccio erano feriti gravemente, ma il cuore ed i polmoni erano salvi. Nial, questo era il suo nome, borbotto qualcosa di incomprensibile nella sua lingua e subito Selene gli avvicinò il corno di idromele per poterlo addormentare. Avvolto in bende pulite, la ragazza mise il giovane vicino al fuoco sapendo che il freddo si sarebbe cibato della sua essenza. La mattina prese i suoi rimedi e con un puledrino si avviò al villaggio. I vandali erano stati cacciati, ma molti erano i morti e i feriti. Una parte di Selene dovette accettare il fatto di essersi innamorata del nemico..............
I giorni nella grotta passavano lieti, ed ogni giorno Nial diventava sempre più forte, la sera passavano il tempo presso la sacra fonte, dove Nial ritrovava la sua essenza, rendendo Selene molto felice. Anche la lingua non costituiva un'ostacolo , il loro era un intendersi di sguardi e di gesti.
Una sera, un gruppo di cacciatori tra i più esperti, che battevano in lungo ed in largo il terreno alla ricerca di tracce le trovo' vicino alla grotta della loro deina e fu chiaro che chi era li su trovava in veste di padrone e non di prigioniero. Sebbene Selene si fosse comportata come una nemica non poteva essere uccisa ed allora fu chiesto al giovane guerriero vandalo di combattere per la sua vita. Mentre Nial si dirigeva verso la morte, Selene usci a raccogliere dei funghi nel bosco che mise assieme ad altre erbe in un calderone, poi, verso' il composto nel corno. Il bosco era pieno di Sardi Pelliti, vestiti di sola pelle e con le facce coperte da maschere di legno lavorato che rappresentavano vari animali........
Quando verso sera UT portò a Selene il corpo di Nial che non aveva ancora esalato il suo ultino respiro, lo stesero sul sudario all''ombra di una quercia. UT la lascio' sola per dire addio al suo uomo. Nial le chiese una spada, lei acconsentì. Dopo, presi i lacci di pelle ed un grosso ago fatto d'osso, Selene iniziò a chiedere il sudario, quando giunse circa a metà lavoro bevve dal corno ed dopo essersi sdraiata accanto a Nial continuò con la sua opera di cucitura, fino a quando le braccia non risposero più, allora poggio' il suo capo sulla spalla , pronta per il lungo viaggio. Quando l' indomani i guerrieri vennero a rendere l'onore delle armi allo straniero venuto dal mare per l' abilità ed il coraggio con cui aveva combattuto, videro sotto la quercia una specie di bozzolo e lì dentro i due amanti abbracciati nel loro ultimo rifugio
 

21.6.21

IL guardiano del faro Racconto di Daniela Bionda

                        IL guardiano del faro 

 


Sbarcò in un giorno assolato da un battello a vapore. Sembrava un fuggiasco, uno che scappava dai posti affollati, dai chiacchericci di vecchie comari, dagli strali di un prete, dai vicoli della città. Il nostro non è che un villaggio fatto da piccole case, campi coltivati, orti e bestiame. Portava con sé solo una sacca con pochi vestiti, un rasoio affilato, una saponetta, un piccolo pettine ed un mondo fatto di libri, le pagine consunte, frutto di ripetute letture ed un fiore secco come segnalibro. Disse al capo villaggio di voler diventare il guardiano del faro, che spiccava lassù in alto, arroccato sulla scogliera, con i gabbiani che ci volavano attorno, per poi fiondarsi sul mare. Si chiama Jonathan, divenne il guardiano del faro, con lo sguardo poteva abbracciare l' immenso azzurro del mare. Indicare ai naviganti rotte sicure. Un giorno, salii su una piccola barca, raggiunsi l'altra sponda e mi inerpicai sulla scogliera, sino a raggiungere il faro. Bussai alla sua porta, portavo con me un cesto di fiori, di quelli che il suo mare non gli avrebbe mai dato. Portai un cesto pieno di cibo, formaggi, gallette, olive ed un fiasco di vino. Mi ci volle molto coraggio, ma troppo a lungo avevo fissato quel sole, seduta su di un muretto da cui si vedeva il mare. Fece un passo all' indietro, non disse nulla, si limitò a farmi entrare. Le anime perse si riconoscono tra loro, non hanno bisogno di parlare. Il mio bagaglio era un cuore spezzato, un fiume di lacrime ed inchiostro su vecchie poesie. Avevo bisogno di un luogo sicuro, lontano da ogni clamore. Al villaggio, venivo indicata ai passanti, come donna perduta, avendo vissuto sotto gli occhi di tutti, una storia d' amore, con un uomo il cui cuore apparteneva ad un'altra.
Parlavamo pochissimo, bastava uno sguardo, un cenno e tutto andava come doveva andare. Facevamo lunghe passeggiate sulla spiaggia, raccogliendo conchiglie e tutto quello che restituiva il mare. Tronchi d' alberi, piccoli oggetti di barche andate alla deriva, bottiglie di vetro color verde oliva, trasportate dalla corrente. Mi innamorai di lui, dei suoi silenzi, delle sue grandi mani che compivano tutti i lavori con gesti calmi e misurati. Gesti di chi non ha fretta, di chi si è lasciato tutto alle spalle e non intende tornare. Poi un giorno, trovai sulla spiaggia una bottiglia di vetro, con dentro un messaggio d'amore, mi affrettai a leggerlo, prima eccitata, poi sorpresa, speranzosa. Volsi verso di lui il mio sguardo e lui mi sorrise con calore.

6.6.21

Le Balene d'agosto racconto di Daniela Bionda

Tratto dal 2° concorso letterario "una storia sbagliata"- Associazione culturale Carta Dannata presidio di Tempio Pausania in collaborazione con la libreria Max 88 Presidi libri Sardegna Edizioni Mediando

Copyright 2007 Mediando- ISBN 978 -88-89502-17-4

 

Durante il tragitto Sha iniziò a pensare alle sue balene, nel Mare del Nord, ai salvagenti arancioni, ai suoi compagni stipati come sardine in piccole barche o in gommoni che si scagliavano contro le baleniere impedendone il passaggio. Al compagno più ardito, che riusciva ad issare il loro emblema sull'alto pennone. Pensò alle canzoni gridate, alle marce per la pace. Infine come in un caleidoscopio d'immagini, ai tralicci saltati; Alle cariche della Polizia; Alle vetrine infrante, alle bandiere bruciate. Robin avrebbe voluto stringerla a sé ma si limitò a chiederle :"Sei proprio sicura, possiamo ancora tornare indietro". Sha scosse la testa, uscendo dal suo torpore. Giunti alla meta scese dal furgone, lentamente, la bomba rudimentale nascosta sotto la giacca logora, mentre le luci dei pali illuminavano i suoi passi. Rimase qualche secondo ad osservare il bersaglio, le insegne al Neon del Mc Donald's che brillavano in quella gelida notte. Deposta la bomba, Sha mise in funzione il detonatore, poi, ritornò,
contando mentalmente i passi, senza cedere all'istinto di scappare. Il furgone si allontanò sgommando, giusto in tempo per sentire un gran boato, le fiamme che si sviluppavano dall'edificio, il suono delle sirene, i vetri infranti delle auto bruciate. Giunti al rifugio i giovani si lasciarono travolgere dal fumo denso, la musica ritmata. Sha ballava da sola, a piccoli passi, le braccia alzate, girando su se stessa come una girandola mossa dal vento. L'alba li trovò esausti, le bocche asciutte, i capelli incollati. La ragazza s'infilò nel sacco a pelo stringendosi a Robin in cerca di calore. Incapace di dormire Sha pensò a suo padre, un piccolo borghese con un alto senso del decoro; Al fatto che non riusciva ad accettarla, con le sue divise militari, i suoi capelli rossi mal lavati. Pensò alla sua infanzia dorata, alla dolce Patti che nel calore della grande cucina, oltre al pane fragrante, latte, burro, marmellata, le dispensava un amore incondizionato.Uscita dal sacco a pelo con Robin che borbottava, si diresse traballante al chiosco più vicino alla ricerca di un giornale. La notizia la fece impallidire, le mani tremanti e sudate, macchiate dell'inchiostro della carta stampata. Quattro addetti alle pulizie erano periti nell'inferno di quella notte. Si diresse alla Metro, rifugio sicuro di barboni e sbandati dal vento gelido della notte. Salì sull'ultimo vagone, quello dei pendolari, le borsette strette in pugno, gli sguardi assonnati, mentre nella cabina si sentiva un odore di dopobarba, misto a sudore. Scese alla terza fermata, quella che conduceva al mare. Osservò le saracinesche serrate dei locali non ancora affollati. Gli ombrelloni e le sedie accatastate. Con un dito disegnò dei cerchi concentrici sulla sabbia bagnata, poi sciolse il nastro di cuoio che le imprigionava i capelli, lasciandoli scendere sulle spalle, come quelli di una sirena della quale non si udiva più il canto.Cominciò a spogliarsi, prima le scarpe, poi tutto il resto. Si diresse sul bagnasciuga, lasciando delle orme che presto le onde avrebbero cancellato. L'acqua le coprì le ginocchia, poi il petto ed allora Sha cominciò a nuotare, verso l'orizzonte infinito, senza guardarsi mai indietro. Presto si stancò, gli arti rigidi, i polmoni che cercavano l'aria. Presto perse il senso dell'orientamento come le sue balene d'agosto, arenate. Sha chiuse gli occhi e si lasciò trascinare dal vortice di un mare profondo.


      

12.10.14

la storia e' anche la gente non solo gli eventi [ perchè racconto storie ]

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Come  ho già detto  nel titolo  la  storia  è fatta  non solo di : date , eventi  , ideologie  \ pensieri  , ma  anche  dalla  gente  . Infatti :


 [--- ] La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere, siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere. E poi la gente, (perchè è la gente che fa la storia) quando si tratta di scegliere e di andare, te la ritrovi tutta con gli occhi aperti, che sanno benissimo cosa fare. Quelli che hanno letto milioni di libri e quelli che non sanno nemmeno parlare, ed è per questo che la storia dà i brividi,
perchè nessuno la può fermare.[---] 
Ora  almeno all'inizio  credevo  bastasse  solo   questa  canzone  per spiegare\  rispondere alle  domande  che  mi vengono  , nonostante  le faq  ed i rispettivi aggiornamenti  (  a cui vi rimando  ) , continuamente  rivolte  . Ma  poi mi sono reso conto  che  è   da un bel  po'  a che non aggiorno  , dettagliatamente le  Faq . Ecco   che approfittando di questa  discussone    avvenuta nei commenti a  questo precedente  post  in cui riprendo la storia di un ragsazzo che entra ed esce dal carcere da 30 anni consecutivi o quasi  


 Alessio Meloni ha detto...
Che intervista inutile, chi ha scritto questo articolo il giorno dopo ha intervistato un missionario???!!!! Questo tizio arrestato 70 volte con quasi 30 anni di galera viene intervistato e gli dedicano una pagina nell'unione sarda. complimenti!!!!
05 ottobre 2014 01:40  

 Giuseppe Scano ha detto...
Caro Alessio Meloni perchè inutile ? ciascuno di noi nel bene e nel male ha una sua storia , bella o brutta che sia . Ed è giusto raccontarla . Ovviamente a 360 gradi , come mi sembra che sia stato fatto nell'articolo dell'unione . 
05 ottobre 2014 12:59  

di cui non ha  avuto repliche   . Evidentemente  o  non sa  cosa rispondere  o  gli va bene  la  mia risposta  .  

Ora   riporto   indirettamente  ( prendendole  dalla rete  )  o  direttamente  (  intervistando e facendo parlare  i protagonisti  come nel  caso  da  me  riportato precedentemente  di valentina loche  e  del suo blog http://millimetroemezzo.blogspot.it/ )    

PERCHÉ ORMAI SIAMO CIRCONDATI DA TUTTI I RACCONTIdi Giorgio Vasta 7 maggio 2013   da  www.minimaetmoralia.it/wp/recensione-immersi-nelle-storie-frank-rose/
[...] Immersi nelle storie. Il mestiere di raccontare nell’era di internet di Frank Rose (Codice Edizioni, traduzione di Antonello Guerrera) riflette su questo naturalissimo paradosso: com’è possibile che le storie – quelle che leggiamo, che guardiamo al cinema e in tv o che seguiamo (e contribuiamo a costruire) in rete – siano in grado di girare intorno alla nostra poltrona e collocarsi non solo alle nostre spalle ma tutt’intorno a noi?In effetti le storie non se ne stanno più al loro posto. Non le troviamo solo nei libri, sullo schermo, in un dvd o in un teatro. Non sono più oggetti che, consumati, riponiamo su uno scaffale, così come non sono più luoghi dai quali, conclusa la narrazione, possiamo andare via. In sostanza le storie non fanno più parte di un’esperienza separabile e perimetrabile. Come se dallo stato solido fossero passate prima a quello liquido, dilagando in ogni direzione, per divenire poi gassose, sostanze che un semplice respiro trasloca all’interno dei nostri corpi.Attraverso INCONTRI con registi (da James Cameron a David Lynch), creatori di serie tv (Damon Lindelof di Lost), ideatori e sviluppatori di videogame, Rose chiarisce un punto: se le storie sono ciò che ci nutre questo dipende dal fatto che tendiamo a leggere il mondo in relazione a un senso. Come in Cosmo di Gombrowicz, dove ogni fenomeno è percepito quale indizio di qualcos’altro, nel nostro quotidiano cerchiamo di non abbandonare nulla né al caso né al vuoto pretendendo invece che tutto ciò che c’è sia in grado di significare.[....]  È meglio spalancarsi all’ibridazione: scoprire che da sempre il legame tra realtà e finzione ha una natura meticcia. Ed è indispensabile ricordarsi che la ricostruzione del significato (o meglio la sua invenzione) procede per vie tortuose. Come il protagonista di Reality di Matteo Garrone anche noi penetriamo a forza nello spazio della finzione per contemplare sorridenti la stellata notturna del senso.


Ho fatto  mie  le tesi   di  Jack Zipes in  perchè abbiamo bisogno di storie. Ma  soprattutto perchè  << Miti, leggende, favole, filastrocche, ninnenanne, canzoni: sono tanti i modi di raccontare e di raccontarci. Il racconto accomuna tutti, piccoli e grandi, in ogni latitudine; si racconta sempre, a partire da quella che è stata la nostra giornata, riportando cosa ci è successo o qualcosa che si è visto o ascoltato.>>. Infatti i  ricordi  più beli che  ho di mio nonno  paterno  morto  che avevo appena  10 anni   sono  i suoi racconti   e e  sue  storie    alcuenvere  altre rimmaneggiate  come    quella  dello sceriffo di Bortigiadas. Ora  << Raccontare storie non è solo questione di parole, ma è anche mettere insieme immagini, musica, gesti, emozioni in una trama da cui viene fuori un tessuto che connette le persone tra loro e in cui ciascuno entra e trova il suo filo.>> sempre  secondo   www.multiversoweb.it/incontri/qui-capossela-2210/ <<  L’esperienza del racconto inizia da bambini, quando si entra in relazione con i tanti mondi della fantasia e dell’immaginazione. Spesso, gli artisti, alcuni più di altri, riescono a creare un contatto con il nostro immaginario attraverso le atmosfere e le vicende delle storie che raccontano. >>Tra questi artisti rientrano oltre A  Guccini  (   sia  dischi  che libri )  e  a  Luciano Ligabue  anche  <<  Vinicio Capossela che con il suo stile visionario e fiabesco, le sue ambientazioni ora malinconiche ora circensi, i suoi riferimenti alle più disparate storie popolari e intime è sicuramente uno dei più originali narratori del nostro tempo..  In un incontro con gli studenti universitari, Capossela ha ‘raccontato’ cosa sia per lui il racconto, come lui racconta e come si racconta in musica. >>  (  vedere  l'url  per  i  video  )  
 Come scelgo le  storie  ?  Semplice  non  ho  un criterio fisso o standard  , ma mi baso  sui sentimenti  e le  emozioni  che  esso mi danno  e  mi trasmettono  ,. Infatti posso essere  o  ai margini   dei media    e cioè usati come riempimento  televisivo o  cartaceo oppure  escluse  dai media  . Ed  a volte  e  il caso   recente  del blog  di valentina   ne  ho parlato precedentemente  qui  in questo post , quando  la storia  è incompleta(   leggi    articolo a pagamento  o tropo  breve  )  allora   faccio qualche intervista  . 
Ed  per  questo che mi sto appassionando   alla nuova collana della Bonelli intitolata  appunto le  storie  



2.9.14

Escluso il cane. [di Romina Fiore]


             Escluso il cane. [di Romina Fiore] 

 - Abbiamo concluso così, senza nemmeno un saluto, i nostri 25 anni insieme! – ha detto mentre portava alla bocca una forchettata di spaghetti grande quanto il nido d’un condor. E, visto il pathos dell’argomento trattato, che spesso chiude inaspettatamente la gola con improvvisi scioperi dell’epiglottide, ho pensato che quegli spaghetti l’avrebbero strozzata. - Aveva una storia con la sua segretaria, come la più banale delle barzellette! – - Come l’hai scoperto? – le ho chiesto desiderosa di sapere. Però mi sono immediatamente pentita di quella domanda che, sebbene sintomo di sincero interesse, era una vagonata di sale sulle ferite. - Lui, solitamente allergico a sms e cellulare, d’improvviso non staccava gli occhi dal display. Stava sempre lì a scrivere, scrivere e scrivere. Quando gli ho chiesto lumi su quest’abuso improvviso si è giustificando dicendo che doveva istruire la nuova segretaria sulle mansioni ed incombenze dell’indomani. – - E tu gli hai creduto? – - Certo che no e infatti una sera, mentre lui era in bagno, ho controllato il suo telefono: nemmeno un messaggio in memoria. E’ stata la conferma che la puzza di bruciato proveniva da un incendio grosso! – Durante il suo racconto mi aspettavo che, da un momento all’altro gli occhi le si sarebbero riempiti di lacrime e avevo paura di quel momento, ché in quei frangenti io non so mai cosa dire. Mi vengono in mente solo frasi di circostanza alle quali, talvolta, sarebbe da preferire il silenzio. Ma anche il silenzio è brutto quando hai davanti qualcuno che piange. Un abbraccio, forse. Ma il ristorante non era certo il luogo ideale. E invece no, ha proseguito con impassibilità il racconto del suo matrimonio, ormai finito da qualche mese. - Il mio avvocato dice che potrei strangolarlo economicamente e guadagnarci non so cosa, ma non me ne frega nulla. Voglio chiudere questo capitolo il più in fretta possibile. – ha detto imperturbabile. Nemmeno un insulto alla segretaria, 
da SARDEGNAblogger.



nuova compagna del suo ormai ex marito. Ovvio che i doveri nei confronti della moglie li avesse lui, però in questi casi è facile sentir affibbiare l’epiteto di “puttana” alla rivale. Lei no, ammirevolmente non ha speso una sola parola per l’avversaria. - Gli ho lasciato la grande casa nella quale vivevamo e me ne sono andata in un minuscolo bilocale che avevo prima del matrimonio. – - Col cazzo che gli avrei fatto ‘sto regalo! – ho commentato stizzita. - Purtroppo gli ho dovuto lasciare anche il cane, al quale sono legatissima, ma è il suo. – E subito dopo quest’ultima frase gli occhi le si sono riempiti di lacrime. Inondati in una maniera incontenibile. Un pianto a dirotto che non è riuscita a trattenere. - Scusa un attimo! – ha detto prima di correre in bagno. Ed io sono rimasta al tavolo da sola. E mi è venuto da pensare che, effettivamente, essere scaricate per un’altra è un duro colpo inflitto all’ego, ma poi, dopo una chiacchierata a tu per tu col proprio io, ad una negoziazione si arriva in tempi relativamente brevi. Ma sentimenti autentici e forti come la nostalgia, l’assenza, la mancanza vera che avverti come un’amputazione non resta per l’ex fidanzato, marito o compagno, no. Resta per il cane!

15.7.14

lu cantu di la 'ita

 “Tante cose segnano una vita e tante vite segnano qualcosa, qualcosa che verrà” 
                   (da una poesia di Carlo  Giuliani ) 


La suggestiva scalinata di Sant’Antonio farà da scenario a una serata in cui diverse forme d’arte, unendosi, racconteranno le stagioni della vita, i tormenti, le gioie, le emozioni dell’essere umano, che
per non perdersi ha bisogno di ritrovare le proprie radici, di ascoltare il suono del passato, per potersi proiettare nel domani carico della ricchezza che questo ci ha lasciato. Poiché ognuno di noi è una storia dentro la storia, che attende di essere ascoltata. Vi aspettiamo, il 19 Luglio, alle ore 21.30. Sperando di trasmettervi emozioni.

16.3.13

a volte basta un niente per sboccarti [ riprende il mio racconto vbiaggio nella frontiera ]

Ascoltando le colonne sonore di  questi  film   :  per un pugno di dollari , per qualche dollaro in più , c'era una volta il west , giù la testa  che  hanno caraterizzato  ( come credo  anche per  voi  genmerazioni precedenti   )  la mia  infanzia  e la mia adolescenza    mi ritorna il proposito di riprendere  e  portare  al termine   il racconto  "  viagfgio  nela  frontiera   " intgerrota  per  la tesi  , cambio blog   e  specialmente  blocco creativo .
Ora   chi mi segue sia  quando  ancora  il blog  si chiamava  cdv.splinder.com e sia  adesso     che  si chiama ulisse-compagnidistrada.blogspot.com avrà letto le puntate precedenti ( che  trovate  qui    e qui  se  non avete  voglia   di cercare    fra i risultati  del "  motorino  " di  www.ulisse-compagnidistrada.blogspot.com )  del racconto  viaggio nella frontiera ambientato nel west .  Tornato  dal mercato   solo andato  a cercami  le  puntate precedenti   ne trovate  sotto il riepilogo  dell'ultima  puntata  (  ch chi volesse   leggersela o rillegerla la  trovatre integramente    qui

(...)  Visto il  clamore e la  fortuna sfacciata dalla nostra parte ( come se  qualcuno la sù ci  avesse voluto aiutare  ed  avesse avuto  pietà  di noi  o  magari ritiene che il nostro tempo non è ancora  giunto )  grande  Naso decise di credermi .Osservo ancora il tatuaggio e la collana  di jack, guardò negli occhi  i nostri salvatori : cerbiatta che.. , coda di lupo , lo stregone e disse  << ok  a fine mese c'è  un torneo fra i vari gruppi della mia tribù , la  il tuo amico bianco ,  mezo scalpo , potra  dimostrare  quello che tu dici .La gara  sarà a due prove ,   tiro semplice e  tiro  al volo . Basta  che  ne vinca  una sola è avrete  salva la vita . Se poi  vincerà  in tutte  e due  prometto  solennemente di portare in consiglio  che seppelirò per sempre finchè sarò in  vita   e lo lascerò  scritto a miei successori ( salvo ovviamente  per difesa o violazioni da parte dei bianchi )  cesserò ogni ostilità e  ogni razzia verso gli uomini bianchi e  tutte le tribù , compresa la tua , oh saggio  ballaconilupi  .
Siete liberi di rimanere qui  , se vi aggradà e credo che a mia figlia cerbiatta fara piacere  andare a trovare  la  tua  famiglia  .L'importantee   è che vi presentiete alla gara.
Vidi che  jackaveva bisogno di cure e decidemmo di rimanere  uno  \  due giorni 

 adesso  vi lascio  e  vado   a  cercare  sia  fonti   ed  immagini per  cui  ispirarmi per le puntate   seguenti   vi lascio  con  la bellissima





  a presto 

14.1.13

Oltre il muro

"Qualunque". Odiava quell'aggettivo appiccicato a un giorno. "Qualunque". Cioè inutile, slabbrato. Da dimenticare. Che avrebbe potuto esser gettato nel cestino, senza soffrirne troppo. Solo che, trattandosi d'un lembo di vita, le sembrava uno scialo. Ore rubate allo stupore, al miracolo e al ringraziamento. Persino all'aria che respirava.
Eppure Milano era davvero qualunque. La solita. Grigio su grigio. Silenzio, intorno alla diaccia periferia; e pennellate di deserto, un deserto di seppia, dilatato. La ragazza attendeva, ormai mancava poco. Sarebbero arrivati gli amici, il pomeriggio risolto. Ma, in quegli istanti di solitudine, quasi malediceva sé stessa, il suo eccessivo tempismo, quel rimaner là, in una virgola di tempo vuota, sospesa nell'ubbia.
Poi, d'un tratto, un tramestio di voci. Uno stormo di voci. Improvvise, all'unisono. Levò lo sguardo: non vide nessuno. Voci senza padrone.
Alla fine, capì. Provenivano proprio da quel muro. Dietro quel muro. Un fitto di siepe spessa, un verde senza gioia, sormontato da caseggiati opachi, tutt'uno col cielo. Erano voci infantili e antiche: risuonavano da un lato all'altro del misterioso, inaspettato giardino. Tinnivano di risate e beatitudine: "Mio!", "Tana!", "Ho vinto!". Voci frenetiche, rotonde e piene, guazzanti come nella gioia pura, ma letterarie, prive di rivalità, con una certa dolente saggezza... E, d'un tratto, persino le finestre, occhi senza balcone, parvero rianimarsi. Lì vivevano le famiglie, vegliavano indulgenti sui figli, rigovernavano dopo un pranzo, accendevano la tv... Forse, qua e là, sulle pareti, un segno di sole, ricordo di terre lontane, relitto d'immigrazione; forse qualche foulard colorato, un soprammobile esotico. Racconti e ricordi.
Ma nulla scalfiva la spensieratezza del presente. Il campo era tutto dei figli. E traboccava, prepotente, di vita. Il miracolo si compiva di nuovo, anche in quel giorno, che smetteva di essere qualunque, e tornava a spargere fiducia e benedizioni.
Poco lontano, la ragazza scorse le sagome sgangherate degli amici. Si avvicinavano sempre più. Non li aveva mai amati come in quell'ora.



emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...