14.1.13

Oltre il muro

"Qualunque". Odiava quell'aggettivo appiccicato a un giorno. "Qualunque". Cioè inutile, slabbrato. Da dimenticare. Che avrebbe potuto esser gettato nel cestino, senza soffrirne troppo. Solo che, trattandosi d'un lembo di vita, le sembrava uno scialo. Ore rubate allo stupore, al miracolo e al ringraziamento. Persino all'aria che respirava.
Eppure Milano era davvero qualunque. La solita. Grigio su grigio. Silenzio, intorno alla diaccia periferia; e pennellate di deserto, un deserto di seppia, dilatato. La ragazza attendeva, ormai mancava poco. Sarebbero arrivati gli amici, il pomeriggio risolto. Ma, in quegli istanti di solitudine, quasi malediceva sé stessa, il suo eccessivo tempismo, quel rimaner là, in una virgola di tempo vuota, sospesa nell'ubbia.
Poi, d'un tratto, un tramestio di voci. Uno stormo di voci. Improvvise, all'unisono. Levò lo sguardo: non vide nessuno. Voci senza padrone.
Alla fine, capì. Provenivano proprio da quel muro. Dietro quel muro. Un fitto di siepe spessa, un verde senza gioia, sormontato da caseggiati opachi, tutt'uno col cielo. Erano voci infantili e antiche: risuonavano da un lato all'altro del misterioso, inaspettato giardino. Tinnivano di risate e beatitudine: "Mio!", "Tana!", "Ho vinto!". Voci frenetiche, rotonde e piene, guazzanti come nella gioia pura, ma letterarie, prive di rivalità, con una certa dolente saggezza... E, d'un tratto, persino le finestre, occhi senza balcone, parvero rianimarsi. Lì vivevano le famiglie, vegliavano indulgenti sui figli, rigovernavano dopo un pranzo, accendevano la tv... Forse, qua e là, sulle pareti, un segno di sole, ricordo di terre lontane, relitto d'immigrazione; forse qualche foulard colorato, un soprammobile esotico. Racconti e ricordi.
Ma nulla scalfiva la spensieratezza del presente. Il campo era tutto dei figli. E traboccava, prepotente, di vita. Il miracolo si compiva di nuovo, anche in quel giorno, che smetteva di essere qualunque, e tornava a spargere fiducia e benedizioni.
Poco lontano, la ragazza scorse le sagome sgangherate degli amici. Si avvicinavano sempre più. Non li aveva mai amati come in quell'ora.



Nessun commento:

non so chi è peggio tra trap e neomelodici ( ovviamente senza generalizzare ) "Frat'mio", "Lione", "Amo'": i post che esaltano gli omicidi, a Napoli, e le armi «facili» nelle mani dei ragazzi

Dice: «Gli zingari». Dove hai preso la pistola? «Dagli zingari». E sarà pure vero. E se è vero, certo non lo ha scoperto guardando Gomorra, ...