un film \ documentario [la bambina pianista ] sul'olocausto dato ad orari assurdi ( 23.30 di sabato ) in rai

ma  chi fa la programmazione  in RAI   cosa  ha  nella mente segatura  ?  un film documentario La pianista  bambina    di una storia vera    di una sopravvissuta ( qui in inglese maggiori dettagli    ) raccontata  nel  libro "La pianista bambina" (titolo originale "Hiding in the spotlight") .  Ora  mi chiedo   come mai la  RAI   faccia  tanta  pubblicità e  speciali   dedicati alla tragedia  che  è l'olocausto  venga dato  dalla TV  pubblico  in un orario  assurdo  ( come  dimostra  le   schermate   sotto riportata   dal  sito  ufficiale  del  terzo canale  della rai )



Ma  allora  mi chiedo con la solita  domanda   retorica    perchè  ......  paghiamo il canone  ?  E perchè  fa quel  cavolo di pubblicità  retorica  sul  27  gennaio   la  RAI per non dimenticare  e poi si comporta  cosi 


  di  cui  trovate  sotto la recensione  di  http://www.sololibri.net/La-pianista-bambina-di-Greg-Dawson.html

La pianista bambina

Quando Greg Dawson contattò per la prima volta un agente letterario di New York per presentare il manoscritto de "La pianista bambina", venne respinto. Lo scrittore si sentì rispondere che il genere era stato fin troppo sfruttato e che si voleva solo trasformare la vicenda di sua madre nell'ennesimo psicodramma sull'Olocausto.

Nulla di più impreciso, avventato e sciocco. "La pianista bambina" (titolo originale "Hiding in the spotlight") è la ricostruzione toccante ma anche lucida ed attenta di una vita straordinaria, quella di Zhanna Arŝanskij, pianista prodigio e madre di Greg Dawson: "...mi resi conto che mia madre era diversa dalle altre madri che abitavano nel nostro quartiere, nell'Indiana. Mi parlava in russo, oltre che in inglese, e ogni giorno suonava il pianoforte per ore. La sera a letto mi addormentavo ascoltando le note di Chopin, di Brahms o di Dvořák che provenivano dal soggiorno. Mia madre aveva la carnagione olivastra – una eredità delle orde mongole che avevano invaso e occupato alcune zone della Russia nel XII secolo – e la mia pelle color caffelatte mi distingueva dai mie compagni di giochi dalla carnagione candida".
Quando Sara era incinta aveva letto la storia di Giovanna D'Arco, l'eroina francese che aveva pagato con il rogo il suo coraggio e la sua forza. Appena nacque sua figlia volle darle un nome che, in russo, corrispondesse a Giovanna: Zhanna. Due anni dopo nacque Frina. Siamo in Ucraina, fine anni '20, Zhanna e Frina sono figlie di Dimitri, un caramellaio di origini ebree. L'uomo, suonatore dilettante di violino, avvicinò precocemente le sue due figlie alla musica e le bambine, entrambe estremamente dotate, riuscirono in qualche anno a conquistare consensi ed approvazione tanto da ottenere una borsa di studio presso il prestigioso Conservatorio di Mosca.
La famiglia Arŝanskij viveva da diverso tempo a Kharkov ma ad un certo punto tutto iniziò a cambiare: "Da quando aveva firmato il patto di non aggressione con Hitler, nel 1939, Stalin aveva utilizzato il proprio controllo sull'informazione per creare l'illusione della pace e dell'imminenza di tempi migliori". Il castello montato ad arte da Stalin crollò miseramente il 22 giugno 1941: la Germania attaccò la Russia. Gli Arŝanskij, come altri, ascoltarono atterriti l'annuncio radiofonico dell'inizio del nuovo conflitto dalla voce di Molotov. Era appena iniziata quella che Hitler denominò l'Operazione Barbarossa.
Molti abitanti di Kharkov scelsero la fuga verso est soprattutto perché l'esercito tedesco era seguito da unità denominate Einsatzagruppen (create da Hitler nel maggio del 1941) che avevano il compito di sterminare quanti più ebrei possibile. La prima gigantesca strage eseguita fu quella di Babi Yar, un villaggio poco distante da Kiev: in due giorni le Einsatzagruppen uccisero 34.000 ebrei. In Unione Sovietica l'Olocausto era iniziato così, in largo anticipo rispetto a quanto dovrà ancora avvenire ad Auschwitz, Dachau, Treblinka, Bergen-Belsen e via dicendo.
Gli Arŝanskij, invece, non scelsero la fuga "si chiusero in casa e attesero il proprio destino. La vita normale s'interruppe. Le sorelle non osavano suonare il piano per timore di attirare l'attenzione dei soldati tedeschi che giravano per le strade. Dimitri continuava a ripetere di essere convinto che sarebbero stati mandati in un campo di lavoro a Poltava".
Ovviamente non fu così.
I tedeschi costrinsero loro e molti altri ebrei a lasciare tutto e a marciare verso una destinazione ignota. Il 15 dicembre, proprio quando si stavano recando presso i punti di raccolta, Zhanna decise di tornare indietro: aveva dimenticato una cosa importantissima. Tornò in casa e, dopo aver frugato tra i suoi spartiti, prese con sé quello dell'Improvviso Fantasia di Chopin, la partitura che amava di più e la nascose sotto la camicia. Quel pezzo l'accompagnerà per tutti gli anni a seguire.Tutti gli ebrei vennero rinchiusi in una vecchia fabbrica di trattori divenuta un campo di concentramento in cui la gente moriva quotidianamente di freddo e di fame. Dopo qualche tempo ai prigionieri venne di nuovo comandato di mettersi in marcia. Verso nord. Qualcuno si illudeva di trovare un nuovo campo ma verso nord non c'era altro che Drobitsky Yar. La parola Yar, in russo, vuol dire burrone. Come la precedente Babi Yar, anche a Drobitsky Yar c'erano profonde voragini, luoghi ideali nei quali far precipitare e nascondere i cadaveri degli ebrei massacrati.
La fila degli Arŝanskij partì l'ultimo giorno. Dimitri sapeva che non sarebbero arrivati in nessun luogo e convinse la giovane guardia ucraina che li seguiva a lasciar andare almeno sua figlia. Zhanna era più forte ed intraprendente di Frina, forse ce l'avrebbe fatta. L'uomo regalò al soldato il suo orologio, coprì le spalle di sua figlia col suo pesante cappotto e le disse: "Non m'importa quello che fai, basta che tu viva. Vai!".
Zhanna uscì dalla fila. "Diventai una delle donne grigie che osservavano il passaggio della colonna di condannati", racconta. La ragazza aveva con sé solo un cappotto ed uno spartito.
Dopo qualche tempo, aiutata dal caso e da famiglie che rischiarono grosso dandole ospitalità, Zhanna riuscì a ritrovare anche Frina. Suo padre era riuscito a mettere in salvo anche lei. Le due pianiste prodigio erano di nuovo vicine ma per loro si preparavano anni difficilissimi. Erano divenute famose e il terrore di essere scoperte e riconosciute le accompagnò ogni istante, soprattutto quando vennero notate per le loro doti musicali all'interno di un orfanotrofio ed entrarono a far parte di una compagnia di artisti.
Per scampare al pericolo le sorelle dovettero darsi un'altra identità: "Mi chiamo Anna Morozova. Vengo da Kharkov. Io e mia sorella Marina siamo orfane. Nostro padre era un ufficiale dell'esercito russo ed è rimasto ucciso in combattimento. Nostra madre è morta nei bombardamenti di Kharkov". Questa le versione fasulla sulla propria identità che Zhanna e Frina (Anna e Marina) furono spesso indotte a ripetere, anche davanti ai tedeschi, per non essere arrestate e deportate.
Il destino, tra il beffardo e il paradossale, chiese alle sorelle Arŝanskij prove di forza eccezionali come quella di suonare per alleggerire l'umore dei soldati tedeschi. Due giovani ebree alle quali i nazisti avevano sottratto i genitori, i nonni, il sogno di divenire celebrità e l'intera adolescenza si trovarono a dover suonare davanti ai loro persecutori. La ritirata dei tedeschi, sconfitti in Russia nel 1943, significò per Zhanna e Frina un ripiegamento verso ovest: i tedeschi le trascinarono via con loro fino a Berlino. L'angoscia di essere smascherate rendeva la vita delle ragazze un inferno: "Avevamo l'impressione che Hitler fosse proprio lì accanto a noi. Sapevamo che ci conveniva fare le brave, e avevamo bisogno di fortuna. Se qualcuno avesse scoperto che eravamo ebree saremmo arrivate nella sede della Gestapo in due minuti".
Nonostante un paio di pericolose delazioni, nessuno le scoprì. La musica continuò a farle sopravvivere anche quando la Germania, oramai prossima alla disfatta, stava per cedere agli Alleati. Perché è proprio grazie alla musica e all'amore infinito per il pianoforte che Zhanna e Frina riuscirono a sopravvivere all'Olocausto e a rendere onore al sogno di Dimitri.

Greg Dawson, che lavora come giornalista, per tanti ha ignorato le origini di sua madre. Non immaginava che nel passato di una bravissima pianista, concertista ed insegnante di pianoforte fosse celata una storia così grande e tormentata. A più di ottanta anni di età Zhanna Arŝanskij Dawson ha avuto la forza di ripercorrere la sua vita, di recuperare ricordi e sofferenze e trasmetterle a suo figlio il quale, a sua volta, ha voluto trasportare tutto in questo libro che è, al contempo, documento e racconto, denuncia e testimonianza.

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE

Greg Dawson è nato nel 1949. Cura la rubrica “The Last Resort”, che si occupa di problematiche relative ai consumatori, per il quotidiano “Orlando Sentinel”. Nel 2009 ha pubblicato il suo primo libro "Hiding in the spotlight" nel quale racconta la storia di sua madre Zhanna Arŝanskij Dawson scampata all'Olocausto.

Zhanna Arŝanskij Dawson è nata in Ucraina nel 1927, è una pianista ed ex insegnante di pianoforte presso l'Università dell'Indiana. Il suo nome è divenuto famoso dopo che suo figlio, Greg Dawson, ha pubblicato un libro che racconta la sua storia. Zhanna e sua sorella Frina sono, almeno secondo i dati raccolti, le uniche due sopravvissute al massacro di Drobitsky Yar durante il quale i nazisti uccisero circa 16.000 ebrei ucraini.

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