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27.4.23

perché le persone discriminano? Perché la gente non si limita a vivere la propria vita invece di entrare nel merito di quella degli altri» ? Dario de Judicibus

 Un amico mi ha domandato: «Dario, ma perché le persone discriminano? Perché la gente non si limita a vivere la propria vita invece di entrare nel merito di quella degli altri» ?

Ci ho pensato molto e alla fine sono giunto a una conclusione, probabilmente inaspettata, sicuramente non ortodossa: è solo uno dei tanti meccanismi con i quali un gruppo di individui elimina un altro gruppo dalla lotta per il potere e la sopravvivenza. Non è un caso che spesso vediamo questi comportamenti anche fra i nostri parenti più vicini nel regno animale: i bonobo e gli scimpanzé. Se sei il più forte o il più furbo è facile avere la meglio, diventare l'alfa, quello che comanda. Ma se sei il più debole? Se vuoi comunque conquistarti una posizione che non sia proprio alla base della piramide, cosa fai? Devi eliminare quanti più concorrenti possibili, quanto meno quelli che starebbero un gradino sopra a te per intelligenza o forza. E allora ti attacchi a qualcos'altro, a qualcosa che con l'intelligenza, la forza o comunque le qualità individuali non ha nulla a che vedere, qualcosa che possa tagliare fuori di colpo intere fette della popolazione dalla corsa al potere. È una donna, è nero, è omosessuale, appartiene a quella etnia o crede in quelle divinità. Insomma, qualsiasi
cosa va bene, purché di colpo metta un'intera fetta di individui al piano di sotto, in fondo alla piramide. Sei maschio, bianco, sei cristiano, sei etero: allora sei superiore a tutti quelli che non lo sono, poco importa se sei un cretino, debole e senza spina dorsale. Sei salito di qualche gradino e il potere, che sa che sei debole e stupido, ti adora, perché non rappresenti un pericolo, anzi, fai da cuscinetto a quelli davvero pericolosi che tuttavia sono stati sbattuti in fondo alla fila per ragioni del tutto strumentali.
Il brutto è che il meccanismo funziona così bene che anche chi è discriminato non è esente dal discriminare. E così ci sono donne e omosessuali razzisti, persone di colore omofobe e misogine, religioni che si combattono a vicenda, etnie che discriminano altre etnie pur essendo a loro volta discriminate. Minoranze dentro minoranze dentro altre minoranze, o magari anche maggioranze, come nel caso delle donne, poco importa. Così si crea una gerarchia non più basata sulle capacità e sulle qualità, ma in base a parametri del tutto strumentali, parametri che permettono di avere in cima alla piramide un piccolo gruppo di potenti che campa sulla pelle di tutti gli altri. Un piccolo gruppo davvero paritario, perché formato da uomini, donne, persone di colore e omosessuali che si nascondono tutti dietro alla stessa maschera aristocratica di dinastie inattaccabili e consolidate anche in quelle che chiamiamo democrazie. Re e regine, dittatori, presidenti, dinastie di industriali, capi di organizzazioni più o meno legali. Loro possono essere quello che vogliono: possono essere di qualsivoglia genere, colore, orientamento sessuale o fede religiosa. Magari non lo fanno sapere, ma vivono la loro vita a spese di tutti gli altri, pur essendo quello che a tutti gli altri è negato, perché la prima cosa in assoluto che devono negare agli altri è il potere. Tutto il resto è solo funzionale a questo. Perché le persone discriminano, quindi? Perché è più facile dimostrare che un altro è inferiore a noi piuttosto che sia superiore, specialmente se tale "dimostrazione" non si basa su un'onesto confronto di qualità ma su evidenze oggettive del tutto irrilevanti come il colore della pelle, l'etnia, l'orientamento sessuale o il genere. Sei una donna? È evidente. Sei di genere fluido? È evidente. Sei di pelle scura? È evidente, facile da dimostrare: non significa nulla, quindi è perfetto per affermare che sei inferiore. Tu invece devi dimostrare che io sono un cretino e sebbene in molti questo sia evidente, è un po' più difficile da fare. Magari perché a quel punto ti denuncio per diffamazione. Tu invece non mi puoi denunciare per diffamazione per aver detto che sei una donna o che la tua pelle è nera. A me basta solo far passare il messaggio che tutto ciò è sufficiente per tagliarti le gambe, impedirti di studiare, di accedere a posti di comando, persino di esercitare determinati mestieri. Alla fine, e purtroppo è successo spesso nella Storia, per negarti persino il diritto di esistere.

25.8.21

Ecco come muore un comico: ridendo in faccia ai suoi assassini. La lezione di Khasha Zwan ai talebani prima di venire ucciso






C’è una scena che mette a nudo in modo straordinariamente drammatico cos’è il regime talebano e quanto sia facile, in fondo, ridicolizzarlo se possiedi una dignità e un coraggio infiniti.
il  video    sotto Mostra il comico afghano Khasa Zwan mentre viene arrestato e caricato in auto dai talebani. E lui, con le mani ammanettate dietro la schiena, nonostante gli schiaffi, non implora, non chiede pietà, non si inginocchia ai suoi aguzzini. Fa quello che ha sempre fatto in ogni suo spettacolo, fino all’ultimo istante: li sfotte, li irride, si prende gioco di loro, di quegli emissari di morte e di un potere cieco e fanatico senza scrupoli né ironia.
Lo hanno ritrovato a fine luglio in campagna con la gola tagliata e i segni delle torture. Ma, tra i due, tra lui e i talebani, a sopravvivere sarà sempre lui.
Khasa Zwan ha mostrato al mondo come muore un comico: ridendo in faccia ai suoi assassini.
Ha tolto ai talebani il potere più grande che hanno: quello della paura.
È come se avesse detto loro: potete anche torturarmi, massacrarmi, uccidermi, ma non mi toglierete mai il potere di prendermi gioco di voi, la mia dignità, quello che sono.
Se esiste un simbolo di resistenza alla banalità del male, ad ogni latituine, eccolo qui.




Le ultime immagini di Khasha Zwan, il comico che ha ferito duramente i suoi assassini con il potere delle parole. Le sue ultime immagini da vivo lo consegneranno alla storia più di ogni suo spettacolo: ridere in faccia alla morte è dote di pochi
Khasha Zwan violenza forza afghanistan comico

Kasha Zwan è il comico afghano protagonista in queste ore, a più di 30 giorni dalla sua morte. Un destino che evidentemente lo vuole sempre al centro del piccolo schermo.

19.7.09

Fra i nastrini di un cantiere

Io non vedo un cimitero in quell'aria di mare.

 

 

Sebbene tutti si ostinino a dare per scontato che puzzi di morte:

 

 

Cellule morte evaporate da pizze tagliate a fettine precise, come solo un boia sa fare.

Treni senza più binari e con il tempo ormai perso; recuperabile nemmeno investendo capitali di minuti strappati ai sogni mattutini.

Strade colme di cappelli gialli, nastrini a strisce rosse e bianche, come bandierine, ma mancano le stelle, manca sempre qualcosa da queste parti.

Borsette schizzofreniche si ribellano al proprietario per avere una sorte, per avere un dannato ruolo negli archivi della polizia.

Oggetti, ancora col prezzo annesso, guardano il trafficare di banconote mensili non registrate, passare da mani a mani occupate da pistole.

Gessetti scrivono per troppi pochi occhi distratti da vele e polvere. Vele e polvere. Vele e polvere.

 

Io non vedo oggetti. Io vedo menti, cuori, fegato e polmoni.

Vedo immensa poesia. Immensa umiltà.

Trovo l'identità nei vicoli del Mater Dei, Via Roma e stazione Garibaldi.

Più la vivo, più il mondo si trasforma in quello che è: un locale rustico.

Rustico, ma con musica house: quella che fa allontanare, che fa rimanere soli.

 

Tutte le storie sono concentrate in quel locale; solo che lei è fuori.

E' fuori perchè non ne poteva più. Lei è bellissima, il problema è che non lo sa.

In quel dannato locale se la contendevano manager milanesi, signorotti ben vestiti con miliardi di catene e palle di piombo ai piedi; ma colorate.

Lì dentro l'aria era appesantita da alcol e denaro.

E' uscita delusa, sedotta e ingannata.

Anche solo per prendere una boccata d'aria e rientrare. Tanto non puo sottrarsi, tanto è debole, nessun si batterà per lei, tutti la sfrutteranno, continueranno a sfruttarla.

Esce fuori, respira aria d'infanzia e di salsedine.

Sembra aver già dimenticato il tipo che le regalava gioielli in cambio di libertà.

Sente di essere a casa qui fuori, finalmente.

Ma a casa non sempre si è al sicuro.

Passa un tizio con un automobile targata "NA", lei lo fissa sperando di trovare complicità, lui la fissa, si ferma e chiede "quant'è?"

 

 

 

 

 

 

Io non vedo aria di morte, ma dignità negli occhi di ciascuno.

Napoli non regna.

Napoli è una grande merda.

Napoli è il rischio di morire in qualsiasi momento.

Napoli è negli universitari, nei pendolari, nella volontà di cambiare neanche poi così evidente, neanche poi così forte.

Napoli è quella donna bellissima; che cerca pace ma non la trova, l'ha cercata negli altri ma non può. L'ha cercata tra la sua gente, e non la trova.

 

 

 

 

Napoli, forse, la pace non la troverà mai.

Ma vedo tanta arte in tutta questa ricerca.

 

 

Napoli, musa di te stessa.

Schiava di tutti, soprattutto di te stessa.

 

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...