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12.1.22

a tu per tu con daniele bergese L'uomo che restituisce la voce ai vecchi sax

 Incuriosito dalla passione    è dall'attività di  Daniele Bergese,  e  dalla sua storia     racconta      nel  video  di gedi   da me  riportato   post  precedente ho  deciso d'intervistarlo   .  Per  chi   non  ha     voglia  o  tempo    nè  di fare  ricerche  in rete  nè  di  andare   sull'url del mio precedente  post    trovate  oprima dell'inmtervista    alcuni suoi  cenni    biografici


Egli secondo  la  sua  biografia  pubblicata  sul  suo ex   sito  https://sites.google.com/site/danielebergesesax/ sostituito ed  integrato da quello  nuovo   https://danielebergese.com/

 suona i sassofoni baritono, tenore e contralto. Diplomato in sassofono jazz presso il Royal Conservatoire dell’Aia e in jazz a indirizzo compositivo con il massimo dei voti presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, si è specializzato seguendo corsi e masterclass con David Liebman, Joe Lovano, Gerry Bergonzi, Harry Sokal, Barry Harris, Kurt Rosenwinkel, John Ruocco, Furio di Castri, Emanuele Cisi. Nel 2003 ha conseguito la Laurea in Storia alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Torino con la tesi dal titolo: "Rivoluzionario o decadente? I comunisti italiani e il jazz, 1945 - 1968".

 Ed  ecco   la  mia  intervista   .
com'è nata questa tua passione  poi diventata un lavoro ?
Ho iniziato a smontare sassofoni nel 2004. Vivevo in Olanda con un trombettista americano e un  laureando in musica elettronica di Budapest. Frequentavo come loro il Conservatorio Reale dell’Aia e
studiavo sassofono jazz. Come spesso capita agli studenti, avevo un sacco di tempo ed energie da  spendere, ma ero piuttosto squattrinato. Il mio sax aveva assoluto bisogno di manutenzione. L’intervento
era oneroso da sostenere, quindi ho pensato di fare da solo. La manualità è una cosa che ho appreso da  mio padre fin da bambino e sassofoni ne avevo visti smontare in alcune occasioni. Quindi mi sono fatto  coraggio, ho disassemblato lo strumento, oliato le meccaniche, sostituito alcuni sugheri e registrato le  meccaniche.
Il mio insegnante di tecnica in conservatorio non brillava certo in simpatia, ma gli devo l’idea di questo
mestiere. Sorpreso del mio coraggio dopo aver provato il sax, mi chiese quanto volessi per fare lo stesso
lavoro sul suo... certo scherzava, ma io avevo capito. Così da riparatore improvvisato ho iniziato a interessarmi con moltissima serietà a questo lavoro.  Marco Pezzutti, un eccellente artigiano di Torino, è stato per diversi anni il mio maestro e mi ha insegnato  tantissime cose preziose. In Olanda ho seguito molti bravi artigiani, li ho visti lavorare e ho appreso molte  cose interessanti. Poi orafi, odontotecnici, officine meccaniche e ottici. Devo tantissimo a Giorgio  Pettenuzzo, grande musicista e abile progettista meccanico. Da lui ho fatto scuola di tornio, fresa e  meccanica di precisione.
Poi ho iniziato a crearmi il laboratorio... il necessario per riparare, progettare e realizzare cercando
soluzioni nuove.  Avevo imboccato la mia strada.  Il mio sogno era di avere la strumentazione adatta a risolvere tutti i problemi che avessi incontrato e che mi permettesse di realizzare le idee che andavo pensando.
Sono anni ormai che compero aggiorno e miglioro la mia strumentazione senza sosta e con gran
divertimento.  La verità è che adoro i sassofoni, mi piace suonarli e mi piace renderli sempre più efficienti e performanti, soprattutto quelli d’epoca che sono per suono e per fascino indubbiamente superiori.
ha influenzato la tua passione  per la musica visto il tuo video   su facebook ?
Il lavoro di restauro dei sassofoni è stato il giusto contrappunto alla mia passione per la musica. Da sola la musica stentava a farmi vivere sereno e l’amore per lo strumento musicale come oggetto è sempre stato presente.Sono due aspetti della stessa cosa...Innanzitutto è impensabile ottenere un set up raffinato su uno strumento se non si è in grado di collaudarlo con la perizia necessaria. Allo stesso modo la possibilità di esprimersi musicalmente con uno strumento in perfetto ordine è molto appagante.
Provare ad offrire questa sensazione ai miei clienti mi ha aiutato molto. Non di rado passo ore a collaudare uno strumento o a studiarne i difetti e i pregi o le specifiche tecniche che mi sono state sottoposte. Uso la musica per affinare il sassofono e il sassofono per fare musica.
ti senti più  artigiano o musicista  ?
Mi sento sia artigiano che musicista. Non riesco a separare le due attività anche se con la riparazione dei

sax sto percorrendo più strada.
il tuo lavoro  più difficile e quello più  facile
Il lavoro più difficile è quello sul proprio strumento. Quando l’idea di avere il sassofono perfetto per fare
la tua musica non sembra un’illusione, sei veramente nei guai. Nella ricerca del meglio nel meglio per me finisco sempre per accartocciarmi nelle mie aspettative. Essere distaccati e professionali con se stessi e le proprie esigenze è complicato.
Il lavoro più facile è coltivare l’orto fra un sassofono e l’altro. I pomodori non mi vengono sempre bene,
ma in generale non me la cavo male.
per  i profani che differenza c'è tra i sax d'epoca e quelli d'oggi  ?
I sax d’epoca sono affascinanti, molto diversi fra loro in caratteristiche timbriche, meccaniche e
progettuali. Hanno un suono caldo, ricco e profondo. Alcuni sono preziosamente incisi, placcati oro,
decorati con eleganti inserti in madreperla, altri stupiscono per l’emissione sonora, altri per l’ingegnosità
delle meccaniche. Risalgono tutti al periodo in cui il sax era uno strumento giovane e ogni casa
produttrice cercava soluzioni e strade diverse creando diversi rami evolutivi. Ora tutti cercano di fare la
stessa cosa affinando le stesse soluzioni meccaniche e facendo copie più o meno riuscite dei Selmer
d’epoca, che di fatto sono i capostipiti di tutti i sax moderni.
I sassofoni moderni sono più comodi ed ergonomici, più facili da intonare, ma spesso con un timbro
sterile e noioso. Dal mio punto di vista, sono meno divertenti e meno affascinanti dei sax vintage. Ma
ovviamente il mio è un discutibile punto di vista.
Non sono pochi i sassofonisti che soffrono nel decidere fra la poesia dei vecchi strumenti e la comodità di  quelli moderni. Ho iniziato a riparare e affinare i sax vintage proprio perché ne adoravo le caratteristiche timbriche e livolevo più ergonomici. La meccanica degli strumenti d’epoca è spesso scomoda e nel risolvere questaproblematica si concentra la parte più importante del mio lavoro sul vintage.
restauri / ridai vita  ai vecchi sax o anche a quelli recenti ? 
 
Naturalmente mi occupo con la stessa attenzione e professionalità sia dei sax moderni che di quelli
vintage. Ho materiali, ricambi e strumentazione adatti ad ogni tipo di sax. Quello che manca lo costruisco
(per molte parti, non esistendo più i ricambi, è l’unica soluzione) Vero è che la soddisfazione nel restaurare un King, un Conn o un Buescher degli anni 40 non è paragonabile.

peccato la  lontananza  altrimenti   starei anch'io    come  hanno scritto     sulla  sua  bacheca  facebook   : << Potrei stare ore a sentirlo parlare del suo mestiere o a guardarlo sistemare con attenzione sovrumana un dettaglio. >>


 di vista musicale ma anche da quello tecnico e strutturale, svolge l'attività di riparatore con particolare riguardo al restauro dei sassofoni vintage.


16.2.19

dialogo con l'autore della lettera LETTERAa beppe sevegnini Trap-Remo, ovvero dell’Incompetenza Musicale Diffusa

Leggo che      la  lettera  sotto riportata    , oltre     ad essere  stata  mandata   alla  nova  sardegna  ( del 15\2\2019  )     è stata mandata    anche al corriere  della  sera  del  11\2\2019

Risultati immagini per trap a san remoGentile Severgnini, “Povera Patria”, come cantava uno dei più competenti musicisti italiani, Franco Battiato. La prima e la seconda serata del “Trap Remo” 2019, Festival della I.M.D. (Incompetenza Musicale Diffusa), hanno martoriato le mie orecchie con poche eccezioni. Brani effimeri, privi di soluzioni rigeneranti per l’ascoltatore medio (modulazioni, strutture formali dignitose, esecuzioni ricche di note estranee alle scale musicali conosciute, etc.) e interpretati da aspiranti cantanti, barcollanti nell’intonazione e nel senso ritmico. Le parti migliori del 69° Festival della Canzone Italiana, ça va sans dire, sono appannaggio di ospiti del calibro di Giorgia, Riccardo Cocciante e Marco Mengoni. Sul resto, fatta eccezione per Cristicchi, Arisa e Il Volo, riempirei il pentagramma di pause coronate. Le domande nascono spontanee. Chi sceglie chi? Possibile che i Poeti non siano ancora insorti come un sol vate contro l’anti-poesia del Rap e del Trap “Zero-punto-zero”? Il problema ha origine, ancora una volta, dall’I.M.D. (Incompetenza Musicale Diffusa). Governi dei Natali passati che hanno negato per decenni gli Indirizzi Musicali nelle Scuole Medie e, negli ultimi otto-nove anni, la crescita di Licei Musicali e Attività vocali-strumentali alle Elementari (limitandole alle classi terze, quarte e quinte); diversi Conservatori di Musica arroccati nella Roncisvalle della Musica Classica e della monocultura del Jazz, sprezzanti nei confronti del Pop-Rock dei Queen e dei Jethro Tull, nonostante costituisca ormai l’ultimo bastione contro il dilagare dei Trap-Rap, nuovi barbari privi di pentagrammi; non pochi docenti di Musica mutanti, vestali della Storia della Musica o dell’Organologia e smemorati della funzione linguistica del codice musicale. Le soluzioni? Musica alla Materna e alle Elementari con professori appositamente abilitati, almeno un Indirizzo Musicale ogni tre corsi nelle Scuole Medie, Licei Musicali in tutte le città dotate di Istituti Superiori, Dipartimenti Pop-Rock nei Conservatori d’Italia che ne siano attualmente sprovvisti e, dappertutto, Scuole Civiche di Musica per giovani, adulti e Terza età. Il passaggio dall’I(ncompetenza).M.D. alla C.M.D. (Competenza Musicale Diffusa) richiederà una lunga marcia. Ma una società più musicale sarà sicuramente una società migliore.
                     Antonio Deiara, pentagrammando@virgilio.it

ciao  Antonio

ho letto  il tu ottimo e   competente   intervento  sulla  nuova  del 15.2.019  Hai perfettamente    ragione  ad  estendere    l'insegnamento    della musica  e  soprattutto   d'educazione  all'ascolto  dalle  materne alle superiori   ,  perchè c'è troppa   IMD   e pochissima  ani meglio scarsa  CMD .  Sul festival  di san remo , pur   fra i miei limiti musicali   dovuti a  : 1 problemi  uditivi .,  2)  carattere refrattario  e     ribelle  ., 3)  insegnante   dalla  2  media    cane  , capra  secondo   molti   fra  cui figli  d'insegnanti  di musica  e di pianoforte   e  poco  paziente  , e  pur non avendolo seguito   direttamente   ma indirettamente    in quanto  i   social    e  non solo   rimandavano  le  canzoni   concordo  con te .  Idem  avendo amici  insegnanti  di strumento   non  che   musicisti    sia  autodidatti  sia   di conservatorio , su quello che  dici sui  conservatori   .
Risultati immagini per trap a san remo
 Infatti la musica   va  fatta  studiare  ed  educare  all'ascolto senza pregiudizi  e  generalizzazioni .  Infatti   è qui la  mia  osservazione  che      ti devo  fare  .  Infatti   sul rap   èvero quello  che  dici    , ma  non tieni conto  che ci  sono anche  ottimi sopratutto  nel primo rap italiano    testi  ed  ottime sperimentazioni   come  caparezza    e  Frankie_hi-nrg_mc, assalti frontali  ,  sound  system     sulla trap  non so  cosa  dirti  in quanto   non riesco ad  ascoltarla :  testi   troppo gratuitamente   violenti ed  distruttivi e  d autodistruttivi  ,  , oltre  che   in  gran parte  carichi  d'odio  e  di capri espiatori , noiose   dal punto di vista  armonico e  ritmo .  Infatti  The  Andrè  che li prende per  il culo     gli fa  il verso    afferma  : <<  (....)  Non trovo queste canzoni poetiche, non credo di migliorarle rifacendole così, sono un elenco di spacconate, racconti di coiti, droghe, esibizione di ricchezza  (...)   continua  qui  .>>   . Su  jazz è vero  si sta  commercializzando  ed un po'  banalizzandosi    sta   soprattutto   il ramo  \  sottogenere   dello swing  perdendo   quella  vitalità  e  contaminazione   in cui è  nato e  finendo  in quella  che definisci  Imd . Ma  per il  resto  ,   non  sono   completamente  d'accordo  in quanto il jazz   vista  la   sua capacità  di  contaminarsi  ( infatti  il  film la   leggenda    del pianista  sull'oceano   n'è una testimonianza   specialmente  l'inizio )  




 e fondersi   con altri generi dimostra  il  contrario a mio avviso .  E parlo, ovviamente  da profano ,    nonostante  i miei limiti prima citati  ,  da un ascolto   pluri ventennale  della rassegna      ( e non  solo )   di time  jazz    e  d'altri   cd e dischi dei mie  (  quindi  jazz  classico  e qualcosa    di moderno )   e  cd    o pezzi   su internet   di jazz moderno . 

  cordialmente  Giuseppe Scano 


25.2.14

l'unione di cibo e musica Note di jazz in salsa sarda Giammy sax alias Gian Marco Caboni da Calasetta a Roma

Gian Marco Caboni, emigrato 46enne, lavora come cameriere e si esibisce con brani jazz in sardo.

Per inseguire il suo sogno, la musica, ha lasciato Calasetta 17 anni fa. Sassofono in mano e Sardegna nel cuore, è stato accolto a Roma da una panchina della stazione Termini, su cui ha dormito per venti giorni. Sono passati tanti anni e Gian Marco Caboni, nome d'arte Giammy sax, classe 1968, ne ha fatta di strada, a colpi di jazz: lavora come cameriere nel ristorante sardo "Isola d'Oro" e, tra un piatto di malloreddus e uno di bottarga, allieta i clienti sulle note dei testi che compone: "Il mio repertorio è ricco di canzoni dedicate alla mia terra come 'Sos zingaros e sos sale' che racconta la mia storia, quella di un emigrato sardo che non dimentica mai il sale del suo mare".



25.11.12

Tony Marino ha suonato negli alberghi di lusso “Vida loca”d’un sassofonista d’hotel


Incollato al suo sax  negli hotel extra lusso di mezzo mondo,Tony Marino ha incrociato grandi 

e grandissimi dello spettacolo. Da Buenos Aires a Porto Cervo, dalla Costa d’Avorio a Città del Messico,è stato un collezionista d’avventure e di donne (intese come inevitabile appendice dei recital). Oggi, a ottant’anni compiuti, abita a Olbia e continua a suonare: «Sanno dove sto di casa, io non  vado a bussare». Ricordi  travolgenti dalle serate in Costa Smeralda, compresa la scoperta dei rubinetti d’oro a bordo di uno yacht.
Grandi feste private,mance stratosferiche e mai una storia che sia andata oltre  la fine della notte.

Se li è visti sfilare tutti sotto gli occhi, i  colleghi ricchi e famosi: Gilbert Becaud, Ray Charles,Ella Fitzgerald.E la volta di Zsa Zsa Gabor ? Indimenticabile, quella.
Il direttore d’albergo l’aveva chiamato: vieni a suonare in camera mia.Mai e poi mai si sarebbe aspettato di trovarsela lì,sotto ospitalissime lenzuola.
La vita di cantante d’hotel è una cavalcata infinita, soprattutto se la vivi com’è capitato a lui: vent’anni di Costa Smeralda, Africa, Sudamerica, Roma, Milano e perfino la Scandinavia «dove le ragazze ci assediavano nei camerini».E che soddisfazione nel dire agli amici americani che no, non poteva sostituire Fausto Papetti a New York «perché mi era nata una figlia e dovevo tornare a Olbia».
Ottant’anni compiuti, Tony Marino confessa senza presunzione che il mondo ha ancora bisogno della sua musica.
Difatti mica è andato in pensione.Anche se non è più come una volta: la sua categoria,che conta anche qualche celebre e irresistibile ascesa in politica,è stata più o meno spazzata via dai deejay. Prima
era un’altra cosa: mentre i signori cenavano,Tony e la sua band (ma lui la chiama orchestra) allietavano la serata con brani di blues e musica leggera.Era la fase 1,riscaldamento.Poi toccava alla star della serata, quella per cui la gente aveva pagato un occhio della testa, e finalmente gli sparring partners potevano andare a mangiare un boccone, rilassarsi.«Certo,noi non eravamo musicisti di pri-
ma fila, però ci rispettavano». E se proprio vogliamo dirla tutta, è successo più  di una volta che  quando attaccava Don’t cry for me Argentina tra il pubblico scivolasse una lacrima sul viso.
Quinta elementare conquistata mentre era in Marina, Tony Marino è l’esatto opposto dello spaccone da balera.
Schivo, telegrafico nelle risposte, svelerebbe giusto un bignamino della sua  vita. Fortuna che a fargli da spalla c’è Vittoria, la compagna. Che una sera di  ventun anni fa l’ha invitato a ballare. E
da allora, in un certo senso, non hanno   mai smesso.
Abitano a Olbia in un appartamentino dove il sax continua a farsi sentire e intanto aspettano
che qualcuno venga a proporre una serata.
Piccolo,asciutto come un bronzetto, capelli grigi abbondanti,pettinatissimi salvo qualche ricciolo sulle orecchie,Tony -pantaloni di velluto beige e camicia abbinata - ha un’aria distinta,protosardo di
campagna: fierezza a vista (ma senza ostentazione), sguardo lungo per decodificare ciò che sta pensando chi lo ascolta.Ha al suo attivo due album e un cd ultra personalizzato, venduto in un centi-
naio di copie a Mr Grossman, manager yankee della Coca Cola che era rimasto incantato ad ascoltarlo e glielo aveva commissionato.
Autodidatta, passaggio rapido in una banda cittadina, qualche anno da emigrato a Torino e infine la silenziosa consacrazione di quello che Francesco De Gregori avrebbe definito un pianista di piano bar. Lui ha preferito il sassofono e al piano bar gli alberghi delle grandi catene internazionali, dove il gentile pubblico partecipa, danza, viene a stringerti calorosamente la mano e qualche volta tenta di portarti in camera. Effetti collaterali di un’esistenza divisa tra champagne e prove generali di paradiso in terra.
Quando  ha  esordito?
«A una festa di Carnevale.Avevo quindici anni e mi dividevo fra sax e clarinetto».
Fischi?
«Mai, lo giuro».
Tentazioni?
«Molte. Quarant’anni fa,in Svezia,a fine recital avevamo le ragazze in fila ad  aspettarci».
Com’è  la  vita  di  un  sassofonista  nomade?
«La mia è stata bellissima. Perché ho bisogno di suonare davanti al pubblico.Il sax non è un  antidoto,semmai un compagno. Suono ogni giorno, tre, quattro,cinque ore.Mi è capitato di farlo ininterrottamente dalle 21 alle 6,quando i night erano night».
Che  vuol  dire?
«Quando a Roma o a Milano vedevi attori come Vittorio Gassman,donne famose. O come l’avvocato di Torino».
Quello  con  la  A maiuscola?
« Agnelli no,non l’ho mai incontrato. Un altro, ricchissimo. Veniva ogni sera,scendeva i quattro gradini che portavano nel buio della sala e noi dell’orchestra,per salutarlo, facevamo sempre lo stesso brano. Stava ore e ore circondato da entraineuse che erano le più belle d’Italia.A un certo punto, quando le bottiglie di champagne erano ammonticchiate sotto il tavolo, andava via e tornava all’alba.
Non s’è mai dimenticato di dare la mancia all'orchestra».
Sulle  navi  da  crociera  come  andava?
«Me le hanno proposte ma non ci ho mai messo piede.In giro per il mondo tra gli alberghi guadagnavo di più.Sa quanto prende un musicista in navigazione? Novanta euro a giornata. Eppoi, non sono tenuti in grande considerazione».
In  gioventù  Silvio  Berlusconi  ha  fatto questo  lavoro.
«Lo so, ma sempre e solo sulle navi.Significa che come musicista non valeva granché.Il mercato ha regole precise».
Ha  mai  scritto  musica?
«Giusto una volta una canzoncina che nemmeno ricordo più».
L’errore  che  non  dimentica?
«Non aver studiato, non aver frequentato il Conservatorio. Anche se poi può servire a poco, nel senso che se sei una scamorza non c’è Conservatorio che tenga».
A  proposito:  una  scamorza?
«Adriano Celentano. Per me non vale nulla».
Si  rende  conto?
«Perfettamente ma non vale nulla lo stesso».
Com’è  il  tran  tran  d’albergo?
«Buono, a patto che riesca a farti mettere sul contratto che consumerai i pasti coi dirigenti e non alla mensa del personale. Il pollo m’ha fatto uscire pazzo».
Il  pollo?
«Stavo in Costa d’Avorio, un Intercontinental extralusso: pollo a pranzo, pollo a cena.Ho resistito,resistito e poi non ci ho visto più: ne ho lanciato uno contro il soffitto (ho ritrovato la macchia sei mesi dopo) e ho minacciato lo chef.Alla fine ho risolto tutto con una canzone».
Per  chi?
«Per lo chef. Lo faceva impazzire Finché la barca va di Orietta Berti e io gliela facevo ogni sera.Da quel giorno il mio menu è diventato un altro. Mai più visto pollo».
Non  ci  si  annoia  a  fare  tutti  i  giorni  le stesse  cose?
«In un hotel dove passa solo bella gente? No. A parte il fatto che a me basta suonare per stare bene, il nostro lavoro in fondo era quello di vivere di feste.Questo ci toccava: a me e ai miei quattro orchestrali.Nel senso che io ero il capo e li stipendiavo».
Risse?
«Peggio, il terremoto.A Città del Messico.A un tratto il parquet inizia a cigolare e ad aprirsi.Il pubblico,che c’aveva fatto l’abitudine, continuava a ballare.Siamo fuggiti mentre l’altra orchestra continuava imperterrita a suonare».
Scazzottate?
«In un cinque stelle?, quando mai. Gli alberghi dove stavo io erano molto ben frequentati».
Ubriachi,  magari  molesti?
«Neppure. Se ci sono stati non me nesono accorto. Li portavano via con la massima discrezione, la clientela di certi hotel è sensibile a questi problemi».
Droga?
«Un sacco. Tra gli orchestrali, tra il pubblico. C’era di tutto, ma in prevalenza cocaina».
E  lei?
«Ho provato una volta uno spinello.L’ho fumato tutto: beh,niente.Avrei dovuto sentirmi strano e invece m’ha fatto l’effetto di un bicchier d’acqua».
Donne?
«Moltissime,impossibile contarle.Non facevo differenze: bianche, nere, rosse.Gialle no,cinesi non ne ho mai incontrato. Non faticavo per conquistarle,nessuno faticava: erano facili».
Chi  cominciava?
«Loro, noi mai.Bastava un certo sguardo, poi si avvicinavano e ti mettevano  in mano un bigliettino col numero della loro camera. Niente fidanzamenti,niente storie lunghe: una botta e arrivederci».
Ha  mai  detto  no?
«Mi sarei sentito un cretino. Quando sei giovane te ne freghi. Finire a letto faceva parte della serata.Tutto qui, senza strascichi. Ho  conosciuto donne bellissime».
Uomini?
«Anche.A Milano stavo nella pensione di una sarda e per andare nella mia stanza dovevo attraversare quella di un signore che non conoscevo, buongiorno e buonasera. Una notte, al rientro dal night, mi blocca e mi fa: ma lo sa che certi uomini possono essere meglio di una donna? Ho tirato dritto e sono andato a dormire. Gli uomini, quand’ero militare, li passavo a un mio amico».
Come,  li  passavo?
«Alla Spezia ci aspettavano in porto.Ce n’era una legione. Io li giravo a un amico, che ci andava per soldi».
Le  hanno  mai  proposto  un  doppio  lavoro  clandestino?
«Di che genere?»
Portare  una  valigia  da  un  aeroporto  al l’altro,  per  esempio.
«Non è mai accaduto e comunque avrei rifiutato.Non avevo bisogno di soldi, allora. Guadagnavo bene. A Città del Messico ero ospite fisso in una trasmissione televisiva del sabato sera».
E  allora?
«A presentarla c’era una cantante tipo la nostra Mina. Io eseguivo brani italiani,in sovra impressione il mio nome e,alle spalle, un fondale con la Fontana di Trevi.Ricordo che dopo quindici mesi di
questa vita, ho portato a casa quindici milioni di lire. Parlo degli anni ’70».


Ad integrare la memoria di Tony pensa Vittoria.E mentre lui si assenta un attimo per fare la foto di rito, dice che ormai è troppo tardi.«Ottant’anni sono oggettivamente molti».Altrimenti si sarebbe potuto tentare «il grande salto e andar via da qui». Laureata in psicologia, decisamente più giovane del suo compagno,spiega il ritmo lento della vita in un piccolo centro dopo la lunga e felice sta-
gione del lusso.Non parla di ristrettezze ma si  intuisce che da un po’ di tempo a questa parte la
musica non è più la stessa.

Regali?
«Quelli degli arabi in Costa Smeralda,dove ho fatto serate a partire dal 1972. Pitrizza, Cala di Volpe,Romazzino...posti così.Gli arabi,che vanno matti per Celentano e Toto Cutugno,erano capaci di ringraziarti a fine recital mettendoti in mano tremila dollari in contanti.Come loro ci sono sta-
ti solo i russi».
Gli  altri,  no?
«Taccagni.Tutti,senza distinzioni. Appartenevano a un mondo dove all’orchestra si deve giusto un applauso e niente di più.Mi ricordo quella volta di Kashoggi...».
Una  cascata  di  dollari?
«Certo, ma c’era qualcosa di più. Il signor Kashoggi ci aveva chiamato sulla sua barca. Barca, poi: un panfilo lungo come una motonave. Il mio batterista,che nella vita normale faceva l’idraulico,torna dal bagno e quasi non riusciva a parlare: Tony, va’ a vedere, questo c’ha i rubinetti d’oro. Era vero».
E  voi?
«Rispondo con un dettaglio della mia carriera: per quattro anni ho fatto il piastrellista a  Torino,quand’ero ragazzo.Ha  idea di quale effetto faccia un rubinetto  d’oro?»
Dovesse  fare  un  bilancio?
«Della mia vita, dei miei ottant’anni? Mi è andata extralusso. Forse avrei dovuto essere più previdente,mettere da parte qualcosa. Ma che ci posso fare? Un  sassofonista non è un amministratore
delegato».
Il  risultato  è  che  lei  lavora  ancora. «Ho una pensione di 360 euro al mese.Ancora adesso  esco,vado a sentire se c’è qualcuno che suona. L’ultima serata,per dire, me l’hanno chiesta manco una
settimana fa.Sto a casa,suono il mio sax e aspetto, non busso alla porta di nessuno.Se vogliono Tony Marino sanno dove  abito».




8.5.12

ecco cosa rispondere a chi mi chiede cosa è il jazz

Nei  giorni  scorsi    un mio amico  era venuto a prendermi per uscire  e  mentre aspettava  che mi finissi di radermi  , sente provenire dallo stereo  di  camera mia   questo pezzo di jazz


 Quando   entro in camera mi chiede :<< niente male  'sto pezzo  >> prendendo la copertina del cd << non sapevo che fosse  jazz .  Visto che  sei un esperto [ in realta  sono  uno  che  si appassiona   ,  uno che sà  di non sapere e  che non pretende, anche se non sempre  ci riesce ad applicarlo , di sapere tutto ed  essere onnisciente ]  di musica   , cosa  è 'sto jazz  ?>>
Inizialmente  ero tentato   di rispondergli    banalmente   con alcuni suggerimenti   video  ( che   qui  riporto sotto





o suggerendogli   :1 ) questa pagina di   di wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Jazz 2)  questo film   ( vedere  sopra  la scena iniziale  )   3)  la storia a fumetti di   Topolino (numero 2737) : <<  La vera storia di Novecento >> parodia del monologo da cui è tratto anche questo film, sceneggiata dallo stesso Baricco. Il pianista in questione è interpretato da Pippo, mentre il trombettista è Topolino. (  foto a destra  ) ad essa  "collegata"  o quella di Bollani  e Paperino ( qui dettagli  )   topolino n 2808 .
Ma mi sembra   troppo   da spaccone , da saccente  , ecco  che gli ho suggerito  questo  articolo  del sito non italiano  ( la  rai  ormai   salvo quela isola felice  copia  se  non tutt'uno con mediaset e trasmissione  cosi  se  le  sogna  o se ci sono arrivcano  dopo anni luce  ed ad orari assurdi    )  di una tv culturale francese







  con relativo articolo   sotto  

Le jazz comme outil éducatif, le jazz comme force de paix, le jazz comme vecteur de dialogue, de compréhension, de coopération entre les peuples… Tels sont les arguments à l’origine de la désignation du 30 avril comme Journée internationale du Jazz par l’Unesco lors de la Conférence générale de novembre 2011.
Sur ARTE Live Web, nous partageons cette vision du jazz. Et nous diffusons régulièrement des concerts qui tiennent tout autant de la rencontre que de l’édification d’un langage universel où les spécificités de chacun sont respectées est mises à profit d’une entreprise globale constamment en mouvement, et respectueuse de l’autre.
Nous sommes donc particulièrement heureux et fiers de pouvoir participer à cet évènement en retransmettant ce concert qui réunit, autour d’Herbie Hancock, George Benson et Marcus Miller, la crème de la crème du jazz, et ne pouvons que souscrire aux mots d’Irina Bokova, Directrice générale de l’Unesco : « Tout au long de son histoire, le jazz a été un moteur de transformations sociales positives et l’est encore aujourd’hui. C’est pourquoi l’Unesco a créé la Journée internationale du jazz. Depuis ses origines enracinées dans l’esclavage, cette musique a fait entendre sa voix passionnée contre toutes les formes d’oppression. Elle est une langue de liberté qui parle au cœur de toutes les cultures. »
Retrouvez Herbie Hancock et encore plus de  Jazz à L'unesco sur ARTE.Tv






26.5.08

omaggio jazz a de andrè

E' uscito il 23 maggio con il settimanale l'espresso il live "Casa del Jazz All Stars -
Omaggio a Fabrizio De Andrè".
é con alcune delle più grandi sdar del jazz italiano: Stefano Di Battista ( sax alto e soprano ) Rita Marcotulli ( piano ) Fabrizio Bosso ( tromba ) Giovanni Tommaso( contrabasso ) e Roberto Gatto ( batteria ) straordinari musicisti riuniti sotto il nome omonimo “Casa del Jazz All Stars” ( trovate sotto a fine post alcuna scelta di loro dischi solisti ) tenuto con il patrocinio morale della Fondazione Fabrizio De Andrè, il 30 aprile alla Casa del Jazz di Roma . Tale disco è un buono , di notevole fattura da regalare e regalarsi , per chi incomincia l'ascolto de jazz o per chi è " seguace " di tale genere musicale .
Rimane la sensazione come ha ricordato Nicola Piovani << De Andrè non è mai stato di moda . E infatti la moda effimera per definizione passa >> cosi come è passata ormai nel dimenticatoio la versione di Georgie di da discoteca ( chi sa per quale insulso e recondito motivo gli eredi di de andrè abbiano concesso i diritti ) << le canzoni di Fabrizio restano >> In esso ci sono le canzoni più significative e più belle ( anche se è difficile scegliere in un repertorio cosi intenso e prondo come quello di i De Andrè) Ora vado come è mio solito analizzare le singole canzoni una per una nell'ordine in cui vengono riportate nel cd in questione .
1)La canzone di Marinella Versione molto bella,sensuale e struggente, che sembra quasi scritta da De Andrè ; 2)Don Raffaè pezzo bello dinamico troppo elucubrato da snaturare la canzone : 3) Inverno toccante da non riuscire a trovare le parole per descriverla . Malinconico l'attacco al pianoforte e l'accompagnamento al sax . In secondo piano,quasi assenti, per poi farsi sentire in crescendo dopo i primi 2 minuti gli altri strumenti per " accordarsi " con il piano e ìil sax . Buono la fusione fra i due stili tipici del jazz quello freddo ( Cool jazz ) e quello caldo ( hot jazz )
e il sax ; 4) Ho visto Nina volare Un raro esempio di cover che coglie il pensiero dell'artista dell'opera originale , uno ( almeno dai dischi comprati , regalati o dei genitori che ho ascoltato e conosciuti in quanto mi sono avvicinato da poco a tale genere musicale ) dei rari esempi del jazz di sincronia fra i vari elementi di una band .Ottima l'idea della vedova di Faber di aver messo a disposizione la traccia originale del brano .Cosi sembra che il gruppo suoni davvero con De Andrè ; 5) Creuza de ma ottima l'interpretazione , azzeccati gli interventi della Matcotulli e di Gatto e di Battista . Un po' elucubrato in alcuni tratti Di Battista , ma ciò passa in secondo piano grazie all'intensa affinità fra i componenti del gruppo ;6) Ballata dell'amore cieco o della vanità Senza parole . pezzo molto dinamico un pezzo jazz caldo ( hot jazz ) e poco di jazz freddo ( Cool jazz ) funzionale all'assolo di Gatto ; 7) Via del campo bella più malinconica e struggente dell'originale ; 8) La colina " più movimentata " dell'originale . Un pezzo privo di egocentrismi e voli pindarici tipici di hot Jazz uno dei pochi ( almeno in base alla mia esperienza in tale genere musicale ) esempi "scorrevolezza" del coll jazz .Una interpretazione che non snatura la che stravolge la canzone originale , anzi la rafforza ulteriormente , tanto da invitare ad ascoltare o riascoltarsi l'originale.Ottimo l'affiatamento del gruppo ;9)IL pescatore Versione dinamica e allegra di una canzone triste , un bel pezzo di hot jazz . si riusciti a portare una speranza in una canzone che è triste e molto pessimistica oltre che profetica sulla situazione del nostro bene-amato paese

Guida all'ascolto


* Rita Marcotulli

2002 Koinè, Anders Jormin,Andy Sheppard,Palle Danielsson,Jon Cristensen,Anja Garbarek,Lena Willemark
2006 The light side of the moon, Rita marcotulli

* Stefano di Battista

2004 Parker’s Mood /Blue Note
2007 Trouble Shootin’ /Blue Note

* G.TOMMASO


con Rava LA DOLCE VITA " 2000

con il suo quintet
"SECONDO TEMPO" special guest JOE LOVANO

* Roberto gatto

2007 Roberto Gatto "Traps" (CAM Jazz)

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...