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5.2.22

anche le olimpiadi invernali hanno il loro fascino e la loro storie

 Sono davvero tante le storie da raccontare  che   si trovano    alle  olimpiadi  ,  in questo caso  quelle  invernali  che  si  svolgono rispetto  alle  classiche    solo  dal  1924   (  qui  maggiori   informazioni   sulla loro origine  ) : sconfitte, successi, drammi, intrighi, passioni e qualche gossip. Ho  scelto alcune delle più significative, ed  altre    ne  seguiranno    nel  corso di queste  ultime  olimpiadi  . quelle che secondo me  potrebbero benissimo diventare avvincenti serie tv di cui fare binge watching. Una volta finite le Olimpiadi, ovviamente.

  esse    sono prese  da   :

  1.   https://www.vanityfair.it/sport/altri-sport/2018/02/08/bulloni-aquile-007-olimpiadi-invernali-10-curiosita-episodi-strani.,
  https://www.wired.it/play/televisione/2018/02/12/storie-olimpiadi-serie-tv/




«007 - Missione Cortina». No, non si tratta di una rivisitazione in chiave Cinepanettone della celebre saga su James Bond, ma di un omaggio al mitico sciatore austriaco Toni Sailer. Campionissimo sulla neve, il compianto «lampo nero di Kitzbuhel» vinse tre ori ai Giochi invernali in Italia, nel 1956, poi si riciclò attore e fece persino la controfigura dello storico agente segreto nel film Al servizio di sua Maestà. E’ uno dei tanti personaggi curiosi ad essersi preso la scena nella storia delle Olimpiadi sulla neve, che quest’anno fanno tappa a Pyeongchang, in Corea del Sud.

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Grandi campioni, ma anche perdenti di successo, come l’indimenticabile Eddie Edwards, per gli amici «The Eagle» (l’aquila), che a Calgary ’88 fu il primo britannico a qualificarsi per un’Olimpiade nel salto con gli sci: con uno stile bizzarro arrivò ultimo, totalizzando la metà dei punti del penultimo. Un risultato talmente disastroso che costrinse il Comitato Olimpico a istituire una regola, nota come «The Eagle Rule», che rafforzava i criteri di ammissione. In quella stessa edizione dei Giochi non andò bene neppure ai giamaicani del bob, anche loro esordienti a cinque cerchi.
In realtà, già qualificarsi era stata per loro un'impresa pazzesca: gli atleti infatti misero su la squadra a 4 mesi dall’evento, in gara però si cappottarono. Nessuno, per fortuna, riportò problemi fisici, così nell’edizione successiva firmarono la loro vendetta mettendosi alle spella diversi equipaggi. Sempre in tema bob è celebre la storia dell’italiano Eugenio Monti, che a Innsbruck 1964 prestò un bullone last-minute ai rivali inglesi che così conquistano l’oro: l’azzurro dovette «accontentarsi» del bronzo e della prima Medaglia De Coubertin, un riconoscimento ai gesti di estremo fair play.
C’è pure chi, come l’americana Linda Jacobellis, ha perso l’oro nello snowboard cross a Torino 2006 per aver tentato un’inutile acrobazia a pochi metri dal traguardo, e chi, come la pattinatrice tedesca Christa Ludig, è riuscita a vincere due medaglie in due Olimpiadi diverse nello stesso anno, il 1988, prima invernali e poi estive. Avrà storto il naso l’austriaco Karl Schranz, quando fu escluso da Sapporo ’72 per essersi presentato con lo sponsor, mentre se la ride tutt’oggi il pattinatore Bradbury, che a Salt Lake City 2002 ha vinto l’oro grazie alla caduta di tutti i suoi avversari.

«Non ero certamente il più veloce», ha detto a fine gara, «ma questa medaglia l’ho vinta dopo un decennio di sacrifici». Impossibile contraddirlo.

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1/10
Perdere...con stile


Il perdente più conosciuto della storia dei Giochi Invernali si chiama Eddie Edwards, detto The Eagle (l'aquila), il primo britannico a partecipare nel salto con gli sci: con uno stile bizzarro, a Calgary '88 si classificò ultimo con la metà dei punti del penultimo. Tanto che il CIO istituì una regola ad hoc, «The Eagle Rule», che rafforzava i criteri di ammissione alla gara olimpica.





2/10
Se gli altri cascano...


Il pattinatore australiano di short track Steven Bradbury è noto alle cronache per aver vinto contro ogni pronostico la medaglia d'oro nei 1000 metri a Salt Lake City 2002. Com'è riuscito nell'impresa? Semplice, suoi quattro avversari della finale si sono scontrati a pochi metri dal traguardo, lui li ha saltati e ha vinto in solitaria. In suo onore è stato stampato anche un francobollo!




3/10
Premio Fair Play


Esiste un riconoscimento olimpico poco conosciuto, la medaglia De Coubertin, che viene data solo agli atleti che si distinguono per gesti di estrema sportività. Il primo a conquistarla fu proprio un italiano, il campione di bob Eugenio Monti, che a Innsbruck 196







4/10
Credete nei miracoli?


«Da oggi credo nei miracoli» fu l'urlo del commentatore americano Al Michaels sulla sirena di USA-URSS, match decisivo per la medaglia d'oro nell'hockey a Lake Placid 1980. Avversari nella Guerra Fredda, gli Stati Uniti si presentarono con una squadra di studentessi e dilettanti contro i favoritissimi russi. La partita infatti è ricordata come «miracolo sul ghiaccio».



5/10
Nessuno ancora crederci potrà...


...Giamaica la sua squadra di bob avrà! La canzoncina diventata celebre grazie al film Cool Runnings, che racconta la storia della più pazza squadra di bob della storia. Formata a 4 mesi dai Giochi di Calgary 1988 si è presentata al via con tutti i riflettori puntati addosso: purtroppo però si sono ribaltati dopo poche curve e si sono ritirati. Alle Olimpiadi successive è arrivata la rivincita!



6/10
Il re della sfortuna

L'ex sciatore austriaco Karl Schranz, durante i Giochi di Grenoble 1968, fu squalificato nella slalom per aver saltato una porta: «Sono stato disturbato da un addetto alla pista», tuonò al traguardo, ma la squalifica fu confermata. La rivincita quattro anni dopo? Nemmeno per sogno, da Sapporo 1972 venne escluso per essersi presentato con lo sponsor, violando la legge sul dilettantismo.






7/10
Medaglie sfumate o raddoppiate


Chissà cos'è passato nella testa di Lindsey Jacobellis che a Torino 2006, a pochi metri dal traguardo nello snowboard cross, tentò un'inutile acrobazia e finì per terra: perse clamorosamente un oro e da quel giorno cerca di riprenderselo. Chi non ha problemi di medaglie è la pattinatrice e ciclista Christa Luding, unica atleta a vincere due medaglie olimpiche nel solito anno in due Giochi diversi, invernali e estivi: 1988, Calagary e Seul.



8/10
Agente segreto a Cortina


Toni Sailer è stato uno sciatore austriaco che ai Giochi italiani del 1956 si è messo al collo ben tre medaglie d'oro. Da tutti soprannominato «il lampo nero di Kitzbuhel», quando decise di smettere con le gare si dedicò alla carriera cinematografica. E fu addirittura la controfigura sugli sci dello 007 George Lazenby in «Al servizio di sua maestà».



9/10
Muscoloso e...polivalente!


Vi ricordate Pita Taufatofua, il lottatore di taekwondo di Tonga che ai Giochi di Rio fece scalpore per aver portato la bandiera a torso nudo, mostrando i suoi muscoli cosparsi di olio? Ecco, proprio lui si ripresenta alle Olimpiadi, stavolta invernali, e in Corea si cimenterà nello sci di fondo. Certo, stavolta portare la bandiera mezzo nudo sarà più complicato.








1.Valanga inarrestabile

Nella nutrita delegazione italiana alle Olimpiadi invernali di Pyeongchang, 121 atleti in tutto, ci sono 48 donne, fra cui la portabandiera italiana Arianna Fontana, 26enne specializzata nel pattinaggio di velocità. Ma fra le altre concorrenti c'è una ragazza che tutti definiscono come "inarrestabile": Michela Moioli, 22enne di Alzano Lombardo, è una campionessa di snowboard cross. Negli ultimi tempi ha vinto numerose gare soprattutto nell'ambito della Coppa del Mondo e è determinata a non fermarsi.
Terrorizzata dalla paura di volare, supera il problema grazie a uno spirito competitivo piuttosto forte (nato quando giocava da bambina a carte con il papà). La sua è una storia della porta accanto, quella di una ragazza che non lascerebbe mai la provincia bergamasca eppure grazie alla propria determinazione (è riuscita a riprendersi anche da un grave infortunio al ginocchio) ha inanellato record e vittorie. Un This is Us in salsa olimpica ci sta tutto.


2. Dall'Africa con slittino

Già arrivando a Pyeonchang hanno fatto la storia: Seun Adigun, Ngozi Onwumere e Akuoma Omeoga sono tre atlete nigeriane, il primo team di bob a partecipare alle Olimpiadi provenendo da quel paese in assoluto e, più in generale, il primo team di bob proveniente dall'Africa. Grazie a queste tre ragazze, infatti, la Nigeria compare per la prima volta fra il novero delle nazioni partecipanti ai Giochi invernali. Prima di passare alla competizione invernale, le tre atlete si erano dedicate all'atletica leggera, con Adigun che ha partecipato ai 100 metri a ostacoli alle Olimpiadi di Londra 2012.È lei a guidare il bob con Onwumwere e Omeoga a manovrare il freno alternativamente. Non solo le uniche, comunque: Akwasi Frimpong è il primo atleta dal Ghana e gareggia nello skeleton (una slitta con rotelle lanciata su una pista ghiacciata), mentre in questa edizione partecipano anche Eritrea, Kenya, Sudafrica e Togo.
Il contrasto tra sport invernali come il bob o lo skeleton giocati in un paese torrido come l'Africa potrebbero essere uno spunto interessante per una serie tv.

3.La sciatrice elettrica

Nel 1981 a Calgary, nella provincia di Alberta in Canada, Lauren Woolstencroft nasce con un destino già segnato: le mancano le gambe dal ginocchio in giù e anche il braccio sinistro dal gomito in giù è mancante. Ma quel destino Lauren è riuscita a ribaltarlo: già a 4 anni era sulle piste di sci grazie a delle protesi, a 14 anni inizia a competere. Seguono anni e anni di impegno (in cui diventa anche ingegnere elettrico), arrivando a rappresentare il Canada nelle Paraolimpiadi di Salt Lake City nel 2002; seguono poi Torino e Vancouver, con un totale di 8 medaglie d'oro e 60 medaglie in totale vinte nella sua carriera.
Nonostante si sia ritirata dalle gare nel 2010, la storia di Woolstencroft è ritornata attuale anche in occasione di questi Giochi olimpici in quanto è stata protagonista di uno spot di Toyota durante lo scorso Super Bowl: sfidando le percentuali avverse di poter vincere un oro, l'atleta ha dimostrato che impegno e costanza possono raggiungere qualsiasi risultato: "Hanno visto in me una storia di determinazione", ha dichiarato. Shonda Rhymes ne farebbe una serie tv eccezionale.4.L'olio come superpotere Se prima del 2016 avevate una conoscenza piuttosto generica di Tonga, lo stato insulare polinesiano, da quel momento in poi l'avrete quasi sicuramente associato al volto, o meglio al petto, di Pita Taufatofua, l'atleta che proprio durante l'apertura delle Olimpiadi brasiliane colpì l'attenzione del mondo in quanto si presentò con un gonnellino di paglia e il corpo ben definito e ancora meglio oliato. Sempre a torso nudo ha sfidato anche le rigide temperature di Pyeongchang.Perché Taufatofua, nato in Australia ma cresciuto nelle Tonga, non pago di essere stato il primo atleta a rappresentare il suo paese nelle Olimpiadi estive nella specialità del taekwondo, si presenta ai Giochi invernali come il primo sciatore di fondo, con un'esperienza di appena tre mesi sulla neve. Per qualificarsi ha dovuto perdere peso, contrarre diversi prestiti e sopravvivere a una tempesta di ghiaccio sull'aereo che lo portava all'ultima gara di qualificazione in Islanda. Insomma, niente può fermare Taufatofua, nuovo umanissimo supereroe dei tempi moderni. Basta non restare a corto di olio.


5.Misteriosa Kim

Non è un'atleta, eppure ha attirato su di sé gli occhi di tutto il mondo proprio in occasione dell'apertura dei Giochi Olimpici di Pyeongchang. Si tratta di Kim Yo-Jong, la misteriosa ma potentissima sorella minore di Kim Jong-Un, invitata in Corea del Sud (prima della famiglia ad attraversare il confini da decenni) per iniziare una difficile distensione fra le due parti del paese. Il tutto condito da balletti diplomatici, sospetti mai sedati, rigidi protocolli e paradossali cautele: accusata dagli Stati Uniti di violazione dei diritti umani, il primo obiettivo era di non farla incontrare con il vicepresidente Usa Mike Pence, a rischio di sanzioni.
Ma di per sé quella di Kim Yo-Jong è già una storia avvincente, per il poco che si sa: apparsa in pubblico per la prima volta nel 2011 al funerale del padre, avrebbe studiato in Svizzera prima di diventare viceministro della propaganda per il fratello, potrebbe essere sposata e avere un figlio, oppure essere nubile o ancora, secondo striminziti gossip, aver avuto una relazione con la sua guardia del corpo. I condizionali sono d'obbligo, anche se molte fonti concordano sul fatto che sia un'abile stratega, determinata nella politica e nel proteggere gli affari di famiglia. Il personaggio perfetto per un misto di Homeland e House of Cards al femminile.

Tutte le "pietre preziose" del curling vengono da una sola, piccola isola

da La pierre précieuse du curling | Euronews  e     da  repubblica  del  1  febbraio 

Come di consueto, e Pyeongchang 2018 non fa eccezione, con l'avvio dei Giochi Olimpici
invernali si riaccende la passione globale per il curling, quella curiosa disciplina - un po' la variante invernale delle bocce - in cui due squadre fanno scivolare pesanti pietre di granito levigate (stone) sul ghiaccio verso un'area di destinazione.
Ciascuna pietra utilizzata alle Olimpiadi è fatta di un particolare granito estratto su un'isola disabitata al largo delle coste scozzesi, Paese da dove si presume lo sport abbia origine. L'isola si chiama Aisla Craig ed è a metà cammino tra Belfast e Glasgow.

Scozia, l'isola delle stones perfette per il curling. "Da 100 anni alle Olimpiadi, non esiste un granito migliore"





Posta nel Firth of Clyde, tra Glasgow e Belfast, Ailsa Craig "fornisce" le "pietre" alle organizzazioni dei Giochi invernali dalla prima edizione del 1924. Già dimora dei cattolici in fuga dalle persecuzioni post Riforma, oggi è abitata solo da pulcinelle di mare, sule e foche. Una fabbrica che ha sede vicino a Glasgow lavora le due varietà locali della roccia vulcanica, in modo da esaltare le caratteristiche di resistenza a urto e corrosione, ideali per quello sport

Un'isola scozzese piccola, remota, la silhouette perennemente divorata da mare e intemperie che ne modellano le forme. Sule e pulcinelle di mare come unici abitanti - seppure in massa - oltre alle foche - da quando, a fine XVI secolo, i cattolici in fuga dalla riforma protestante l'avevano temporaneamente adottata come rifugio. Oggi Ailsa Craig è una riserva naturale disabitata. L'unica forma di insediamento umano è l'estrazione di quel granito che nei secoli si è dimostrato materia prima ideale per la produzione delle stones, le pietre da 18-20 kg utilizzate nel curling. Originario proprio delle Highlands scozzesi e oggi praticato da nordici, anglosassoni e nei Paesi prettamente alpini, lo "sport delle bocce su ghiaccio" ha da qualche Olimpiade saputo conquistarsi, nei suoi passaggi televisivi, ammirazione e curiosità forse non del tutto attese anche alle nostre latitudini. Con Pechino 2022 al via, e con il curling tra i primi eventi in programma, può essere curioso scoprire quest'isola, e la fabbrica non poco distante, alle porte di Glasgow, dove le "pietre" vengono intagliate e raffinate: l'una e l'altra forniscono le stones ufficiali, impiegate in tutti i match olimpici sin dai primi Giochi, Chamonix 1924.

Un chilometro quadro di estensione, l'isolotto giace nel Firth of Clyde, la profonda insenatura che a Sud-ovest di Glasgow si protende fin quasi all'Irlanda del Nord, separato dall'Atlantico a occidente dall'isola di Arran e dalla penisola del Kintyre. Qui, all'incirca a metà della rotta ipotetica tra la più grande città scozzese e Belfast, l'azienda Kays Curling, che produce le stones dal 1851 e a sua volta le fornisce agli organizzatori dei Giochi invernali da sempre, viene a estrarre e a prelevare la roccia, con tanto di esclusiva. "Sono ormai quasi duecento anni che Ailsa Craig è la fonte di granito pressoché unica per le stones", ha spiegato all'agenzia di stampa France Presse il titolare dell'azienda, Jim Wylie.

Il ciclo produttivo si completa appunto nella sua fabbrica, che ha sede Mauchline, una trentina di chilometri a Sud-Sud ovest della stessa Glasgow, altrettanti circa a Nord-Nord est da Ailsa Craig. La perforazione, lavorazione e lucidatura delle pietre, che misurano 28 cm di diametro, richiede 5 ore. "Non abbiamo finora trovato alcun tipo di granito migliore per produrre una stone - spiega Wylie - Ci sono stati alcuni tentativi in luoghi diversi ma nessuna materia prima si è rivelata altrettanto adatta".

(afp)

Nelle cave di quest'isola vulcanica si trovano due tipi diversi di granito, perfetti per la pratica di questo sport, che - forse non è un caso - è stato concepito sui laghi ghiacciati scozzesi circa 5 secoli fa. Uno di questi (Blue hone) è un granito blu non poroso formato 60 milioni di anni fa da eruzioni vulcaniche e ha tra le sue prerogative una stuttura che la rende capace di sostenere particolarmente bene l'erosione da sfregamento sulle superfici gelate e ghiacciate. L'altro (Common green) è un granito verde particolarmente resistente a impatti del tipo di quelli reciproci tra le stones, in altre parole l'anima del curling. I due graniti sono assemblati secondo una particolare tecnica. Il Blue hone va a occupare la parte bassa, quella che scorre sul ghiaccio, "che può essere assai abrasivo", spiega Wylie, tanto che basta veramente nulla perché "una possibile medaglia d'oro si trasformi in beffa". Il Common green, giocoforza, presidia i fianchi, l'area ad alta frequenza d'urto.

Olimpiadi a parte, le pietre prodotte da Kays Curling vengono esportate in 70 Paesi e la domanda è in crescita. I primi mercati sono Canada, America, Svizzera e Austria, ma, spiega il direttore generale Jim English, "vendiamo anche in America del Sud, Corea del Sud, Afghanistan e Nigeria".

Il curling, con il doppio misto, ha avuto l'onore di inaugurare la programmazione di questi Giochi invernali. "Sono certo che il nostro sport acquisirà ulteriore popolarità con Pechino 2022 - dice English, prevedendo una "domanda elevata di stones nei mesi successivi".

(afp)

Aisla Craig - From: The Library of Congress, Washington, D.C.

Dal 1924, dalla prima edizione dei Giochi di Chamonix, Kays of Scotland è il produttore e il fornitore esclusivo di questa "pietra preziosa" per uno sport che - con nomi diversi (a quel tempo era chiamato Openair) - ha fatto parte del calendario olimpico invernali fin dagli albori. Kays è stata fondata nel 1851 e impiega 16 persone.
I blocchi di granito portati dall'isola vengono segati in lastre e poi uniti per ottenere una sorta di foggia a mo' di "formaggio".
Per ottenere il risultato finale, le pietre grezze sono "formate" con granito verde comune e riempite di granito blu nella parte superiore e inferiore.
La parte verde offre solidità all'insieme, permettendo alle diverse pietre di scontrarsi senza rompersi. La parte blu viene utilizzata per la superficie di gara. Il Blue Hone è un microgranito che non trattiene l'umidità e quindi resiste al congelamento e allo scongelamento che potrebbe distruggere la pietra.
Ogni stone costa 470 sterline (circa 528 euro). La fabbrica produce otto o nove pietre al giorno, tra le 1.800 e 2.000 tonnellate l'anno, con una lista d'attesa di tre mesi. Le pietre hanno una "vita" media di 50 anni.
"Nel 1998, quando il curling è diventato sport olimpico a Nagano, in Giappone, lo praticavano 25 paesi al mondo", spiega Mark Callan, direttore di Kays. "Ora nel 2018 ce ne sono 60 quindi, in 20 anni, è più che raddoppiato - un'enorme esplosione di questo sport".
Paesi come l' Afghanistan e il Messico hanno recentemente ingrossato le fila di chi pratica questa antica disciplina. La World Curling Federation sta dialogando con Iran, Iraq, Qatar ed Emirati Arabi Uniti affinchè questi stati entrino a farne parte.
Il Pyongyang Olympic Curling Tournament è iniziato l'8 febbraio, alla vigilia della Cerimonia di apertura, e prosegue fino al 25 febbraio.
Kaitlyn Lawes della squadra CanadeseREUTERS/Toby Melville


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...