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22.10.13

giustizia lenta ? lo scatricabarile degli avvocati

unione sarda del 20\10\2013


Gli avvocati si auto-assolvono: giustizia lenta? Siamo innocenti

di GIORGIO PISANO
Viene perfino da sbadigliare a sentire e risentire che la giustizia italiana è allo stremo. Da quanti anni lo ripetono? Secondo qualcuno a paralizzare tutto nell'ultimo ventennio è stato il fattore B. Mario Canessa, presidente della Camera penale di Cagliari, vicino a Rifondazione comunista, dice invece che questo è soltanto un alibi, anzi che non se ne può più. «Mentre noi discettiamo sui giornali o nei salotti televisivi, le carceri stanno esplodendo. Noi però non facciamo nulla per paura che un qualsiasi provvedimento possa avvantaggiare il signor Berlusconi».
È vera emergenza, con l'aggiunta di qualche operazione di pronto soccorso assolutamente inutile se non per il portafogli dei legali e le casse delle Camere di Commercio. Di cosa si tratta? Per alleggerire la ressa davanti ai Tribunali civili, è stato messo a punto un ufficio di conciliazione, peraltro obbligatoria. Dovrebbe essere un tentativo per evitare di finire davanti al giudice. Domanda: ma se davvero ci si può riconciliare in un battito di ciglia, agli avvocati torna utile che tutto finisca così in fretta? Un dato, per quello che vale: alla Camera di commercio di Cagliari sono stati finora espletati 932 tentativi di conciliazione. Appena 68 (poco più del sette per cento) si sono conclusi con esito positivo.
Dalle parti della giustizia penale le cose vanno ancora peggio: troppi detenuti (sessantamila in tutta Italia, oltre duemila in Sardegna). Grande è la tentazione di varare un'amnistia, un indulto. Sessantasei anni, due figli, penalista preparato e pignolo, studio affacciato sul porto di via Roma, Canessa ha appena concluso - insieme ai radicali - la battaglia per una sventagliata di referendum. Dei dodici presentati, quelli sulla giustizia hanno superato quota cinquecentomila firme. Propongono l'abolizione dell'ergastolo, la separazione delle carriere tra chi giudica e chi accusa, il rientro dei magistrati dirottati fra ministeri ed enti pubblici, un uso meno rigido della custodia cautelare, responsabilità civile dei magistrati, risarcimento dei danni in caso di malagiustizia.
Le Camere penali sono associazioni di avvocati che «difendono i diritti del cittadino». Non dei penalisti? «No, o meglio: anche. Ma prima vengono i cittadini». Sotto lo sguardo di Emilio Lussu e la foto d'una grande manifestazione popolare ( truncare sas cadenas ), Canessa non rinnega il suo passato demoproletario prima e rifondarolo dopo. «Ma questo non mi impedisce di guardare alla situazione con distacco». Racconta che da piccolo faceva il tifo per Perry Mason e per Arsenio Lupin. «Poi un giorno ho deciso cosa volevo fare da grande. E mia madre ha tirato un sospiro di sollievo».
Cosa sperate?
«Di smuovere una giustizia pietrificata. Troppe distorsioni. Accusa e difesa dovrebbero essere ad armi pari e invece non è affatto così».
Voi non c'entrate nulla con le lungaggini processuali?
«È una leggenda metropolitana. Ci accusano di allungare il brodo con richieste di rinvio, spostamenti e qualunque stratagemma possa allontanare il più possibile il momento della sentenza. Peccato che sia un falso».
Innocenti, insomma.
«I tempi più lunghi riguardano la cosiddetta fase preliminare, quella che precede l'eventuale apertura di un processo vero e proprio. Se faccio una querela, potete star tranquilli che passerà molto, moltissimo tempo prima che qualcuno la prenda in mano e abbia la bontà di esaminarla».
Perché?
«Perché c'è un carico di lavoro enorme, perché ci sono indagini da affidare alla polizia giudiziaria, perché si preferisce dare la precedenza all'esame di certi reati e non di altri. È davvero bizzarro scaricare su di noi i tempi biblici della giustizia».
Le risultano strategie difensive che puntano proprio a tirarla per le lunghe?
«Se io chiedo un rinvio c'è sempre una buona ragione. Ammetto che questo possa dilatare il ruolo di marcia ma la vera attesa avviene prima. Vi dico l'ultima: querela presentata nel 2008; prima udienza fissata - come mi è stato appena comunicato - per la primavera del 2014. È tollerabile tutto questo?»
Non è che il processo lungo fa bene all'onorario?
«L'udienza di mero rinvio non comporta introiti-extra. È solo quando si fa attività processuale che si guadagna. Giustamente, direi».
Siete contrari all'ergastolo: ma perché, c'è qualcuno che lo sconta davvero?
«Sì. Pochi sanno di quello che si chiama ergastolo ostativo. Se sei stato condannato, ad esempio, per un omicidio di mafia hai davanti a te due strade: ti penti e diventi collaboratore di giustizia oppure sconti il carcere a vita, fine pena mai. Poco conta che sia un detenuto modello o che rinneghi il tuo passato: se non coinvolgi altre persone, se non fai insomma quella che noi definiamo una chiamata di correo, l'ergastolo te lo becchi tutto».
Si polemizza spesso sui pm: quelli manettari sono tanti?
«Il nostro codice di procedura penale prevede il ricorso alla custodia cautelare quando ci sia un quadro indiziario forte e quando esista il pericolo di fuga, il pericolo di reiterazione del reato o il pericolo di inquinamento delle prove. Se voglio sbattere in galera qualcuno, chi mi vieta di pensare che l'imputato possa fuggire o trattenersi sul fronte del crimine? Basta questo per arrivare alle manette. Teoricamente funziona, in pratica l'interpretazione di questo principio è eccessivamente discrezionale».
Significa?
«Significa che oggi la custodia cautelare viene utilizzata come anticipo della pena. Succede nella stragrande maggioranza dei casi. Ed è tutt'altro che raro, dopo una custodia cautelare, magari lunga, magari di due anni, che tutto si risolva poi in un'assoluzione».
È per questo che chiedete l'arresto solo per i reati più gravi?
«Vorremmo cercare di rendere meno esteso l'uso della custodia cautelare. Lo dico perché ha contraccolpi incredibili nella vita della persona. Innanzitutto altera la dialettica processuale, e mi spiego: quando dimentichi un indiziato in galera, le sue parole sono pesantemente condizionate, il difensore - tra l'incudine dell'imputato che vuole tornare in libertà e il martello del pm che non molla - subisce forti pressioni. Tutto questo porta a confessioni che possono essere assolutamente inattendibili oppure a chiamate di correo che stanno in piedi solo con gli stecchini».
La fase che stiamo vivendo è una notte della giustizia?
«Una riforma è necessaria».
La domanda era un'altra.
«Diciamo allora che attualmente la giustizia non gode di ottima salute. Con evidenti conseguenze».
Separazione delle carriere: buona idea a patto che accorci i tempi.
«I tempi del giudizio non c'entrano con la separazione delle carriere. Noi diciamo altro. E cioè: il magistrato che mi giudica non deve soltanto essere imparziale, deve anche apparire tale. Se è collega del pm che mi accusa, se hanno fatto lo stesso concorso, se sono vicini d'ufficio, beh, la certezza dell'imparzialità sfuma. Vorrei che al palazzo di giustizia ci fossero solo i giudici. I pubblici ministeri dovrebbero stare in un'altra sede. Mi dà fastidio che perfino l'Ordine forense sia ospitato al palazzo di giustizia».
Il cambio di indirizzo modificherebbe le cose?
«Ne siamo sicuri. Chi sceglie di fare l'inquisitore, ossia il pm, deve sostenere un concorso diverso da chi invece vuole soltanto giudicare. Dev'esserci una separazione anche fisica perché si tratta di due mondi diversi».
Chiedete anche il rientro dei magistrati sparsi negli enti pubblici.
«È inammissibile che, davanti all'Everest di lavoro arretrato, centinaia di magistrati continuino ad operare nei ministeri o in altri uffici dello Stato. Tanto più che una vicinanza troppo stretta con la Politica non è salutare».
La politica quanto condiziona la giustizia?
«Qualcuno si è fatto delle leggi su misura, alta sartoria per uso personale. Quanto pesi la politica lo abbiamo capito ogni volta che è finito sotto inchiesta un potente. Solo allora ci siamo accorti e ci siamo chiesti se per caso lo strumento della custodia cautelare non sia stato eccessivo. Sarà un caso che le galere scoppino solo di poveracci?»
Cosa rimproverate alla magistratura?
«Non siamo per gli attacchi insensati e strumentali. Vorremmo confrontarci, questo sì. C'è stata qualche piccola iniziativa in comune come la visita alle carceri ma poi le strade si dividono. Se il medico sbaglia, paga; se l'avvocato sbaglia, paga: per quale motivo il magistrato, se sbaglia, non deve pagare?»
Qualche magistrato che ha pagato c'è.
«Si contano sulle dita di una mano. E, in ogni caso, si è trattato in particolar modo di casi-limite, clamorosi».
Tutta colpa di B. se finora non è stata varata la riforma della giustizia?
«Berlusconi ha attraversato le cronache giudiziarie degli ultimi vent'anni. La sinistra ha mancato di coraggio: nel timore di favorirlo sia pure indirettamente, e dunque pagarne il contraccolpo politico, non ha mosso un dito, ha preferito lasciare le cose come stavano. Cioè male. Il prezzo, mentre Berlusconi si faceva intanto leggi ad personam, lo hanno pagato tanti. Anzi, troppi».
Il presidente della Corte d'Appello ha detto che c'è degrado morale nella vostra categoria.
«Verissimo. Noi avvocati siamo talmente degradati e attaccati al soldo che abbiamo chiesto la depenalizzazione di tantissimi reati. Se accettassero la nostra proposta, avremmo meno clienti. Siamo talmente degradati che vogliamo pure che la custodia cautelare sia limitata ai casi più gravi, ben sapendo tuttavia che il momento migliore per farsi pagare è quando il cliente sta in carcere».
Ha detto anche: pur di guadagnare ci sono avvocati pronti a tutto.
«Pronti a difendere i propri assistiti, fino a prova contraria».
Non l'assale nemmeno un dubbio piccolo piccolo?
«La nostra è una categoria eterogenea. Un mascalzone può essere dovunque, perfino tra i Papi, figuriamoci se non ci possa essere nelle nostre fila. Il discorso vale anche per la magistratura: se Cesare Previti era un corruttore, il giudice che gli ha venduto la sentenza faceva il magistrato. O sbaglio?»
Un imputato su due chiede la difesa d'ufficio. E viene puntualmente trascurato dal difensore.
«C'è una lista di colleghi che dà la propria disponibilità a rappresentare in aula chi si avvale del gratuito patrocinio dello Stato. Conosco molti giovani colleghi che svolgono questo compito con impegno e professionalità. Sull'altro fronte c'è invece un Tribunale che li paga a distanza di uno, due anni. Ritardi spaventosi e inaccettabili. Gli avvocati, compresi quelli d'ufficio, pranzano e cenano come i comuni mortali».
La crisi si fa sentire dappertutto.
«Anche negli studi legali. Tanti clienti hanno difficoltà a pagare e propongono di saldare a rate. Segno dei tempi».
Amnistia o indulto?
«Amnistia e indulto. Le carceri traboccano di imputati per la legge Fini-Giovanardi sulla detenzione e lo spaccio degli stupefacenti e per la Bossi-Fini sull'immigrazione».
Non è che il Capo dello Stato stia cercando un salvacondotto per B.?
«Non lo so e non m'importa più di tanto. Torniamo al discorso di prima: la situazione delle carceri è di totale illegalità. Continuare con la politica dell'attendismo per timore che possa beneficiarne Berlusconi è criminale».
pisano@unionesarda.it

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